C’è corresponsabilità del committente se le sue direttive riducono l’autonomia dell’appaltatore

Di regola, l’appaltatore è il solo responsabile dei danni cagionati a terzi poiché nell’esecuzione dei lavori appaltati opera in autonomia, con organizzazione propria e apprestando i mezzi necessari. Si ha invece esclusiva responsabilità del committente se questi si sia intromesso nei lavori con direttive vincolanti che abbiano ridotto l’appaltatore allo status di nudus minister . Sussiste corresponsabilità del committente qualora si sia ingerito con direttive che riducono, ma non sino ad annullare, l’autonomia dell’appaltatore.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione nella sentenza n. 11798/15 depositata l’8 giugno. Il caso. I proprietari di un fondo convenivano in giudizio una ditta esecutrice di lavori di costruzione di un capannone industriale per conto di un’altra società, su un terreno limitrofo al loro, chiedendo il risarcimento dei danni derivanti dall’abusiva discarica di materiale terroso sul loro fondo, nonché il ripristino dello stato dei luoghi. La convenuta negava ogni responsabilità, in quanto la discarica era stata effettuata con l’autorizzazione del proprietario del terreno adiacente, nonché socio della società committente. Inoltre, la convenuta veniva autorizzata a chiamare in causa la società committente e il socio per essere garantita in caso di condanna . Il Tribunale condannava la società committente. La Corte d’appello di Messina rigetta l’appello principale della società committente e ritiene la responsabilità solidale di quest’ultima con la società esecutrice dei lavori. Avverso tale sentenza, propone ricorso per cassazione la società esecutrice dei lavori, negando che la propria responsabilità concorra con quella della società committente. La questione posta all’attenzione della Corte Suprema riguarda il tema della corresponsabilità, rispetto ai danni cagionati ai terzi, del committente e dell’appaltatore nel contratto d’appalti tra privati. Responsabilità esclusiva. Sulla base di una giurisprudenza consolidata Cass. n. 15782/06 , i giudici di legittimità ricordano che, in virtù dell’art. 1655 c.c. nozione di appalto , l’appaltatore è l’esclusivo responsabile dei danni cagionati a terzi poiché nell’esecuzione dei lavori appaltati opera in autonomia, con organizzazione propria e apprestando i mezzi necessari. Fatta salva l’ipotesi di culpa in eligendo , si ha invece esclusiva responsabilità del committente se questi si sia intromesso nei lavori con direttive vincolanti che abbiano ridotto l’appaltatore allo status di nudus minister. Riduzione dell’autonomia. Sussiste, invece, corresponsabilità del committente qualora si sia ingerito con direttive che riducono, ma non sino ad annullare, l’autonomia dell’appaltatore. Nel caso di specie, la Corte Suprema ritiene che la società appaltatrice non abbia dimostrato che le indicazioni della società committente erano state così vincolanti da ridurre l’appaltatrice a mero esecutore dei lavori. Inoltre, proseguono i giudici di legittimità, l’appaltatore non ha provato che non si poteva ricavare dall’istruttoria che la propria autonomia era stata solo ridotta, a differenza di quanto ritenuto dalla Corte d’Appello . Per questi motivi, la Cassazione rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore della società controricorrente.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 6 aprile – 8 giugno 2015, n. 11798 Presidente Berruti – Relatore Carluccio Svolgimento del processo S. e M.N. convennero in giudizio Pietro V. - nella qualità dì socio e legale rappresentante della V.P. & amp C. snc -, ditta esecutrice dei lavori di costruzione di un capannone industriale per conto dei D. International srl, su un fondo adiacente a quello di loro proprietà. Chiesero il risarcimento dei danni conseguenti all'abusiva discarica di materiale terroso sul fondo di loro proprietà e il ripristino dello stato dei luoghi. La convenuta declinò ogni responsabilità per avere effettuato la discarica con l'autorizzazione del proprietario del terreno limitrofo, nonché socio G. N. della società committente, oltre che del legale rappresentante della stessa committente E.E. fu autorizzata a chiamare in causa la società committente e il socio per essere garantita in caso di condanna . I chiamati negavano di aver dato autorizzazione allo scarico e G. N. precisava di non essere proprietario. Il Tribunale condannò la società committente al ripristino dello stato dei luoghi o, in alternativa, alla corresponsione dei loro costo oltre euro 55.000,00 La Corte di appello di Messina rigettò l'appello principale della curatela fallimentare della società committente D. e, in accoglimento dell'appello incidentale proposto dai danneggiati, ritenne la responsabilità solidale della società committente con la società esecutrice dei lavori, condannandole in solido sentenza dei 9 febbraio 2011 . 2.Avverso la suddetta sentenza la società esecutrice dei lavori, V.P. & amp C snc, propone ricorso per cassazione affidato a un motivo, esplicato da memoria. Resiste con controricorso la curatela fallimentare della società committente. Le altre parti, ritualmente intimate, non svolgono difese. Motivi della decisione 1.Con l'unico motivo, la società esecutrice dei lavori deduce insufficiente e contraddittoria motivazione, nonché violazione dell'art. 1375 cod. civ. e del principio generale dell'apparenza e della tutela dell'affidamento. 1.1. La Corte di merito ha ritenuto la responsabilità della società committente sulla base delle prove testimoniali raccolte in primo grado ed ha escluso che le stesse fossero messe in discussione dalle dichiarazioni rese dal direttore dei lavori, dalle quale era desumibile solo che era incombente della appaltatrice provvedere alla rimozione. Quindi, ha ritenuto sussistente la responsabilità anche in capo alla società appaltatrice, perché avrebbe dovuto individuare i proprietari dei fondo e ottenere da questi l'autorizzazione senza far conto sulle assicurazioni ricevute dal legale rappresentante e dal socio padre dei danneggiati della società committente, interessati alla costruzione dei capannone. Né, sempre secondo la Corte di merito, la responsabilità poteva essere esclusa sulla base della testimonianza P. , che aveva attestato !'adempimento degli obblighi contrattuali e degli ordini ricevuti dalla direzione dei lavori. 1.2. Nella parte esplicativa del motivo di ricorso, la società ricorrente sostiene che il dovere di diligenza in capo alla impresa appaltatrice dei lavori non derivava dal contratto di appalto - essendo risultato, costituendo la base della responsabilità della committente, che la stessa, tramite il legale rappresentante e uno dei soci padre dei proprietari aveva dato indicazioni per lo smaltimento in quel luogo - né tale dovere di diligenza derivava da una norma si legge, non essendo vincolate le parti da norme inderogabili, potendo lo smaltimento essere affidato a terzi o essendo possibile che il committente mettesse a disposizione un'area. Ed inoltre la presenza del legale rappresentante dei committente aveva creato una situazione di apparenza di legalità. In definitiva, la responsabilità concorrente della appaltatrice sarebbe anche contraddittoria con l'assunto della responsabilità della committente fondato sulla scelta unilaterale della discarica. 1.3. La censura non ha pregio e va rigettata. La questione posta all'attenzione della Corte concerne il tema della corresponsabilità, rispetto a danni cagionati a terzi, dei committente e dell'appaltatore nel contratto dì appalto tra privati. La giurisprudenza di legittimità è consolidata nel ritenere che, di regola, l'appaltatore è l'esclusivo responsabile dei danni cagionati a terzi poiché nell'esecuzione dei lavori appaltati opera in autonomia, con propria organizzazione e apprestando i mezzi necessari art. 1655 cod. civ. . Mentre, in disparte l'ipotesi di culpa in eligendo, si ha esclusiva responsabilità del committente se questi si sia ingerito nei lavori con direttive vincolanti che abbiano ridotto l'appaltatore a! rango di nudus minister. Sussiste corresponsabilità de committente qualora si sia ingerito con direttive che riducono soltanto, e non annullano, l'autonomia dell'appaltatore. Cass. n. 15782 del 2006 . La Corte di merito, ha ritenuto la corresponsabilità dei committente e dell'appaltatore, richiamando le risultanze istruttorie. La società appaltatrice ricorrente, che denuncia insufficienza e contraddittorietà di motivazione, non dimostra - attraverso lo specifico richiamo alle risultanze istruttorie - che e direttive della società committente erano state così vincolanti da ridurre 'appaltatrice a mero esecutore dei lavori. Non dimostra che non si poteva ricavare dalla istruttoria che l'autonomia dell'appaltatore era stata solo ridotta, ai contrario di quanto ritenuto dal giudice del merito di appello. Infatti, ferma l'esistenza di direttive per lo scarico dei materiale, che sono il presupposto della responsabilità in capo alla committente, la società appaltatrice sostiene che il carattere vincolante delle stesse sia ricavabile dalle testimonianze attestanti la presenza sul posto dei committenti e le disposizioni dagli stessi impartite, ma si limita a riportare uno stralcio della sentenza di primo grado, e, nella parte in fatto dei ricorso pagine non numerate , stralci delle stesse, a volte senza che sia chiaro se si tratta di dichiarazioni testuali, non provvedendo alla riproduzione per la parte di interesse e, tantomeno, alla indicazione della loro collocazione tra gli atti dei processo nel fascicolo, o alla loro allegazione al ricorso tanto in violazione dell'art. 366, n. 6 cod. proc. civ., impedendo alla Corte di verificare la decisività della censura. Quanto poi, all'invocazione della violazione dell'art. 1375 cod. civ. e alla violazione dei principio di apparenza e di affidamento, il profilo di censura è inammissibile perché prospettato per la prima volta dinanzi alla Corte di legittimità. Di esso non vi è traccia nella sentenza, né la ricorrente dimostra di averlo svolto nel giudizio di merito. 2. In conclusione, il ricorso deve rigettarsi. Le spese, liquidate sulla base dei parametri vigenti a favore della società controricorrente, seguono la soccombenza. Non avendo gli altri intimati svolto attività difensiva, non sussistono le condizioni per la pronuncia in ordine alle spese processuali. P.Q.M. La Corte di Cassazione rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento, in favore della società controricorrente, delle spese processuali del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 3.000,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.