La successione d'azienda implica la successione nei contratti funzionali al suo esercizio, purché scaturente da atto negoziale e da volontà delle parti

La sentenza di risoluzione di un contratto di affitto non è atto negoziale e, quindi, non determina la successione del subentrante nei rapporti negoziali.

Il locatore dell'azienda che riacquisti il godimento prima della scadenza del termine pattuito nel contratto di affitto, per inadempimento dell'affittuario ed in forza di atto giudiziale, non succede a noma dell'art. 2558 c.c. nei rapporti contrattuali a prestazioni corrispettive ancora pendenti. Il caso. Un albergo veniva ceduto in gestione a favore di una società. Un cliente conveniva in giudizio la nuova gestione affinché fosse accertato il corretto versamento, in favore della prima gestione, di tutte le somme dovute per il soggiorno. Parte convenuta chiedeva che il pagamento fosse ripetuto nelle mani della gestione in corso. Il tribunale accoglieva la domanda formulata da parte attrice e respingeva quella di parte convenuta. La Corte d'appello confermava la decisione del Tribunale. La Corte di Cassazione cassava la sentenza impugnata il giudizio veniva riassunto innanzi alla Corte d'appello. La Corte d'appello chiariva che tra le società che si erano succedute alla gestione dell'hotel non si era configurata alcuna successione, perché il subentro era avvenuto per ordine del giudice. La Corte territoriale, pertanto, escludeva la possibilità di accertare l'avvenuto pagamento quale conseguenza diretta del fenomeno successorio. Parte attrice ha proposto nuovo ricorso per cassazione. Successione d'azienda. La pronuncia dei giudici di legittimità, a conclusione della prima fase, chiariva che è opinione largamente condivisa che le norme contenute nel primo e terzo comma dell'art. 2558 c.c. possano trovare applicazione, in virtù di un'interpretazione estensiva, non soltanto nelle ipotesi, da esse espressamente previste, dell'alienazione, dell'usufrutto e dell'affitto dell'azienda, ma anche negli altri casi nei quali ricorra un trasferimento dell'azienda, cioè la sostituzione, in forza di un fatto giuridico voluto dalle parti per effetto del quale un imprenditore si sostituisce ad un altro nell'esercizio dell'impresa. Conseguentemente, deve ammettersi la successione del proprietario o del locatore nei rapporti contrattuali a prestazioni corrispettive ancora pendenti al momento dell'estinzione dell'usufrutto o della scadenza dell'affitto, costituiti dall'usufruttuario o dall'affittuario per l'organizzazione e il funzionamento dell'azienda, sia pure nei limiti di quelli non eccedenti la potenzialità produttiva di questa al momento della costituzione dell'usufrutto o della conclusione dell'affitto o i poteri di gestione attribuiti con quest'ultimo all'affittuario. I giudici di legittimità, inoltre, chiarivano che la successione si produce ogni volta che il trasferimento origina da atto negoziale e, invece, doveva escludersi in ipotesi di trasferimento giudiziale. In ragione di ciò, parte attrice-ricorrente ritiene che il fenomeno successorio, nel caso di specie, si è effettivamente compiuto, perché la successione si è verificata con provvedimento giudiziale che aveva dichiarato risolto il contratto di fitto e restituito al proprietario l'azienda. La risoluzione giudiziale del contratto di affitto. La risoluzione giudiziale del contratto di affitto per inadempimento del conduttore, è atto giudiziale e dunque, non è atto negoziale. La S.C. ha chiarito che il fenomeno successorio discende dalla volontà delle parti interessate, che la norma riconosce alle stesse di escludere il trasferimento e che ha la finalità esclusiva di garantire la continuità dei rapporti nell'ottica della continuità della gestione aziendale. Detta continuità viene meno in ogni ipotesi di trasferimento, come quello in commento, originato da provvedimento giudiziale pur risolutivo di una vicenda negoziale. Per estrema chiarezza, la Cassazione ha ribadito il principio per effetto del quale il locatore dell'azienda che riacquisti il godimento prima della scadenza del termine pattuito nel contratto di affitto, per inadempimento dell'affittuario ed in forza di atto giudiziale, non succede a norma dell'art. 2558 c.c. nei rapporti contrattuali a prestazioni corrispettive ancora pendenti. Risoluzione naturale del contratto. I giudici di legittimità, infine, hanno statuito che l'ipotesi di retrocessione della gestione per estinzione naturale del contratto è ipotesi scaturente dalla volontà negoziale delle parti e, pur essendo fenomeno estintivo del negozio, è idoneo a determinare ex art. 2558 c.c. il trasferimento dei rapporti. In conclusione, la Cassazione ha respinto il ricorso e confermato i principi e la decisione di legittimità conclusiva della prima fase.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 16 giugno – 23 settembre 2015, n. 18805 Presidente Russo – Relatore Stalla Svolgimento del giudizio Nel marzo 1987 T.I. conveniva in giudizio la Hotel H di H.M. & amp C. sas in qualità di proprietaria e nuovo gestore dell'hotel Fermeda di Bressanone, chiedendo che venisse accertato che nessuna ulteriore somma era da esso attore dovuta alla convenuta in adempimento di un contratto di soggiorno alberghiero da lui stipulato con il precedente gestore dell'hotel la Tender Commerciale snc , affittuario della convenuta stessa. Precedente gestore al quale egli aveva già corrisposto, prima che la gestione dell'hotel medesimo venisse retrocessa alla Hotel H sas, acconti per lire 14.509.000. Nella costituzione in giudizio della Hotel H sas - che formulava domanda riconvenzionale di condanna del T. ad eseguire un nuovo pagamento a sue mani della somma in oggetto, ritenendo ad essa non opponibili i pagamenti in acconto già effettuati al precedente gestore - veniva emessa sentenza n. 619/96 con la quale il tribunale di Modena - dichiarava inammissibile per ragioni di rito la domanda riconvenzionale -accoglieva la domanda di accertamento negativo, ravvisando l'opponibilità del pagamento degli acconti alla società convenuta, in quanto succeduta ex articolo 2558 cod.civ. nel contratto di soggiorno stipulato dall'attore con il precedente gestore. Con sentenza n. 986/99 la corte di appello di Bologna confermava la sentenza di primo grado. Proposto ricorso per cassazione da Hotel H sas, interveniva sentenza n. 16724/03 con la quale questa corte di cassazione cassava la sentenza impugnata, e rinviava ad altra sezione della corte di appello di Bologna. Riassunto il giudizio, veniva emessa sentenza n. 948/11 con la quale la corte di appello di Bologna in sede di rinvio, in accoglimento dell'appello proposto dalla Hotel H sas, rigettava la domanda di accertamento negativo proposta dal T. ciò sul presupposto che, in applicazione del principio di diritto espresso dalla corte di cassazione, la Hotel H sas non fosse succeduta ex articolo 2558 codice civile nel contratto di soggiorno in questione, atteso che la retrocessione ad essa dell'azienda alberghiera si era verificata non già per atto negoziale, ma per provvedimento del giudice già adito ex articolo 700 cod.proc.civ. e, comunque, a seguito di risoluzione clausola risolutiva per inadempimento del precedente gestore nel pagamento dei canoni di affitto dell'azienda. Avverso questa sentenza viene proposto un articolato motivo di ricorso per cassazione dal T. . Nessuna attività difensiva è stata posta in essere in questa sede dalla Hotel H sas. Il ricorrente ha altresì depositato memoria ex articolo 378 cod.proc.civ Motivi della decisione p. 1. Va preliminarmente disattesa l'eccezione di nullità della sentenza impugnata, così come proposta dal T. mediante ricorso integrativo 6 marzo 2012 di per sé inammissibile v.Cass. 13257/10 e, comunque, memoria ex articolo 378 cod.proc.civ Assume, in particolare, il ricorrente che tale nullità deriverebbe dal fatto che la sentenza in questione sarebbe stata emessa in esito ad un giudizio di rinvio proposto 21 dicembre 2004 da un soggetto ormai estintosi ex articolo 2495 cc quello stesso al quale, peraltro, egli ha ancora notificato il presente ricorso ciò perché la Hotel H sas venne cancellata dal registro delle imprese fin dal 16 luglio 2001 come da visura CCIAA allegata . Ora, fermo restando il principio stabilito da SSUU n. 4060 del 22/02/2010, secondo cui - anche per le società di persone - la cancellazione dal registro delle imprese comporta l'estinzione della soggettività dell'ente con effetto, ove intercorsa precedentemente, dall'entrata in vigore, il 1^ gennaio 2004, del d.lgs. n. 6 del 2003 di riforma organica del diritto societario e, in particolare, dell'articolo 2495 cod.civ. , va qui ritenuto che il giudizio di rinvio sia stato ritualmente introdotto in forza di quel fenomeno successorio, rispetto all'ente estinto, ravvisato, in capo al socio illimitatamente responsabile, da SSUU 12 marzo 2013 n. 6070 v. anche Cass. Sez. 6-5, Ordinanza n. 25275 del 28/11/2014 . L'avvenuta cancellazione dal registro delle imprese non ha dunque impedito che il rapporto processuale proseguisse validamente in capo alla persona fisica dell'ex socio accomandatario della Hotel H sas, quale successore nei rapporti giuridici ancora pendenti relativi a quest'ultima. L'eccezione sarebbe comunque infondata anche in considerazione del fatto che l'evento estintivo in questione non venne mai formalmente dichiarato prima d'ora nel processo, con conseguente protrazione - in forza del principio di ultrattività del mandato alla lite - del potere rappresentativo del difensore, come se l'evento stesso non si fosse verificato, risultando cosi stabilizzata la posizione giuridica della parte rappresentata rispetto alle altre parti ed al giudice nella fase attiva del rapporto processuale, nonché in quelle successive di sua quiescenza od eventuale riattivazione dovuta alla proposizione dell'impugnazione SSUU n. 15295 del 04/07/2014 Cass. n. 23141 del 31/10/2014 . p. 2. Con l'unico motivo di ricorso per cassazione, il T. lamenta violazione o falsa applicazione dell'articolo 384 cod.proc.civ., posto che la sentenza impugnata - nell'escludere la successione di Hotel H sas nel contratto di soggiorno ex articolo 2558 cod.civ. - non si era attenuta al principio di diritto fissato da questa corte di legittimità con la sentenza n. 16724/03. Principio di diritto secondo cui tale successione doveva ravvisarsi nell'ipotesi in cui il trasferimento dell'azienda fosse avvenuto per un titolo negoziale, qual era quello nel caso di specie costituito dalla clausola del contratto di affitto di azienda che prevedeva la risoluzione del contratto di affitto per inadempimento dell'affittuario nel pagamento dei canoni. Né poteva nella specie affermarsi, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di rinvio, che la retrocessione dell'azienda alla società convenuta fosse qui derivata, non da un titolo negoziale, ma da un provvedimento giudiziale posto che l'unico provvedimento giudiziale nella specie sussistente era inidoneo a produrre effetti sostanziali, perché di natura cautelare articolo 700 c.p.c. , e comunque caducato per mancata introduzione del giudizio di merito. p.3. La doglianza - in realtà basata sulla mera riedizione di una impostazione giuridica già definitivamente disattesa da questa corte di legittimità - non può trovare accoglimento. La sentenza qui impugnata non ha accolto la tesi del T. , secondo cui si sarebbe nella specie in presenza di un trasferimento aziendale retrocessione dell'albergo dal precedente gestore affittuario alla società convenuta di natura negoziale. La soluzione adottata in sede di rinvio ha infatti applicato il principio di diritto espresso in sede di legittimità, osservando come la restituzione aziendale a seguito di risoluzione del contratto di affitto per inadempimento dell'affittuario non fosse ascrivibile a causa negoziale, con la conseguenza che, in tale ipotesi, non si verifica la successione nei contratti pendenti conclusi dall'affittuario ex articolo 2558 cod.civ., come espressamente affermato sul punto dalla corte di cassazione nella sentenza resa tra le parti, secondo un orientamento consolidato sul punto sent. rinvio, pag.10 . Ha poi aggiunto il giudice di rinvio pag.11 che la retrocessione dell'azienda per inadempimento dell'affittuario e non per trasferimento negoziale trovava riscontro anche nel provvedimento di riconsegna emesso ex articolo 700 cod.proc.civ., la cui successiva caducazione nulla toglieva alla natura non negoziale del trasferimento aziendale in oggetto, in quanto appunto ascrivibile non già ad una volontaria retrocessione, ma ad un effetto puramente consequenziale della risoluzione del contratto. La decisione così adottata in sede di rinvio deve ritenersi pienamente conforme al principio di diritto espresso in sede di legittimità dalla sentenza tra le parti Cass. n. 16724 del 07/11/2003, la cui massima recita la successione dell'imprenditore nei rapporti contrattuali inerenti all'azienda non aventi carattere personale, quale effetto del trasferimento dell'azienda, può trovare applicazione, in virtù di una interpretazione estensiva dell'articolo 2558 cod. civ., non solo nelle ipotesi di alienazione, usufrutto e affitto d'azienda, ma anche negli altri casi in cui ricorra la sostituzione di un imprenditore ad un altro nell'esercizio dell'impresa per un fatto voluto dalle parti, o da queste previsto, ed in relazione al quale abbiano potuto disporre della sorte dei contratti a prestazioni corrispettive inerenti l’azienda ancora non completamente eseguiti ne consegue che sono estranei all'ambito di applicazione dell'articolo 2558 cod. civ. tutte le ipotesi in cui il trasferimento dell'azienda sia la conseguenza diretta di un fatto non negoziale o sia la conseguenza soltanto mediata di una fattispecie negoziale . In motivazione, la sentenza n. 16724/03, in esame, risulta quanto mai chiara nell'evidenziare che la ratio del regime di successione nei contratti di esercizio aziendale, ex articolo 2558 cod.civ., consiste nel rendere possibile all'imprenditore subentrante l'acquisto di elementi fondamentali dell'avviamento, quali appunto sono i rapporti contrattuali costituiti per l'esercizio dell'impresa. Tale successione diversamente dalle ipotesi di trasferimento dei crediti o dei debiti aziendali, ex articoli 2559 e 2560 cod.civ. avviene tuttavia non già automaticamente ed ope legis in ogni ipotesi di trasferimento dell'azienda come, nella specie, erroneamente ritenuto dai giudici di merito , bensì solo nelle ipotesi di trasferimento direttamente ascrivibile all'esercizio dell'autonomia negoziale delle parti, come anche evincibile - nel senso della disponibilità del subentro - dall'inciso normativo se non è pattuito diversamente . Ipotesi derogatoria, quest'ultima, che tutela la posizione del ricevente l'azienda ove quest'ultima risulti in ipotesi corredata di contratti non remunerativi perché di eccessiva gravosità e nella quale, peraltro, la posizione del terzo contraente trova anch'essa protezione, non già nella disciplina speciale del trasferimento aziendale, bensì in quella generale riconducibile all’inadempimento del contratto da parte del contraente diretto cedente l'azienda . In particolare, la successione nei rapporti contrattuali postula che il trasferimento dell'azienda, alla quale i medesimi rapporti sono inerenti, sia l'effetto immediato e diretto di una fattispecie negoziale posta in essere dai due soggetti tra i quali il trasferimento è intervenuto sicché, perché tale successione possa operare ex articolo 2558 cc è necessario che il trasferimento dell'azienda si ricolleghi direttamente alla volontà delle parti o a un fatto che queste abbiano espressamente previsto termine finale, condizione risolutiva e via dicendo ed in relazione alla quale abbiano potuto disporre circa la sorte dei contratti a prestazioni corrispettive inerenti all’azienda ancora non interamente eseguiti al momento del suo verificarsi con la conseguenza che rimane fuori dall'ambito di applicazione dell'articolo 2558 codice civile ogni ipotesi in cui il trasferimento dell'azienda sia la conseguenza diretta di un fatto non negoziale o sia la conseguenza soltanto mediata di una fattispecie negoziale, cioè di un fatto il cui effetto tipico sia diverso dal trasferimento dell'azienda e si ponga, a sua volta, come causa di esso . Conclude quindi la sentenza di cassazione nel senso che pag.12 il locatore dell'azienda che ne riacquisti il godimento prima della scadenza del termine pattuito nel contratto di affitto, in conseguenza della risoluzione di questo contratto per inadempimento dell'affittuario, non succede, ex articolo 2558 codice civile, nei rapporti contrattuali a prestazioni corrispettive ancora pendenti sorti da contratti conclusi dall'affittuario . La sentenza cassata non aveva fatto applicazione di questo principio, assumendo che la Hotel H sas fosse subentrata nel contratto di soggiorno pendente per il solo fatto oggettivo della sostituzione di un imprenditore ad un altro, senza distinguere il trasferimento dell'azienda per atti negoziali, o comunque riconducibili direttamente alla volontà ed alla previsione delle parti contraenti, dal trasferimento per fatti invece non negoziali, come potrebbe essere una risoluzione del contratto d'affitto per inadempimento dell'affittuario,, pronunciata con sentenza del giudice e quindi, nel caso specifico, il subentro dell'odierna ricorrente nel contratto d'albergo stipulato dall'affittuaria Tender con T. . Quanto così esplicitato in sede di legittimità costituisce conferma di un indirizzo già tracciato, e rinvenibile in Cass. n. 969/79 ed in Cass. n. 632/79 entrambe richiamate nella stessa sentenza in esame , secondo cui la successione dell'acquirente, dell'usufruttuario e dell'affittuario di azienda, prevista dall'art 2558 cod civ, salvo patto contrario, nei contratti a prestazioni corrispettive stipulati dal dante causa e non ancora interamente eseguiti nel senso che ciascun contraente sia ancora contemporaneamente creditore di una prestazione e debitore di una altra , sempreché si tratti di contratti non a carattere personale, inerenti all'esercizio dell'impresa e non soggetti a specifica diversa disposizione di legge . , deve ritenersi operante, in applicazione estensiva del citato art 2558 cod civ, in ogni altra analoga ipotesi in cui si verifichi la sostituzione di un imprenditore all'altro nell'esercizio dell1 impresa, come conseguenza diretta della volontà delle parti, ovvero di un fatto dalle medesime espressamente previsto. Pertanto, nel caso in cui l'esercizio dell'azienda si ritrasferisca dall’affittuario al locatore, per effetto di cessazione del rapporto di affitto, l’indicata successione si verifica, nei confronti del locatore, solo se si tratti di cessazione del rapporto per causa negozialmente contemplata come il termine finale o la condizione risolutiva, e non anche, quindi, nella diversa ipotesi in cui la cessazione medesima sia conseguenza diretta di un fatto non negoziale, ancorché ricollegabile, ma solo in via mediata, ad una fattispecie negoziale. Da tanto deriva che il locatore non subentra nei contratti stipulati dall'affittuario, pur se presentanti le caratteristiche sopra specificate, qualora riacquisti il godimento dell'azienda, prima della scadenza del contratto, in conseguenza della sua risoluzione per inadempimento dell'affittuario, sia essa pronunciata dal giudice, ovvero disposta dalla determinazione di un arbitro irrituale designato dalle parti . Orbene, nell'aver infine escluso il subentro della Hotel H sas nel contratto di soggiorno in oggetto, la sentenza di rinvio - lungi dall’aver violato il precetto di cui all'articolo 384 cod.proc.civ. - si è conformata al suddetto principio di diritto di cui alla sentenza n. 16724/03 individuando, nella specie, la causa della retrocessione dell'albergo non già in un atto di autonomia negoziale e, dunque, di volontaria preservazione di un elemento fondamentale dell'avviamento per utilizzare le stesse parole della pronuncia di cassazione bensì nella risoluzione per inadempimento dell'affittuario nel pagamento dei canoni di affitto. Vale a dire - sempre per testualmente richiamare quanto stabilito in tale pronuncia - per un fatto costituente una conseguenza soltanto mediata di una fattispecie negoziale . A nulla rilevando, in contrario avviso, né che nella specie mancasse una pronuncia giudiziale di risoluzione - tale certo non essendo il provvedimento ex articolo 700 c.p.c., del resto richiamato dalla sentenza qui impugnata non quale causa diretta del mancato subentro, bensì quale ulteriore riscontro dimostrativo della mancanza, nella specie, di un ritrasferimento pattizio - né che la risoluzione del contratto in ipotesi di mancato versamento dei canoni fosse stata contrattualmente prevista tra le clausole dell'affitto. Ciò perché si verteva, in ogni caso, in una delle ipotesi nelle quali - proprio in forza del principio di diritto testé ricostruito - il subentro nel contratto ex articolo 2558 codice civile non poteva avere luogo, per non ascrivibilità del trasferimento aziendale a causa negoziale ovvero a quest'ultima equiparabile. È vero che la pronuncia n. 16724/03 ha ritenuto di cassare con rinvio la sentenza impugnata al fine di accertare sent.pag.14 la sussistenza in concreto di un contratto solutorio capace di determinare il subentro, ovvero di un'eventuale risoluzione dell'affitto per mutuo dissenso e per comportamenti taciti concludenti tuttavia, il giudice di rinvio non ha potuto che ribadire come la retrocessione dell'albergo non fosse qui dipesa da una fonte differente dalla clausola risolutiva stessa. Dunque, come anticipato, non già da un contratto solutorio o da un patto restitutorio per mutuo dissenso, bensì appunto da quel fatto costituente conseguenza soltanto mediata di una fattispecie negoziale che esclude - pur in assenza di una pronuncia giudiziale - gli effetti di cui all'articolo 2558 cod.civ Ne segue il rigetto del ricorso nulla si dispone sulle spese, stante la mancata difesa di parte intimata. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso.