Contratti autonomi, ma interdipendenti, “simul stabunt, simul cadent”

In tema di contratti, il collegamento negoziale non dà luogo ad un nuovo autonomo negozio, ma è un meccanismo attraverso il quale le parti perseguono un risultato economico unitario e complesso, realizzato non per mezzo di un singolo contratto, ma attraverso una pluralità coordinata di contratti. Questi conservano una causa autonoma e una distinta individualità giuridica, anche se ciascuno è finalizzato ad un unico regolamento dei reciproci interessi. La conseguenza è che la loro interdipendenza produce una disciplina unitaria delle vicende relative alla permanenza del vincolo contrattuale per cui essi simul stabunt, simul cadent ”.

Lo stabilisce la Corte di Cassazione nella sentenza n. 21417, depositata il 10 ottobre 2014. Il caso. L’intricata vicenda processuale impone necessariamente un riepilogo dei fatti accaduti nell’ambito dei rapporti commerciali intercorsi tra due società una s.r.l. e una s.n.c. che stipularono tre contratti. Con il primo, denominato contratto di affitto di ramo di azienda , la s.n.c. concedeva alla s.r.l. il ramo di azienda costituito dal commercio di forniture funebri per la durata di un anno 2001 , non prorogabile e senza possibilità di recesso anticipato dal contratto era escluso l’uso dei beni immobili aziendali. Con il secondo denominato scrittura privata di promessa di vendita , la s.n.c. prometteva di vendere alla scadenza del primo accordo alla s.r.l. che si obbligava ad acquistare il ramo di azienda precedentemente affittato. Contestualmente veniva ceduta dalla s.n.c. alla s.r.l. tutta l’attrezzatura aziendale cioè l’autocarro e la merce in giacenza . Infine con il terzo contratto le società concordavano un patto di non concorrenza e di esclusiva nell’acquisto delle forniture. In sede di arbitrato irrituale, la s.r.l. invocava la nullità del contratto di affitto. Gli arbitri però rigettavano la domanda, accertavano la tacita proroga dell’accordo fino al dicembre 2004 e imponevano alla s.r.l. il pagamento dei canoni relativi 21.000,00 € . La s.r.l. si oppose sostenendo la nullità del lodo, ma il Tribunale adito rigettò tale richiesta assorbendo così le altre censure relative al contratto preliminare di vendita. Con sentenza non definitiva, la Corte d’appello respinse sia le censure relative al lodo sia quelle relative al preliminare di compravendita nullità o simulazione, risoluzione per inadempimento, accertamento dei inefficacia per sopravvenuta risoluzione consensuale . Tuttavia, ritenendo legittimo il recesso della s.r.l., la Corte territoriale ridusse - con la sentenza definitiva - le somme dovute dalla s.r.l. alla s.n.c. da € 21.000,00 a € 18.000,00 a titolo di caparra penitenziale revocando il decreto ingiuntivo nel frattempo ottenuto dalla s.n.c. sulla base del lodo arbitrale. La s.r.l., non soddisfatta dello sconto” ottenuto in appello, ricorse in Cassazione sia contro la sentenza parziale, sia contro la sentenza definitiva. Sentenze non definitive. In primo luogo la Suprema Corte ricorda un principio consolidato in tema di impugnazione di sentenze non definitive, altrimenti dette parziali”. Il fatto che alla pubblicazione della sentenza non definitiva pronunciata ai sensi dell’art. 279, comma 2, n. 4 c.p.c. la parte non abbia formulato espressa riserva di impugnazione nel termine previsto dall’art. 361 c.p.c. non comporta la decadenza del soccombente dal diritto di impugnare la sentenza. La conseguenza è semplicemente quella di non potersi giovare dell’impugnazione differita. La sentenza non definitiva può pertanto essere impugnata nel rispetto dei termini ordinari di cui agli artt. 325 e 327 c.p.c. così Cass. n. 6951/2004 . Nel caso di specie, né la sentenza parziale, né quella definitiva erano state notificate e il ricorrente le aveva regolarmente impugnate entrambe nel rispetto del termine lungo”. Con riferimento al merito della vicenda, la s.r.l. sosteneva la nullità del contratto preliminare di vendita del ramo d’azienda per inesistenza dell’oggetto dello stesso. Dallo schema risultante dai tre contratti collegati emergeva infatti che il preliminare di vendita riguardava solo le licenze amministrative e l’avviamento, giacché gli immobili aziendali erano stati espressamente esclusi e l’attrezzatura aziendale era già stata immediatamente ceduta. Sosteneva al riguardo la ricorrente che il contratto era inevitabilmente nullo per contrasto con norme imperative dal momento che le licenze non possono essere trasferite secondo quanto disposto dall’art. 8 TULPS e per inesistenza dell’oggetto giacché l’avviamento non può essere ceduto separatamente dell’azienda . La sentenza della Corte d’Appello aveva invece rigettato le tesi della s.r.l. sostenendo che l’oggetto emergeva dal collegamento tra i tre accordi descritti. Dal sistema delineato e dalla vicinanza temporale dei negozi emergeva infatti secondo la corte territoriale la volontà di trasferire l’intera azienda comprensiva di beni materiali e immateriali. La decisione della Cassazione ribalta quanto stabilito dai Giudici di secondo grado in questi termini. Cessione dell’avviamento. In primo luogo gli Ermellini condividono le censure relative alla cessione del solo avviamento. Questo infatti, quale bene immateriale, non è autonomamente cedibile. Esso, costituendo solo l’attitudine dell’azienda a funzionare e a produrre utili, non può essere concepito al di fuori della stessa, né può essere considerato o trasferito separatamente dalla medesima. Per quanto attiene invece alla questione delle licenze, gli Ermellini osservano che dal tenore letterale dell’accordo emergeva non la volontà di trasferire le licenze in essere, bensì traspariva l’impegno della s.n.c. per consentire e favorire l’ottenimento di una nuova licenza alla s.r.l. Tale patto è ritenuto comunemente valido dalla giurisprudenza di legittimità essendo finalizzato non alla commercializzazione delle licenze, ma al rispetto del principio della personalità” delle stesse. Il collegamento negoziale. Con riferimento infine al tema del collegamento negoziale, la Suprema Corte ricorda che esso si configura quando i privati pongono in essere una pluralità di negozi strutturalmente autonomi, ma collegati tra loro nel senso che le vicende dell’uno influenzano gli altri, giacché tutti, pur rimanendo distinti, sono preordinati ad un solo scopo pratico. I contratti così concepiti quindi non si fondono” in un accordo unico, rimangono distinti l’uno dall’altro, ma sono volti al perseguimento di un risultato economico comune voluto dai contraenti. L’influenza reciproca esclude però che vizi o mancanze di uno dei contratti possano essere, per così dire, compensate” dal collegamento con gli altri. Ogni contratto della struttura” deve quindi essere valido ed efficace in sé, non potendo reperire aliunde elementi che sanino eventuali criticità. La conseguenza è che ciascun accordo rimane assoggettato alla propria disciplina, mentre il collegamento determina una regolamentazione unitaria delle vicende relative alla permanenza del vincolo contrattuale complessivo secondo la regola simul stabunt, simul cadent . Nullità di un contratto. Se un contratto è nullo, la nullità si riflette allora sulla permanenza del vincolo negoziale relativamente agli altri contratti e se un contratto è nullo, il collegamento negoziale con gli altri non nulli non comporta la validità dell’intero complesso degli accordi collegati. Nel caso di specie quindi la vendita del ramo di azienda doveva effettivamente essere considerata nulla per inesistenza dell’oggetto con inevitabile ripercussione sull’intera architettura” negoziale e il collegamento non poteva essere utilizzato come invece avevano fatto i giudici di merito per compensare tale mancanza ritenendo che insieme all’avviamento furono trasferiti anche i beni e le attrezzature aziendali.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 7 luglio – 10 ottobre 2014, n. 21417 Presidente Segreto – Relatore Carluccio Svolgimento del processo 1. La Onoranze Funebri Ledrensi sas di Cellana Enrica & amp C. e la Poker di fiori di Titta Eddi & amp C. snc stipularono contestualmente il 27 dicembre 2000 tre contratti. Con il primo, denominato contratto di affitto di ramo di azienda la Poker concesse in affitto alle Onoranze funebri il ramo d'azienda costituito dal commercio di forniture funebri e dalla agenzia di pompe funebri, escluso l'uso dei beni immobili aziendali, per la durata di un anno l'intero 2001 , non prorogabile e senza possibilità di recesso anticipato. Con il secondo, denominato scrittura privata di promessa di vendita , premesso il precedente contratto di affitto, la Poker promise di vendere a Onoranze funebri e quest'ultima promise di acquistare alla scadenza del precedente contratto di affitto il ramo di azienda affittato contemporaneamente, stabilendo il prezzo a corpo in caso di inadempimento, si previde la possibilità di richiederne l'esecuzione o una penale doppia alla caparra. Sempre contestualmente, la Poker vendette alla Onoranze funebri tutta l'attrezzatura aziendale autocarro e merci in giacenza , come risultante da fatture. Ed inoltre, le parti stipularono un accordo commerciale accessorio per la durata di cinque anni, con il quale la Onoranze funebri si impegnava a non commerciare fiori e ad acquistare quelli necessari per la gestione dell'azienda dalla Poker e la Poker si impegnava a fornirli ai prezzi correnti e a non svolgere attività concorrente con quella ceduta. Sulla base di previsione contenuta nel contratto, si svolse un arbitrato irrituale in ordine al contratto di affitto di ramo di azienda , che si concluse lodo del novembre 2005 con il rigetto della domanda di nullità dello stesso, avendo ad oggetto oltre che le licenze amministrative rimaste intestate alla Poker anche l'avviamento con l'accertamento della tacita proroga sino al dicembre 2004 e dei canoni maturati sino all'epoca con l'accertamento di somme già corrisposte dalla Onoranze funebri alla Poker e della debenza del residuo da parte della prima alla seconda. 2. Su richiesta della Poker, il Presidente del Tribunale di Trento ingiunse alla Onoranze Funebri il pagamento della somma di oltre Euro 21 mila, quale credito accertato dal lodo arbitrale irrituale. L'opposizione proposta da Onoranze funebri fu rigettata. Il Tribunale rigettò la domanda di nullità del lodo proposta da Onoranze Funebri e non prese in considerazione, ritenendole implicitamente assorbite, le altre domande concernenti il contratto preliminare di vendita, che esulavano dalla competenza degli arbitri e sulle quali questi non si erano pronunciati. La Corte di appello, adita da Onoranze Funebri, con sentenza parziale, rigettò tutte le censure attinenti al lodo [capi a , b e c ndr i capoversi del dispositivo, per chiarezza espositiva, sono stati contrassegnati da lettere dell'alfabeto da a a g ] esaminando le domande della Onoranze relative al preliminare di vendita del ramo di azienda e poste in via gradatamente subordinata - nullità o simulazione, risoluzione per inadempimento, accertamento di inefficacia per sopravvenuta risoluzione consensuale, e relative restituzioni delle somme versate in esecuzione del contratto - le rigettò capi da d a g . Con separata ordinanza, si dispose l'istruttoria per l'accertamento delle somme versate dalla Onoranze alla Poker, in più rispetto all'ammontare della caparra penitenziale prevista nel preliminare e riconosciuta spettante dalla sentenza parziale, che aveva ritenuto legittimo il recesso della Poker. La sentenza definitiva, in esito all'istruttoria espletata, ritenuto pacifico che la Poker avesse incassato poco più di Euro 54.000,00 e ritenuto non provato l'ulteriore versamento di oltre Euro 7.000,00, individuò il credito restitutorio nella differenza tra quanto ricevuto in più dalla Poker rispetto alla caparra penitenziale ad essa spettante, da porre in compensazione con il credito della Poker di cui al decreto ingiuntivo, derivante dal lodo arbitrale relativo al contratto di affitto di ramo d'azienda . Quindi, revocato il decreto ingiuntivo, individuò il credito restitutorio spettante alla Onoranze Funebri, operata la compensazione con il credito della Poker derivante dal lodo e, quindi, dal decreto ingiuntivo, condannò la Onoranze Funebri al pagamento di oltre Euro 18.000, con accessori. Poi, dato atto del pagamento da Onoranze Funebri alla Poker per effetto della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo, condannò la Poker al pagamento della differenza tra la somma ricevuta e quanto dovutole dalle Onoranze Funebri. 3. La Onoranze Funebri Ledrensi sas di Cellana Enrica & amp C. propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, avverso le sentenze, sia parziale che definitiva, pronunciate dalla Corte di appello di Trento, rispettivamente in data 30 novembre 2009 e 15 luglio 2010. La Poker, ritualmente intimata, non svolge difese. Motivi della decisione 1. È preliminare la verifica della ritualità e tempestività dell'impugnazione avverso la sentenza parziale e avverso la sentenza definitiva. Costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità quello secondo cui In tema di impugnazioni civili ed in ipotesi di sentenza non definitiva pronunciata ai sensi dell'art. 279, secondo comma, n. 4, cod. procomma civ., l'effetto riconducibile all'omessa riserva di impugnazione nel termine fissato dall'art. 361 cod. procomma civ. non è quello della decadenza del soccombente dal potere di impugnare la sentenza, ma quello più limitato della preclusione circa la facoltà di esercizio dell'impugnazione differita. Ne consegue che la sentenza non definitiva può essere correttamente impugnata entro gli ordinari termini di cui agli artt. 325 e 327 cod. procomma civ. Cass. 8 aprile 2004, n. 6951, di recente, Cass. 9 gennaio 2007, n. 212 . 1.1. Nella specie, la sentenza parziale - rispetto alla quale non era stata proposta riserva di impugnazione - è stata ritualmente impugnata, unitamente alla sentenza definitiva nel termine lungo previsto dall'art. 327, comprensivo del periodo di sospensione feriale, in mancanza di notifica delle stesse sentenze sentenza parziale del 30 novembre 2009, sentenza definitiva del 15 luglio 2010, ricorso per cassazione avverso entrambe, del quale è stata effettuata la richiesta di notifica il 13 gennaio 2011 . 2. Con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1322, 1325, 1418 e 1344 del cod. civ., dell'art. 8 del T.U. di pubblica sicurezza, dell'art. 112 cod. procomma civ., unitamente a tutti i vizi motivazionali. Si censura quella parte della sentenza parziale che ha escluso la nullità del contratto preliminare di vendita di ramo di azienda . Si sostiene che sarebbe stata esclusa la nullità, erroneamente, nonostante oggetto dello stesso, emergente proprio dal collegamento dei contratti, fossero le licenze e l'avviamento e non il ramo di azienda. A tal fine, la ricorrente deduce la nullità del preliminare di vendita del ramo di azienda per inesistenza dell'oggetto indicato nel nomen iuris , tenuto conto - che l'azienda promessa non esisteva, essendo stata già venduta l'attrezzatura aziendale autocarro e merci in giacenza , ed essendo espressamente escluso dal contratto l'immobile in cui l'azienda era esercitata - che oggetto dello stesso non potevano essere le licenze di esercizio atteso che il contratto sarebbe stato nullo per contrasto con norme imperative art. 8 TULPS , le quali vietano la trasmissione delle stesse ovvero per illiceità della causa ex art. 1344 cod. civ., perché le parti sotto l'apparenza della promessa di vendita di azienda avrebbero compromesso di vendere le licenze - che l'oggetto non poteva essere costituito dal solo avviamento, non cedibile separatamente dall'azienda, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità. Aggiunge che la Corte di merito aveva errato nel ritenere avvenuto il trasferimento del ramo di azienda attraverso i diversi contestuali contratti collegati. In particolare, non avrebbe potuto individuare un collegamento negoziale in mancanza di domanda in tal senso, così violando l'art. 112 cod. procomma civ. comunque, non avrebbe potuto ritenere il collegamento sulla base solo della contestualità della data, senza indagare il nesso teologico tra i negozi requisito oggettivo e il comune intento delle parti di perseguire non solo l'effetto tipico di ciascuno ma anche la realizzazione di un fine ulteriore requisito soggettivo comunque, non avrebbe spiegato le ragioni per cui dal collegamento negoziale risulterebbe un trasferimento di azienda. Invece, secondo la prospettazione della ricorrente, proprio dal collegamento negoziale - nel quale emerge la vendita separata della dotazione materiale dell'azienda - risulterebbe la non esistenza della azienda promessa in vendita e la coincidenza dell'oggetto del contratto con le licenze commerciali ndr e con l'avviamento . 2.1. La sentenza parziale della Corte di appello ha rigettato la domanda di nullità del contratto preliminare di vendita di ramo di azienda, prospettata sotto il profilo della mancanza dell'oggetto, ritenendo che l'oggetto emergeva dal collegamento tra i tre contratti. Secondo il giudice di merito, all'esito dell'intersecarsi degli effetti dei tre contratti - l'affitto dell'azienda per un anno contemporaneamente alla vendita dei beni aziendali al conduttore e alla promessa di vendita con l'obbligo di stipulare il contratto definitivo alla fine dell'anno di affitto - veniva trasferita l'intera azienda, comprensiva dei beni materiali e immateriali e non solo le licenze amministrative ovviamente non cedibili con atti tra privati ”. 2.2. Il motivo va accolto nei limiti precisati. Ai fini dell'accoglimento della censura rilevano due profili. Da un lato il preliminare di vendita del ramo di azienda è nullo per mancanza dell'oggetto, che avrebbe dovuto essere costituito dal complesso dei beni aziendali materiali e immateriali, essendo invece l'oggetto costituito dal solo avviamento, non autonomamente cedibile. Dall'altro, l'esistenza dell'oggetto del contratto di promessa di vendita di ramo d'azienda non può ricavarsi dall'interazione degli effetti dei contratti contestuali collegati qualora, come nella specie, alcuni di questi non siano nulli, altrimenti, il collegamento negoziale finirebbe per essere un mezzo per eludere la nullità del singolo contratto collegato con la conseguenza che, al contrario di quanto ritenuto dal giudice del merito, il collegamento negoziale non è idoneo a consentire di ritenere esistente l'oggetto costituito dal trasferimento del ramo di azienda. 2.3. Con riferimento al primo profilo, va rilevato che, per ritenere integrata la nullità del contratto in argomento artt. 1418, 1325 cod. civ. stante la mancanza dell'oggetto, costituito dal complesso dei beni materiali e immateriali, basta rilevare la sicura separata e contestuale cessione dell'intera attrezzatura aziendale autocarro e merci in giacenza , mancando ogni prova in ordine all'esistenza di altri beni aziendali diversi da quelli ceduti separatamente, in una con l'espressa esclusione dal contratto dell'immobile in cui l'azienda era esercitata. Con la conseguenza che, oggetto effettivo della promessa di vendita risulta il solo avviamento, quale bene immateriale, che invece, secondo antica e non smentita, giurisprudenza di legittimità, non è autonomamente cedibile. Ed infatti, si sostiene che, costituendo l'avviamento l'attitudine dell'azienda a funzionare e a produrre utili, non può essere concepito al di fuori dell'azienda, né può essere considerato o trasferito separatamente da questa e la sua cessione si accompagna necessariamente alla cessione della azienda, della quale non è un elemento ma una qualità Cass. 21 luglio 1967, n. 1889, Cass. 24 giugno 1968, n. 2110 Cass. 6 ottobre 1972, n. 2857 . Invece, ai nostri fini, diventa irrilevante che, secondo la censura avanzata dalla ricorrente, oggetto dello stesso contratto non potevano essere le licenze di esercizio , atteso che il contratto sarebbe stato nullo per contrasto con norme imperative art. 8 TULPS , le quali vietano la trasmissione delle stesse ovvero per illiceità della causa ex art. 1344 cod. civ., perché le parti sotto l'apparenza della promessa di vendita di azienda avrebbero compromesso di vendere le licenze. Nella direzione dell'irrilevanza di tale profilo ai fini della nullità del contratto, militano due osservazioni. La prima è che dalla promessa di vendita parzialmente riprodotta nel ricorso e indicata, in conformità alle prescrizioni dell'art. 366, n. 6 cod. procomma civ., come docomma 2 nel fascicolo della ricorrente risulta che nella stessa era presente il patto con cui il promittente venditore si obbligava nei confronti del promittente acquirente a prestare il suo consenso, o comunque a compiere l'attività necessaria, per consentirgli di ottenere una nuova licenza patto ritenuto costantemente valido dalla giurisprudenza di legittimità, essendo un tale impegno finalizzato non alla violazione del principio della personalità della licenza , bensì alla sua osservanza ex multis, Cass. 15 settembre 1986, n. 5600 . La seconda è che negli ultimi anni, nella giurisprudenza di legittimità si è andato affermando il principio che l'autorizzazione amministrativa all'esercizio di un'attività di impresa ha carattere personale e non è proprio riconducibile tra i beni che compongono l'azienda Cass. 6 febbraio 2004, n. 2240 , traendone la conseguenza che nel caso in cui l'azienda sia ceduta, il relativo contratto non può ritenersi, di per sé, nullo per violazione del principio di intrasferibilità delle autorizzazioni Cass. 16 ottobre 2006, n. 22112 . 2.4. Con riferimento al secondo profilo, è necessaria una premessa prima di soffermarsi sui contratti collegati. 2.4.1. Non rileva la censura in cui si lamenta che il giudice del merito non avrebbe potuto ritenere il collegamento sulla base solo della contestualità della data, senza indagare il nesso teologico tra i negozi requisito oggettivo e il comune intento delle parti di perseguire non solo l'effetto tipico di ciascuno, ma anche la realizzazione di un fine ulteriore requisito soggettivo indagine richiesta dalla giurisprudenza della Corte e rientrante tra i compiti esclusivi proprio del giudice di merito, il cui apprezzamento non è sindacabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici ex multis, Cass. 17 maggio 2010, n. 11974 . Infatti, anche se il giudice non ha motivato su tali profili, il collegamento negoziale può ritenersi pacifico nella causa, atteso che la stessa ricorrente si muove nell'ottica del collegamento dei contratti per affermare l'assenza dell'oggetto nel preliminare di vendita, dato il contratto collegato di cessione dei beni aziendali. 2.4.2. In tema di collegamento tra contratti, costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità, quello secondo cui, il collegamento negoziale - cui le parti, nell'esplicazione della loro autonomia possono dar vita con manifestazioni di volontà espresse in uno stesso contesto - non da luogo ad un nuovo ed autonomo contratto, ma è un meccanismo attraverso il quale le parti perseguono un risultato economico unitario e complesso, realizzato non per mezzo di un singolo contratto ma attraverso una pluralità coordinata di contratti, i quali conservano una loro causa autonoma, anche se ciascuno è finalizzato ad un unico regolamento dei reciproci interessi. Pertanto, anche quando il collegamento determini un vincolo di reciproca dipendenza tra i contratti, ciascuno di essi si caratterizza in funzione di una propria causa e conserva una distinta individualità giuridica ex multis, Cass. 10 luglio 2008, n. 18884 . La conseguenza che se ne trae è che, in caso di collegamento funzionale tra più contratti, gli stessi restano soggetti alla disciplina propria del rispettivo schema negoziale, mentre la loro interdipendenza produce una regolamentazione unitaria delle vicende relative alla permanenza del vincolo contrattuale, per cui essi simul stabunt, simul cadent Cass. 22 marzo 2013, n. 7255 . Ciò comporta che se un contratto è nullo, la nullità si riflette sulla permanenza del vincolo negoziale relativamente agli altri contratti. 2.4.3. Ma, non è vero l'inverso. Se un contratto è nullo il collegamento negoziale con altri contrati non nulli non comporta la validità dell'intero complesso dei contratti collegati. Infatti, il riflesso della nullità di un contratto sulla permanenza del vincolo negoziale relativamente agli altri contratti collegati, ma con individualità autonoma, costituendo l'effetto dell'essenza del collegamento negoziale dato dalla naturale interdipendenza dei contratti collegati, non può essere impedito dalla circostanza che per ragioni estranee al fenomeno contrattuale alcuni di questi contratti siano non nulli. Come nella specie, nella quale il contratto di affitto del ramo di azienda risulta non nullo, per effetto del giudicato formatosi sulla statuizione emessa in sede di arbitrato irrituale, e il contratto di vendita dei beni aziendali risulta non nullo, perché mai contestato in sede giudiziale. Se si ammettesse che il collegamento negoziale tra un contratto nullo nella specie promessa di vendita e gli altri contratti collegati non nulli nella specie affitto di ramo di azienda e vendita dei beni aziendali comportasse la validità dell'intero complesso dei contratti collegati, il collegamento tra contratti finirebbe con l'operare come mezzo per eludere la nullità del singolo contratto. E, nel caso di specie, legittimerebbe il risultato economico, cui le parti ragionevolmente miravano, di consentire l'esercizio di fatto per un anno dell'azienda da parte di persona diversa, cui i beni strumentali era stati ceduti, con l'autorizzazione amministrativa ancora intestata al cedente, ricevendo il corrispettivo per tale esercizio, con l'impegno del cedente ad adoperarsi e a non opporsi al trasferimento delle autorizzazioni amministrative nel momento in cui il cessionario avrebbe pagato l'avviamento così ponendo in essere un contratto il cui unico oggetto era l'avviamento, essendo già stati ceduti i beni aziendali e non rientrando tra i beni aziendali l'autorizzazione amministrativa all'esercizio di un'attività di impresa. Ne consegue che il collegamento tra i contratti considerati non può essere utilizzato per ritenere - come finisce con il fare il giudice di merito - che insieme all'avviamento furono trasferiti i beni e le attrezzature e quindi, per l'interazione degli effetti tra i contratti collegati, il contratto avesse per oggetto la promessa di vendita del ramo di azienda. 3. Dall'accoglimento del primo motivo e conseguente dichiarazione di nullità del preliminare di vendita, deriva l'assorbimento dei restanti motivi di ricorso, logicamente subordinati perché presuppongono la validità del preliminare di vendita ritenuto nullo. Con essi, infatti, si censura la sentenza parziale con tutti i motivi e la sentenza definitiva nella parte in cui richiama la sentenza parziale solo con il secondo motivo , sul presupposto della validità del contratto preliminare di vendita di ramo d'azienda, prospettando l'erroneità della decisione che riconosce il diritto della Poker alla caparra penitenziale secondo e terzo motivo e che rigetta la domanda della Onoranze Funebri di risoluzione dello stesso contratto per inadempimento della Poker quarto motivo . 3.1. Per effetto dell'accoglimento del primo motivo di ricorso, che comporta la nullità del contratto preliminare di vendita del ramo d'azienda, la sentenza parziale è cassata limitatamente ai capoversi del dispositivo [ndr, contrassegnati da lettere dell'alfabeto per chiarezza espositiva da a a g ] rispondenti alle lettere d , e ed f , relativi alla promessa di vendita restano fermi i capoversi del dispositivo, concernenti il contratto di affitto, cui inerisce il credito portato dal decreto ingiuntivo [a , b , c ], e concernenti l'accordo commerciale [ g ], non oggetto di censura in questa sede, dovendo restare esclusi dal giudizio in sede di rinvio i capi non impugnati è cassata, inoltre, per quanto di ragione, la sentenza definitiva che aveva per presupposto la validità del preliminare di vendita, fermi restando - ai fini delle restituzioni - gli accertamenti delle somme versate da Onoranze Funebri alla Poker sulla base del contratto ora dichiarato nullo e non oggetto di censura in questa sede. In sintesi, il giudice del rinvio, che liquiderà anche le spese processuali del giudizio di cassazione, individuerà le restituzioni conseguenti alla nullità del preliminare di vendita, fermo restando quanto accertato dalla sentenza definitiva, in ordine agli importi versati a tale titolo dalla Onoranze Funebri alla Poker e non oggetto di impugnazione in questa sede, e fermo restando quanto stabilito dalla sentenza parziale rispetto al contratto di affitto, cui inerisce il credito portato dal decreto ingiuntivo, e rispetto al rigetto della domanda concernente l'accordo commerciale, non censurati con il ricorso per cassazione. P.Q.M. La Corte di Cassazione accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbiti i restanti motivi cassa in relazione la sentenza parziale e la sentenza definitiva rinvia, anche per le spese processuali del giudizio di cassazione, alla Corte di appello di Trento, in diversa composizione.