Locazione non autorizzata: la legittimazione sostanziale spetta solo al custode

Il proprietario locatore di un immobile pignorato, che ne sia stato nominato custode, è legittimato a promuovere le azioni scaturenti dal contratto di locazione avente ad oggetto l’immobile stesso solo nella sua qualità di custode e non in quella di proprietario locatore, essendo stato il bene a lui sottratto per tutelare le ragioni del terzo creditore, con la conseguenza che, se nell’atto introduttivo del giudizio il proprietario locatore non abbia speso la suddetta qualità, la domanda va dichiarata inammissibile.

Così ribadito dalla sentenza della Terza sezione civile di Piazza Cavour n. 8695, depositata il 29 aprile 2015, con la quale, richiamando un non lontano precedente, v. Cass, 13587/2011 aggiungono che se così non fosse, l’effetto sarebbe quello che, a richiesta del creditore esecutante, il proprietario locatore, avendo ottenuto una pronuncia nella sua qualità originaria, potrebbe opporsi al versamento delle somme riscosse e, a fronte di tale rifiuto, il creditore dovrebbe iniziare una nuova procedura al fine di non vedersi sottratti i frutti della cosa pignorata. Il caso si presta, per le sue peculiarità, ad alcune considerazioni in tema di custodia dei beni pignorati. Nello specifico, si tratta di stabilire se, a seguito del pignoramento di un immobile, precedentemente dato in locazione senza l’autorizzazione del Giudice dell’esecuzione, il locatore proprietario, come tale, sia o meno legittimato a richiedere al conduttore il pagamento dei canoni e ad accettarli. Inoltre – precisano gli Ermellini – anche se si tratta di una locazione di un bene sottoposto a pignoramento senza l’autorizzazione del Giudice dell’esecuzione, in violazione dell’art. 560 c.p.c., ciò non comporta l’invalidità del contratto ma solo l’inopponibilità ai creditori ed all’assegnatario, il contratto così concluso non pertiene al locatore proprietario esecutato, ma al locatore custode e le azioni che da esso scaturiscono – nella specie per il pagamento dei canoni – devono essere esercitate, anche in caso di locazione non autorizzata, dal custode. Il fatto. Nelle more di una procedura di pignoramento immobiliare la debitrice esecutata, la Beta s.p.a., con contratto concedeva in locazione alle società Alfa e Gamma uno degli immobili pignorati, senza tuttavia l’autorizzazione del Giudice dell’esecuzione successivamente alienava alla società Delta s.r.l. vari immobili, tra cui quello già locato ad Alfa e Gamma. A seguito della dichiarazione di fallimento della predetta debitrice esecutata, nella procedura esecutiva subentrava il Fallimento dell’esecutata, ex art. 107 l. fall. nel testo, applicabile ratione temporis quindi il curatore divenuto custode dei beni pignorati - dopo aver inizialmente preteso il canone di locazione - veniva autorizzato dal Giudice dell’esecuzione a richiedere agli occupanti degli immobili la stessa somma a titolo di indennità di occupazione, in ragione dell’inopponibilità alla procedura del contratto di locazione. A questo punto la Delta s.r.l. chiedeva ed otteneva il decreto ingiuntivo, sul presupposto che, se il custode pretendeva un’indennità di occupazione, il canone doveva ritenersi di spettanza della locatrice/debitrice esecutata o meglio della sua avente causa. Al suddetto decreto si opponeva il Fallimento, la cui opposizione, veniva però rigettata, in primis , dal Tribunale di Roma e, in seguito, anche dalla Corte di appello capitolina in considerazione dell’efficacia inter partes della locazione stipulata dalla debitrice esecutata senza l’autorizzazione del Giudice dell’esecuzione e per l’ulteriore rilievo che il curatore custode non era subentrato nella locazione dell’immobile, con conseguente permanere del titolo dell’avente causa della originaria locatrice a percepire il relativo canone. Avverso quest’ultima decisione la curatela proponeva quindi ricorso per cassazione prospettando sette motivi di doglianza. E gli Ermellini accolgono in toto il ricorso chiarendo che il dato rilevante non è quello su cui la Corte di appello ha fondato la sua decisione – e cioè, che, nella specie, il curatore non sia subentrato nel rapporto di locazione – quanto, piuttosto, quello della titolarità dei poteri di gestione e di amministrazione dei beni pignorati e, correlativamente, della titolarità delle azioni che discendono da quel potere, che non è correlato ad un titolo convenzionale o unilaterale la proprietà del bene e/o il contratto di locazione , bensì ad una relazione col bene pignorato, qualificata come custodia” in forza dell’investitura del giudice. Quanto, poi, alla valenza inter partes della locazione non autorizzata, che potrebbe rilevare solo in caso di sopravvivenza della locazione a seguito dell’estinzione della procedura, la decisione della Corte territoriale prescinde totalmente dal considerare che, per effetto dello spossessamento, conseguente al pignoramento e dell’effetto estensivo previsto dall’art. 2912 c.c., il debitore esecutato perde vuoi il diritto di gestire e di amministrare se non in quanto custode il bene pignorato, vuoi il diritto di far propri i relativi frutti civili. Pertanto la Suprema Corte cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’opposizione e revoca il decreto ingiuntivo opposto. La custodia dei beni pignorati. Il pignoramento ha l’effetto di privare il debitore esecutato della disponibilità del bene staggito, il quale è finalizzato alla soddisfazione degli interessi dei creditori. Con il pignoramento il debitore viene costituito custode del bene pignorato con l’obbligo di mantenere la cosa esecutata al fine di non pregiudicare l’interesse dei creditori. Nel codice del 1942 era prevista la sostituzione del debitore nella custodia nel caso di istanza del creditore motivata dall’opportunità di gestire il bene, qualora lo stesso fosse già locato a terzi, o dall’inadempienza del debitore nella custodia. La novella del 2006 scardina completamente l’impostazione tradizionale che affidava la custodia al debitore esecutato, fondandosi sul fatto che il debitore è il soggetto che offre meno garanzia per la conservazione del bene staggito e non offre alcuna collaborazione nella vendita dello stesso. La custodia dell’immobile pignorato, dunque, viene di regola affidata ad un professionista diverso dal debitore, che oltre ad avere poteri di conservazione e funzione di accompagnatore per la visita dell’immobile pignorato al fine della vendita dello stesso, costituisce anche un ausiliario del Giudice dell’esecuzione che, di norma, è tenuto ad evidenziare anche eventuali vizi emergenti nel corso della procedura esecutiva. La ratio della nomina di un custode terzo si ravvisa nel garantire lo stato di conservazione del bene, e, nel caso in cui il bene pignorato sia occupato dal debitore, nel garantire l’accesso all’esperto per la stima ed a un qualunque terzo che abbia un interesse all’acquisto, evitando in tal modo possibili comportamenti ostruzionistici da parte del debitore esecutato. La legittimazione sostanziale ad agire è attribuita solo al custode. Dopo il pignoramento di un immobile, il proprietario debitore, anche se nominato custode, perde la legittimazione sostanziale ad agire, in quanto tale, nei confronti dell’occupante abusivo dell’immobile, dal momento che, pur permanendo l’identità del soggetto, muta il titolo del possesso da parte sua ed ogni sua attività costituisce conseguenza del potere di amministrazione e gestione del bene pignorato, cosicché egli può esperire l’azione solo nella qualità di custode. In particolare il potere di amministrazione, conferito al custode dall’art. 65 c.p.c., il divieto di dare in locazione l’immobile pignorato se non con l’autorizzazione del Giudice dell’esecuzione, ex art. 560 c.p.c., nonché l’interesse del creditore procedente, che potrebbe essere seriamente compromesso sia dalla locazione del bene pignorato sia dall’esercizio o dal mancato esercizio da parte del debitore delle azioni che da esse discendono, convergono, tutti, nell’attribuire al solo custode la legittimazione sostanziale a richiedere tanto il pagamento dei canoni, quanto ogni altra azione che scaturisce dai poteri di amministrazione e gestione del bene. La locazione dell’immobile pignorato senza l’autorizzazione del Giudice dell’esecuzione. Il custode provvede, previa autorizzazione del Giudice dell’esecuzione, all’amministrazione e alla gestione dell’immobile pignorato, ed esercita le azioni previste dalla legge per conseguirne la disponibilità, è quindi legittimato a riscuotere i canoni di locazione dell’immobile e ad agire in giudizio contro il conduttore per la condanna al risarcimento del danno da ritardata restituzione e per il pagamento della penale prevista dal contratto a questo titolo se, scaduto il contratto nel corso del procedimento esecutivo, il conduttore abbia ritardato nella riconsegna dell’immobile. Tuttavia, il custode dell’immobile pignorato non può, senza l’autorizzazione del Giudice dell’esecuzione, dare in locazione l’immobile. Ne consegue che l’eventuale contratto stipulato senza la predetta autorizzazione non è opponibile all’aggiudicatario del bene. E come ha chiaramente ribadito il decisum in commento, il contratto così concluso, non pertiene al locatore proprietario esecutato, ma al locatore custode e le azioni che da esso scaturiscono, devono essere esercitate, anche in caso di locazione non autorizzata, dal custode.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 5 febbraio – 29 aprile 2015, numero 8695 Presidente Salmè – Relatore Ambrosio Svolgimento del processo Nel presente giudizio si controverte dell'esigibilità o meno da parte della debitrice esecutata CO.FI.P. s.p.a. - e, più esattamente, da parte della sua avente causa Olivieri Investments s.r.l. - dei canoni di locazione di un immobile pignorato, in forza di contratto stipulato dalla predetta debitrice, successivamente al pignoramento e senza l'autorizzazione del G.E., con le società Pax-Bank eG di seguito, brevemente Pax-Bank e Union Investments Privatfonds GmbH di seguito, brevemente, Union Investment . In particolare - mentre il G.E. disponeva che il curatore del Fallimento CO.FI.P., subentrato ex articolo 107 L. F. nella procedura esecutiva, richiedesse, in qualità di custode, agli occupanti degli immobili pignorati in forza di titolo non opponibile alla procedura tra i quali le suddette società Pax-Bank e Union Investment un'indennità di occupazione, pari all'importo dei canoni locatizi - la Olivieri Investments s.r.l. chiedeva e otteneva dal Tribunale di Roma decreto ingiuntivo numero 7646/2006 di pagamento della somma Euro 21.895,35 a titolo di differenza canoni per i mesi da luglio 2005 a febbraio 2006 nei confronti delle medesime società. Le ingiunte proponevano, quindi, opposizione ex articolo 645 cod. proc. civ., deducendo l'inesigibilità del credito per canoni di locazione sotto vario profilo e, segnatamente, in considerazione dello spossessamento conseguente al pignoramento in subordine, chiedevano la condanna della opposta ingiungente per inadempimento contrattuale in considerazione delle somme che avevano dovuto versare al custode della procedura esecutiva, nominato nella persona del curatore del Fallimento. Con sentenza numero 12466/2007 il Tribunale di Roma, nel contraddittorio della Procedura esecutiva numero 96754/1997 a carico della CO.FI.P. in persona del custode e curatore del Fallimento, rigettava l'opposizione sul presupposto dell'efficacia inter partes del contratto di locazione. La decisione, gravata da impugnazione da parte della Pax-Bank che nel frattempo si era resa aggiudicataria dell'immobile e della Union Investment, era confermata dalla Corte di appello di Roma, la quale con sentenza in data 07.12.2011, rigettava l'appello, condannando l'appellante alle spese in favore dell'appellata, costituita in giudizio, Olivieri Investments. Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione Pax-Bank e Union Investment, svolgendo sette motivi. Ha resistito la Olivieri Investments s.r.l., depositando controricorso. Nessuna attività difensiva è stata svolta da parte del custode della Procedura esecutiva. Motivi della decisione 1. I fatti rilevanti ai fini della comprensione dei motivi di ricorso e delle ragioni della decisione, quali emergono dalle concordi allegazioni delle parti, oltre che dalla sentenza impugnata, sono i seguenti nelle more della procedura di pignoramento immobiliare trascritto in data 21.03.1997 al numero 10722 di formalità dalla società ISVEIMER , la debitrice esecutata CO.FI.P. s.p.a. poi s.r.l. , con contratto in data 18.01.2001, concesse in locazione alle società Pax-Bank e Union Investment uno degli immobili pignorati, sito in via Aurelia numero 58 int. 4, senza l'autorizzazione del G.E. prevista dall'articolo 560 cod. proc. civ. successivamente, sempre in pendenza del pignoramento, alienò alla Olivieri Investmentes vari immobili, tra cui quello già locato alle odierni ricorrenti in data 06.04.2005 venne dichiarato il fallimento della CO.FI.P. s.p.a. per cui nella procedura esecutiva subentrò il Fallimento dell'esecutata, ai sensi della L. Fall., articolo 107 nel testo, applicabile ratione temporis , di cui al R.D. numero 267 del 1942, vigente prima della sostituzione operata dal D.Lgs. numero 5 del 2006, articolo 94 quindi il curatore, divenuto custode dei beni pignorati - dopo aver inizialmente preteso nel luglio 2005 il canone di locazione - venne autorizzato, con provvedimento in data 23.12.2005, dal G.E., a richiedere agli occupanti la stessa somma a titolo di indennità di occupazione, in ragione dell'inopponibilità alla procedura del contratto di locazione oltre, evidentemente, che di quello di vendita a questo punto la Olivieri Investments chiese ed ottenne il decreto ingiuntivo, oggetto della presente opposizione, per il pagamento di Euro 21.895,35 a titolo di differenza canoni per i mesi da luglio 2005 a febbraio 2006, sul presupposto che, se il custode pretendeva un'indennità di occupazione, il canone doveva ritenersi di spettanza del locatrice/debitrice esecutata o meglio della sua avente causa . 2. L'opposizione è stata rigettata, con la doppia decisione conforme, in considerazione dell'efficacia inter partes della locazione stipulata dalla debitrice esecutata senza l'autorizzazione del giudice dell'esecuzione e per l'ulteriore rilievo che il curatore custode non era subentrato nella locazione dell'immobile, con conseguente permanere del titolo della avente causa della originaria locatrice a percepire il relativo canone. 2.1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia ai sensi dell'articolo 360 numero 3 cod. proc. civ. violazione degli artt. 2919 e 2923 cod. civ Al riguardo parte ricorrente si duole che l'eccezione di inopponibilità della locazione a se medesima ex articolo 2923 cod. civ., sollevata dalla Pax-Bank dopo essersi resa aggiudicataria dell'immobile, sia stata ritenuta, oltre che inammissibile, infondata per la considerazione che i canoni in contestazione erano maturati in data anteriore all'acquisto. In contrario senso osserva che le norme richiamate in rubrica sono inderogabili e non subiscono eccezioni lamenta, dunque, che la Corte di appello abbia erroneamente discriminato la posizione del conduttore dell'immobile locato in spregio dell'articolo 560 cod. proc. civ., il quale - pur essendosi reso acquirente dell'immobile -non potrebbe far valere l'inopponibilità della locazione, a differenza degli altri aggiudicatari. 2.2. Con il secondo motivo di ricorso si denuncia ai sensi dell'articolo 360 cod. proc. civ. violazione dell'articolo 420 cod. proc. civ Al riguardo parte ricorrente deduce che contrariamente a quanto ritenuto nella decisione impugnata - l'eccezione di inopponibilità della locazione ex articolo 2923 cod. civ. era ammissibile in quanto l'acquisto all'asta del bene locato da parte di Pax-Bank era pacificamente intervenuto dopo la sentenza di primo grado. 2.3. Con il terzo motivo di ricorso si denuncia ai sensi dell'articolo 360 numero 3 cod. proc. civ. violazione degli artt. 65, 559 e 560 cod. proc. civ. e 2912 cod. civ Al riguardo parte ricorrente lamenta che la Corte di appello ha totalmente omesso di applicare le norme che prevedono, in conseguenza del pignoramento e della nomina del custode, lo spossessamento e la perdita dell'amministrazione dei beni pignorati da parte del debitore pignorato e dei suoi aventi causa. 2.4. Con il quarto motivo di ricorso si denuncia ai sensi dell'articolo 360 numero 3 cod. proc. civ. violazione del comb. disp. degli artt. 2912 e 820 cod. civ Al riguardo parte ricorrente lamenta che non si sia tenuto conto dell'effetto estensivo del pignoramento, in ragione del quale tutte le utilità rivenienti dai beni pignorati spettavano al custode. 2.5. Con il quinto motivo di ricorso si denuncia ai sensi dell'articolo 360 cod. proc. civ. violazione degli artt. 484 e 560 cod. proc. civ Al riguardo parte ricorrente lamenta che la sentenza impugnata non abbia attribuito alcun rilievo all'ordinanza del 23.12.2005 con la quale il G.E. aveva disposto il pagamento del canone di locazione in favore del custode del bene pignorato, senza considerare che si trattava di una modalità di esercizio del potere di cui al comma 3 dell'articolo 560 cod. proc. civ. al quale le conduttrici non potevano sottrarsi. 2.6. Con il sesto motivo di ricorso si denuncia ai sensi dell'articolo 360 numero 3 cod. proc. civ. violazione degli artt. 1372, 1575, 1585 e 1460 cod. civ Al riguardo parte ricorrente si duole che sia stato escluso l'inadempimento della locatrice dalla garanzia per molestie e rileva che il già cit. provvedimento del G.E. rientrava nell'ambito delle molestie di diritto, a fronte del quale la Olivieri Investiments non aveva prestato, né avrebbe potuto prestare adeguata garanzia, siccome priva del possesso del bene per effetto della nomina del curatore a custode. 2.7. Con il settimo motivo di ricorso si denuncia ai sensi dell'articolo 360 numero 3 cod. proc. civ. violazione degli artt. 1175 e 1375 cod. civ. per avere ritenuto che fosse onere delle società conduttrici verificare l'esistenza di pesi e vincoli sul bene, senza considerare che il comportamento silenzioso della locatrice costituiva violazione di uno specifico dovere di informazione. 3. Il terzo e il quarto motivo di ricorso si esaminano congiuntamente e sono logicamente prioritari, dal momento che, sotto profili connessi, involgono il tema della legittimazione alla proposizione della domanda monitoria di pagamento. 3.1. Il terzo motivo riguarda il punto della decisione impugnata, nel quale si rileva che il contratto di locazione, seppure inopponibile ai creditori ex articolo 560 cod. proc. civ., era valido ed efficace inter partes , sottolineandosi che nel rapporto di locazione era succeduta l'acquirente ex articolo 1602 cod. civ. e non già il custode. In particolare - secondo la Corte di appello - le norme in tema di amministrazione e custodia dei beni pignorati artt. 560 cod. proc. civ., come richiamato dall'articolo 676 cod. proc. civ. e articolo 65 cod. proc. civ. sono inapplicabili nel caso specifico, dovendo ritenersi che il custode sia legittimato ad agire per il pagamento dei canoni solo nella diversa ipotesi in cui l'immobile sia già stato dato in locazione al momento del pignoramento. 3.1.1. In contrario senso parte ricorrente osserva che la relatività dell'inopponibilità della locazione ha solo la funzione di determinare la sopravvivenza della locazione in caso di estinzione della procedura ovvero la perdita di efficacia della locazione a seguito della vendita del bene e, al decorso di un anno a far data dalla vendita ex articolo 2923 e 1574 cod. civ. e non è, invece, idonea a far venir meno l'esclusiva legittimazione del custode ad amministrare il bene pignorato e a esigere il pagamento dei relativi frutti civili, anche perché, per effetto dello spossessamento, il locatore pignorato non è più in grado di adempiere alle obbligazioni derivanti dal contratto. 3.2. Il quarto motivo riguarda il punto della decisione impugnata nel quale si esclude l'applicabilità dell'articolo 2912 cod. civ. al caso di specie, per la considerazione che trattasi di somme rivenienti da locazione inopponibile alla custodia e ai creditori e non già dalla locazione di un bene fatta dal custode con l'autorizzazione del G.E. o, comunque, da una locazione opponibile e perciò acquisita dalla custodia. In particolare, secondo la Corte territoriale, in relazione al bene occupato in base a titolo non opponibile alla procedura, il custode potrebbe vantare solo il diritto di richiedere il risarcimento del danno ovvero - come ritenuto dal G.E. - di pretendere il pagamento di un'indennità di occupazione senza titolo del bene. 3.2.1. In contrario senso parte ricorrente osserva che l'estensione del pignoramento ai frutti civili prescinde dall'opponibilità o meno del contratto di locazione perché la norma di cui all'articolo 2912 cod. civ. attrae nell'alveo dell'esecuzione forzata tutte le utilità che a qualsiasi titolo provengono dal bene pignorato, con la conseguenza che l'unico legittimato a riscuotere detti frutti è il custode di conseguenza la legittimazione a riscuotere i canoni, quali frutti civili del bene pignorato, va riconosciuta al custode ex articolo 65 cod. proc. civ. in modo del tutto indipendente dalla data certa della locazione, anche perché, altrimenti ragionando, il debitore pignorato sarebbe addirittura incentivato a violare l'articolo 560 cod. proc. civ., dal momento che, così facendo, potrebbe escludere qualsiasi tentativo del custode di esercitare i poteri di amministrazione del bene. 4. I suddetti motivi meritano accoglimento nei termini che seguono. 4.1. La normativa di riferimento risulta correttamente individuata da parte ricorrente nell'articolo 65, comma 1 cod. proc. civ. la conservazione e l'amministrazione dei beni pignorati . sono affidati a un custode .” , nell'articolo 559, comma 1 cod. proc. civ. col pignoramento il debitore è costituito custode dei beni pignorati e di tutti gli accessori, comprese le pertinenze e i frutti, senza titolo a compenso” , nell'articolo 560, commi 1 e 2 cod. proc. civ. il debitore e il terzo nominato custode debbono rendere il conto” della gestione, risultando agli stessi fatto divieto di dare in locazione l'immobile pignorato se non sono autorizzati dal giudice dell'esecuzione” , nell'articolo 2912 cod. civ. il pignoramento comprende gli accessori, le pertinenze e i frutti della cosa pignorata” in correlazione con l'articolo 820 cod. civ., in ragione del quale sono compresi nel pignoramento anche i frutti civili, tra i quali rientra il corrispettivo delle locazioni”. Orbene non solo sul piano soggettivo dell'ambito dei poteri, attribuiti al custode, ma anche sul piano oggettivo dell'estensione del pignoramento, le norme richiamate, da cui totalmente prescinde la decisione impugnata, escludono che il titolare del bene pignorato possa, pur dopo il pignoramento, continuare a riscuotere, come tale, i canoni della locazione del bene pignorato e ciò a prescindere dalla circostanza che la locazione sia o meno opponibile alla procedura. In particolare il potere di amministrazione, conferito al custode dall'articolo 65 cod. proc. civ., il divieto di dare in locazione l'immobile pignorato se non con l'autorizzazione del giudice dell'esecuzione articolo 560 cod. proc. civ. , nonché l'interesse del creditore procedente, che potrebbe essere seriamente compromesso sia dalla locazione del bene pignorato donde le cautele apprestate dal cit. articolo 560 cod. proc. civ. sia dall'esercizio o dal mancato esercizio da parte del debitore delle azioni che da esse discendono, convergono, tutti, nell'attribuire al solo custode la legittimazione sostanziale a richiedere tanto il pagamento dei canoni, quanto ogni altra azione che scaturisce dai poteri di amministrazione e gestione del bene. 4.2. In tale prospettiva questa Corte di legittimità ha già avuto modo di precisare che il proprietario-locatore di un immobile pignorato, che ne sia stato nominato custode, è legittimato a promuovere le azioni scaturenti dal contratto di locazione avente ad oggetto l'immobile stesso solo nella sua qualità di custode e non in quella di proprietario locatore, essendo il bene a lui sottratto per tutelare le ragioni del terzo creditore con la conseguenza che, se nell'atto introduttivo del giudizio il proprietario locatore non abbia speso la suddetta qualità, la domanda va dichiarata inammissibile Cass. 21 giugno 2011, numero 13587 anche perché, se così non fosse, l'effetto sarebbe quello che, a richiesta del creditore esecutante, il proprietario-locatore, avendo ottenuto una pronuncia nella sua qualità originaria, potrebbe opporsi al versamento delle somme riscosse e, a fronte di tale rifiuto, il creditore dovrebbe iniziare una nuova procedura al fine di non vedersi sottratti i frutti della cosa pignorata. Invero, dopo il pignoramento, pur permanendo l'identità del soggetto, muta il titolo del possesso da parte del proprietario-locatore e debitore, in quanto ogni sua attività costituisce conseguenza del potere ex articolo 559 cod. proc. civ. di amministrazione e gestione del bene pignorato, di cui egli continua ad avere il possesso solo in qualità di organo ausiliario del giudice dell'esecuzione. 4.3. La tesi, sposata dalla decisione impugnata, in ragione del quale tale ordine concettuale non varrebbe nel caso di locazione non autorizzata - oltre a postulare, senza alcun valido fondamento logico-giuridico, nei confronti dell'occupante del bene un doppio titolo di pagamento, per occupazione sine titulo nei confronti della procedura e per canone di locazione nei confronti del proprietario-locatore, debitore pignorato - mostra tutta la sua criticità solo che si considerino le conseguenze paradossali che essa comporta, e in primis quella di incentivare la stipula di locazioni senza autorizzazione del G.E., posto che in tesi solo in tal caso il proprietario-locatore potrebbe far propri i canoni di locazione. Soprattutto la decisione impugnata valorizza un dato, quello della valenza inter partes della locazione non autorizzata, che potrebbe rilevare solo in caso di sopravvivenza della locazione a seguito dell'estinzione della procedura, prescindendo totalmente dal considerare che, per effetto dello spossessamento, conseguente al pignoramento e dell'effetto estensivo previsto dall'articolo 2912 cod. civ., il debitore esecutato perde vuoi il diritto di gestire e amministrare se non in quanto custode il bene pignorato, vuoi il diritto di far propri i relativi frutti civili. Va, dunque, qui ribadito che, anche se la locazione di un bene sottoposto a pignoramento senza l'autorizzazione del giudice dell'esecuzione, in violazione dell'articolo 560 cod. proc. civ., non comporta l'invalidità del contratto ma solo la sua inopponibilità ai creditori ed all'assegnatario Cass., 13 luglio 1999, numero 7422 Cass., 10 ottobre 1994, numero 8267 , il contratto così concluso non pertiene al locatore-proprietario esecutato, ma al locatore-custode e le azioni che da esso scaturiscono - nella specie per il pagamento dei canoni -devono essere esercitate, anche in caso di locazione non autorizzata, dal custode Cass. 14 luglio 2009, numero 16375 . Il dato rilevante non è, infatti, quello su cui la Corte di appello ha fondato la sua decisione - e, cioè, che, nella specie, il curatore non sia subentrato nel rapporto di locazione - quanto, piuttosto, quello della titolarità dei poteri di gestione e amministrazione dei beni pignorati e, correlativamente, della titolarità delle azioni che discendono da quel potere, che non è correlata ad un titolo convenzionale o unilaterale la proprietà del bene e/o il contratto di locazione , bensì ad una relazione con il bene pignorato, qualificata come custodia in forza dell'investitura del giudice. 4.4. Chiudendo le fila del discorso si osserva che, nel caso di specie, la CO.FI.P. debitrice-esecutata, a seguito del fallimento, non aveva più la custodia dei beni pignorati, né segnatamente di quello che qui interessa, concesso in locazione alle odierne ricorrenti senza l'autorizzazione del G.E Dal canto suo la Olivieri Investments, avente causa della CO.FI.P. in forza di titolo non opponibile al Fallimento, non risulta aver mai avuto la custodia del bene in questione ergo rispetto all'azione di pagamento proposta in sede monitoria, era priva di legittimazione sostanziale e processuale, che spettava invece al custode, curatore del Fallimento CO.FI.P In conclusione vanno accolti il terzo e il quarto motivo, risultando assorbiti gli altri motivi, con conseguente cassazione della sentenza impugnata. La causa si presta ad essere decisa nel merito, in quanto non occorrono accertamenti di fatto per ritenere che l'opposizione va accolta e il decreto ingiuntivo opposto va revocato. Quanto alle spese processuali, il Collegio ravvisa la fattispecie di cui all'articolo 92 co.2 cod. proc. civ., avuto riguardo alla peculiarità della questione, per compensare quelle dei due gradi di merito, mentre le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte accoglie il terzo e il quarto motivo di ricorso, assorbiti gli altri cassa la sentenza impugnata in relazione e, decidendo nel merito, accoglie l'opposizione revocando il decreto ingiuntivo opposto dichiara interamente compensate tra le parti le spese dei gradi di merito condanna la controricorrente alla rifusione alla parte ricorrente delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 3.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi , oltre accessori come per legge e contributo spese generali.