Rescissione contratto: nessun compenso se l’opera realizzata è pericolosa e non autorizzata

L’appaltatore, ai sensi dell’art. 340 della l. n. 2248/1865, ha diritto di ottenere il pagamento del compenso per le opere realizzate in conformità al progetto. Ma se, al momento della sospensione unilaterale, l’opera era stata realizzata in minima parte, essendo la maggior parte dei lavori costituiti da una pista di servizio non autorizzata e che metteva in pericolo l’incolumità della zona, tale opera non può costituire oggetto di compenso.

Così si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza n. 749, depositata il 19 gennaio. Il fatto. Una società conveniva in giudizio il Comune di Polizzi Generosa, davanti al Tribunale di Termini Imerese, perché si dichiarasse la risoluzione del contratto di appalto tra le parti, avente ad oggetto la costruzione di collettori fognari, per inadempimento dell’appaltante, con condanna di questo al risarcimento dei danni. Il Comune chiedeva il rigetto della domanda e, in via riconvenzionale, il risarcimento dei danni per gravi inadempienze dell’impresa. Il Comune procedeva, altresì, alla rescissione del contratto di appalto e all’affidamento dei lavori ad altra impresa. Veniva espletata consulenza tecnica d’ufficio. Il Tribunale rigettava la domanda dell’attrice e, in parziale accoglimento della riconvenzionale, dichiarava legittima la rescissione e condannava l’attrice stessa alla restituzione in favore del Comune della somma ricevuta a titolo di anticipazione sul corrispettivo di appalto. Avverso tale sentenza proponeva appello la società, il quale veniva rigettato dalla Corte d’appello di Palermo. Contro tale decisione propone ricorso per cassazione la società. In primo luogo, la ricorrente lamenta violazione di legge, nella parte in cui la sentenza impugnata escludeva la responsabilità dell’appaltante in quanto l’appaltatrice aveva esaminato lo stato dei luoghi e là dove non riteneva sussistenti carenze progettuali dell’appaltante, in contrasto con gli accertamenti del CTU. Progetto gravemente carente, ma Il Collegio ritiene che è vero che la conoscenza dello stato dei luoghi da parte dell’appaltatrice non esonera, di per sé sola, dalla sua responsabilità il committente, per un progetto gravemente carente. Tale affermazione però, contenuta nella sentenza impugnata, costituisce un mero rafforzativo rispetto ad altre argomentazioni. Di fronte alle carenze progettuali pure indicate dal Genio Civile di Palermo, l’Amministrazione, come precisa la Corte territoriale, predispose otto elaborati grafici esplicativi ed un elaborato computo metrico. Comparazione degli inadempimenti. Precisa il Collegio, poi, che la sentenza impugnata non esclude un inadempimento del Comune appaltante, ma effettua una comparazione, ai sensi dell’art. 1460 c.c. tra gli inadempimenti delle due parti. La questione della sussistenza e/o gravità dei reciproci inadempimenti delle parti, viene affrontata negli ulteriori motivi del ricorso, i quali vengono però dichiarati inammissibili dal Collegio per assenza delle sintesi, omologhe ai quesiti di diritto, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., abrogato, ma non ancora operante per i rapporti pregressi. Pagamento del compenso per le opere realizzate. Con un ultimo motivo, la ricorrente lamenta violazione di legge nella parte in cui la sentenza impugnata non aveva considerato il diritto dell’appaltatrice di ottenere comunque il pagamento del compenso per le opere realizzate in conformità al progetto. Per il Collegio, è vero che l’appaltatore, ai sensi dell’art. 340 della l. n. 2248/1865, ha diritto di ottenere il pagamento del compenso per le opere realizzate in conformità al progetto, d’altra parte, la sentenza impugnata precisa che, al momento della sospensione unilaterale, l’opera era stata realizzata in minima parte, essendo la maggior parte dei lavori costituiti dalla pista di servizio non autorizzata e che metteva in pericolo l’incolumità della zona. Tale pista, per queste ragioni, non può costituire oggetto di compenso. Alla luce di tali considerazioni, la S.C. ha rigettato il ricorso e condannato la società ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 24 settembre 2014 – 19 gennaio 2015, n. 749 Presidente Salvago – Relatore Dogliotti Svolgimento del processo Con citazione, notificata in data 08/01/1991, la latina Costruzioni srl successore dell'impresa Fratelli Stramera s.r.l. conveniva in giudizio il Comune di Polizzi Generosa, davanti al Tribunale di Termini Imerese, perché si dichiarasse la risoluzione del contratto di appalto tra le parti, avente ac oggetto la costruzione di collettori fognari, per inadempimento dell'appaltante, con condanna di questo al risarcimento dei danni . Costituitosi regolarmente ff contraddittorio, il Comune chiedeva il rigetto della domanda e, in via riconvenzionale, il risarcimento dei danni per gravi inadempienze dell'impresa. Il Comune procedeva altresì alla rescissione del contratto di appalto e all'affidamento dei lavori ad altra impresa Veniva espletata consulenza tecnica d'ufficio. li Tribunale, in composizione monocratica, con sentenza in data 5/5/2004, rigettava la domanda dell'attrice, e, in parziale accoglimento della riconvenzionale, dichiarava legittima la rescissione e condannava l'attrice stessa alla restituzione in favore del Comune della somma di €. 65.695,57, ricevutá a titolo di anticipazione sul corrispettivo di appalto, compensando le spese giudiziali tra le parti. Avverso tale sentenza proponeva appello la latina Costruzioni sr!. Si costituiva il Comune che ne chiedeva il rigetto proponendo altresì appello incidentale sul regime delle spese La Corte di Appello di Palermo, con sentenza in data 5/3/2007, rigettava l'appello principale, e, in parziale accoglimento di quello incidentale, condannava la latina Costruzioni srl, al pagamento di metà delle spese del primo grado di giudizio, compensandole per l'altra metà. Ricorre per cassazione la Latina Costruzioni s.r.l. . Resiste, con controricorso, il Comune di Polizzi Generosa. Motivi della decisione Con il primo motivo, la ricorrente lamenta violazione degli artt. 1176, 1218, 1453 c.c. e art. 1 DPR n. 1063 dei 1962, nella parte in cui la sentenza impugnata escludeva la responsabilità dell'appaltante in quanto l'appaltatrice aveva esaminato lo stato dei luoghi. Con il secondo, violazione degli artt. 1218, 1453 c.c. 323 L. n. 2248 del 1865, ali. F 6 I.r. Sicilia n. 21, del 1985 5 L. 2248 del 1865, ali. E, là dove la sentenza impugnata non riteneva sussistenti carenze progettuali dell'appaltante, in contrasto con gli accertamenti del CTU. Con il terzo, vizio di motivazione, con riferimento alla domanda della Latina Costruzioni di accertamento dell'inadempimento del Comune. Con il quarto, vizio di motivazione, con riferimento alla domanda di accertamento dell'inadempimento dell'appaltatrice, proposta dal Comune appaltante. Con il quinto, violazione degli artt. 2033, 1218, 1453 c.c. 340 L. n. 2248 del 1865 112 e 116 c.p.c., per vizio di ultrapetizione della sentenza impugnata nel capo relativo alla condanna della Latina Costruzioni al rimborso della somma ricevuta a titolo di anticipazione da parte del Comune. Con il sesto, violazione degli artt. 340 L. n. 2248 dei 1865 2033, 1453, 1458 c.c. 115 e 116 c.p.c., nella parte in cui la sentenza impugnata non aveva considerato il diritto dell'appaltatrice di ottenere comunque il pagamento dei compenso per le opere realizzate in conformità al progetto. Possono trattarsi congiuntamente i primi due motivi, strettamente connessi, che vanno dichiarati infondati. E' bensì vero che la conoscenza dello stato dei luoghi da parte dell'appaltatrice non esonerardi per sé sola,dalla sua responsabilità il committente,per un progetto gravemente carente. il ricorrente per Itro ha estrapolato l'affermazione dal contesto della motivazione della sentenza impugnata a e orazione circa la conoscenza dei luoghi da parte dell'appaltatrice stessa, costituisce, all'evidenza, un mero rafforzativo rispetto alle altre argomentazioni. Di fronte alle indubbie carenze progettuali pure indicate dal Genio Civile di Palermo, in ordine alla autorizzazione all'esecuzione dell'opera incerta ubicazione dei manufatti, mancanza di una planimetria generale, con particolare riferimento alle opere d'arte, mancanza degli elaborati esecutivi, presenti solo per le briglie, mancanza di ulteriori opere di cautela , l'Amministrazione - come precisa la sentenza impugnata - predispose otto elaborati grafici esplicativi ed un elaborato computo metrico. Afferma la ricorrente che vi è contrasto tra l'accertamento delle gravi carenze, indicate dal CTU, e le conclusioni della sentenza impugnata1escludente ogni responsabilità del committente. Esprimendo contrario avviso rispetto alla CTU il Giudice a quo avrebbe dovuto fornire, secondo la ricorrente stessa, motivazione specifica. Va peraltro precisato che la sentenza impugnata non esclude un inadempimento del Comune appaltante, ma effettua una comparazione, ai sensi dell'art. 1460 c.c. tra gli inadempimenti delle due parti carenze progettuali da un lato costruzione di una pista di servizio non autorizzata e che metteva in pericolo l'incolumità della zona, nonché , successivamente, rifiuto di continuare i lavori, seguito dalla sospensione unilaterale degli stessi, dall'altro . Tale profilo non viene specificamente censurato in diritto, e, al riguardo, pertanto, il secondo motivo, pur generalmente infondato, come il primo, presenta anche elementi di inammissibilità. E' vero che la questione della sussistenza e/o della gravità dei reciproci inadempimenti delle parti, viene affrontato nei motivi terzo e quarto relativi a vizi di motivazione, ma essi vanno dichiarati inammissibili per assenza delle sintesi, omologhe ai quesiti di diritto tra le altre, Cass. N. 2694 del 2008 , ai sensi dell'art. 366 bis c.p.c., abrogato, ma ancora operante per i rapporti pregressi. Non sussiste violazione del principio di corrispondenza correttamente il giudice a tra chiesto e pronunciato. Come argomenta corso a quo, da un lato la rescissione del contratto ancorchè interventi poteva essere presa in considerazione in di così di primo grado, in quanto fatto nuova incidente sulla Posizione come è stato fatto dichiarava tale rescissione dal giudice per le medesime inadempienze dell'appaltatrice, le parti il indica già Consiglio comunale comparsa di risposta dall’altro, appaltatrice stessa è stata condannata a restituire le anticipazioni ricevute dal committente, come conseguenza del suo accertato restituzione -continua la sentenza impugnata - risulta pacificamente i la domanda di precisazione delle conclusioni in primo grado, senza che la controparte pro in sede di Opposta, all'esame ditale domanda e dunque questa poteva essere rle si sia esplicitamente dai Tribunale. E' la stessa ricorrente, richiamando e riportando le conclusioni controparte, ad ammettere sostanzialmente tale circostanza. cdi Anche il sesto motivo appare infondato. E' bensì vero che l'appaltatore, ai sensi dell'art. 340 L. 2248 del 1865 ha diritto pagamento del compenso per le opere realizzate in conformità al progetto. di ottenere il La ricorrente riporta uno stralcio della relazione della CTU sui lavori eseguiti dall'impresa D'altra parte, la sentenza impugnata precisa che, al momento della sospensione unilaterale l'opera era stata realizzata in minima parte , essendo la maggior parte dei lavori costituiti dalla pista di servizio non autorizzata. Non chiarisce la ricorrente se i lavori, indicati dai CTU, si riferissero o meno alla costruzione della predetta pista nello stralcio riportato in ricorso, si indicano una serie di lavori non accertati direttamente dal CTU, ma recepite con un richiamo ad una perizia dell'lng. Capuzzo, direttore dei lavori, effettuata su incarico del Comune, come precisato dal giudice a quo, incentrata sui lavori relativi alla pista di servizio che, all'evidenza, secondo quanto sopra indicato, non avrebbero potuto costituire oggetto di compenso. Dunque, sotto questo profilo, il motivo, generalmente infondato, presenta pure elementi di inammissibilità, er mancanza di autosufficienza. Conclusivamente va rigettato il ricorso. Le spese seguono la soccombenza P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso, condanna la ricorrente al pagamento delle spese processualiwche liquida in €. 5.000,00 per compensi ed €. 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie ed accessori di legge.