Furto di macchina in leasing, il rischio può essere a carico dell’utilizzatore

La clausola contrattuale che pone a carico dell’utilizzatore il rischio per la perdita del bene oggetto del contratto non ha carattere vessatorio, poiché si limita a regolare la responsabilità per la perdita del bene in conformità della disciplina legale desumibile, in via analogica, dall’art. 1523 c.c. sulla vendita a rate con riserva della proprietà.

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza n. 6452, depositata il 31 marzo 2015. Il caso. Un uomo conveniva in giudizio una società assicurativa e la società con cui aveva stipulato un contratto di leasing chiedendo il pagamento di una somma a titolo di indennizzo assicurativo e di rimborso degli oneri contrattuali, in relazione al furto di un auto da lui detenuta in leasing. Il tribunale di Palermo rigettava la domanda, ritenendo valida ed efficace, essendo specificamente sottoscritta, la clausola del contratto di leasing che poneva il rischio del furto dell’auto a carico dell’utilizzatore. La Corte d’appello di Palermo respingeva il gravame, ritenuta la natura traslativa del leasing e la conseguente non vessatorietà della clausola contrattuale in quanto conforme all’art. 1523 c.c. passaggio della proprietà e dei rischi nell’analoga fattispecie di vendita con riserva della proprietà. L’attore ricorreva in Cassazione, lamentando l’erronea qualificazione del leasing in oggetto come traslativo, nonostante il fatto che la sostanziale coincidenza tra il prezzo di riscatto contrattualmente stabilito ed il valore residuo della vettura al momento del furto come riconosciuto anche dalla compagnia assicuratrice e da quest’ultima corrisposto alla società concedente deponesse invece per un leasing di godimento, con la conseguente applicabilità dell’art. 1526 c.c. risoluzione del contratto . Tipologie di leasing. La Corte di Cassazione ricorda che la distinzione tra leasing di godimento e leasing traslativo costituisce ormai diritto vivente e la correlativa qualificazione giuridica è rimessa al giudice di merito, che deve accertare se i beni concessi in leasing abbiano esaurito le potenzialità di cui erano capaci nel periodo di durata del contratto, il rilievo giuridico ed economico del patto di opzione per le parti, e se i canoni versati abbiano costituito il corrispettivo del godimento dei beni e siano stati corrispondenti al valore di consumazione economica degli stessi, oppure abbiano compreso anche una frazione di prezzo. Nel caso di specie, i giudici di merito avevano basato il proprio convincimento sulla natura traslativa del leasing anche sul fatto che il prezzo di opzione era pari a poco meno del 50% del valore a nuovo della vettura. Da ciò, si deduceva che, alla scadenza prevista, il bene avrebbe mantenuto ancora una parte assai consistente del proprio valore commerciale, così da giustificarne il riscatto previa imputazione dei canoni pagati a rate anticipate di prezzo. Secondo il ricorrente, il valore di riscatto era sostanzialmente coincidente con quello dell’indennizzo assicurativo corrisposto alla società concedente a seguito del furto. Tuttavia, per i giudici di legittimità, questo parametro confermava comunque quanto stabilito dalla Corte d’appello, poiché il furto si era verificato pochi mesi prima della scadenza naturale del rapporto di conseguenza, alla scadenza, la vettura avrebbe mantenuto un apprezzabile valore residuo, sostanzialmente in linea con il corrispettivo riscatto. Perciò, la Corte di Cassazione rigetta questo motivo di ricorso. Furto a carico dell’utilizzatore. Il ricorrente deduceva anche una situazione di caso fortuito o forza maggiore, con conseguente nullità della clausola di inversione del rischio. La Cassazione, però, sottolinea che la clausola contrattuale che pone a carico dell’utilizzatore il rischio per la perdita del bene oggetto del contratto non ha carattere vessatorio, poiché si limita a regolare la responsabilità per la perdita del bene in conformità della disciplina legale desumibile, in via analogica, dall’art. 1523 c.c. sulla vendita a rate con riserva della proprietà. In tema di leasing automobilistico, la clausola del contratto di assicurazione che attribuisce al finanziatore della somma utilizzata per l’acquisto del bene assicurato il diritto di soddisfarsi, in caso di furto, sull’eventuale indennità dovuta dall’assicuratrice c.d. appendice di vincolo crea un collegamento tra il contratto di assicurazione e quello di finanziamento, in forza del quale il finanziatore non assume la qualità di assicurato, poiché a suo favore non è stipulata l’intera polizza, ma può pretendere di percepire l’indennizzo in luogo dell’utilizzatore-contraente assicurato. Nel caso di specie, la società, dopo aver percepito l’indennizzo assicurativo in forza dell’appendice di vincolo, aveva detratto interamente tale importo dalle somme dovutele per contratto dall’attore, a cui, infatti, era stata richiesta in via riconvenzionale una somma minima. La società aveva agito correttamente, adeguandosi al principio secondo cui, in caso di furto della cosa acquistata con il finanziamento, il pagamento, in virtù dell’appendice di vincolo, dell’indennizzo al finanziatore ha l’effetto di ridurre il credito del finanziatore verso l’utilizzatore, che rimane obbligato per l’eccedenza, in base all’autonomo e distinto contratto di finanziamento. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 12 dicembre 2014 – 31 marzo 2015, numero 6452 Presidente Salmè – Relatore Stalla Svolgimento del giudizio Nel luglio 2004 G.A. conveniva in giudizio la Daimler Chrysler Servizi Finanziari S.p.A., la Daimler Chrysler Servizi Assicurativi S.r.l. e la Lloyd Adriatico Assicurazioni S.p.A., chiedendone la condanna in solido al pagamento della somma di Euro 8425,00 poi ridotta ad Euro 1860,62 oltre accessori, a titolo di indennizzo assicurativo e rimborso oneri contrattuali, in relazione al furto di un'autovettura da lui detenuta in leasing. Con sentenza numero 201/06 l'adito tribunale di Palermo - per quanto qui ancora rileva - rigettava la domanda dell'attore, ritenendo valida ed efficace, in quanto specificamente sottoscritta, la clausola numero 13 del contratto di leasing che poneva il rischio del furto dell'auto a carico dell'utilizzatore. Interposto gravame dal G. , veniva emessa la sentenza numero 1461 del 27 ottobre 2010 con la quale la corte di appello di Palermo - ritenuta la natura traslativa del leasing in oggetto, e la conseguente non vessatorietà della suddetta clausola contrattuale in quanto conforme all'articolo 1523 cod.civ. nella analoga fattispecie della vendita con riserva della proprietà -confermava, sebbene con motivazione differente, la prima decisione. Avverso questa sentenza viene dal G. proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi, ai quali resistono con controricorso Mercedes Benz Financial Services Italia spa già Daimler Chrysler Servizi Finanziari spa ed Allianz spa conferitaria dell'azienda di Lloyd Adriatico spa nessuna attività difensiva è stata svolta da Daimler Chrysler Servizi Assicurativi srl. G. ed Allianz hanno depositato memoria ex articolo 378 cod.proc.civ Motivi della decisione p. 1.1 Con il primo motivo di ricorso il G. lamenta - ex articolo 360, 1 co. numero 4 cod.proc. civ. - omessa pronuncia da parte della corte di appello sul suo primo motivo di gravame, con il quale egli aveva lamentato l'omessa pronuncia da parte del tribunale sulla sua domanda di nullità, ex articolo 1469 bis cc poi articolo 33 decreto legislativo 206/05 , della clausola contrattuale numero 13 di inversione del rischio. Ancorché la corte di appello avesse poi respinto tale domanda, la mancata pronuncia del tribunale sul punto doveva comunque rilevare ai fini delle spese di lite. p. 1.2 Il motivo è infondato. La corte di appello da atto sent. pagg.3-4 tanto della domanda del G. da questi introdotta in primo grado con la memoria integrativa ex articolo 183, 5 comma, cod.proc.civ. di dichiarazione di nullità della clausola numero 13 del contratto di leasing per asserito contrasto con gli articoli 1469 bis segg. cc, quanto della sua espressa reiezione da parte del tribunale. Reiezione motivata dal primo giudice sul rilievo che, indipendentemente dal problema della qualificazione giuridica del leasing in oggetto, la clausola in questione non poteva ritenersi invalida o inefficace, perché specificamente approvata per iscritto dal G. . La corte di appello ha a sua volta valutato tale domanda di nullità della clausola contrattuale, giungendo anch'essa a ritenerla infondata sebbene in forza di un ragionamento diverso da quello seguito dal tribunale, perché basato non già sulla sua specifica sottoscrizione da parte del G. , bensì sulla sua obiettiva non vessatorietà in quanto meramente riproduttiva del principio desumibile dall'articolo di cui all'articolo 1523 cod.civ., applicabile all'ipotesi quale doveva ritenersi quella di specie di leasing traslativo. Ne discende dunque che - non sussiste omessa pronuncia, né da parte del tribunale sulla domanda di nullità né da parte della corte di appello sul motivo di gravame relativo - la corte di appello ha sostitutivamente esaminato la domanda, addivenendo ad una pronuncia di merito che, per quanto correttiva in fatto e diritto della corrispondente valutazione già offerta dal tribunale, è purtuttavia stata anch'essa di rigetto. Sul piano della lamentata violazione procedurale, pertanto, la censura si basa su un presupposto che non trova riscontro nella concretezza della fattispecie nemmeno sotto il residuale profilo delle spese di lite, dal momento che la corte di appello ha tenuto ferma la compensazione delle spese di primo grado, ponendo quelle di secondo grado effettivamente a carico del G. ma in ragione dell'esito complessivo della lite e della sua totale e confermata soccombenza anche sulla domanda asseritamente pretermessa. p. 2.1 Con il secondo motivo di ricorso il G. deduce - ex articolo 360, 1 co. nnumero 3 e 5 cod.proc.civ. - violazione degli articoli 1469 bis segg.cpc, 1526 e 1325 segg. Cod.civ., nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione per avere la corte di appello erroneamente qualificato come traslativo il leasing in oggetto, nonostante che la sostanziale coincidenza tra il prezzo di riscatto contrattualmente stabilito Euro 4544,82 ed il valore residuo della vettura al momento del furto, come riconosciuto dalla compagnia assicuratrice e da quest'ultima corrisposto alla società concedente Euro 4766,67 , deponesse - al contrario - per un leasing di godimento con conseguentemente non applicabilità, nella specie, dell'articolo 1526 cod.civ p. 2.2 La censura è infondata. La distinzione tra leasing di godimento e leasing traslativo costituisce ormai diritto vivente come riconosciuto dallo stesso ricorrente , e la correlativa qualificazione giuridica nel caso concreto è rimessa insindacabilmente salvo che sussista incongrua motivazione o violazione dei canoni ermeneutici al giudice di merito Cass. 12317/05 Cass. 24214/06 Cass.18195/07, ed altre . Al giudice di merito, nella suddetta alternativa, è fatto carico in particolare di accertare se i beni concessi in leasing abbiano esaurito le potenzialità di cui erano capaci nel periodo di durata del contratto di verificare il rilievo giuridico ed economico del patto di opzione per le parti di stabilire se i canoni versati abbiano costituito il corrispettivo del godimento dei beni e siano stati corrispondenti al valore di consumazione economica degli stessi, ovvero abbiano compreso anche una frazione di prezzo. La qualificazione giuridica da parte della corte di appello, in termini di leasing traslativo, è dipesa dalla considerazione di tutti questi elementi attraverso i parametri fondamentali del contratto sent. pagg.5-6 - natura del bene - durata di 36 mesi - versamento da parte del G. , alla firma, di Euro 1726,25 a titolo di anticipo e primo canone - previsione di ulteriori 35 canoni mensili di Euro 141,95 ciascuno per complessivi Euro 4986,13 - esercizio dell'opzione mediante pagamento di Euro 4544,82. Ha rilevato la corte di appello che, in ipotesi di riscatto dell'autovettura, il G. avrebbe pagato complessivamente la somma di Euro 10.933,21, oltre l'Iva se invece avesse restituito il mezzo alla scadenza, egli avrebbe corrisposto alla società concedente la somma di Euro 6.388,39, a fronte di un'autovettura che la società concedente aveva acquistato per l'importo di Euro 9.468,38. In tale situazione, il convincimento sulla natura traslativa del leasing è dipesa, tra il resto, dal fatto che il prezzo di opzione era pari a poco meno del 50% del valore a nuovo della vettura dal che si evinceva che, alla scadenza prevista, il bene manteneva ancora una parte assai consistente del proprio valore commerciale, così da giustificarne il riscatto previa imputazione dei canoni pagati a rate anticipate di prezzo. Al ragionamento così seguito dalla corte di appello, il ricorrente oppone che il valore di riscatto sarebbe in realtà sostanzialmente coincidente con quello dell'indennizzo assicurativo corrisposto alla società concedente a seguito del furto tale parametro alternativo di raffronto finisce però con il confermare la valutazione del giudice di merito, dal momento che il furto si verificò, nel gennaio 2004, pochi mesi prima della scadenza naturale del rapporto settembre 2004 dal che trova ulteriore conferma che, alla scadenza, la vettura avrebbe mantenuto un apprezzabile valore residuo, sostanzialmente in linea con il corrispettivo di riscatto. In definitiva, la censura in oggetto non può trovare accoglimento né sotto il profilo della violazione normativa dal momento che, ferma restando la qualificazione di leasing traslativo, erano qui in effetti analogicamente applicabili le norme sulla vendita con riserva della proprietà né sotto quello della carenza motivazionale atteso che il giudice di merito ha congruamente esplicitato, in maniera confacente ad una completa ricostruzione di tutti i termini economici del rapporto le ragioni per cui riteneva di qualificare in tal modo il contratto. p. 3. Con il terzo motivo di ricorso il G. lamenta violazione di legge e carenza motivazionale, per avere la corte di appello -facendo in ciò non corretta applicazione dei criteri legali di interpretazione del contratto ex articoli 1362 segg. Cod.civ. -ritenuto nella specie applicabili le norme sulla vendita con riserva della proprietà articoli 1526 e 1523 cod.civ. , nonostante che la clausola numero 17 del contratto di leasing espressamente escludesse l'applicabilità al rapporto in oggetto di tali norme. Si osserva che il ricorrente non ha soddisfatto l'onere, posto a suo carico, di specificare i criteri ermeneutici, tra quelli di cui agli articoli 1362 segg.cc, che sarebbero stati violati dal giudice di merito tale lacuna appare tanto più significativa ove si consideri che, richiamandosi alla clausola numero 17 del contratto di leasing a fronte di censure sempre rivolte nei confronti di altra clausola, la numero 13 , il G. finisce con l'invocare una disciplina degli obblighi dell'utilizzatore in ipotesi di risoluzione del contratto anche a seguito del furto del bene lett.f assai più gravosa per lui rispetto a quella derivante dall'applicazione dell'articolo 1526 cit In ogni caso, la corte di appello non ha qui applicato l'articolo 1526, bensì l'articolo 1523 del cod.civ. ciò, avendo ravvisato i presupposti per l'applicazione analogica, nella specie, di tale disposizione a sua volta conseguente alla suddetta e qui intangibile qualificazione giuridica di leasing traslativo. p. 4.1 Con il quarto motivo di ricorso il G. deduce ulteriore violazione - ex articolo 360, 1 co. nnumero 3 e 5 cod.proc. civ. – per avere la corte di appello applicato nella specie una disposizione l'articolo 1526 cod.civ. relativa all'inadempimento dell'utilizzatore mentre, nel caso di specie, si trattava di caso fortuito o forza maggiore, con conseguente nullità della clausola di inversione del rischio che disciplinava tale ipotesi. p. 4.2 Ribadito che non può più porsi in discussione che si verta nella specie di leasing traslativo, va qui richiamato il principio per cui la clausola contrattuale che pone a carico dell'utilizzatore il rischio per la perdita del bene oggetto del contratto non ha carattere vessatorio, poiché si limita a regolare la responsabilità per la perdita del bene in conformità della disciplina legale desumibile - in via analogica - dall'articolo 1523 cod. civ. sulla vendita a rate con riserva della proprietà Cass. numero 21301 del 14/10/2011 Cass. numero 6369 del 03/05/2002 . Dal punto di vista operativo, il passaggio del rischio a carico dell'utilizzatore attribuisce al concedente, in ipotesi di furto fatto oggetto di copertura assicurativa, il diritto di percepire l'indennità dovuta dall'assicuratore in tema di leasing automobilistico, la clausola del contratto di assicurazione che attribuisce al finanziatore della somma utilizzata per l’acquisto del bene assicurato il diritto di soddisfarsi, nel caso di furto, sull'eventuale indennità dovuta dall'assicuratore cosiddetta appendice di vincolo crea un collegamento tra il contratto di assicurazione ed il contratto di finanziamento in forza del quale il finanziatore non assume la qualità di assicurato, giacché a suo favore non è stipulata l'intera polizza, ma può pretendere di percepire l'indennizzo in luogo dell'utilizzatore - contraente assicurato Cass. numero 20743 del 26/10/2004 . Nel caso concreto, poi, la corte territoriale ha osservato che la Daimler Chrysler spa - percepito l'indennizzo assicurativo in forza dell'appendice di vincolo - aveva detratto interamente tale importo dalle somme dovutele per contratto dal G. al quale venne infatti da essa richiesto in via riconvenzionale il solo importo a saldo di Euro 441,69 domanda che il tribunale, con statuizione non gravata, dichiarò inammissibile perché tardiva . Tale decurtazione dal dovuto contrattuale dell'utilizzatore depone definitivamente - come ritenuto dalla corte di appello – per la non debenza della ulteriore somma pretesa dal G. ponendosi in linea con l'orientamento di legittimità secondo cui . in caso di furto della cosa acquistata con il finanziamento, il pagamento, in virtù dell'appendice di vincolo, dell'indennizzo al finanziatore ha l'effetto di ridurre il credito del finanziatore verso l’utilizzatore, che rimane obbligato per l'eccedenza, in base all'autonomo e distinto contratto di finanziamento . Cass. numero 11706 del 20/05/2009, citata anche nella sentenza impugnata . Ne segue il rigetto del ricorso, con condanna di parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio di cassazione che si liquidano, come in dispositivo, ai sensi del DM 10 marzo 2014 numero 55. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna parte ricorrente al pagamento a favore delle società controricorrenti delle spese del giudizio di cassazione che liquida, per ciascuna, in Euro 2.000,00, di cui Euro 200,00 per esborsi ed il resto per compenso professionale oltre rimborso forfettario spese generali ed accessori di legge.