Sfratto per morosità: ammissibile la riconvenzionale con la memoria integrativa

Nel procedimento per convalida di sfratto, nel quale sia stata proposta opposizione, il momento di preclusione della proposizione della domanda riconvenzionale dell’intimato si identifica con il deposito della memoria integrativa successiva all’ordinanza ex art. 426 c.p.c. dispositiva della prosecuzione del giudizio secondo le regole della cognizione piena.

La sez. III Civile della Cassazione si è occupata, con la sentenza n. 20483, depositata il 29 settembre 2014, di una controversia in materia di locazioni commerciali, trattando in particolare aspetti di natura processuale. Il caso. Contratto di locazione ad uso diverso da abitazione uso alberghiero . I locatori avviano un giudizio di sfratto per morosità. Il conduttore si difende proponendo una eccezione di inadempimento e una domanda riconvenzionale per spese e riparazioni all’immobile . Il Giudice rigetta la richiesta dei locatori di risoluzione del contratto e accoglie ma solo parzialmente la pretese riconvenzionale del conduttore. La decisione viene appellata i locatori ribadiscono la richiesta di risoluzione del contratto in forza di una clausola risolutiva espressa e in subordine in ragione della morosità del conduttore e quella di rigetto delle pretese avversarie. Il conduttore a sua volta propone appello incidentale lamentando tra l’altro il rigetto della domanda di restituzione delle somme relative al rifacimento fognario. La Corte d’appello, da un lato, accoglie in parte l’appello dei locatori e dichiara la risoluzione del contratto di locazione, dall’altro lato, dichiara inammissibile l’appello incidentale del conduttore perché riferito al mancato integrale accoglimento della domanda riconvenzionale da lui formulata in primo grado, che già allora – secondo giudici di appello – doveva essere dichiarata inammissibile per tardività. Viene quindi proposto ricorso per cassazione dal conduttore. Convalida per sfratto la Cassazione individua il termine ultimo per la proposizione di domanda riconvenzionale. Il conduttore si lamenta della decisione della Corte d’appello laddove viene considerato inammissibile il suo appello incidentale perché inerente una pretesa avanzata in via riconvenzionale nel giudizio di sfratto per morosità che già in primo grado doveva essere dichiarata inammissibile per tardività. Questo perché – a dire dei giudici d’appello – la riconvenzionale era stata proposta solo con la memoria ex art. 426 c.p.c., dopo la conversione del rito. L’occasione è ghiotta per la Cassazione per ribadire un principio ora consolidato in questa materia, secondo cui nel procedimento per convalida di sfratto, nel quale sia stata proposta opposizione, il momento di preclusione della proposizione della domanda riconvenzionale dell’intimato non si identifica con il deposito della comparsa di risposta ai sensi dell’art. 660, comma 5, c.p.c., ma con il deposito della memoria integrativa successiva all’ordinanza ex art. 426 c.p.c. dispositiva della prosecuzione del giudizio secondo le regole della cognizione piena. Ne consegue che la domanda riconvenzionale ben può essere proposta dall’intimato con detta memoria. Applicando questo principio emerge con immediatezza l’errore della Corte d’appello che aveva individuato una decadenza invero inesistente. Viene ribadito il superamento di un precedente orientamento della stessa Suprema Corte. La Cassazione è tuttavia consapevole di un proprio precedente e diverso orientamento, a tenore del quale, in base al combinato disposto di cui agli artt. 667 e 426 c.p.c., dopo che il giudice ha disposto il mutamento del rito, è alle parti consentito solamente il deposito di memorie integrative, che non possono contenere domande nuove, a pena di inammissibilità rilevabile anche d'ufficio dal giudice, non sanata neppure dall'accettazione del contraddittorio sul punto, con il solo limite della formazione del giudicato in termini Cass. n. 11596/2005, citata nella sentenza qui in rassegna . Orientamento da considerarsi ormai superato. La mancata valutazione di una eccezione di inadempimento proposta dal conduttore. Sotto altro profilo, la Cassazione si è occupata della censura del ricorrente diretta a far valere un vizio di omessa pronuncia in merito ad una eccezione di inadempimento tesa a contrastare la richiesta di risoluzione del contratto di locazione. Eccezione che in effetti, osserva la Suprema Corte, i giudici d’appello hanno completamente tralasciato di esaminare. Questo in violazione del principio per cui anche quando la parte interessata abbia manifestato la volontà di avvalersi della clausola risolutiva espressa, il giudice deve valutare l'eccezione di inadempimento proposta dall’altra parte, attesa la pregiudizialità logica della stessa rispetto all'avverarsi degli effetti risolutivi che normalmente discendono in modo automatico, ai sensi dell’art. 1456 c.c., dall' accertamento di un inadempimento colpevole. Principio che è stato affermato recentemente dalla stessa Suprema Corte con la sentenza n. 21115/2013. Per queste ragioni la decisione impugnata è stata infine cassata con rinvio.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 9 luglio – 29 settembre 2014, n. 20483 Presidente Berruti – Relatore Vincenti Ritenuto in fatto 1. - T.C. , T.G. , T.E. e F.G. proponevano appello, nei confronti di F.F. , avverso la sentenza del Tribunale di Udine, del 25 marzo 2010, che, all'esito di un giudizio di sfratto per morosità, aveva rigettato la domanda di risoluzione del contratto di locazione per uso diverso da abitazione concernente uso alberghiero intercorso tra gli appellanti locatori ed il F. conduttore, accogliendo parzialmente la domanda riconvenzionale del F. e condannando i locatori al pagamento della somma di Euro 11.277,44, oltre interessi legali, a titolo di riparazioni sostenute dal conduttore. Gli appellanti chiedevano, in via principale, che fosse dichiarata la risoluzione del contratto di locazione in forza della clausola risolutiva espressa prevista convenzionalmente e che nulla fosse dovuto al conduttore in assenza dei requisiti di cui all'art. 1577 cod. civ. in subordine, instavano per la risoluzione del contratto per inadempimento del conduttore nel pagamento dei canoni e, in via ulteriormente, subordinata, per la riduzione degli importi dovuti allo stesso F. . Contro la medesima sentenza proponeva appello incidentale il F. , lamentando l'erroneo rigetto delle domande di restituzione delle somme relative al rifacimento fognario e l'omessa pronuncia sulla richiesta di pagamento delle somme relative alla agibilità dell'immobile e delle quote della tassa di registro. 2. - Con sentenza del 7 aprile 2011, l'adita Corte di appello di Trieste, in parziale accoglimento dell'appello principale, dichiarava la risoluzione del contratto di locazione fra le parti, mentre dichiarava inammissibile l'appello incidentale e la domanda riconvenzionale svolta dal F. in primo grado, con condanna di quest'ultimo al pagamento delle spese processuali del doppio grado. 2.1. - La Corte territoriale, quanto all'inammissibilità dell'appello incidentale, osservava che, una volta disposto il mutamento del rito ex artt. 426 e 667 cod. proc. civ., con le memorie integrative non potevano più proporsi domande nuove, le quali, ove proposte, andavano dichiarate inammissibili d'ufficio, in assenza come nella specie di giudicato sul punto. Sicché, avendo il F. , costituendosi in sede di convalida di sfratto, espressamente riservato pag. 9 comparsa di risposta in quella sede di agire in separata sede nei confronti dei comproprietari ed aventi causa dalla sig.ra F. per il recupero delle somme dagli stessi dovute per opere di manutenzione straordinaria e per autorizzazioni amministrative, nonché per il risarcimento di tutti i danni derivanti dai comportamenti dei locatori, sia l'appello incidentale in quanto riporta la riconvenzionale di prime cure spiegata solo dopo il mutamento del rito” , che la domanda di prime cure erano inammissibili, ciò comportando anche l'accoglimento dell'appello principale sul disposto risarcimento del danno, pari ad Euro 11.277,44, in favore del medesimo F. , dal momento che anche questa domanda inammissibile era stata spiegata solo con la comparsa ex art. 426 cod. proc. civ Quanto, infine, all'impugnato capo sulle spese di lite, oltre a rilevare che mancava una critica specifica sulla liquidazione effettuata dal primo giudice, la Corte territoriale rilevava che la sentenza di primo grado veniva qui integralmente riformata . 2.2. - Il giudice del gravame accoglieva, poi, l'appello principale osservando che i locatori avevano azionato la clausola risolutiva espressa già con l'intimazione di sfratto per morosità e contestuale citazione per la convalida, con conseguente preclusione di ogni indagine sull'importanza dell'inadempimento. Ciò in quanto, prevedendo detta clausola art. 5 del contratto di locazione la risoluzione espressa del contratto in caso mancato pagamento anche parziale del canone - pattuito in lire 22 milioni annui - da corrispondersi metà entro il 20 luglio ed il saldo entro il 31 agosto di ogni anno , il canone di locazione relativo all'anno 2003 non era stato ancora pagato dal F. al 29 gennaio 2004, né in pari data si era questi offerto formalmente di pagarlo, avendolo fatto solo dopo l'instaurazione della procedura. 3. - Per la cassazione di tale sentenza ricorre F.F. , quale titolare dell' Albergo Adriatica di F.F. , sulla base di quattro motivi. Resistono congiuntamente con controricorso T.C. , T.G. , T.E. e F.G. . Non hanno svolto attività difensiva in questa sede le intimate T.G. e T.M.T. . Considerato in diritto 1. - Con il primo mezzo è denunciata, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5, cod. proc. civ. violazione e falsa applicazione dell'art. 426 cod. proc. civ. erronea declaratoria di inammissibilità dell'appello incidentale e della domanda riconvenzionale svolta in primo grado erroneo accoglimento dell'appello principale in ordine all'accertamento negativo sulle somme relative ad opere di straordinaria manutenzione vizio di motivazione ed omessa motivazione sull'ammissione di domanda nuova svolta dagli attori con la memoria ex art. 426 cod. proc. civ La Corte territoriale non avrebbe considerato che sulla domanda nuova ex art. 426 cod. proc. civ. proposta da esso F. con la memoria integrativa vi era stata accettazione del contraddittorio e nessuna eccezione di controparte era stata sollevata, avendo il giudice di secondo grado proceduto unicamente d'ufficio. Inoltre, la soluzione seguita dalla Corte di appello contrasterebbe con quella giurisprudenza di legittimità che consente la formulazione di domanda riconvenzionale anche con la memoria integrativa e non già solo con la comparsa ex art. 660 cod. proc. civ. Peraltro, la domanda riconvenzionale sarebbe stata determinata, nella specie, dalla domanda di accertamento negativo dei crediti del conduttore proposta dai locatori per la prima volta con la memoria integrativa, che la Corte territoriale, tuttavia, contraddittoriamente non ha dichiarato inammissibile. 1.1. - Il motivo è fondato per quanto di ragione. È principio consolidatosi nella più recente giurisprudenza di questa Corte quello per cui, nel procedimento per convalida di sfratto, nel quale sia stata proposta opposizione, il momento di preclusione della proposizione della domanda riconvenzionale dell'intimato non si identifica con il deposito della comparsa di risposta ai sensi dell'art. 660, quinto comma, cod. proc. civ., ma con il deposito della memoria integrativa successiva all'ordinanza ex art. 426 cod. proc. civ. dispositiva della prosecuzione del giudizio secondo le regole della cognizione piena. Ne consegue che la riconvenzionale ben può essere proposta dall'intimato con detta memoria tra le altre, Cass., 30 giugno 2005, n. 13963 Cass., 29 settembre 2006, n. 21242 Cass., 9 marzo 2012, n. 3696 , potendo, altresì, l'originario intimante, in occasione di tale incombente, non solo emendare le sue domande, ma anche modificarle Cass., 30 giugno 2013, n. 13963 . A siffatto ormai stabile orientamento - che ha superato quello meno recente di segno contrario, cui era da ricondurre, tra le ultime pronunce che ne hanno fatto applicazione, Cass., 31 maggio 2005, n. 11596, seguita dalla Corte territoriale con l'impugnata sentenza - intende il Collegio dare continuità, con la conseguenza che è errata la decisione del giudice di appello che ha ritenuto inammissibile l'appello incidentale proposto dal F. ed attinente ai profili non accolti in primo grado della domanda riconvenzionale avanzata con la memoria ex art. 426 cod. proc. civ., cosi come è errata la decisione in ordine all'inammissibilità degli ulteriori profili della medesima domanda riconvenzionale. 2. - Con il secondo mezzo è dedotta, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., un vizio della motivazione in ordine al rigetto della richiesta di rideterminazione delle spese di primo grado . Sarebbe insufficiente la motivazione della Corte di appello là dove, nel rigettare l'appello incidentale sul capo relativo alle spese, si è limitata a rilevare che non vi erano critiche in concreto della pronuncia di primo grado. 3. - Con il terzo mezzo è prospettata, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5, cod. proc. civ. violazione e falsa applicazione degli artt. 1455, 1456, 1460 cod. civ. erronea declaratoria di risoluzione del contratto di locazione vizio di motivazione sulla contestata formulazione di offerta di adempimento anteriormente alla dichiarazione di volersi avvalere di clausola risolutiva espressa, sulla mancata applicazione dell'art. 1460 cod. civ., sulla gravità dell'inadempimento e sull'applicazione dell'art. 657, secondo comma, cod. proc. civ. violazione e falsa applicazione dell'art. 112 cod. proc. civ La Corte territoriale non avrebbe tenuto conto della tempestiva offerta formale di pagamento dei canoni - con missiva del 29 gennaio 2004 - prima della notifica dell'intimazione di sfratto ed in assenza di previa declaratoria di volersi avvalere della clausola risolutiva espressa , ciò essendo sufficiente a far venire meno la successiva opponibilità della clausola stessa. In ogni caso, il giudice del gravame avrebbe mancato di motivare in ordine all'eccezione di inadempimento formulata, ex art. 1460 cod. civ., da esso F. sia stragiudizialmente che giudizialmente . La Corte territoriale avrebbe,infine, pronunciato ultra petita là dove ha fatto richiamo invero oscuro al secondo comma dell'art. 657 cod. proc. civ., in assenza di qualsivoglia domanda di parte. 4. - Con il quarto mezzo è denunciata, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5, cod. proc. civ., vizio di motivazione e violazione di legge in relazione all'art. 420 cod. proc. civ. ed alla mancata ammissione dei mezzi di prova. La Corte territoriale avrebbe motivato lapidariamente sulla mancata ammissione dei mezzi prova, rilevanti e necessari anche per le domande attoree e, segnatamente, per quella di accertamento negativo svolta anche dagli stessi attori nella memoria ex art. 426 cod. proc. civ 5. - È prioritario lo scrutinio del terzo motivo di ricorso, il quale è solo in parte fondato. 5.1. - Esso, infatti, è privo di ragione là dove censura la pronuncia relativa alla risoluzione del contratto di locazione in forza dell'applicazione della clausola risolutiva espressa. Va, infatti, osservato - alla luce della giurisprudenza di questa Corte Cass., 31 maggio 2010, n. 13248 - che nelle locazioni di immobili ad uso diverso dall'abitazione, alle quali non si applica la disciplina di cui all'art. 55 della legge 27 luglio 1978, n. 392, l'offerta o il pagamento del canone che, se effettuati dopo l'intimazione di sfratto, non consentono l'emissione, ai sensi dell'art. 665 cod. proc. civ., del provvedimento interinale di rilascio con riserva delle eccezioni, per l'insussistenza della persistente morosità di cui all'art. 663, terzo comma, cod. proc. civ. , nel giudizio susseguente a cognizione piena, non comportano l'inoperatività della clausola risolutiva espressa, in quanto, ai sensi dell'art. 1453, terzo comma, cod. civ., dalla data della domanda - che é quella già avanzata ex art. 657 cod. proc. civ. con l'intimazione di sfratto, introduttiva della causa di risoluzione del contratto - il conduttore non può più adempiere . L'operatività della clausola risolutiva espressa determina, di conseguenza, l'irrilevanza dell'indagine sulla gravità dell'inadempimento Cass., 14 ottobre 2008, n. 25141 Cass., 7 marzo 2001, n. 3343 . Nella specie, concernente un contratto di locazione di immobile ad uso diverso dall'abitazione, il giudice del merito ha accertato che la dichiarazione dei locatori di avvalersi della clausola risolutiva espressa convenzionalmente prevista art. 5 del contratto, relativo ai termini di pagamento del cannone annuale era già presente nell'intimazione di sfratto per morosità e che la missiva del 29 gennaio 2004 con cui il conduttore adduceva, dopo la scadenza dei termini contrattuali di pagamento del canone annuale, di voler porre in compensazione il canone con i lavori sostenuto sullo stabile non costituiva offerta formale di pagamento, essendo quest'ultimo avvenuto solo dopo l'instaurazione della procedura . A fronte di siffatto accertamento il ricorrente oppone, in via meramente generica, di aver provveduto ad offerta formale di pagamento con la predetta missiva del 29 gennaio 2004, della quale, però, neppure trascrive il contenuto nel corpo del motivo, in violazione del principio di specificità del motivo di cui il principio di autosufficienza è precipitato , con ciò rendendo inammissibile il profilo di doglianza che, lungi dal rivelare aporie e deficienze intrinseche al ragionamento della Corte territoriale, propone, in definitiva, una lettura favorevole alla parte delle risultanze processuali, surrogandosi in modo non consentito ad un potere riservato esclusivamente al giudice del merito. 5.2. - Altresì inammissibile è la censura che investe il richiamo della Corte all'art. 657, secondo comma, cod. proc. civ., che sarebbe in violazione dell'art. 112 cod. proc. civ. in assenza di domanda attorea sul punto, giacché, a prescindere dalla stessa opacità della doglianza, detto richiamo si è risolto unicamente in una mera argomentazione a sostegno della motivazione in punto di delibazione dell'operatività della clausola risolutiva espressa, non integrando in alcun modo una pronuncia attributiva di qualsivoglia petitum . 5.3. - È invece fondato il profilo di censura che, nella sua inequivoca sostanza, pone in risalto la totale mancata considerazione da parte della Corte territoriale dell'eccezione di inadempimento, ex art. 1460 cod. civ., dal F. ribadita anche nel giudizio di appello cfr. pp. 12 e 13 della sentenza impugnata , ciò in violazione del principio per cui, anche quando la parte interessata abbia manifestato la volontà di avvalersi della clausola risolutiva espressa, il giudice deve valutare l'eccezione di inadempimento proposta dall'altra parte, attesa la pregiudizialità logica della stessa rispetto all'avverarsi degli effetti risolutivi che normalmente discendono in modo automatico, ai sensi dell'art. 1456 cod. civ., dall'accertamento di un inadempimento colpevole Cass., 16 settembre 2013, n. 21115 Cass., 11 ottobre 1989, n. 4058 . 6. - L'accoglimento, per quanto di ragione, del primo e terzo motivo di ricorso comporta l'assorbimento del secondo e quarto motivo, attenendo essi, rispettivamente, alle spese processuali che dovranno essere nuovamente oggetto di regolamentazione da parte del giudice del rinvio ed all'ammissione dei mezzi prova anch'essa rimessa al giudice del rinvio, giacché pretermessa dalla Corte territoriale in ragione delle presupposta decisione in iure adottata sulla domanda riconvenzionale del F. e dell'omessa delibazione sull'eccezione di inadempimento dal medesimo avanzata . 7. - Vanno, dunque, accolti, per quanto di ragione, il primo ed il terzo motivo e dichiarati assorbiti il secondo ed il quarto. La sentenza impugnata va, quindi, cassata in relazione ed la Corte di appello di Trieste, in diversa composizione, giudice del rinvio dovrà, in applicazione dei principi di cui sopra pp. 1.1. e 5.3. del Considerato in diritto , nuovamente delibare le ragioni dell'eccezione di inadempimento sollevata dal F. ex art. 1460 cod. civ. in rapporto alla clausola risolutiva espressa di cui all'art. 5 del contratto di locazione inter partes , nonché la domanda riconvenzionale proposta dal medesimo F. . Al giudice del rinvio spetterà anche la regolamentazione delle spese processuali, comprese quelle del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie, per quanto di ragione, il primo e terzo motivo di ricorso e dichiara assorbiti il secondo e quarto motivo cassa in relazione la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Trieste, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.