L’uso temporaneo del terreno adiacente al fabbricato locato non vale possesso se non è stato locato

Poiché la posizione lato sensu possessoria del detentore non ha la medesima estensione del possesso stricto sensu, tale da prescindere dal vincolo obbligatorio che ne concreta e delimita il fondamento, ai fini del riconoscimento della tutela possessoria, il giudice del merito deve accertare la sussistenza del rapporto obbligatorio e verificare che l’attività contestata dal preteso autore dello spoglio rientri nell’ambito della detenzione concessa da quel rapporto.

Così ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 19114/15, depositata il 25 settembre. Il caso. La Corte d’appello di L’Aquila, confermando la sentenza del Tribunale di Chieti, rigettava la domanda di reintegra nel possesso proposta da una società conduttrice di un immobile nei confronti della società locatrice del medesimo. La società ricorrente affermava che le era stato impedito il possesso di una porzione di terreno adibito a giardinetto di giochi per bambini, il quale costituiva l’accesso per l’edificio di cui era conduttrice per contratto di locazione. La società soccombente propone ricorso per cassazione avverso la decisione della Corte territoriale, la quale escludeva la configurabilità dello spoglio del possesso, sulla scorta che il contratto di locazione non comprendeva la zona in questione e quindi escludendo che la ricorrente potesse vantare alcun diritto su quel terreno. L’estensione della posizione possessoria del detentore qualificato. La S.C. ritiene opportuno ricordare che l’art. 1168, comma 2, c.c. Azione di reintegrazione consente l’azione di reintegrazione contro l’autore dello spoglio anche al detentore qualificato”, ossia a colui che esercita il potere di fatto sulla cosa altrui con l’intenzione di tenerla a propria disposizione in virtù di un diritto personale . Poiché la posizione lato sensu possessoria del detentore non coincide con il possesso stricto sensu , quindi non può prescindere dal vincolo obbligatorio che ne costituisce il fondamento, ai fini del riconoscimento della tutela possessoria, il giudice di merito, dinanzi alle contestazioni dell’intimato, deve accertare la sussistenza del rapporto obbligatorio e verificare che l’attività contestata dal preteso autore dello spoglio rientri nell’ambito della detenzione consentita da quel rapporto Cass., n. 8489/00 . Nel caso di specie, accertata l’assenza di un’esplicita descrizione nel contratto di locazione del lembo di terreno in questione e la circostanza che per ottenere la concessione edilizia, tutta l’area attorno all’edificio e quindi anche il terreno conteso era stata ceduta al comune di Chieti per la costruzione di un parcheggio pubblico con la sola eccezione degli spazi di accesso , il giudice del merito è giunto ad escludere che la striscia di terreno in questione fosse stata locata. L’uso temporaneo del lembo di terra ha rilevanza non decisiva se non era stato locato. La S.C. ritiene inoltre che la società ricorrente non indichi da quale risultanze processuali emerga che, al di là dall’uso provvisoriamente fattone , la zona fosse stata ceduta in locazione insieme al fabbricato. La parte afferma che il terreno era adibito a giardinetto per cui è stato chiaramente concesso in locazione , che essa aveva apportato numerose migliorie e che, possedendo il vialetto, non aveva l’onere di provare alcunché, dato che la locatrice non aveva mai contestato tale asserzione. Con tali enunciazioni, gli ermellini ritengono che la parte ricorrente non colga la questione centrale da dirimere, vale a dire la necessità del conduttore, in qualità di detentore, di dimostrare l’estensione della cosa locata per poter far valere il proprio diritto con azione possessoria nei confronti del locatore. Inoltre la parte ignora che un uso temporaneo di un lembo di terreno adiacente al fabbricato locato ha rilevanza non decisiva se detta porzione non era stata locata . La società detentrice sembra anche ignorare la circostanza, proseguono gli ermellini, che la suddetta zona non poteva essere locata perché non più appartenente al locatore, il quale l’aveva ceduta al comune. Per tali motivi, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile -2, ordinanza 9 luglio – 25 settembre 2015, n. 19114 Presidente Petitti – Relatore D’Ascola Fatto e diritto 1 Con ricorso ex art. 703 c.p.c. notificato il 25.05.2007, la San Domenico Savio s.a.s., conduttrice di un immobile sito in OMISSIS , conveniva innanzi al tribunale la ditta locatrice S.C. . La ricorrente esponeva che alla società era stato inibito il possesso di un lembo di terreno adibito a giardinetto di giochi per bambini, che costeggiava il viale di accesso dell'unità immobiliare urbana condotta per contratto di locazione del 04.11.2002 affermava di essere stata, sin dal 2002, in possesso in modo continuativo ed indisturbato di tale striscia di terreno, che costituiva un accesso vero e proprio al fabbricato che sin dal momento della locazione la società aveva provveduto a ristrutturare l'immobile d'accordo con la locatrice, anticipandone le spese che tra i lavori rientrava la sistemazione del vialetto di entrata con l'apposizione di rampa di accesso per disabili e la ripulitura dalle erbacce di detto giardinetto costeggiarne l'ingresso, con apposizione di giochi per bambini che la locatrice S.C. in data 16.02.2007 aveva fatto recintare il vialetto di ingresso aveva delimitato con una rete il lembo di terreno adibito a giardinetto e rimosso i giochi ivi posti dalla società. Il tribunale di Chieti con sentenza n. 621/07 emessa il 31.07.2007 rigettava la domanda di reintegra nel possesso proposta dalla San Domenico Savio s.a.s Con sentenza n. 1038/2011 emessa il 25.05.2011, depositata il 14.10.2011 e non notificata, la corte di appello di L'Aquila ha rigettato l'appello proposto dalla società San Domenico. La Corte territoriale ha osservato che il contratto di locazione non ricomprendeva il lembo di terreno in questione e che quindi la ricorrente non poteva vantare nessun diritto sul terreno circostante l'immobile. 1.1 Avverso la sentenza la società propone ricorso per cassazione articolato su due motivi, notificato il 13.11.2012. La ditta S.C. ha resistito con controricorso. Il giudice relatore ha avviato la causa a decisione con il rito previsto per il procedimento in camera di consiglio. Parte resistente ha depositato memoria. 2 Preliminarmente vanno respinte le eccezioni di inammissibilità sollevate in controricorso. L'esposizione dei fatti contenuta, in ricorso è infatti sufficiente a comprendere i dati essenziali della lite, restando irrilevante la mancanza di dettagli circa lo svolgimento del giudizio di appello. Va poi negato che la formulazione dei quesiti di diritto di cui all'art. 366 bis c.p.c., costituisca motivo di inammissibilità del ricorso, a causa dell'abrogazione della norma de qua, disposta dalla legge n. 69/09. La presenza del quesito non solo non è sanzionata in alcun modo dalle nuove norme Cass. 16122/12 , ma rimane, secondo la dottrina e la giurisprudenza, un utile strumento di redazione del ricorso, che è senz’altro consigliabile, ancorché non sia più indispensabile . 3 Con il primo motivo di ricorso la società San Domenico lamenta violazione dell’art. 360 c.p.c. n. 3 per violazione e falsa applicazione delle norme di diritto e formula il seguente quesito dica la Corte se la tutela del possesso viene meno con la esistenza di un titolo dica la corte se il possesso è tutelato giuridicamente e sostanzialmente a prescindere da un titolo . Il giudice di appello ha ritenuto che accerta e rileva esattamente il primo giudice che nella fattispecie dedotta in esame il contratto di locazione ricomprendeva una porzione immobiliare di circa 250 mq, posta a pianoterra, oltre a un terrazzo sopra il garage. Nessun diritto poteva quindi esercitare la ricorrente sul terreno circostante l'edificio concesso in locazione, di cui il contratto di locazione non fa menzione . Secondo la ricorrente il giudice di primo grado non avrebbe mai verificato tali dati in atti, né che il viale di accesso al locale era di accesso al terrazzo, né che il terreno adiacente il viale di entrata e laterale ad esso, oggetto di contesa, non fosse scorporabile. Deduce inoltre che la Corte territoriale incorre nella violazione e falsa applicazione delle norme di diritto laddove non si avvede che se l'entrata è inibita, il conduttore non può esercitare appieno il diritto acquisito con la stipula del contratto di locazione, rimanendo questa ultima svuotata nel suo contenuto che il giudicante soffermandosi unicamente sul contratto di locazione, ha in realtà mancato l'ambito di valutazione del titolo del possesso, visto che quest'ultimo non è altro che una situazione giuridica autonomamente tutelata al di là di ogni titolo giuridico reale od obbligatorio . 3.1 Il secondo motivo denuncia il vizio di motivazione omessa, insufficiente o contraddittoria ex art. 360 c.p.c. n. 5 per errore è indicato nel ricorso ex art. 366 c.p.c. . Viene posto il seguente quesito dica la Corte se il giudice di appello ha individuato il fatto controverso al fine di avvedersi che al giudice di primo è stata chiesta una tutela possessoria . La ricorrente sostiene che la motivazione della corte di appello sia insufficiente, poiché il giudice di appello si è limitato a riportarsi in modo pedissequo alla sentenza di primo grado , senza motivare perché il presupposto del possesso non sia stato preso in considerazione, e non si è reso conto della contusione fatta dal giudice di primo grado fra possesso e locazione . Secondo la ricorrente infatti il giudice di primo grado aveva erroneamente sostenuto che la stradina laterale non era stata concessa in locazione, sbagliando totalmente nell'interpretazione del contratto, in quanto - a suo dire - dalla lettura dello stesso risultava che in realtà il vialetto di accesso era parte integrante dell'oggetto della locazione. 3.2 I due motivi di ricorso, che possono essere congiuntamente esaminati, sono da respingere. Entrambi si risolvono in una censura alla motivazione della sentenza di appello, che ha escluso la configurabilità dello spoglio, negando che il contratto di locazione comprendesse l'area controversa 3.2.1 In proposito è bene ricordare che l'esercizio dell'azione di reintegrazione contro l'autore dello spoglio è consentito dall'art. 1168 c.c., secondo comma, cod. civ. anche al detentore qualificato , a colui, cioè, che esercita il potere di fatto sulla cosa altrui con l'intenzione di tenerla a propria disposizione in virtù di un diritto personale. Poiché la posizione lato sensu possessoria del detentore non ha un'estensione oggettiva pari a quella del possesso stricto sensu , tale da prescindere dal vincolo obbligatorio che ne concreta e delimita il fondamento, il giudice del merito, a fronte delle contestazioni dell'intimato, ai fini del riconoscimento della tutela possessoria, deve procedere all'accertamento del rapporto obbligatorio e dalla verifica che l'attività, contestata dal preteso autore dello spoglio, rientri nell'ambito della detenzione consentita da quel rapporto. Cass.8489/00 5555/96 . Il giudice di merito nell'effettuare doverosamente la valutazione dell'estensione dei beni locati è pervenuto alla conclusione che l'area de qua non fosse stata locata. Ciò ha fatto sulla base di due rilievi a la mancata esplicita descrizione, in contratto, dell'area di cui si tratta b la circostanza che per ottenere la concessione edilizia tutta l'area circostante il fabbricato e, quindi anche il terreno conteso, era stata ceduta al comune di Chieti per essere destinata a parcheggio pubblico, con la sola eccezione degli spazi di accesso. Tali ragioni del decidere non sono scalfite dall'indicazione specifica e puntuale di risultanze contrattuali di opposto segno. 3.3 Parte ricorrente non indica da quali risultanze processuali emerga che, al di là dall'uso provvisoriamente fattone , l'area fosse stata ceduta in locazione insieme al fabbricato. Il ricorso deduce che il terreno conteso è adibito a giardinetto per cui è stato chiaramente concesso in locazione che essa aveva eseguito numerosissime opere e migliorie che essa possedeva il vialetto e quindi non vi era necessità di prova alcuna dato che controparte non aveva mai contestato detta asserzione . Ammette tuttavia che i testimoni indicati sul punto non erano stati escussi perché il g.i. non ha inteso sentirli . Appare evidente da queste proposizioni che esse a non colgono la questione fondamentale posta dalla causa, cioè la necessità del conduttore, quale detentore, di provare l'estensione della cosa locata, per poter far valere il proprio diritto con azione possessoria nei confronti del locatore b non percepiscono che un uso temporaneo di una porzione di terreno adiacente al fabbricato locato ha rilevanza non decisiva, se detta porzione non era stata locata. In particolare ignorano la circostanza che secondo quanto emerge dalla sentenza l'area non poteva essere locata, perché non più appartenente al locatore, il quale l'aveva ceduta al Comune e l'assenza di prove in ordine al possesso dell'area, non essendo stati indicati i mezzi di prova forniti ed acquisiti agli atti. 3.4 Apodittica è, infine, la dedotta non contestazione del possesso del vialetto, posto che non sono indicati in dettaglio gli atti del processo da cui ciò risulterebbe. Peraltro dal ricorso non emerge che la mancata ammissione della prova orale sul punto sia stata motivata dal giudice istruttore con la non contestazione della circostanza. Pertanto se il giudice di merito già dal primo grado non ha ritenuto sussistente la non contestazione, non solo la questione doveva essere specificamente riproposta in sede di impugnazione, ma doveva indurre a censurare la mancata ammissione delle prove che dovevano fornire aliunde la documentazione dell'uso del bene. Resta peraltro chiaro che tale situazione di fatto non sarebbe stata comunque sufficiente a dar prova di un possesso tutelabile contro il locatore di un bene non oggetto di locazione. Discende da quanto esposto il rigetto del ricorso e la condanna alla refusione delle spese di lite, liquidate in dispositivo, in relazione al valore della controversia. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite liquidate in Euro 2.000 per compenso, 200 per esborsi, oltre accessori di legge e rimborso delle spese generali.