La presa in consegna dell’opera non equivale automaticamente ad accettazione tacita

Con la pronuncia in commento la Corte di Cassazione è tornata ad occuparsi di contratti d’appalto, e, nello specifico, di accettazione tacita, ricostruendo il quadro normativo e dando conto della più consolidata giurisprudenza.

Di tanto si è occupata la Cassazione con la sentenza n. 22879/15, depositata il 10 novembre. Il caso. La Corte di Cassazione, chiamata ad esprimersi su una controversia originata da lavori di tintura di un tessuto, ha fornito alcune importanti precisazioni in tema di contratto di appalto. Il quadro normativo di riferimento. Punto di partenza della ricostruzione operata dagli Ermellini è l’esposizione del quadro normativo di riferimento. Da Piazza Cavour, infatti, hanno ricordato che in tema di appalto, l’art. 1665 c.c., se pure non fornisce espressamente la nozione di accettazione tacita dell’opera, indica i fatti e i comportamenti in base ai quali si deve presumere la sussistenza dell’accettazione da parte del committente. In particolare, il quarto comma dell’articolo sopra citato prevede, quale presupposto dell’accettazione - da qualificare come tacita - la consegna dell’opera al committente - alla quale è parificabile l’immissione nel possesso - e quale fatto concludente la ricezione senza riserve da parte di quest’ultimo, anche qualora prima della ricezione de qua non si sia proceduto alla verifica. Consegna e accettazione vanno tenute distinte. Ciò detto, il Supremo Collegio ha chiarito che è necessario distinguere tra atto di consegna e atto di accettazione dell’opera la consegna costituisce un atto puramente materiale che si compie mediante la messa a disposizione del bene a favore del committente , mentre l’accettazione esige, al contrario, che il committente esprima, anche per facta concludentia il gradimento dell’opera stessa, con conseguente manifestazione negoziale la quale comporta effetti ben determinati, quali l’esonero dell’appaltatore da ogni responsabilità per i vizi e le difformità dell’opera ed il conseguente suo diritto al pagamento del prezzo Cass. n. 15711/2013 . La presa in consegna dell’opera non equivale ad accettazione. Infine, i Giudici di legittimità hanno specificato che in tema di appalto, la presa in consegna dell’opera da parte del committente non equivale, ipso facto , ad accettazione della medesima senza riserve, e quindi ad un’accettazione tacita pur in difetto di verifica, ex art. 1665, comma 4, c.c Occorre, infatti, stabilire in concreto se nel comportamento delle parti siano o meno ravvisabili elementi contrastanti con la presunta volontà di accettare l’opera senza riserve.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 23 giugno – 10 novembre 2015, n. 22879 Presidente Vivaldi – Relatore Armano Svolgimento del processo La società C. s.p.a ha ottenuto un decreto ingiuntivo in data 26 settembre 2000 dell'importo di £ 25.037.664 in danno della C. I.T.C s.p.a per il pagamento di lavori di tintura di un tessuto definito gogo bianco fornito dalla C La C. I.T.C ha proposto opposizione assumendo che il tessuto lavorato dalla C. presentava difetti che lo rendevano inutilizzabile ed, in via riconvenzionale, chiedeva i danni per l'errata tintura del tessuto gogo bianco che quantificava in circa lire 11.500.000, come da note di accredito che aveva dovute emettere in favore di due clienti in via riconvenzionale chiedeva anche i danni per un tessuto fornito nel dicembre del 1999 ad altro cliente , tessuto definito gogo beige per un importo di £ 83. 723.310,tessuto che il cliente aveva restituito per difetti che lo rendevano inutilizzabile . Il Tribunale di Como ha confermato il decreto ingiuntivo opposto sul rilievo da un lato, della mancata prova della tempestività della denunzia dei vizi, e dall'altro che i difetti rilevati sul tessuto gogo bianco fossero riconducibili ad operazioni effettuate dalla C. durante la tessitura del tessuto in relazione al tessuto gogo beige ha riconosciuto che i difetti denunziati erano attribuibili alla tintura, ha dichiarato risolto il contratto, respingendo sia la domanda della C. per il pagamento della lavorazione del tessuto, che la domanda di risarcimento danni della C. I.T.C, ritenendola non adeguatamente provata. La Corte di appello di Milano ha confermato il decreto ingiuntivo ed in relazione al tessuto gogo beige , ha ritenuto che i difetti denunziati dalla committente erano attribuibili alla cattiva esecuzione della tintura confermando quindi, la dichiarazione di risoluzione del contratto ma, a modifica della decisione di primo grado condannando la C. al pagamento della somma di euro 25.000 per il risarcimento del danno. Avverso detta sentenza propone ricorso la società C. Industrie Tessili, già C. s.p.a, con quattro motivi illustrati da memoriai. Resiste la C. I.T.C Motivi della decisione 1.Con il primo motivo di ricorso si denunzia vizio di omessa pronunzia e violazione dell'art. 112 c.p.c. in relazione all'articolo 1665 c.c. ex art. 360 numero 4 c.p.c. e vizio di omessa motivazione su un fatto decisivo e controverso per il giudizio ex art. 360 numero 5 c.p.c. . Sostiene la ricorrente che la Corte d'appello ha omesso qualsiasi pronuncia in merito a uno dei motivi di appello, relativo alla intervenuta accettazione da parte della C. non per comportamento concludente ma per presunzione. La Corte d'appello aveva omesso qualsiasi motivazione in merito alla mancanza di comunicazione dell'esito della verifica alla C. e al termine entro il quale tale comunicazione sarebbe avvenuta. 2.Con il secondo motivo si denunzia vizio di omessa pronunzia e violazione dell'art. 112 c.p.c. in relazione all'articolo 1665 c.c. ex art. 360 numero 4 c.p.c. e vizio di omessa motivazione su un fatto decisivo e controverso per il giudizio ex art. 360 numero 5 c.p.c. La corte d'appello, secondo la ricorrente, ha omesso ogni pronunzia in merito all'accettazione dei tessuti senza riserva, che è una delle ipotesi di accettazione tacita prevista dall'articolo 1665 c.c. 3.Col terzo motivo di ricorso si denunzia erronea e insufficiente motivazione su un fatto controverso decisivo per il giudizio ex art. 360 numero 5 c.p.c. e violazione falsa applicazione di norme di diritto ex art 360 numero 3 c.p.c. Sostiene la ricorrente che il giudice di appello ha omesso ogni pronunzia in relazione al comportamento concludente tenuto dalla C., idoneo a rivelare la volontà di accettare l'opera. Infatti la C. aveva ricevuto senza riserve i tessuti, dopo aver verificato i tessuti non aveva comunicato l'esito di tale verifica aveva omesso qualsiasi denunzia di vizi di eventualmente riscontrati e, ritenendo la lavorazione e il risultato soddisfacente, aveva successivamente venduto detti tessuti al cliente Miroglio. 4. Con il quarto motivo si denunzia vizio di motivazione ex art. 360 numero 5 c.p.c per avere la Corte di merito ritenuto che il comportamento dei dipendenti, che avevano venduto il tessuto lavorato al cliente, non fosse imputabile ai legali rappresentanti dell'azienda e quindi non potesse valere come accettazione della merce. Al contrario la conclusione del contratto di vendita con Miroglio e la richiesta del prezzo pattuito con emissione della fattura sono fatti necessariamente riconducibile ai vertici della C. e valgono accettazione. 5.I quattro motivi si esaminano congiuntamente per la stretta connessione logico giuridica che li lega e sono infondati. La Corte d'appello ha affermato che dalle risultanze della c.t.u. era emerso con certezza che la lavorazione fatta dalla C. al tessuto gogo beige non era stata eseguita a regola d'arte e che i difetti di costituiti dalle differenze di colore tra pezza e pezza e nella stessa pezza erano dovute ad un errore nella tintura. La Corte ha ritenuto che non poteva ritenersi intervenuta accettazione tacita del tessuto consegnato dalla C. . Infatti l'accettazione per facta concludentia richiede che alla consegna dell'opera si accompagni un comportamento tenuto dalla committente o da un soggetto abilitato rivolto all'appaltatore incompatibile con la volontà di rifiutare l'opera . Nel caso in esame, invece, dalle prove orali risultava che ricevuto il tessuto dopo la seconda lavorazione il signor Ongaro, pur valutando che l'esito della nuova lavorazione era stato solo leggermente migliorativo, aveva deciso con i signori Salvini e Mazzola di consegnare comunque il tessuto al cliente Miroglio, che poi sollevò delle contestazioni, restituendo il tessuto. La Corte ha ritenuto che l'Ongaro era un semplice impiegato e che non vi era prova della qualità e delle mansioni delle altre due persone e che tale condotta, quindi, da un lato non era stata posta in essere dal legale rappresentante della C. o da un soggetto formalmente o sostanzialmente abilitato ad agire per conto della società, ma da semplici tecnici della medesima dall'altro tale comportamento appariva motivato unicamente dall'urgenza imposta dal cliente finale a cui dipendenti suddetti decisero di spedire comunque la merce, malgrado le differenze di colore palesate dalle manichette effettuate presso il loro stabilimento e infine che tale spedizione non era stata resa nota comunicata o comunque partecipata alla C. che aveva già riconosciuto i difetti procedendo alla rilavorazione dei tessuti senza eliminarli. 6 Si osserva che in tema di appalto, l'art. 1665 cod. civ., pur non enunciando la nozione di accettazione tacita dell'opera, indica i fatti e i comportamenti dai quali deve presumersi la sussistenza dell'accettazione da parte del committente e, in particolare, al quarto comma prevede come presupposto dell'accettazione da qualificare come tacita la consegna dell'opera al committente alla quale è parificabile l'immissione nel possesso e come fatto concludente la ricezione senza riserve da parte di quest'ultimo anche se non si sia proceduto alla verifica . Bisogna, però, distinguere tra atto di consegna e atto di accettazione dell'opera la consegna costituisce un atto puramente materiale che si compie mediante la messa a disposizione del bene a favore del committente, mentre l'accettazione esige, al contrario, che il committente esprima anche per facta concludentia il gradimento dell'opera stessa, con conseguente manifestazione negoziale la quale comporta effetti ben determinati, quali l'esonero dell'appaltatore da ogni responsabilità per i vizi e le difformità dell'opera ed il conseguente suo diritto al pagamento del prezzo. Cass, Sentenza n. 15711 del 21/06/2013 In tema di appalto, la presa in consegna dell'opera da parte dei committente non equivale, ipso facto , ad accettazione della medesima senza riserve, e quindi ad una accettazione tacita pur in difetto di verifica, ex art. 1665, quarto comma, cod.civ., occorrendo in concreto stabilire se nel comportamento delle parti siano o meno ravvisabili elementi contrastanti con la presunta volontà di accettare l'opera senza riserve Cass, Sentenza n. 12829 del 12/07/2004. 7.La Corte di merito ha correttamente applicato tali consolidati principi della giurisprudenza di legittimità in materia di accettazione tacita. Preliminarmente bisogna osservare che non vi è distinzione giuridica fra accettazione tacita e accettazione presunta poiché si ha accettazione tacita quando vi sono comportamenti che fanno presumere la volontà di accettare l'opera senza riserve. Di conseguenza non vi è alcuna omissione di pronunzia della Corte di appello che ha compiutamente valutato, escludendoli , l'esistenza di comportamenti della C. da cui presumere l'esistenza di una accettazione tacita. Si deve aggiungere che la verifica non è elemento necessario del contratto di appalto e la sua mancanza non impedisce che possa esservi accettazione tacita delle opere. Come giustamente ritenuto dalla Corte d'appello, nel caso di specie non vi è alcun comportamento idoneo a far ritenere il gradimento della C. in ordine al tessuto oggetto di rilavorazione da parte della C Indipendentemente dalla qualifica dei dipendenti e della loro idoneità ad accettare l'opera per conto della C., si deve evidenziare che il giudice d'appello ha formulato una doppia motivazione per affermare che nel comportamento di questi dipendenti non potesse ravvisarsi accettazione tacita dei tessuti. Infatti ha affermato, da un lato, che i dipendenti non avevano il potere di agire per conto della società e ,dall'altro, che l'attività da questi posti in essere di spedire comunque i tessuti difettati al cliente non poteva essere valutata come accettazione tacita in quanto non era stata resa nota, comunicata o comunque partecipata alla C Tale seconda motivazione da sola idonea a sorreggere la decisione, non è stata impugnata dalla C. e di conseguenza su di essa si è formato il giudicato. Inoltre, in relazione alle circostanze dedotte nel quarto motivo come prova dell'accettazione tacita si osserva che sono circostanze del tutto nuove che, seppur fossero idonee a provare l'accettazione tacita non risultano proposte davanti al giudice d'appello . Il ricorso deve essere rigettato e le spese del giudizio seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in euro 8.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi oltre accessori e spese generali come per legge.