Risoluzione di un preliminare vecchio di 12 anni, risarcimento del danno e domande eterodeterminate

Nelle azioni personali, in quanto eterodeterminate”, è il fatto costitutivo a individuare la domanda, perché con essa vengono dedotti diritti, come quelli di obbligazione, che possono esistere contemporaneamente più volte tra i medesimi soggetti con lo stesso contenuto e richiedono, perciò, l’allegazione del fatto costitutivo quale elemento necessario di individuazione.

La Corte d’appello di Genova sez. III civile ha affrontato, con la sentenza n. 1643 depositata il 31 dicembre 2014, un interessante caso in materia di contratto preliminare di beni immobili. Da notare che il preliminare era stato stipulato 12 anni prima del contenzioso, vivendo dunque un lungo stallo contrattuale. Inoltre, prima del contenzioso risolto dalla sentenza qui segnalata, il promissario acquirente aveva promosso un’altra azione, tesa però ad ottenere l’adempimento del contratto e non la sua risoluzione peculiarità che ha creato qualche dubbio interpretativo in tema di giudicato. Il caso. Veniva stipulato un contratto preliminare avente ad oggetto un terreno che i promittenti venditori si erano obbligati a trasferire al promissario acquirente libero da trascrizioni pregiudizievoli. Questa condizione non era stata però rispettata perché sul terreno era stata nel mentre trascritta da terzi una domanda di simulazione poi accolta in via definitiva con decisione della Cassazione . Il promissario acquirente conveniva in giudizio i promittenti venditori e il Tribunale dichiarava risolto il contratto e condannava i convenuti alla restituzione della somma da loro ricevuta a titolo di acconto euro 15mila circa . Peraltro, secondo il Tribunale, la mancanza nel contratto preliminare di un termine per la sottoscrizione del contratto definitivo non era decisiva considerato che dal momento della stipula del contratto preliminare erano passati addirittura 12 anni, quindi un lasso di tempo più che congruo per l’esecuzione della prestazione, utilmente impedita dalla presenza della menzionata trascrizione di una domanda giudiziale in definitiva, ogni limite di tolleranza poteva in concreto ritenersi superato rendendo giustificato il rifiuto del promissario acquirente alla stipula del definitivo. La richiesta risarcitoria proposta dal promissario acquirente veniva invece respinta per effetto del giudicato derivante da altra decisione, peraltro dello stesso Tribunale, che aveva respinto una precedente richiesta di risarcimento dei danni tutti diretti e indiretti” nell’ambito di una antecedente azione, proposta sempre dal promissario acquirente, ma per ottenere l’esecuzione del contratto preliminare. Il promissario acquirente proponeva appello per ottenere il risarcimento dei danni, mentre i promittenti venditori proponevano appello incidentale contro la decisione di risoluzione del contratto, chiedendo a loro volta l’accertamento dell’altrui inadempimento. Due azioni risarcitorie la seconda è coperta dal giudicato? Dipende Nella precedente azione tesa ad ottenere l’esecuzione del contratto il promissario acquirente aveva richiesto anche il risarcimento dei danni che però il Giudice aveva escluso osservando che non era stata chiesta la risoluzione del contratto e che l’impossibilità di adempiere non era allo stato” definitiva. I presupposti della domanda risarcitoria, secondo l’appellante, erano dunque molto diversi tra loro, e, di conseguenza, il Tribunale, nel respingere la richiesta risarcitoria formulata nella causa per la risoluzione del contratto, avrebbe mal applicato le regole in materia di giudicato. Secondo la Corte d’appello la doglianza è fondata, soprattutto alla luce della nota distinzione tra azioni personali ed azioni personali, diritti autodeterminati e diritti eterodeterminati. Diritti autodeterminati e diritti eterodeterminati. Nelle azioni reali, in quanto autodeterminate”, è l’affermazione del rapporto giuridico a individuare la domanda, perché vengono dedotti in giudizio diritti, come quello di proprietà, che non possono coesistere simultaneamente più volte tra gli stessi soggetti e che rimangono immutati qualunque sia il fatto costitutivo invocato a loro fondamento. Nelle azioni personali, in quanto eterodeterminate”, è invece il fatto costitutivo a individuare la domanda, perché con essa vengono dedotti diritti, come quelli di obbligazione, che possono esistere contemporaneamente più volte tra i medesimi soggetti con lo stesso contenuto e richiedono, perciò, l’allegazione del fatto costitutivo quale elemento necessario di individuazione. La distinzione tra domande autodeterminate ed eterodeterminate rileva, quindi, per definire sia il potere del giudice di individuare la domanda effettivamente proposta sia il potere di modificare nel corso del giudizio le sue prospettazioni difensive. Quando si tratta di domanda eterodeterminate, invero, ogni modificazione dei fatti allegati comporta una modificazione della domanda, e il giudice non può accogliere la domanda sulla base di fatti che, pur provati, siano diversi da quelli allegati. La domanda di risarcimento dei danni è eterodeterminata” per cui devono essere individuati i fatti costitutivi del diritto vantato. Nella precedente causa il promissario acquirente non aveva esercitato la facoltà di recesso, né aveva chiesto la risoluzione del contratto, ma la sua esecuzione e il risarcimento del danno. Invece, con la causa decisa con la sentenza oggetto di queste note, il promissario acquirente aveva agito per la risoluzione del contratto, essendo stata definita in modo decisamente negativo per i promittenti venditori la causa di simulazione promossa da altri , con conseguente impossibilità di stipulare il contratto di vendita. A fondamento della nuova” richiesta risarcitoria è stato quindi posto l’inadempimento dei promittenti venditori ormai accertato in via definitiva per l’impossibilità di stipulare il contratto di compravendita, e non – come nella precedente causa – per non aver semplicemente adempiuto all’obbligo di stipulare situazione emendabile con il verificarsi di eventi che avessero reso possibile il rispetto degli obblighi contrattuali. In conclusione, i fatti costitutivi del vantato diritto al risarcimento dei danni dovevano essere considerati tra loro diversi e, di conseguenza, il Tribunale non poteva affermare che la domanda risarcitoria fatta valere nell’ambito dell’azione tesa ad ottenere la risoluzione del contratto per inadempimento fosse coperta dal giudicato. La quantificazione del risarcimento dei danni. Secondo la Corte d’appello il risarcimento del danno da riconoscere al promissario acquirente per la mancata stipulazione del contratto definitivo di vendita, consiste, quanto al lucro cessante, nel mancato incremento dovuto al fatto che il bene non è entrato nel patrimonio del compratore e si concreta nella differenza tra il valore commerciale del bene al momento della proposizione della domanda di risoluzione del contratto cioè al tempo in cui l’inadempimento è divenuto definitivo ed il prezzo pattuito ma non pagato, rivalutato alla stessa data di determinazione del valore dell’immobile. La differenza così calcolata deve inoltre essere rivalutata per compensare la svalutazione intervenuta nelle more del giudizio. Su queste basi la Corte d’appello ha liquidato a titolo di risarcimento del danno, a favore del promissario acquirente, la somma di quasi euro 45.000, condannando i promittenti venditori alle spese processuali di entrambi i gradi del giudizio. 12 anni dal preliminare il promissario acquirente avrebbe dovuto chiedere la fissazione di un termine essenziale? Merita una segnalazione la questione circa l’assenza nel preliminare di un termine per la stipula del definitivo aspetto da valutare unitamente alla inerzia” delle parti, che per 12 anni circa hanno apparentemente tollerato lo stallo contrattuale. In questo quadro, secondo i promittenti venditori, il promissario acquirente avrebbe dovuto prima agire per ottenere la fissazione di un termine essenziale, e solo dopo l’infruttuoso decorso del termine stesso avrebbe potuto agire per l’adempimento coattivo, ovvero, per la risoluzione del contratto. Ma secondo i giudici d’appello, il Tribunale aveva fatto bene a porre in evidenza il fatto che dal preliminare erano trascorsi ben 12 anni! Per cui, ritenere che un contraente possa ritenersi vincolato ad un arco di temporale di tale durata è contrario alla logica. Un tempo così lungo, infatti, rende evidente la perdita di interesse che spinge la parte a legarsi contrattualmente all’altra ed il principio che regola la libertà negoziale è proprio collegato all’esistenza di un interesse del creditore. Abbondante lasso di tempo che ha oltretutto consentito di valutare in termini negativi la rilevanza di una ultratardiva” offerta dei promittenti venditori di stipulare il contratto definitivo di compravendita proposta valutata non affidabile” e respinta dal promissario acquirente .

Corte di appello di Genova, sez. III Civile, sentenza 25 novembre – 31 dicembre 2014, n. 1643 Presidente Sangiuolo – Relatore Latella Svolgimento del processo Con ordinanza ex articolo 702 bis c.p.c. n. 8011 dei 21-22/4/2010, il Tribunale della Spezia dichiarava risolto il contratto preliminare intercorso tra V.F., C.G. e T.C. con correzione di errore materiale, il nome Emilia veniva corretto in Cinzia , condannando gli ultimi due in solido fra loro a restituire al primo la somma di € 15.493,71, ol tre interessi rigettava la domanda di risarcimento del danno avanzato dal V. e condanna va C. e T. alla rifusione a favore del V. di metà delle spese processuali, compensando l'ulteriore mezzo e le spese di G_t.u. preventiva. Osservava il Tribunale che con il preliminare i convenuti si erano impegnati a trasferire all'at tore ii terreno libero da trascrizioni pregiudizievoli, situazione non avvenuta poiché era stata trascritta domanda di simulazione poi definitivamente accolta. Non era di ostacolo all'accer tamento dell'inadempimento la mancata indicazione di un termine per la stipula del definitivo, sia perché essa era insito nella mera consapevole esistenza della trascrizione pregiudizievo le, sia perché i circa dodici anni trascorsi dalla stipulazione del preliminare senza che fosse intervenuta la conclusione del definitivo rappresentavano lo spazio temporale più che con gruo per l'esecuzione della prestazione, utilmente impedita dalla presenza della trascrizione dell'altrui domanda giudiziale, per cui poteva ritenersi in concreto superato ogni limite di nor male tolleranza e giustificato l'attuale rifiuto dell'attore ad addivenirvi. Alla risoluzione conse guiva la condanna dei convenuti al pagamento della somma ricevuta a titolo di acconto, oltre interessi legali, ma nulla poteva essere riconosciuto a titolo di risarcimento per effetto del giu dicato sceso sulla sentenza 238108 dello stesso Tribunale della Spezia, con la quale era stata respinta la richiesta di risarcimento dei danni tutti diretti e indiretti patiti dal V. in ragione dell'inadempimento delle obbligazioni contrattuali, le medesime oggetto del presente giudizio. Avverso tale sentenza, V.F. ha interposto appello, con atto ritualmente notificato a mezzo posta, con il quale ha chiesto, per i motivi di cui infra, quanto in epigrafe trascritto. Si sono costituiti, con deposito di comparsa di risposta, C.G. e T.C., resistendo all'appello di cui hanno chiesto il rigetto, proponendo altre sì appello incidentale volto ad ottenere l'accertamento dell'inadempimento contrattuale del V., con ogni conseguenza in punto restituzione dell'acconto ricevuto, e in subordine la decur tazione delle somme percepite dall'attore al titolo di interessi su € 40.283,73 nonché di ogni altro beneficio che lo stesso avesse conseguito dalla disponibilità di tale somma in estremo subordine la compensazione delle spese di entrambi i gradi di giudizio o quanto meno la ri duzione a giustizia. Precisate le conclusioni come in epigrafe all'udienza del 101712014, la causa è stata trattenu ta in decisione, alla scadenza dei termini per il deposito delle conclusionali e repliche. Motivi della decisione A sostegno del proposto appello, V.F. denuncia violazione e falsa applicazione dell'articolo 2909 c.p.c., sostenendo che il rigetto della propria domanda volta ad ottenere il risarcimento del danno era conseguenza di una non corretta interpretazione del contenuto del giudicato sceso sulla sentenza n. 238108 del tribunale della Spezia, pronunciata tra le stesse parti, con l'errata individuazione dei suoi limiti oggettivi e temporali. Afferma, in particolare, l'appellante che la sentenza passata in giudicato n. 238108 aveva de ciso su una domanda di risarcimento non fondata, come nella presente causa, sulla risolu zione del contratto, come emerge dalle argomentazioni sviluppate in quella pronuncia, laddo ve si affermava che il V. non aveva chiesto la risoluzione del contratto, ma la sua esecu zione, e che l'impossibilità di adempiere non era definitiva. Fermo quanto sopra con riferimento ai limiti oggettivi del giudicato, l'appellante deduce che il primo giudice non abbia tenuto conto dei limiti temporali del giudicato sceso sulla sentenza 238108. Tale pronuncia, infatti, aveva, con chiarezza, affermato che allo stato , restando il contratto in vita tra le parti, nessun danno di quelli ipotizzati poteva essere definito certo nel suo verificarsi in quanto eventuali e futuri per il caso di definitivo inadempimento. Sostiene il V. che rispetto al momento della pronuncia in questione, la situazione di fatto e di diritto era cambiata in seguito alla successiva pronuncia della Corte di Cassazione n. 6134108, pas sata in giudicato che aveva definitivamente accertato che la domanda giudiziale oggetto di trascrizione pregiudizievole era da ritenersi definitivamente meritevole di accoglimento, con ciò definitivamente comportando anche il conseguente inadempimento dei coniugi C./T Il motivo è fondato. Va premesso che quanto alle domande, la giurisprudenza distingue tra azioni reali e azioni personali. Si ritiene, infatti, che nelle azioni reali, in quanto autodeterminate , è l'affermazio ne del rapporto giuridico a individuare la domanda, perché vengono dedotti in giudizio diritti, come quelli di proprietà, che non possono coesistere simultaneamente più volte tra gli stessi soggetti e che rimangono immutati qualunque sia il fatto costitutivo invocato a loro fondamen to. Nelle azioni personali, in quanto eterodeterminate , è invece il fatto costitutivo a individua re la domanda, perché con esse vengono dedotti diritti, come quelli di obbligazione, che possono esistere contemporaneamente più volte tra i medesimi soggetti con lo stesso con tenuto e richiedono, perciò, l'allegazione dei fatto costitutivo quale elemento necessario di individuazione Cass., sez. 1^, 6 agosto 1997, n. 7267, in_ 506486, Cass., sez. un., 22 mag gio 1996, n. 4712, m. 497727 . La distinzione tra domande autodeterminate ed eterodetermi nate rileva, quindi, per definire sia il potere dei giudice di individuare la domanda effettiva mente proposta sia il potere della parte di modificare nel corso del giudizio le sue prospetta zìoni difensive. Quando si tratti di domande eterodeterminate, invero, ogni modificazione dei fatti allegati comporta una modificazione della domanda e il giudice non può accogliere la domanda sulla base di fatti che, pur provati, siano diversi da quelli allegati art. 112 c.p.c. . cfr. Cass. 154212003, 1111812013,1493412002 . Non v'è dubbio che la domanda di risarcimento del danno sia una domanda eterodeterminata Cass. 1740812012 , per cui devono essere individuati i fatti costitutivi del diritto vantato. Nella causa definita con la sentenza n. 238108, come dà atto lo stesso tribunale, il V. non avete esercitato la facoltà di recesso, né aveva chiesto la risoluzione del contratto, ma la sua esecuzione ed ir risarcimento. Con la presente causa, invece, il V. ha agito per la risoluzio ne del contratto, essendo stata definita in modo infausto per gli odierni promittenti venditori la causa di simulazione, con la conseguente impossibilità di stipulare il contratto di vendita. A fondamento della domanda risarcitoria proposta in questo giudizio è stato posto proprio l'ina dempimento, ormai definitivamente acclarato con sentenza della Corte di cassazione, di C. e T. per l'impossibilità di stipulare il contratto di compravendita e non, come per l'ipotesi dell'esecuzione in forma specifica, per non aver semplicemente adempiuto all'obbligo di stipulare, situazione emendabile per l'eventuale successivo verificarsi di eventi che avesse ro reso possibile il rispetto degli obblighi contrattuali. Pertanto, i fatti costitutivi del vantato diritto risarcitorio di cui al presente giudizio sono diversi rispetto a quelli della precedente ver tenza giudiziaria e, conseguentemente, l'azione qui proposta non poteva dirsi coperta da giu dicato. Ciò è tanto vero che, opportunamente, nella sentenza 238108 la domanda di risarcimento era stata respinta con l'espresso limite allo stato , con ciò intendendosi che non si era ancora verificato il fatto generatore del danno. In quella pronuncia, infatti, il Tribunale affermava che l'impossibilità di adempiere non era definitiva, nel senso che qualora la causa di simulazione fosse stata decisa a favore di C. e T. il contratto preliminare avrebbe potuto es sere eseguito. in tal caso, ii pagamento della caparra confirmatoria sarebbe stata imputata a prezzo e le spese del progetto non avrebbero costituito un danno. Essi erano danni puramen te eventuali e futuri per il caso in cui vi fosse il definitivo inadempimento. 1I rigetta della domanda, in conclusione, era limitato a quella situazione di fatto, ben diversa da quella attuale in cui, invece, la domanda di simulazione è stata -si ribadisce definitiva mente accolta, con la altrettanto definitiva impossibilità per il V. di poter concludere il rogito notarile di compravendita dei beni oggetto del preliminare. Occorre a questo punto esaminare il primo motivo dell'appello incidentale proposto da C. e T., i quali lamentano che l'appellante abbia proposto con il gravame inammis sibili domande nuove relativamente alla quantificazione del danno. Sostengono in particolare che con il ricorso ex art. 702 bis c.p.c. li V. aveva chiesto la loro condanna al risarcimento dei danni tutti subiti nella misura sopra indicata ovvero nella diversa somma, maggiore o mi nore, che il tribunale avesse ritenuto di giustizia, oltre interessi e rivalutazione, senza però in dicare o quantomeno specificare nel corpo dell'atto il metodo per la quantificazione del danno da lucro cessante. Essi convenuti avevano eccepito l'inammissibilità della domanda proposta con il rito sommario, ma ïl primo giudice non si era pronunciato sull'eccezione avendo ritenuto che sul diritto al risarcimento fosse ormai calato il giudicato. Il V. avrebbe, secondo gli ap pellanti incidentali, tentato nell'atto di appello, per la prima volta, di quantificare in modo det tagliato le proprie richieste e solo formalmente aveva ribadito nelle conclusioni la condanna al risarcimento dei danni nella misura sopra indicata . Il motivo è infondato. Come correttamente argomentato dall'appellante degli scritti difensivi conclusivi, l'allora ricor rente V., con riferimento al lucro cessante, aveva richiesto la rivalutazione economica data dall'apprezzamento del terreno oggetto del preliminare di vendita per il quale era stato appro vato dal Comune specifico progetto edilizio ed a tale ultimo riguardo faceva presente di aver già adito il Tribunale della Spezia ai sensi dell'articolo 696 bis c_p.c. al fine di determinare l'at tuale valore del terreno al fine di consentire la determinazione della rivalutazione economica nonché l'apprezzamento conseguito da tale terreno dall'epoca della conclusione del preliminare ad oggi, tenendo conto in particolare dell'approvazione con riferimento a tale specifico terreno di progetto di costruzione concernente la realizzazione di villetta bifamiliare aveva poi precisato che la relazione finale del c.t.u. incaricato dai Tribunale della Spezia aveva accerta to che la determinazione del più probabile valore di mercato risultava E 110.000,00. Preci sando le conclusioni aveva quindi chiesto la condanna dei convenuti al risarcimento dei danni subiti nella misura indicata. Va ancora osservato che non vi erano dubbi in merito all'oggetto dell'indagine tecnica richiesta con ii procedimento e sensi dell'articolo 696 bis c.p.c. ed acqui sita nel giudizio di mento. Con il ricorso per l'accertamento tecnico preventivo era stata e spressamente esposta la vicenda contrattuale oggetto del presente giudizio e sulle premesse di aver diritto di ottenere la risoluzione del contratto per definitivo inadempimento imputabile ai promittenti venditori nonché ad ottenere il risarcimento di tutti i danni subiti per la mancata stipulazione del contratto definitivo inoltre, sin da quell'atto il V. sosteneva che il lucro ces sante consisteva nella rivalutazione economica del terreno oggetto del preliminare di com pravendita con riferimento al quale risultava provato dal Comune un progetto edilizio , per cui è evidente che fra le parti era nota la finalità dell'indagine il quesito conseguentemente ri chiedeva Indichi il Consulente Tecnico, letti gli atti ed adoperati gli accertamenti ritenuti ne cessari. quale sia l'attuale valore di mercato dell'immobile di cui in atti, tenuto conto dell'inter venuta approvazione del progetto edilizio, ma anche dalla circostanza che la modifica del pi ano regolatore costituiva condizione sospensiva del preliminare_ . Risulta, pertanto, infondata l'eccezione degli odierni appellati di novità della domanda, dal momento che sin dall'atto introduttivo del giudizio in primo grado era stato chiaramente indi cato il danno di cui si chiedeva al risarcimento, ricavabile da una semplice operazione mate matica, pur essendosi rimesso l'attore ad un'eventuale diversa valutazione discrezionale del giudicante. Con li secondo motivo, gli appellanti incidentali denunziano error in ìudicando errata ricostru zione del fatto storico errata applicazione di legge. Si dolgono, in sostanza che il primo giudi ce abbia erroneamente ritenuto che il mero dato temporale sia di per sé presupposto suffi ciente per la risoluzione di un contratto preliminare privo di termine essenziale per il suo a dempimento ed escludono che il preteso inadempimento dei convenuti possa derivare dalla mero consapevole da parte dei venditori esistenza della trascrizione pregiudizievole , poi ché di per se stessa tale trascrizione non determina l'impossibilità di stipulare il rogito notarile. Affermano, invocando giurisprudenza costante prevalente, che il promissario acquirente, il quale ignori cine il bene, al momento della stipula del preliminare di vendita, sia di proprietà di altri non possa adire le vie giudiziali per la risoluzione prima della scadenza del termine per la stipula del contratto definitivo, potendo il promittente venditore fino a tale momento adempie re alle obbligazioni di fare acquistare la proprietà del bene. Secondo gli appellanti incidentali, il V. avrebbe dovuto chiedere la fissazione di un termine essenziale per l'adempimento del preliminare e solo decorso infruttuosamente detto termine avrebbe potuto scegliere tra un'a zione per l'adempimento coattivo ovvero per la risoluzione del contratto per inadempimento. Sostengono ancora gli appellanti incidentali che il 91101200 $, l'attuale proprietaria degli im mobili oggetto del preliminare sottoscritto dalle parti, C.A., aveva stipulato un contratto preliminare per la cessione a C.G. dei terreni a suo tempo promessi al V Esso C., entrato quindi nella disponibilità dei beni, con raccomandata del 181312010, aveva invitato il V. a fissare un appuntamento presso un notaio di fiducia al fine di procedere alla vendita, ma il V. aveva dichiarato di non essere più interessato alla con clusione del contratto e si era reso pertanto inadempiente rispetto all'obbligazione assunta, perdendo il diritto alla restituzione dell'acconto a suo tempo versato, L'intero, per la verità curioso, motivo è infondato. Innanzitutto, quanto al dato temporale, va segnalato che il primo giudice correttamente ha ri cordato che si è trattato di circa 12 anni. Ritenere che un contraente possa ritenersi vincolato ad un arco temporale di tale durata è contrario ad ogni logica. Un tempo così lungo rende e vidente la perdita di interesse che spinge la parte a legarsi contrattualmente all'altra ed il principio che regola la libertà negoziale è proprio collegato all'esistenza di un interesse del creditore articolo 1174 c.c. . Inoltre, è ancora più curiosa l'argomentazione degli odierni appellanti incidentali, se si consi dera che era stata definitivamente accertata giudizialmente l'assenza di titolarità in capo a C. e T. della proprietà del bene promesso in vendita. Va notato che la promes sa non rimandava al momento del rogito l'acquisizione della proprietà da parte loro, avendo espressamente i promittenti venditori garantito, oltre alla disponibilità del terreno, la libertà da vincoli, ipoteche e trascrizioni pregiudizievoli, mentre si è visto che era stata trascritta una domanda di simulazione che comportava, come in effetti ha comportato, l'insussistenza del ti tolo della proprietà da parte loro. Il fatto che il 18 marzo 2010, il Cozzavi abbia invitato il V. a fissare un appuntamento dal notaio per la vendita, sulla base -va ancora notato di un mero asserito preliminare di acqui sto dall'effettiva proprietaria a favore del solo C., è del tutto irrilevante, perché -a tacer d'altro quantomeno tardivo, essendo intervenuto non solo dodici anni dopo la stipula del pre liminare di vendita con V., ma addirittura dopo la proposizione del ricorso ai sensi dell'art, 702 bis c.p.c_, con il quale era stata chiesta la risoluzione del contratto, notificato in data 25/2/2010. Va rilevato che la Corte di Cassazione con recenti pronunce ha in modo uniforme affermato con riferimento alla diffida ad adempiere che il giudizio sulla congruità del termine previsto dall'art_ 1454 C.C. non possa essere unilaterale ed avere ad oggetto esclusivamente la situazione del debitore, ma deve prendere in considerazione anche l'interesse del creditore all'a dempimento ed il sacrificio che egli sopporta per l'attesa della prestazione. Tale principio me rita considerazione ai fini che qui interessano, perché consente di valutare in termini negativi la rilevanza della, peraltro non affidabile, offerta del C. cfr. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11493 del 2310512014, Rv. 631483, nonché n. 825012009 . Venendo pertanto alla valutazione della domanda di risarcimento, occorre ricordare i principi giurisprudenziali della Suprema Corte, ormai consolidati, secondo i quali il risarcimento del danno al prornissario acquirente per la mancata stipulazione dei contratto definitivo di vendita di un bene immobile, imputabile al promittente venditore, consiste, quanto al lucro cessante, nel mancato incremento dovuto al fatto che il bene non è entrato nel patrimonio del compra tore e che si concreta nella differenza tra il valore commerciale del bene medesimo al mo mento della proposizione della domanda di risoluzione del contratto cioè al tempo in cui l'i nadempimento è divenuto definitivo ed il prezzo pattuito ma non pagato, rivalutato alla stres sa data di determinazione del valore dell'immobile nei sensi suddetti, tra le tante, sentenze 195612007 2238412004 17340103 1298198 . La differenza così calcolata deve inoltre essere rivalutata per compensare la svalutazione intervenuta nelle more del giudizio cfr. Cass_ Sez_ 2. Sentenza n. 17688 del 2810712010, Rv. 614627, Sez 3, Sentenza n_ 22384 del 2911112004, Rv. 578704, Sez. 2, Sentenza n. 14714 del 3010812012, Rv. 624195 . Ora, il c.t.u. dei procedimento ai sensi dell'articolo 696 bis c.p.c., ingegner Giorgio Franchetti Rosada, ha con convincenti ed esaurienti argomentazioni, anche rispondendo alle note criti che dei consulenti di parte, determinato il più probabile valore di mercato dell'immobile ogget to del preliminare di cui è causa in € 110.000,00. Ha altresì rivalutato sulla base degli indici stat in € 69.721,00 il prezzo pattuito tra le parti di € 55.777,00. La relazione è stata depositata il 23/7/2009. Successivamente è stata introdotta la domanda di risoluzione. Pertanto, effettuata la sottrazione tra € 110.000,00 e € 69.721,00, si ha l'importo di € 40.279,00. In tale somma ed in quella riconosciuta dagli stessi allora convenuti di € 4,852,63 spesa dal V. per progettazione va determinato il danno danno emergente quest'ultimo e lucro cessante il primo subito dal promissario acquirente per effetto dell'inadempimento dei promittenti venditori. Trattandosi di debito di valore compete all'odierna appellante la rivaluta zione monetaria su tali somme a decorrere dai luglio 2009 fino alla data odierna, oltre inte ressi legali sulla somma via via rivalutata anno per anno, nonché gli ulteriori interessi legali fi no alla data dell'effettivo pagamento, L'esito del giudizio che comporta la totale soccombenza dei convenuti, nonché odierni appel lalfti-appellanti incidentali impone la condanna di questi ultimi al pagamento delle spese pro cessuali di entrambi i gradi di giudizio. La liquidazione delle spese viene effettuata in base ai parametri di cui al decreto ministeriale 5512014, nei valori medi tenuto conto del valore, della natura, della non particolare complessi tà della causa, della mancanza della fase istruttoria anche in primo grado in ragione del rito, ma della completezza dell'attività difensiva svolta art. 4 D.M. 5512014 . P.Q.M. La Corte D'appello definitivamente deliberando -rigetta l'appello incidentale, confermando la pronuncia di risoluzione del contratto preliminare intercorso tra V.F., C.G. e T.C. -in accoglimento dell'appello ed in parziale riforma dell'ordinanza ex articolo 702 bis c.p.c_ gravata, condanna C.G. e T.C., in solido fra loro, a pagare a V.F. la somma di E 45.131,63, oltre rivalutazione monetaria secondo gli indici stat dal lu glio 2009 alla data della presente sentenza, oltre gli interessi legali sulla somma via via rivalu tata, nonché gli ulteriori interessi legali da oggi fino alla data dell'effettivo pagamento -condanna C.G. e T.C., in solido fra loro, alla rifusione a favore di V.F. delle spese processuali, che liquida in complessivi € 8_030,00, oltre accessori di legge, quanto al primo grado, in E 508,00 per esborsi ed € 9.515.00 per compensi, oltre ac cessori di legge -pone definitivamente a carico degli appellati C.G. e T.C. le spese della c.t.u. preventiva.