Attività negoziale della PA: tra interesse collettivo generale e regole di diritto comune

L’attività negoziale della PA, pur essendo rivolta a conseguire l’interesse collettivo generale, per tutto quello che riguarda la disciplina dei rapporti che dalla stessa scaturiscono, rimane assoggettata ai principi e alle regole del diritto comune ed in primo luogo a quella secondo cui formatasi la volontà contrattuale secondo la disciplina dettata dalla convenzione recepita o nella normativa richiamata, l’intero rapporto è retto e deve svolgersi secondo quella disciplina.

Contratto con la PA e vincolo negoziale. Con la pronuncia n. 23866/2015, depositata il 23 novembre, la Corte di Cassazione interviene in tema di contratti della PA affermando importanti principi circa la sostituzione di clausole contrattuali nei contratti in questione. La fattispecie trae spunto dalla citazione in giudizio dell’Istituto per l’edilizia abitativa da parte di una soggetto privato il quale, premettendo di aver ceduto all’ente un edificio di sua proprietà con prezzo pattuito secondo la legge provinciale vigente e la possibilità per il privato di acquistare, ai medesimi prezzi unitari, una parte del piano terra dell’immobile una volta ristrutturato, deduceva l’inadempimento dell’ente chiedendo la declaratoria di nullità della clausola sul prezzo e la sostituzione con quanto previsto dalle norme imperative sulla indennità di espropriazione. Tanto in primo grado quanto in appello i giudici di merito rigettano la domanda, affermando che, per quanto qui interessa, la fattispecie non era inquadrabile ed equiparabile alla cessione volontaria in materia espropriativa, trattandosi invece di vendita di diritto comune con conseguente impossibilità di procedere alla sostituzione delle clausole negoziali con i criteri legali. Nullità parziale e sostituzione di clausole relative al prezzo. La decisione dei giudici di merito viene censurata in sede di legittimità, dove la ricorrente rileva che il corrispettivo di cessione doveva necessariamente essere parametrato all’indennità di espropriazione secondo i criteri previsti dalle leggi provinciali vigenti in materia al momento della cessione stessa. La Corte rigetta il ricorso confermando la decisione dei giudici di merito ma modificando la motivazione. Rileva la Corte nella sentenza in commento che l’affermazione per cui nel caso di specie si sia di fronte ad una compravendita di diritto comune, emendabile solo con i comuni rimedi previsti dal codice civile e non anche con la sostituzione automatica delle clausole di determinazione del prezzo, non consegue alla insussistenza della natura di cessione volontaria da attribuire all’atto per assenza del sub procedimento di determinazione, offerta ed accettazione dell’indennità di espropriazione. Afferma sul punto la Corte che tale conclusione è comunque corretta, non tanto per la ravvisata insussistenza della cessione volontaria, che costituisce una considerazione di per sé non decisiva, tenuto conto che anche le cessioni c.d. bonarie o amichevoli sostitutive dei procedimenti di esproprio possono essere comprese fra i contenuti ad oggetto pubblico e che comunque anche la cessione volontaria che non indichi i criteri di determinazione del prezzo costituisce espressione di autonomia negoziale il cui esercizio preclude al privato di proporre sia la domanda di conguaglio che quella di determinazione del prezzo previa declaratoria di nullità di quello pattuito, quanto per l’assorbente ragione che la disposizione normativa della legge provinciale presa in considerazione nel caso di specie riguarda esclusivamente il reperimento di aree edificabili e non già l’acquisto di costruzioni che viene in rilievo nel caso di specie. Deve quindi affermarsi, secondo la Corte che la richiesta della ricorrente di nullità parziale dell’atto con riguardo alla determinazione del corrispettivo e rideterminazione del prezzo è priva di supporto normativo, dovendosi quindi confermare la decisione dei giudici di merito di rigetto della relativa domanda. Regolamento contrattuale e sopravvenienze normative. Ciò posto, la Corte ha altresì cura di precisare che l’attività negoziale della PA, pur essendo rivolta a conseguire l’interesse collettivo generale, per tutto quello che riguarda la disciplina dei rapporti che dalla stessa scaturiscono, rimane assoggettata ai principi e alle regole del diritto comune ed in primo luogo a quella secondo cui formatasi la volontà contrattuale secondo la disciplina dettata dalla convenzione recepita o nella normativa richiamata, l’intero rapporto è retto e deve svolgersi secondo quella disciplina Cass. n. 7779 del 2012 . Nel caso di specie la ricorrente, contravvenendo al principio di autosufficienza, ha omesso di indicare le clausole contrattuali che hanno condotto alla determinazione del corrispettivo pattuito, essendo al riguardo possibili in astratto differenti soluzioni, come la determinazione di una autonoma taxatio, l’esplicita relatio alla disciplina normativa oppure il rinvio mobile alle disposizioni di legge vigenti in un determinato momento, laddove solo in tale ultima ipotesi il contenuto negoziale è esposto alle vicende modificative e estintive dell’indennità pattuita nel contratto.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 28 ottobre – 23 novembre 2015, n. 23866 Presidente Salvago – Relatore Sambito Svolgimento del processo T.I. convenne in giudizio l'Istituto Trentino per l'Edilizia Abitativa ITEA , e, premettendo che, in attuazione di una delibera della Giunta Provinciale di Trento del 1987, era stato approvato un piano per la realizzazione di quindici alloggi nel comune di omissis , che includeva un edificio da ristrutturare in parte di sua proprietà, espose di aver ceduto al convenuto, per atto del 2.7.1993 tale sua proprietà in esecuzione della convenzione del 22.4.1993, poi modificata da altra del 2.7.1993, per un importo determinato ex art. 82 della LP n. 16 del 1983, e la possibilità di acquistare, ai medesimi prezzi unitari, una parte del piano terra dell'immobile ristrutturato. Deducendo che l'ITEA si era resa inadempiente all'obbligo di cedere la porzione d'immobile alle condizioni concordate, per esser entrata in vigore la L n. 6 del 1993, l'attrice chiese la declaratoria di nullità della clausola di determinazione del prezzo della cessione e la sua sostituzione con quanto previsto dalle norme imperative in tema d'indennità d'espropriazione, ed, in subordine, la declaratoria di nullità delle convenzioni per difetto di causa o la loro risoluzione per il venir meno del relativo presupposto. Il Tribunale adito rigettò le domande, e la decisione fu confermata con sentenza depositata il 15.6.2009, dalla Corte d'Appello di Trento, che, per quanto ancora interessa, ritenne che a la procedura di cui all'art. 82 LP n. 16 del 1983, applicata nella specie, non era equiparabile alla cessione volontaria prevista dalla legislazione in materia espropriativa, in assenza del sub-procedimento di determinazione dell'indennità, sicché il contratto stipulato inter partes a trattativa privata costituiva una compravendita di diritto comune, con la conseguenza che non era possibile la chiesta sostituzione automatica dei criteri legali, nel frattempo intervenuti, a quelli pattuiti b non valeva in senso contrario la sentenza n. 18269 del 2004 della Corte di Cassazione, che aveva ritenuto la cessione esente dall'INVIM, ma non aveva anche affermato che la stessa avesse natura di diritto pubblico . Per la cassazione di tale sentenza, ricorre T.I. con due motivi, ai quali l'ITEA resiste con controricorso, con cui ha proposto ricorso incidentale condizionato. Entrambe le parti hanno depositato memoria. Motivi della decisione 1. Va, preventivamente, disattesa l'eccezione - prospettata dalla controricorrente sotto la forma retorica dell'invito alla Corte di valutare la questione - d'inammissibilità del ricorso, per non avere la ricorrente dato avviso della proposizione dell'impugnazione al giudice a quo . 1.1. Premesso che la notifica del ricorso risulta essere stata effettuata dal difensore ex lege n. 53 del 1994, e che, secondo il disposto dell'art. 9 di detta legge, il difensore notificante deve depositare copia dell'atto notificato presso il cancelliere del giudice che ha pronunciato il provvedimento, va osservato che la relativa omissione, come non determina la nullità della notifica cfr. Cass. n. 4704 del 2011 , così non incide sull’ammissibilità del ricorso, tenuto conto, anzitutto, che il menzionato deposito svolge la medesima funzione sottesa all'art. 123 disp. att. cpc, cioè quella di assicurare al cancelliere del giudice a quo di avere tempestiva conoscenza dell'impugnazione e di eseguire l'annotazione dell'impugnazione sull'originale della sentenza che, inoltre, l'inosservanza del precetto in esame non è sanzionato in alcun modo, e che le norme che comminano le inammissibilità sono di stretta interpretazione, in conformità col principio di effettività della tutela giurisdizionale. 1.2. Del pari infondata è l'eccezione d'improcedibilità rectius inammissibilità del ricorso per difetto d'interesse, per non avere la ricorrente censurato i capi della sentenza con cui sono state rigettate le sue domande subordinate. Il principio invocato ricorre, invero, nel caso in cui una stessa statuizione sia stata ritenuta infondata con più ordini di motivi che non siano stati tutti censurati cosicché la pronuncia resta, comunque, sorretta dalle argomentazioni non impugnate e non anche nell'ipotesi, qui ricorrente, in cui la parte presti acquiescenza ad alcune statuizioni contenute in una decisione, ma ne contesti le altre, con il solo effetto di restringere il devolutum . 2. Col primo motivo, deducendo la violazione degli artt. 35 della LP n. 6 del 1993, 82 della LP n. 16 del 1983, 1339 cc, nonché 3 e 97 Cosi, in riferimento all'art. 360, 1 co, n. 3 cpc, la ricorrente censura la statuizione sub a di parte narrativa, evidenziando che la stessa si fonda sul presupposto, erroneo, che, per la mancanza del sub-procedimento di determinazione dell'indennità di esproprio, l'acquisto a trattativa privata ex LP n. 82 del 1983 costituisca una compravendita di diritto privato conclusione contraria, non solo, al dettato normativo, che disciplina in modo rigido l'intero procedimento in riferimento alle disposizioni in materia di esproprio, ma, anche, ai canoni costituzionali di legalità, imparzialità e tutela del terzo, che devono, sempre, improntare l'attività della p.A. La ricorrente, che sottolinea come i suoi beni erano inseriti in un programma di edilizia programmata ed assoggettati ad espropriazione, afferma, per contro, che il corrispettivo della cessione doveva necessariamente esser parametrato all'indennità di espropriazione secondo i criteri previsti dalle leggi provinciali vigenti in materia al momento della cessione stessa. 3. Il motivo è infondato, anche se va corretta la motivazione. 3.1. L'impugnata sentenza muove dal presupposto che la cessione delle quote del fabbricato ricompreso nel piano per la realizzazione di alloggi di edilizia abitativa pubblica, costituente dichiarazione implicita di pubblica utilità, sia intervenuta ai sensi dell'art. 82, co. 2, della LP n. 16 del 1983, a mente del quale al fine di favorire il reperimento di aree per l'edilizia abitativa pubblica l'i.t.e.a., previa autorizzazione della giunta provinciale, può procedere all'acquisto, a trattativa privata, delle aree, così come individuate ai sensi del precedente comma, ad un prezzo corrispondente a quello stabilito dal servizio provinciale preposto alle espropriazioni, secondo i criteri previsti dalle leggi provinciali in materia di esproprio, aumentabile fino ad un massimo del 10 per cento . Esclude la natura di cessione volontaria dell'atto a trattativa privata concluso tra le parti, per l'assenza del sub procedimento di determinazione, offerta ed accettazione dell'indennità di espropriazione, e conclude per la natura di compravendita di diritto comune dello stesso, emendabile coi comuni rimedi apprestati dal codice civile, e non con la sostituzione automatica delle clausole di determinazione dell'indennità al prezzo. 3.2. Tale conclusione è corretta, e ciò non tanto per la ravvisata insussistenza della cessione volontaria, che costituisce una considerazione di per sé non decisiva, tenuto conto che anche le cessioni c.d. bonarie o amichevoli sostitutive dei procedimenti di esproprio possono essere comprese fra i contratti ad oggetto pubblico e che comunque in epoca successiva alla dichiarazione d'incostituzionalità delle regole indennitarie di cui alla l. n. 385 del 1980 , anche la cessione volontaria che non indichi i criteri di determinazione del prezzo costituisce espressione di autonomia negoziale, a norma dell'art. 1322 cc, il cui esercizio preclude al privato di proporre sia la domanda di conguaglio che quella di rideterminazione del prezzo riferito al valore venale, ex art. 39 della L. n. 2359 del 1865 previa declaratoria di nullità di quello pattuito cfr. da ultimo, Cass. n. 10952/2014 - quanto per l'assorbente ragione che l'invocato art. 82 della LP n. 16 del 1983, a mente del quale il procedimento si sarebbe svolto e concluso e che avrebbe imposto un prezzo corrispondente all'ammontare dell'indennità di espropriazione prevista dalla legge vigente al tempo dell'atto, disciplina il diverso caso del reperimento di aree edificabile e non già l'acquisto di costruzioni, che qui viene in rilievo. In altri termini, la postulata necessaria equivalenza tra misura dell'indennità ed ammontare del prezzo, asseritamente rapportato ai valori di mercato pag.10 su cui la ricorrente ha fondato la richiesta di declaratoria di nullità parziale dell'atto, per violazione di norme imperative, e la rideterminazione del prezzo secondo le medesime disposizioni, non trova base normativa. 3.3. La reale disciplina legale del tempo, significativamente invocata dalla T. in modo generico ed incompleto, aveva, infatti, un contenuto affatto diverso da quello dalla stessa prospettato, in quanto a per acquisire la porzione di fabbricato in proprietà della ricorrente, PITEA aveva dovuto avvalersi del disposto dell'art. 27 LP n. 16 del 1983, secondo cui L'i.te.a., in attuazione dei progetti di cui allo articolo 1, provvede alla costruzione di alloggi aventi le caratteristiche specificate nel regolamento di cui all'articolo 3, provvede inoltre ad acquistare immobili, destinati ad abitazione o ad altro uso, e procede alla loro eventuale ristrutturazione, riattamento o miglioramento, al fine di adibirli ad abitazione provvede anche, ed in via del tutto eccezionale, ad acquistare alloggi già idonei all'abitazione. 2. Il prezzo di acquisto degli immobili è stabilito dal servizio provinciale preposto alle espropriazioni, secondo i criteri previsti dalle leggi provinciali in materia di esproprio. In sede di contrattazione tale prezzo può essere aumentato fino ad un massimo del 20 per cento b il criterio previsto dalle leggi provinciali in materia di esproprio di fabbricati, all'epoca della convenzione, non era affatto quello del valore venale o di mercato del bene di cui all'art. 39 della legge statale generale n. 2359 del 1865, ovvero all'art. 38 T.U. espropriazioni, approvato con dPR n. 327 del 2001, ma doveva trarsi dall'art. 15 della legge prov. 6 del 1993, allora già in vigore,per il quale per le aree edificate l'indennità di espropriazione è determinata dalla somma dell'indennità di espropriazione dell'area, valutata come edificabile secondo i criteri di calcolo di cui all'articolo 14 e classificata in categoria a sensi dell'articolo 17, e del valore delle costruzioni interessate dall'espropriazione c detto criterio non si discostava sostanzialmente da quello previgente di cui all'art. 28 legge 31 del 1972 secondo cui per l'espropriazione delle aree che risultino edificate o urbanizzate ai sensi degli articoli 5 e 6 della legge provinciale 3 agosto 1970, n. 11, l'indennità è determinata in base alla somma del valore dell'area, definito a norma dei commi precedenti, e del valore delle opere di urbanizzazione delle costruzioni, tenendo conto del loro stato di conservazione . Sicché la censura della T. risulta in radice inconsistente, non soltanto con riguardo alla indimostrata e peraltro erronea premessa che l'ITEA avrebbe applicato per la determinazione del prezzo, la legge prov. 31 del 1972 che lo stabiliva in misura corrispondente al costo di costruzione , ma anche in relazione alla normativa della nuova legge 6/93, asseritamele non applicata, che prevedeva un valore rapportato a quello di mercato assunto smentito perfino con riferimento alle sole aree edificabili dall'art. 14 della legge che, nel testo originario, ne determinava l'indennità in base al prodotto tra a l'indice convenzionale di edificabilità di cui all'articolo 17 b il valore convenzionale dell'edificazione di cui all'articolo 18 c l'incidenza dell'area di cui all'articolo 19 d la superficie da espropriare . E successivamente introdotto dopo la nota declaratoria di incostituzionalità di cui alla sentenza 348/2007 Corte Cost. soltanto dall'art. 154 della legge prov. n. 1 del 2008. 3.4. Il Collegio deve aggiungere per completezza che, pur essendo, comunque, rivolta a conseguire l'interesse collettivo generale e mai libera come quella dei privati , l'attività negoziale della P.A., per tutto quel che riguarda la disciplina dei rapporti che dalla stessa scaturiscono, rimane assoggettata ai principi ed alle regole del diritto comune ed in primo luogo a quella secondo cui formatasi la volontà contrattuale secondo la disciplina dettata nella convenzione recepita o nella normativa richiamata, l'intero rapporto è retto e deve svolgersi secondo quella disciplina cfr. Cass. n. 7779 del 2012 . 3.5. Ed al riguardo, la ricorrente si è limitata ad invocare la circostanza che, alla data di stipula dell'atto 2.7.1993 era entrata in vigore la LP 19.2.1993 n. 6, che aveva modificato con l'art. 15 il criterio di determinazione dell'indennità, non ha poi riportato, in totale deficit di autosufficienza - rimarcato, pure, dal controricorrente - il tenore del contratto, ed, in particolare, ha omesso di specificare in qual modo in seno ad esso era stato determinato il corrispettivo di £.799.695.391 se cioè mediante autonoma taxatio , o, invece, mediante un'esplicita relatio alla disciplina normativa, o, ancora, mediante un rinvio c.d. mobile alle disposizioni di leggi vigenti, restando, solo in tal caso, il contenuto negoziale esposto alle vicende modificative ed estintive - così come agli interventi abrogativi della Corte Costituzionale - dell'indennità pattuita nel contratto. Milita peraltro, in senso contrario a tale ultima eventualità, la stessa primigenia impostazione difensiva, con la quale la T. ha lamentato l'inadempimento dell'Istituto all'obbligo di cederle i vani terrani all'esito della loro ristrutturazione ad un prezzo determinato con lo stesso criterio adottato per la vendita delle unità immobiliari. 4. Col secondo motivo, la ricorrente lamenta la violazione dell'art. 2909 cc, in riferimento all'art. 360, 1 co, n. 3 cpc, per avere la Corte territoriale ritenuto di natura privata la compravendita, nonostante la sentenza di questa Corte n. 18269 del 2004, che aveva accertato che il trasferimento era avvenuto a seguito di procedura espropriativa. 4.1. Il motivo è infondato la sentenza invocata dalla ricorrente è stata resa nei confronti del Ministero delle Finanze, e tanto basta ad escludere la formazione del preteso giudicato inter partes , per l'insussistenza di identità soggettiva senza dire che la ratio decidendi della sentenza, e cioè l'inserimento della vendita nell'ambito della procedura espropriativa - ritenuta rilevante al fine di escludere il prelievo fiscale - non incide, per le considerazioni sopra esposte, sull'ammontare del corrispettivo, oggetto della questione qui controversa. 5. Il rigetto del ricorso principale assorbe l'esame di quello incidentale condizionato. 6. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso principale, assorbito l'incidentale, e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 6.700,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre ad accessori.