L’impegno a ridiscutere il contratto in caso di mancata concessione di autorizzazione ministeriale: è condizione sospensiva e non termine

Qualora le parti abbiano sospensivamente condizionato il contratto al verificarsi di un evento, indicando nel reciproco interesse il termine entro il quale esso possa utilmente avverarsi, il contratto deve considerarsi inefficace per il mancato avveramento della condizione dal momento in cui sia decorso inutilmente il suddetto termine.

Con la sentenza n. 26214 del 12 dicembre 2014, la Corte di Cassazione precisa le differenze tra condizione e termine in una particolare vicenda relativa alla vendita di un brevetto, desumendo, nel caso di specie, la intervenuta modifica delle volontà delle parti rispetto all’originario pattuizione, con l’inserimento, nella successiva scrittura, di una condizione, quale elemento sospensivo dell’efficacia del contratto. Il caso. La controversia risolta dalla Cassazione con la pronuncia in commento ha origine dalla stipula di un contratto di vendita di un brevetto medicinale che le parti, successivamente, modificano condizionandone l’efficacia al rilascio, mai avvenuto, dell’autorizzazione ministeriale. Nei giudizi di merito si hanno esiti contrastanti sulle domande proposte dalle parti e, in particolare, sulla pronuncia ex art. 2932 c.c. proposta dalla società alienante e rimborso della caparra proposta dalla società acquirente . Il S.C., esaminata la vicenda, conferma la pronuncia della Corte territoriale che aveva dato per mai concluso il contratto, non essendo stata rilasciata la prevista autorizzazione ministeriale. La condizione quale elemento accidentale del contratto. Secondo l’impostazione tradizionale, nell’ambito del contratto le parti possono liberamente inserire alcuni elementi c.d. accidentali al fine di meglio adattare il tipo contrattuale alle specifiche esigenze. In particolare, con la previsione di una condizione, le parti subordinano l’efficacia o il venir meno dell’efficacia del contratto al verificarsi di un avvenimento futuro ed incerto. In tale prospettiva, l’evento in questione si pone necessariamente in una fase temporale successiva alla stipula del contratto. Condizione sospensiva ed autonomia privata. Le parti, nella loro autonomia contrattuale, possono pattuire una condizione sospensiva o risolutiva nell’interesse esclusivo di uno soltanto dei contraenti, occorrendo al riguardo un’espressa clausola o, quanto meno, una serie di elementi, idonei ad indurre il convincimento che si tratti di una condizione alla quale l’altra parte non abbia alcun interesse ne consegue che la parte contraente, nel cui interesse è posta la condizione, ha la facoltà di rinunziarvi sia prima, sia dopo l’avveramento o il non avveramento di essa, senza che la controparte possa comunque ostacolarne la volontà Termine e condizione quali differenze? Secondo la giurisprudenza, il criterio distintivo tra termine e condizione va ravvisato nella certezza e nell’incertezza del verificarsi di un evento futuro che le parti hanno previsto per l’assunzione di un obbligo o per l’adempimento di una prestazione ricorre l’ipotesi del termine quando detto evento futuro sia certo, anche se privo di una precisa collocazione cronologica, purché risulti connesso ad un fatto che si verificherà certamente e, come tale, può riguardare sia l’efficacia iniziale che quella finale di un negozio giuridico o di un’obbligazione o di un credito di una parte nell’ipotesi di condizione – come nel caso di specie, non essendoci certezza alcuna dell’autorizzazione ministeriale, che infatti non è stata rilasciata si versa nell’incertezza dell’evento futuro dal cui verificarsi dipende il sorgere condizione sospensiva o il permanere condizione risolutiva dell’efficacia di un contratto o di un’obbligazione ad esso inerente E’ ammissibile una condizione sospensiva senza indicazione del termine? La mancata previsione di un termine finale di avveramento in relazione ad una condizione sospensiva apposta ad un contratto non porta ad affermare che l’efficacia sospensiva della condizione debba estendersi fino al momento in cui sia accertata l’assoluta impossibilità, oggettiva o soggettiva, dell’avveramento, dovendo, per converso, la valutazione di tale impossibilità avvenire in termini concreti, con riferimento alla relativa prevedibilità nel contesto storico, sociale ed ambientale del momento. La presupposizione quale condizione inespressa”. Un caso particolare di condizione in materia contrattuale è la c.d. presupposizione o condizione inespressa essa si verifica qualora dal contratto si evinca l’esistenza di una situazione di fatto, considerata, ma non espressamente enunciata dalle parti in sede di stipulazione del medesimo, quale presupposto imprescindibile della volontà negoziale, il cui successivo verificarsi o venire meno dipenda da circostanze non imputabili alle parti stesse. Condizione sospensiva e rilievo d’ufficio. Il mancato avveramento della condizione sospensiva concreta non un’eccezione in senso proprio, ma una semplice difesa volta a contestare la sussistenza dei fatti costitutivi della domanda, che deve essere esaminata e verificata dal giudice anche d’ufficio, indipendentemente dalle argomentazioni e richieste della parte.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 30 settembre – 12 dicembre 2014, n. 26214 Presidente Forte – Relatore Bernabai Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato il 12 aprile 1-994 la TECOFAR s.r.l. conveniva dinanzi al Tribunale di Milano la Farmaceutici CABER s.p.a. per ottenerne la condanna al pagamento della somma di lire 570 milioni, a titolo di residuo prezzo della cessione di un brevetto o in via subordinata, per la costituzione in forma specifica ex articolo 2932 cod. civ. del contratto, se ritenuto di natura preliminare, perfezionatosi mediante scambio di lettere. Costituitasi ritualmente, la Caber svolgeva domanda riconvenzionale per il rimborso della caparra di lire 30 milioni, assumendo che la compravendita non si era mai perfezionata e che comunque doveva intendersi risolta consensualmente per effetto di un accordo novativo concluso il 24 settembre 1992, con cui era stata introdotta una condizione sospensiva consistente nell'approvazione, da parte dell'allora Ministero della Sanità, della specialità farmacologica oggetto del brevetto, mai intervenuta in punto di fatto. Con sentenza 29 maggio 1997 il Tribunale di Milano accoglieva la domanda subordinata, disponendo il trasferimento del brevetto ex articolo 2932 cod. civ. e condannava la convenuta al pagamento del residuo prezzo di lire 570 milioni, oltre interessi legali e spese di giudizio. Il successivo gravame era rigettato dalla Corte d'appello di Milano con sentenza emessa il 14 aprile 2000. Con sentenza 17 dicembre 2003, questa Corte, accoglieva il primo motivo del ricorso per cassazione della Farmaceutici Caber s.p.a., con cui si era censurata la violazione dell'articolo 1362 , primo comma, cod. civ., nella svalutazione immotivata del criterio letterale, cassava la sentenza e rinviava la causa ad altra sezione della Corte d'appello di Milano. Il giudice del rinvio, con sentenza 2 luglio 2007, in riforma della decisione di primo grado, condannava la TECOFAR al pagamento delle somme di Euro 15.493,71 e di Euro 450.961,50 oltre interessi legali, rivalutazione monetaria e rifusione delle spese di giudizio. Motivava - che era pacifico che mediante uno scambio di lettere e con il versamento della somma di lire 30 milioni da parte della Caber le parti avessero manifestato la volontà di concludere il contratto di compravendita del brevetto - che con successivo accordo esse avevano pattuito di rimandare all'esito dell'approvazione ministeriale la cessione del brevetto, stabilendo che ove ta/e data risultasse successiva al 31 marzo 1993 si sarebbe dovuto amichevolmente ridiscutere il problema - che l'autorizzazione del Ministero della sanità non era mai stata concessa, perché mai richiesta dalla Caber - che la seconda scrittura privata aveva novato il precedente contratto, subordinandone l'efficacia alla condizione sospensiva del rilascio dell'autorizzazione ministeriale come dimostrato anche dal riferimento al comportamento da tenere in mancanza del rilascio si dovrà amichevolmente ridiscutere il problema” - che nella specie era quindi ravvisabile una condizione sospensiva - e non solo un termine, come ritenuto dal primo giudice - e tale condizione non si poteva considerare avverata ex articolo 1359 cod. civ. per effetto dell'omessa presentazione dell'istanza da parte della Caber, la quale non era contro interessata all'avveramento della condizione, avendo, per contro, effettuato notevoli investimenti sulla specialità farmaceutica contenente il principio attivo brevettato. Avverso la sentenza, non notificata, la Tecofar proponeva ricorso per cassazione, articolato in dieci motivi, notificato l'1 ottobre 2008 ed ulteriormente illustrato con memoria ex articolo 378 cod. proc. civile. Deduceva 1 la violazione degli articoli 1230 e 1231 cod. civ. nel ravvisare una novazione estintiva del contratto originario per effetto dell'apposizione di un elemento meramente accessorio, quale una condizione sospensiva 2 la contraddittorietà della motivazione, nella ritenuta efficacia estintiva della novazione per effetto della condizione sospensiva, che presupponeva invece la conservazione del negozio 3 la carenza di motivazione nell'interpretazione dell'accordo 24 settembre 1992 e nella qualificazione risolutiva della condizione di mancata autorizzazione ministeriale 4 Il vizio di motivazione nel privilegiare, ai fini ermeneutici, l'interesse della sola Caber, anziché ricercare la comune volontà delle parti, nell'attribuire valore di condizione sospensiva a quella che era la mera indicazione del termine per il pagamento e la contraddittorietà nell'affermare presupposto ab initio il collegamento tra l'efficacia del negozio traslativo e il provvedimento ministeriale di autorizzazione del farmaco ciò che avrebbe reso superflua la condizione sospensiva successivamente apposta 5 la violazione dell'articolo 1362 cod. civ. nel valorizzare l'interesse della sola acquirente, anziché ricercare la comune intenzione le parti 6 la carenza di motivazione nel ritenere che il rinvio della formalizzazione del contratto a data successiva all'approvazione ministeriale dovesse intendersi come condizione sospensiva della cessione 7 la violazione dell'articolo 1362, secondo comma, cod. civ. nel mancato apprezzamento del comportamento successivo delle parti e in particolare, della proposta di risoluzione consensuale avanzata dalla Caber, che dichiarava di non aver intenzione di procedere all'acquisto del brevetto 8 la carenza di motivazione nell'omessa vantazione del comportamento delle parti successivo alla conclusione del contratto 9 la violazione dell'articolo 1359 cod. civ. nell'escludere che la mancata presentazione da parte della Caber della domanda di autorizzazione amministrativa cui era sospensivamente condizionata la compravendita costituisse la causa del mancato avveramento della stessa 10 la carenza di motivazione nell'attribuire alla Caber un interesse allo sfruttamento commerciale del prodotto farmaceutico, con la conseguenza di escludere un suo interesse contrario all'avveramento della condizione, ex articolo 1359 cod. civile. Resisteva con controricorso la Farmaceutici Caber s.p.a All'udienza del 30 Settembre 2014 il P.G. ed il difensore della ricorrente precisavano le rispettive conclusioni come da verbale, in epigrafe riportate. Motivi della decisione Con i primi due motivi, da esaminare congiuntamente per affinità di contenuto, la ricorrente deduce la violazione degli articoli 1230 e 1231 cod. civ. e la contraddittorietà della motivazione nella ritenuta efficacia estintiva della novazione per effetto della condizione sospensiva. Il motivo è infondato. Il nucleo centrale dell'affermazione della corte territoriale è la trasformazione di un contratto preliminare puro in un contratto preliminare sospensivamente condizionato alla concessione dell'autorizzazione ministeriale. Nell'ambito di questo accertamento la sussunzione della fattispecie concreta nella figura contrattuale della novazione, comunque non inesatta in punto di diritto, resta una mera qualificazione giuridica, la cui eventuale erroneità non modificherebbe le conseguenze tratte dal mancato avveramento, in punto di fatto, della condizione. Il terzo motivo, con cui si lamenta la carenza di motivazione nell'interpretazione dell'accordo 24 settembre 1992 è inammissibile, risolvendosi in una difforme valutazione del testo negoziale, volto ad introdurre un sindacato di merito che non può trovare ingresso in questa sede. La corte territoriale ha desunto l'effetto sospensivo della condizione e le conseguenze del suo mancato avveramento dalla circostanza che ove l'autorizzazione ministeriale non fosse intervenuta entro una certa data 31 marzo 1993 le parti avrebbero dovuto ridiscutere amichevolmente il problema e questa ricostruzione della volontà delle parti appare immune da vizi logici e come tale insuscettibile di riesame. Con il quarto motivo si deduce la carenza della motivazione nel privilegiare a fini ermeneutici l'interesse della sola Caber. Il motivo è inammissibile. Ancora una volta la parte contrappone una diversa interpretazione del testo negoziale e del comportamento delle parti alla ricostruzione dell'intento delle parti operata in sentenza in tal modo, richiedendo un riesame nel merito non consentito in sede di legittimità. Al riguardo, è sufficiente notare come la presupposizione dell'autorizzazione ministeriale appaia perfettamente logica nell'ambito di un contratto traslativo del principio attivo, oggetto di un brevetto destinato alla produzione di un farmaco da immettere in commercio e la sua successiva formalizzazione in condizione espressa, mediante l'accordo del 24 settembre 1992, non si pone affatto in contrasto logico con la rilevanza attribuita dalle parti all'autorizzazione ministeriale, che costituiva anche termine per il pagamento di una parte cospicua del prezzo lire 100 milioni . Il quinto motivo, con cui si deduce la violazione dell'articolo 1362 cod. civ. nel valorizzare l'interesse della sola acquirente, è pure infondato. Nel mettere in rilievo tale interesse ad ottenere un bene suscettibile di sfruttamento commerciale la corte non ha inteso, certo, indagare sul motivo soggettivo, inconoscibile ex adverso bensì, mettere in evidenza la causa stessa del contratto, resa palese dal testo negoziale e vieppiù confermata dall'accordo successivo 24 settembre 1992. Se è vero che l'autorizzazione ministeriale consentiva la produzione e messa in vendita di un prodotto nell'interesse della Caber, quest'ultimo era stato reso palese nel contratto, e dunque accettato dalla venditrice fino ad essere formalizzato in una clausola che il giudice di merito ha ritenuto introduttiva di una condizione sospensiva dell'efficacia, con motivazione immune da vizi logici, che si sottrae al riesame nel merito in questa sede, quale sostanzialmente prospettato con il sesto motivo, che è dunque inammissibile. Anche il settimo ed ottavo motivo sono infondati La dichiarazione della Caber di non avere più intenzione di procedere all'acquisto del brevetto, una volta scaduto il termine del 31 marzo 1993 previsto dall'accordo del 24 settembre 1992 per l'autorizzazione ministeriale all'immissione in commercio del farmaco, non appare affatto in contraddizione con la clausola contenuta nel predetto accordo in cui si prefigurava una discussione amichevole del problema, senza ulteriori precisazioni e dunque, aperta anche al possibile sbocco di una risoluzione del contratto verso la perdita la caparra, proposta, in effetti, dalla Caber. Il nono e decimo motivo, che possono essere trattati congiuntamente per affinità di contenuto, appaiono inammissibili, volti come sono ad introdurre un sindacato di merito dell'apprezzamento dell'esistenza di un interesse positivo, e non contrario, della Caber all'avveramento della condizione sospensiva, dimostrato dai notevoli investimenti effettuati sulla specialità farmaceutica contenente il principio attivo oggetto del brevetto compravenduto investimenti, che solo dalla commercializzazione del prodotto potevano essere remunerati. Non è riscontrabile alcun vizio di illogicità nella suddetta motivazione, insuscettibile, come detto, di riesame in questa sede. Il ricorso è dunque infondato e va respinto. L'obiettiva incertezza della fattispecie, comprovata dall'esito difforme nei vari gradi di giudizio, giustifica la compensazione integrale delle spese della fase di legittimità. P.Q.M. - Rigetta il ricorso - compensa tra le parti le spese processuali.