L’arbitrato è talmente caro da indurlo a rinunciarvi: leso il diritto di difesa dell’assicurato

È vessatoria la clausola compromissoria contenuta in un contratto di assicurazione che risulti limitativa del diritto dell’assicurato ad essere dispensato dalle conseguenze pregiudizievoli di un incidente, inducendolo a pagare ingenti somme di denaro per gli onorari dei periti, non proporzionate a quelle riconosciutegli a titolo di risarcimento dei danni.

Così ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 13312/15, depositata il 30 giugno. Il caso. La Corte d’appello di Venezia, confermando la decisione del Tribunale di Verona, dichiarava l’improponibilità della domanda di una cooperativa che chiedeva alla propria società di assicurazioni di pagare l’indennizzo per i danni cagionati dalla grandine all’autovettura che l’attrice conduceva in leasing. La società di assicurazioni sosteneva infatti che una clausola contenuta nelle condizioni generali del contratto di assicurazioni assegnava la valutazione del danno ai periti e contestava la quantificazione della pretesa. Avverso tale pronuncia, la cooperativa propone ricorso per cassazione, adducendo diversi motivi. Rilevabilità d’ufficio e potere di allegazione. Prima di esaminare nello specifico la clausola controversa, i Giudici di legittimità ricordano che la nullità di un contratto o delle singole clausole in esse contenute, sostenuta dalla ricorrente possono essere rilevate d’ufficio solo se il fatto costitutivo che sta alla loro base, sia opportunamente allegato dalla parti nel rispetto delle regole processuali. Risultando infondati i motivi della ricorrente, in quanto non da lei allegati i fatti costitutivi dell’eccezione di nullità, gli Ermellini proseguono con l’esaminare il restante mezzo di ricorso. Clausola vessatoria. La ricorrente censura la decisione dei Giudici di merito laddove hanno qualificato la clausola della polizza come perizia contrattuale, in quanto ai periti incombe solo la determinazione del quantum del danno. Il Collegio ritiene fondato il motivo, poiché tale clausola è da considerarsi vessatoria, e pertanto andava specificamente sottoscritta. Gli Ermellini ricordano infatti, che è da ritenersi vessatoria la clausola compromissoria, contenuta nelle condizioni generali di un contratto di assicurazione, che predispone un sistema di compenso degli arbitri calcolato in base al valore della causa, ma non in modo proporzionale , a prescindere dall’esito della lite, ossia indipendentemente dal fatto che la parte risulti vittoriosa o soccombente, tale da limitare il diritto dell’assicurato ad essere dispensato dalle conseguenze pregiudizievoli dell’incidente. Tali conseguenze consistono nell’indurre il danneggiato a pagare ingenti somme per i compensi degli arbitri, non proporzionate a quelle riconosciutegli a titolo di risarcimento dei danni dedotti. Una siffatta prospettiva scoraggia così il danneggiato a invocare l’arbitrato, favorendo di conseguenza i comportamenti dilatori dell’assicuratore e ledendo il diritto di difesa dell’assicurato. Violazione del Codice delle assicurazioni. La clausola in questione viola inoltre l’art. 3 del Codice delle assicurazioni, disposizione di carattere generale sul controllo del mercato assicurativo, a tutela dell’effettività dei diritti degli assicurati. Nel caso di specie, essendo limitata, per i motivi sopra citati, la funzione indennitaria del contratto di assicurazioni, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso e cassa la sentenza con rinvio.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 25 febbraio – 30 giugno 2015, n. 13312 Presidente Russo – Relatore Pellecchia Svolgimento del processo. 1. Nel luglio del 2003 la Cooperativa Facchini la Concordia scarl Basso Giorgio ora La Concordia s.r.l. , convenne in giudizio la HDI assicurazioni S.p.A. per sentirla condannare al pagamento dell'indennizzo conseguente al contratto di assicurazione stipulato con la convenuta per i danni provocati da grandine, a seguito di un violento nubifragio con intensa grandinata, che aveva cagionato gravi danni all'autovettura condotta in leasing dall'attrice. Quantificava i danni nella somma di Euro 3.814,40, oltre ad Iva. Si costituì in giudizio la compagnia assicuratrice opponendo l'improponibilità della domanda in virtù della clausola n. 11 delle condizioni generali di assicurazione che devolveva la determinazione del danno alla valutazione dei periti. Nel merito contestava il quantum della pretesa e chiedeva in via subordinata che l'obbligazione indennitaria fosse limitata ad un importo non eccedente l'85% dell'intero ammontare del danno, con esclusione dell'Iva ritenuta non indennizzabile. Il Tribunale di Verona, con sentenza n. 2735, del 1 agosto 2007, dichiarò l'improponibilità della domanda e condannò l'attrice al pagamento delle spese di lite. 2. La decisione è stata confermata dalla Corte d'Appello di Venezia, con sentenza n 968, del 18 aprile 2011. 3. Avverso tale decisione, La Concordia Srl propone ricorso in Cassazione sulla base di tre motivi. 3.1. La HDI assicurazioni S.p.A. non svolge attività difensive. Motivi della decisione 4.1. Con il primo motivo, la ricorrente deduce la violazione dell'art. 360 n. 4 c.p.c., in relazione agli artt. 99 e 112 c.p.c. . La sentenza è errata laddove rileva che la società deduce la nullità della clausola che prevede un meccanismo di corresponsione dell'onorario degli arbitri indipendentemente dall'esito della controversia, solo in appello. Pertanto secondo i giudici del merito, la deduzione di tale ipotesi di nullità della clausola è inammissibile perché tardiva. Secondo la società, invece, tale censura era già stata esposta nella comparsa conclusionale di primo grado e nella memoria ex articolo 183 c.p.c. laddove si chiedeva accertata la operatività della polizza . Quindi il thema decidendum della causa era quella di accertare l’operatività della polizza e la fondatezza della giurisdizione del giudice ordinario atteso che la clausola 11 compromissoria non poteva e non doveva essere tenute in alcun conto ”. 4.2. Con il secondo motivo, la ricorrente deduce la violazione dell'articolo 360, n. 4 e 5 c.p.c. in relazione agli articoli 99 e 112 c.p.c. e articolo 1421 c.c. . Secondo la società, l'affermazione della Corte di Appello è errata dove afferma che non è compito del giudice accertare d'ufficio la nullità di un contratto o di una clausola in base all'articolo 1421 c.c. ove tale operazione venisse a porsi in contrasto con il principio della domanda fissata dagli articoli 99 e 112 c.p.c Secondo La Concordia la domanda che sempre è stata proposta è quella relativa alla declaratoria di inibizione della clausola 11 delle condizioni generali di polizza in quanto da ritenersi nulla”. I due motivi, per la loro connessione, possono essere esaminati insieme e sono entrambi infondati. È vero che la nullità del contratto o di singole clausole di esso può essere rilevata anche d'ufficio. Tuttavia tale principio va coordinato con le regole processuali concernenti gli oneri di allegazione dei fatti costitutivi delle domande e delle eccezioni, di cui agli artt. 163 e 167 c.p.c Tale coordinamento comporta che anche le eccezioni rilevabili d'ufficio cosiddette eccezioni in senso lato sono rilevabili d'ufficio a condizione che il fatto costitutivo di esse sia stato debitamente allegato nei termini e con le modalità prescritti dalle regole processuali. Pertanto una eccezione in senso lato, come tale rilevabile ex officio , quand'anche teoricamente sollevabile dalla parte anche dopo la scadenza del termine per costituirsi, non può comunque essere accolta se il fatto su cui si fonda non sia stato ritualmente allegato e provato in giudizio. Ciò in quanto il potere del giudice di rilevare il fatto modificativo, impeditivo od estintivo della pretesa attorea attiene solo al riconoscimento degli affetti giuridici di fatti che siano stati pur sempre allegati dalla parte. Sicché il potere di allegazione rimane riservato esclusivamente alla parte anche rispetto ai fatti costitutivi di eccezioni rilevabili d'ufficio, perché il giudice può surrogare la parte nella postulazione degli effetti giuridici dei fatti allegati, ma non può surrogarla nell'onere di allegazione, che, risolvendosi nella formulazione delle ipotesi di ricostruzione dei fatti funzionali alle pretese da far valere in giudizio, non può non essere riservato in via esclusiva a chi di quel diritto assuma di essere titolare Cass. n. 5952/2014 Cass., n. 15142/2003 Cass. n. 6943/2004 . La rituale allegazione del fatto costitutivo dell'eccezione, ovviamente, deve avvenire entro il limite temporale previsto dall'art. 167 c.p.c., posto che ipotizzare l'allegabilità di fatti nuovi anche oltre tale termine per la sola ragione che la rilevanza dei loro effetti non si iscrive nel novero delle eccezioni riservate alla parte, significherebbe compromettere il sistema delle preclusioni sul quale quel rito si fonda, ed in particolare la sua funzione di affidare alla fase degli atti introduttivi del giudizio la cristallizzazione dei temi controversi e delle relative istanze istruttorie . Questi principi sono stati ripetutamente affermati anche da questa sezione, in particolare con la decisione pronunciata da Cass. civ., sez. 3, 22-06-2007, n. 14581, secondo cui le eccezioni rilevabili anche d'ufficio relative ad un diritto di carattere sostanziale come appunto la nullità d'un contratto hanno una rilevabilità condizionata al rispetto del principio dispositivo e del contraddittorio. Ne consegue che è vietato al giudice porre alla base della propria decisione fatti che non rispondano ad una tempestiva allegazione delle parti, il che è quanto dire che il giudice non può basare la propria decisione su un fatto, ritenuto estintivo, modificativo o impeditivo, che non sia mai stato dedotto o allegato dalla parte allegazione che deve ovviamente essere anche tempestiva, ovvero deve avvenire al massimo entro il termine ultimo entro il quale nel processo di primo grado si determina definitivamente il thema decidendum ed il thema probandum , ovvero entro il termine perentorio eventualmente fissato dal giudice ex art. 183 c.p.c Nel caso di specie, non risulta da alcun atto, né è mai stato allegato dal ricorrente, che i fatti costitutivi dell'eccezione di nullità siano stati debitamente allegati vuoi con la comparsa di risposta, vuoi con le memorie di cui all'art. 183 c.p.c 4.3. Con il terzo motivo, la Concordia S.p.A. deduce la violazione dell'articolo 360 n. 4 e 5 c.p.c. in relazione agli articoli 1341-1342 e 1469 bis c.c. . Sostiene la ricorrente che non è condivisibile la sentenza dei giudici della Corte territoriale là dove sostengono che la clausola numero 11 della polizza deve qualificarsi come perizia contrattuale in quanto si rimette ai periti la sola valutazione dell'ammontare del danno. Da ciò discende che non rientra tra quelle che per la loro efficacia devono essere approvate per iscritto. Il motivo è fondato. Tale affermazione è condivisibile perché deve considerarsi come vessatoria ogni clausola limitativa di un diritto, come quella prevista al n. 11 del contratto di assicurazione. Pertanto come tale doveva essere specificatamente sottoscritta. La clausola compromissoria inserita nelle condizioni generali di un contratto di assicurazione che prevede un meccanismo di corresponsione dell'onorario degli arbitri correlato al valore della causa, ma non in misura proporzionale indipendente dall'esito della controversia, nel senso che ciascuna parte è tenuta al pagamento del compenso dell'arbitro da essa nominato e di metà di quello dovuto al terzo, a prescindere dalla circostanza che risulti vittoriosa o soccombente, è da considerarsi vessatoria, avuto riguardo alla causa e alle finalità del suddetto contratto, quando risulti limitativa del diritto dell'assicurato ad essere sollevato dalle conseguenze pregiudizievoli del sinistro, esponendolo soprattutto nelle controversie di modesto valore all'esborso di rilevanti somme per gli onorali degli arbitri, non proporzionate a quelle riconosciutegli a titolo di risarcimento dei danni dedotti, e dissuadendo quindi dal ricorrere all'arbitrato, con conseguente favore per i comportamenti dilatori dell'assicuratore e pregiudizio per il diritto di difesa dell'assicurato. Del resto tale clausola viola anche l'art. 3 del Codice delle assicurazioni, quale norma generale sulla vigilanza del mercato assicurativo, a tutela della effettività dei diritti degli assicurati, in relazione all'art. 1882 c.c. che reca la causa del contratto di assicurazione, ossia la funzione indennitaria. Funzione che nel caso di specie, viene limitata o scoraggiata. 7. Il ricorso è fondato e deve essere accolto. Pertanto la Corte cassa e rinvia alla Corte di Appello di Venezia in diversa composizione. P.Q.M. la Corte accoglie il ricorso cassa e rinvia alla Corte di Appello di Venezia in diversa composizione, anche per le spese.