Se la molestia è di fatto il conduttore può agire direttamente contro il terzo

Si configurano quali molestie di diritto - per le quali il locatore è tenuto a garantire il conduttore ex articolo 1585 comma 1 c.c. - quelle che si concretano in pretese di terzi che accampino diritti contrastanti con quelli del conduttore sia contestando il potere di disposizione del locatore, sia rivendicando un diritto reale o personale che infirmi o menomi quello del conduttore. Nel caso, invece, in cui il terzo non avanzi pretese di natura giuridica ma arrechi, con il proprio comportamento illecito, pregiudizio al godimento materiale del conduttore, la molestia è di fatto ed il conduttore può agire direttamente contro il terzo.

Questo l’indirizzo di legittimità confermato dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 25219, depositata il 15 dicembre 2015. Il fatto. Ad una società conduttrice veniva intimato sfratto in quanto morosa nel pagamento di alcuni canoni di locazione. La stessa si opponeva allo sfratto assumendo la legittimità del mancato pagamento dei canoni, dato che i locali avevano subito gravi danni a causa di lavori di ristrutturazione eseguiti dalla proprietaria di spazi limitrofi danni la cui mancata riparazione costituiva inadempimento grave del locatore. L’adito Tribunale territoriale dichiarava la risoluzione del contratto di locazione per inadempimento della società conduttrice, con condanna di quest’ultima al rilascio dell’immobile. Riteneva il giudice che la responsabilità del locatore sussistesse, ex art. 1585 c.c., solo per le molestie di diritto provenienti da terzi, non anche per le molestie di fatto quali dovevano ritenersi quelle in oggetto per le quali spettava azione diretta del conduttore nei confronti del terzo . Interposto gravame, veniva emessa sentenza con la quale la Corte d’appello confermava la prima decisione. Contro tale pronuncia la conduttrice ha proposto ricorso per cassazione. Molestie di diritto vs molestie di fatto. I Giudici di legittimità ritengono i motivi di ricorso infondati. Ricordano, infatti, per quel che riguarda la violazione dell’art. 1585 c.c., l’orientamento giurisprudenziale in base al quale si configurano quali molestie di diritto - per le quali il locatore è tenuto a garantire il conduttore ex art. 1585 comma 1 c.c. - quelle che si concretano in pretese di terzi che accampino diritti contrastanti con quelli del conduttore sia contestando il potere di disposizione del locatore, sia rivendicando un diritto reale o personale che infirmi o menomi quello del conduttore. Nel caso, invece, in cui il terzo non avanzi pretese di natura giuridica ma arrechi, con il proprio comportamento illecito, pregiudizio al godimento materiale del conduttore, la molestia è di fatto, ed il conduttore può agire direttamente contro il terzo . Quindi, nel caso di molestie di fatto, osservano i Giudici, va escluso che il locatore sia tenuto a garantire il conduttore per il fatto del terzo, facendo la norma salva la facoltà del conduttore di agire direttamente ed in nome proprio contro quest’ultimo . Nel caso di specie, osservano i Giudici, è pacifico che i danni riportati all’immobile locato siano derivati da lavori di ristrutturazione compiuti dal terzo sulla limitrofa proprietà di questi ed in assenza di contestazioni ovvero di pretese giuridiche di sorta, da parte del terzo, vuoi sul potere di disposizione dei locali in capo al locatore, vuoi sul diritto di godimento di questi ultimi ad opera del conduttore. Tutte riflessioni, quindi, correttamente svolte dalla Corte d’appello. Ne consegue, a parere del Collegio, la correttezza giuridica della decisione presa dalla Corte territoriale nell’aver escluso che il locatore fosse tenuto a garantire la società conduttrice dei danni derivanti dai lavori, così da giustificare il mancato pagamento dei canoni da parte della società e rendersi, in questo modo, gravemente inadempiente al contratto di locazione. Per tali ragioni, la S.C. ha rigettato il ricorso e condannato la ricorrente al pagamento delle spese di lite.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 7 ottobre – 15 dicembre 2015, numero 25219 Presidente Vivaldi – Relatore Stalla Svolgimento del processo Nel dicembre 2006 Ca.Gi. intimava sfratto nei confronti della C. & amp B. Architetti Associati - alla quale aveva locato, ad uso ufficio, un immobile di sua proprietà - in quanto morosa nel pagamento dei canoni di locazione maturati dal settembre 2006. La C. & amp B. Architetti Associati si opponeva allo sfratto assumendo la legittimità del mancato pagamento dei canoni, posto che i locali avevano subito gravi danni a causa di lavori di ristrutturazione eseguiti dalla proprietaria di locali limitrofi danni la cui mancata riparazione costituiva inadempimento grave del locatore. Chiedeva pertanto, in via riconvenzionale, che il contratto di locazione venisse dichiarato risolto per grave inadempimento di quest’ultimo, con condanna del medesimo al risarcimento dei danni. In esito a mutamento del rito, interveniva sentenza numero 594/08, con la quale l’adito tribunale di Bassano del Grappa dichiarava la risoluzione del contratto per inadempimento della C. & amp B. Architetti Associati, con condanna di quest’ultima al rilascio dell’immobile. Riteneva il primo giudice, per quanto qui rileva, che la responsabilità del locatore sussistesse, ex articolo 1585 cod.civ., solo per le molestie di diritto provenienti da terzi, non anche per le molestie di fatto quali dovevano ritenersi quelle in oggetto per le quali spettava azione diretta del conduttore nei confronti del terzo . Interposto gravame, veniva emessa sentenza numero 814/11 con la quale la corte di appello di Venezia confermava la prima decisione. Avverso questa sentenza viene dalla C. & amp B. Architetti Associati proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi, ai quali resiste il Ca. con controricorso. Vi è memoria di parte ricorrente. Motivi della decisione p. 1. Con il primo motivo di ricorso, lo studio associato lamenta -ex articolo 360 1 co.nnumero 3 e 5 c.p.c. - violazione o falsa applicazione degli articoli 1576 segg. e 1585 cod.civ., nonché vizio di motivazione ciò perché la corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto nella specie irrilevante la distinzione tra molestie di diritto e molestie di fatto, mentre nel caso di specie - sussistendo l’ipotesi di molestie di diritto, posto che i danni all’immobile locato erano provenuti da lavori edili della condomina la quale assumeva, con essi, diritti di proprietà esclusiva sul sedime di sottomurazione e sul sovrastante muro condominiale, anch’esso parte della cosa locata - sussisteva la responsabilità del locatore ex articolo 1585 cod.civ Con il secondo motivo di ricorso si deduce omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, costituito dalla ritenuta normale fruibilità dei locali da parte del conduttore, nonostante che la documentazione in atti corredo fotografico e ctu svolta in un giudizio diverso, ma relativo alla medesima vicenda attestasse come i lavori in oggetto avessero comportato serie lesioni strutturali all’immobile e conseguenti limiti d’utilizzo. p. 2. Si tratta di motivi suscettibili di considerazione unitaria, in quanto entrambi basati - nella prospettiva ora della violazione normativa, ora della carenza motivazionale - sull’erronea esclusione della responsabilità del locatore a seguito dei danni arrecati dal terzo all’immobile locato. Essi sono infondati. Per quanto concerne l’affermata violazione dell’articolo 1585 cod.civ., ricorre l’indirizzo di legittimità secondo cui si configurano quali molestie di diritto - per le quali il locatore è tenuto a garantire il conduttore ex articolo 1585 primo comma cod.civ. - quelle che si concretano in pretese di terzi che accampino diritti contrastanti con quelli del conduttore sia contestando il potere di disposizione del locatore, sia rivendicando un diritto reale o personale che infirmi o menomi quello del conduttore. Nel caso, invece, in cui il terzo non avanzi pretese di natura giuridica ma arrechi, con il proprio comportamento illecito, pregiudizio al godimento materiale del conduttore, la molestia è di fatto, ed il conduttore può agire direttamente contro il terzo ai sensi del secondo comma dell’articolo 1585 cod.civ. Cass. numero 11514 del 9 maggio 2008 Cass. numero 1693 del 27 gennaio 2010 . In quest’ultimo caso molestie di fatto va escluso, in altri termini, che il locatore sia tenuto a garantire il conduttore per il fatto del terzo, facendo la norma salva la facoltà del conduttore di agire direttamente ed in nome proprio contro quest’ultimo. Orbene, nel caso di specie è pacifico che i danni riportati dall’immobile locato siano derivati da lavori di ristrutturazione sottomurazione compiuti dal terzo sulla limitrofa proprietà di questi ed in assenza di contestazioni ovvero di pretese giuridiche di sorta, da parte del terzo, vuoi sul potere di disposizione dei locali in capo al locatore, vuoi sul diritto di godimento di questi ultimi ad opera del conduttore. Come già ritenuto dal primo giudice, non è in definitiva emerso, nella concretezza della fattispecie, né che il terzo abbia avanzato contestazioni o pretese confliggenti di questo genere, né che queste ultime diversamente da quanto vorrebbe la parte ricorrente possano ex se ravvisarsi nella stessa esecuzione materiale dei lavori. Trattandosi appunto di lavori che, quand’anche avessero riguardato una porzione di proprietà condominiale, erano idonei a concretare - appunto - una turbativa di mero fatto al pieno e pacifico godimento dell’immobile locato non già, nemmeno implicitamente, la contestazione in diritto di tale pacifico godimento da parte del proprietario esclusivo e locatore, ovvero del conduttore. Ancorché la corte territoriale abbia ritenuto irrilevante la questione, la decisione da essa adottata - confermativa della sentenza del tribunale - deve in ogni caso ritenersi giuridicamente corretta, là dove esclude che il Ca. fosse tenuto, in base all’articolo 1585 cod.civ., a garantire la C. & amp B. Architetti Associati dei danni derivati dai lavori così da - al contempo - giustificare il mancato pagamento dei canoni da parte del conduttore, e rendersi gravemente inadempiente al contratto di locazione. Parimenti infondata è la censura di violazione degli articoli 1576 segg. cod.civ., dal momento che il giudice di merito - con valutazione prettamente fattuale, e dunque insuscettibile di essere riconsiderata nella presente sede di legittimità - ha argomentatamente escluso che le fessurazioni o cavillature conseguite ai lavori del terzo fossero in grado di arrecare all’immobile un apprezzabile pregiudizio ovvero qualsivoglia menomazione della sua piena fruibilità da parte del conduttore. Con conseguente esclusione, in fatto, di quel grave inadempimento del locatore all’obbligo di mantenimento della cosa in buono stato locativo che lo studio associato ha posto a fondamento della propria domanda riconvenzionale di risoluzione del contratto di locazione per fatto imputabile alla controparte. La sentenza qui impugnata non è censurabile nemmeno sul piano strettamente motivazionale posto che la corte territoriale ha indicato le fonti del proprio convincimento logicamente argomentato . Insite in una CTU resa in un altro processo, ma prodotta nel presente giudizio in quanto pertinente alla vicenda qui dedotta tanto da far ritenere pleonastica una ulteriore consulenza tecnica d’ufficio oltre che nello stesso comportamento dello studio associato, il quale aveva pacificamente e pienamente goduto dei locali, per oltre tre anni, successivamente ai lavori della vicina, pagandone anche regolarmente i canoni fino al settembre 2006. In tale situazione, non vi è spazio per addivenire in questa sede ad una diversa delibazione dei risvolti fattuali della vicenda inammissibilmente sollecitata dalle censure in esame anche mediante riproposizione del materiale probatorio già vagliato in sede di merito segnatamente, quello fotografico , e rappresentazione della opportunità di un ulteriore approfondimento peritale. Ne segue il rigetto del ricorso, con condanna di parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio di cassazione che si liquidano, come in dispositivo, ai sensi del DM 10 marzo 2014 numero 55. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, che liquida in Euro 1800,00, di cui Euro 200,00 per esborsi ed il resto per compenso professionale oltre rimborso forfettario spese generali ed accessori di legge.