Del dissesto statico degli edifici risponde anche l’ingegnere che li ha progettati

L’ingegnere, progettista e direttore dei lavori, risponde per culpa in eligendo per i danni arrecati da altri professionisti, suoi collaboratori, agli edifici da lui progettati.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19485, depositata il 16 settembre 2014. Il caso. I proprietari degli appartamenti siti in tre palazzine edificate per conto di una Cooperativa Edilizia, citavano in giudizio innanzi al Tribunale la predetta società, nonché l’ingegnere progettista e direttore dei lavori, e l’impresa appaltatrice, chiedendone la condanna solidale alla erogazione di somme necessarie per il consolidamento dei fabbricati che presentavano segni evidenti di dissesto statico e per l’eliminazione dei danni che ne erano derivati, sia a carico dei singoli appartamenti sia dei fabbricati nel loro complesso. Il Tribunale condannava gli originari convenuti all’esecuzione delle opere necessarie per il consolidamento statico, oltre al pagamento delle spese. L’ingegnere proponeva appello, respinto dalla Corte territoriale. Per la cassazione della decisione d’appello proponeva ricorso lo stesso ingegnere. La responsabilità del progettista. A giudizio della Corte di Cassazione i motivi di ricorso sono infondati. La Corte d’Appello correttamente ha sostenuto che l’attuale ricorrente dovesse rispondere in ragione della particolare strutturazione del disciplinare d’incarico che conteneva delle disposizioni distoniche rispetto all’ordinario rapporto tra committente e professionista e che, per tale ragione, imponeva di superare il mero dato letterale ricavabile dalla descrizione dell’oggetto dell’opera commessa al ricorrente. La posizione del direttore dei lavori. L’ingegnere negava la propria responsabilità sostenendo che oggetto del suo incarico era la mera predisposizione del solo progetto architettonico e di massima, nonché la direzione dei lavori, mentre diverso professionista avrebbe elaborato la progettazione strutturale. Tuttavia, a giudizio della Corte, parti del contratto d’opera professionale sarebbero state la Cooperativa e l’ingegnere, e la posizione di direttore dei lavori attribuita all’ingegnere presupponeva l’autorizzazione implicita ad avvalersi dell’opera di altro professionista per la progettazione delle strutture in cemento armato e, di conseguenza, la responsabilità per la difettosa esecuzione dell’opera di quello, per culpa in eligendo . Per questi motivi la Corte rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 2 luglio– 16 settembre 2014, numero 19485 Presidente Oddo– Relatore Bianchini Svolgimento del processo 1 F.T. ed altri dieci proprietari di appartamenti siti in tre palazzine edificate per conto della Cooperativa Edilizia G., citarono innanzi il Tribunale di Enna la predetta società nonché l'ing. L.S.G. progettista e direttore dei lavori e l'appaltatrice impresa F.D’A. chiedendone la condanna solidale alla erogazione di somme necessarie per il consolidamento dei fabbricati che presentavano segni evidenti di dissesto statico e per l'eliminazione dei danni che ne erano derivati, sia a carico dei singoli appartamenti sia dei fabbricati nel loro complesso l'ing G. si costituì negando la propria legittimazione con il sostenere che oggetto dell'incarico sarebbe stata la predisposizione del solo progetto architettonico e di massima nonché la direzione dei lavori, mentre diverso professionista avrebbe elaborato la progettazione strutturale eccepì inoltre la prescrizione dell'azione per decorrenza del termine decennale. 2 Si costituì anche il Fallimento dell'impresa D’A., nel frattempo dichiarato, deducendo la decadenza dalla denunzia del vizio e comunque contestando nel merito la pretesa delle parti attrici in corso di causa fu depositato un ricorso di urgenza sulla base dell'ingravescenza dei vizi anche la Cooperativa G., nel costituirsi, denunciò la carenza della propria legittimazione passiva nonché la decadenza dall'esercizio dell'azione venne effettuata una consulenza di ufficio, al fine di individuare le cause delle lesioni riscontrate nonché per predisporre degli interventi di recupero vennero chiamati in causa altri proprietari dell'immobile interessati dai lavori urgenti da eseguire ulteriori proprietari intervennero ad adjuvandum con decisione pubblicata il 20 ottobre 2003 , l'adito Tribunale condannò gli originari convenuti all'esecuzione delle opere necessarie per il consolidamento statico, oltre al pagamento delle spese. 3 Tale decisione fu impugnata dall'ing G. la Corte di Appello di Caltanissetta respinse il gravame con pronunzia pubblicata il 21 febbraio 2007 , mettendo in evidenza che nell'art. 3 del disciplinare d'incarico tra la Cooperativa e l'ingegnere, era stato convenuto che la committente avrebbe pagato i contributi previdenziali della cassa Ingegneri ed Architetti e che si sarebbe fatta carico del progetto e dell'esecuzione dei calcoli delle strutture in cemento armato, nonché di tutte le denunzie, i nulla osta ed il collaudo finale delle medesime da tale constatazione, messa in relazione all'analitico elenco dei vari profili di incarico professionale contenuto nel disciplinare che non contemplava l'esecuzione dei calcoli per le opere in cemento armato , la Corte nissena trasse il convincimento a che parti del contratto d'opera professionale sarebbero state la Cooperativa e l'ing. L.S.G. e non anche l'ing G. G. che, pacificamente, aveva redatto il progetto strutturale b che , avendo la committente assunto su di sè a mente dell'art. 3 del disciplinare d'incarico l'onere del pagamento dei contributi previdenziali compresi quelli del progettista strutturista ing. G.G. ed essendosi altresì fatta carico del progetto e dell'esecuzione della progettazione in cemento armato, doveva presumersi che l'ing L.S.G. , dovendo far fare detti calcoli da professionista specificamente a ciò abilitato, avrebbe chiesto alla committente di essere tenuto indenne dei costi che l'affidamento a detto terzo avrebbe comportato c che la posizione di direttore dei lavori attribuita all'ing L.S.G. presupponeva l'autorizzazione implicita ad avvalersi dell'opera di altro professionista per la progettazione delle strutture in cemento armato e, di conseguenza, la responsabilità per la difettosa esecuzione dell'opera di quello, per carpa in eligendo d che neppure invocabile sarebbe stata la divisione dei compiti progettuali descritta dalla legge 1086/1971 perché essa sarebbe stata rilevante solo in caso di incarico progettuale affidato anche all'ing G.G 5 Giudicò inoltre la Corte del merito infondata la pur riproposta eccezione di prescrizione dalla proposta azione, atteso che la domanda di accertamento tecnico preventivo sarebbe stata presentata il 5 novembre 1992 a fronte di una certificazione di collaudo dell'immobile che segnava il passaggio dell'immobile dall'impresa appaltatrice alla committente del 25 novembre 1982. 6 Per la cassazione di tale decisione ha proposto ricorso l'ing L. S. G., sulla base di sci motivi di annullamento le parti intimate non hanno svolto difese con ordinanza interlocutoria resa all'udienza del 15 gennaio 2014, è stata disposta la rinnovazione di alcune notifiche ed è stato invitato il ricorrente a produrre documentazione idonea a dimostrare la legittimazione passiva di altre parti, decedute nel corso del giudizio prodotta la documentazione ed assolti gli oneri di notifica, la causa è stata nuovamente riservata per la decisione. Motivi della decisione I Con il primo motivo viene denunziata la violazione o la falsa applicazione delle norme sull' interpretazione dei contratti artt. 1362 -1371 cod. civ. relativamente alla portata degli arti. 2 e 3 del contratto d'opera professionale denominato disciplinare d'incarico intercorso tra il ricorrente e la Cooperativa in particolare il ricorrente si duole della non corretta valutazione del tenore letterale della descrizione dell'oggetto dell'incarico contenuto nell'art. 2 del disciplinare, dove, alla voce prestazioni , erano espressamente indicate per quanto riguardava la fase progettuale la compilazione del progetto di massima e l'elaborazione del progetto esecutivo, così che in nessun caso avrebbe potuto affermarsi che rientrasse nel citato affidamento progettuale anche l'esecuzione dei calcoli strutturali a conferma dell'assunto poi la parte ricorrente sottolinea che nel successivo punto 3 del disciplinare sarebbero posti a carico della Cooperativa i contributi previdenziali e che la medesima committente avrebbe curato il progetto e l'esecuzione dei calcoli delle strutture in cemento armato, così da far escludere, con ragionamento a contrariis , che tali attività rientrassero in quelle commesse al ricorrente. II Con il secondo motivo vengono fatte valere la violazione e la falsa applicazione delle norme che regolano la ripartizione dell'onere della prova art. 2697 cod. civ. laddove la Corte del merito avrebbe rinvenuto la responsabilità dell'odierno ricorrente nel fatto che esso non avrebbe provato che la Cooperativa avesse commesso a terzo professionista in ipotesi l'ing G.G. l'esecuzione del progetto strutturale, non considerando però che, stante il chiaro tenore letterale dell'oggetto dell'incarico indicato nel punto 2 e la sua interpretazione alla luce delle attività di cui la Cooperativa assumeva la esecuzione, sarebbe stata quest'ultima a dover dimostrare i presupposti di fatto per una difforme interpretazione. III Con il terzo motivo viene denunziato un vizio di erronea interpretazione dell'ambito applicativo della legge 1086/1971 laddove la Corte del merito avrebbe ritenuto esistente la responsabilità del ricorrente, collegando l'attività ad esso effettivamente commessa di progettista esecutivo, alla previsione dell'art. 2 della citata legge che, per la costruzione delle opere in conglomerato cementizio armato, prevedeva che essa dovesse avvenire in base ad un progetto esecutivo redatto da un ingegnere iscritto in apposito albo e l'esecuzione di esse dovesse aver luogo sotto la direzione tra gli altri di un ingegnere del pari iscritto a tale speciale albo sottolinea altresì parte ricorrente che, a norma dell'art. 3 dell'indicato testo normativo, la responsabilità del direttore dei lavori in cemento armato avrebbe ad oggetto la rispondenza dell'opera al progetto, l'osservanza delle prescrizioni di esecuzione del progetto la qualità dei materiali impiegati e per gli elementi prefabbricati, la loro posa in opera ne sarebbe derivato che la affermata responsabilità avrebbe potuto essere sostenuta solo se si fosse dimostrata la riferibilità all'intervento professionale del ricorrente, della progettazione delle strutture e l'elaborazione dei calcoli statici degli edifici. IV Con il quarto motivo vengono dedotte la violazione e falsa applicazione degli artt. 2700 cod. civ. nonché dell'art. 115 cpc con riferimento alle prove documentali prodotte dall'appellante, dalle quali sarebbe rimasto acclarato che il progetto ed i calcoli strutturali sarebbero stati opera dell'ing G.G. V Con il quinto motivo si assume un errore di fatto in cui sarebbe incorsa la Corte di Appello nel ritenere che il dies a quo del termine decennale per proporre l'azione ex art. 1669 cod. civ. pacificamente collocato al momento dell'esecuzione del collaudo statico degli immobili sarebbe stato individuato nel 25 novembre 1982 anziché nel 14 giugno del medesimo anno. VI Con il sesto motivo si denuncia un vizio nel ragionamento del giudice di appello riconducendolo alternativamente ad una motivazione omessa, contraddittoria ed insufficiente laddove quest'ultimo, avrebbe dapprima ritenuta esistente un' implicita autorizzazione del ricorrente ad utilizzare l'opera di un professionista che non era stato parte del disciplinare e poi avrebbe dedotto che ne avrebbe dovuto rispondere, avendo affidato esso stesso l'incarico a detto professionista. VII Il quinto motivo che assume priorità logica rispetto agli altri, stante la teorica sua idoneità a definire la controversia, senza scendere all'esame delle altre censure è posto in modo inammissibile perché viene formulato al fine di far emergere un errore in cui sarebbe incorso la Corte distrettuale nella percezione dei contenuto di un atto processuale, incontrovertibilmente denunziante una data diversa da quella effettiva e, quindi, semmai, oggetto di rilievo in sede di ricorso revocatorio ex art. 395 numero 4 cpc. VIII I motivi dal primo al quarto nonché il sesto sono infondati innanzi tutto perchè la Corte del merito non ha affermato che la Cooperativa avesse necessariamente affidato l'incarico della progettazione esecutiva delle opere in cemento armato all'attuale ricorrente, bensì che costui ne dovesse rispondere, in ragione della particolare strutturazione del disciplinare d'incarico che conteneva delle disposizioni distoniche rispetto all'ordinario rapporto tra committente e professionista e che, per tale ragione, imponeva di superare il mero dato letterale ricavabile dalla descrizione dell'oggetto dell'opera commessa al ricorrente tutto il ragionamento svolto dal giudice dell'impugnazione presupponeva che solo l'ing G. G. fosse il progettista e l'esecutore dei calcoli strutturali ma che, ciò nonostante, il ricorrente dovesse rispondere delle mende progettuali che si erano manifestate. IX Appare quindi irrilevante , al fine di escludere la responsabilità della quale si discute, l'osservazione, sviluppata nell'ultima parte del primo motivo, a mente della quale l'espressione a cura della Cooperativa utilizzata nel punto 3 delle norme generali con riferimento al progetto ed all'esecuzione dei calcoli delle strutture in cemento armato -, stesse univocamente a dimostrare che la committente , avendo preso a suo carico l'esecuzione di tale progetto strutturale, avrebbe con ciò escluso di demandare i relativi calcoli e la conseguente predisposizione progettuale in capo al ricorrente, atteso che la responsabilità della quale si discute era collegata alla funzione di vigilanza sulla esecuzione dei lavori demandata al direttore dei lavori, così che la pur affermata culpa in eligendo veniva ad assumere un peso interpretativo di mero rinforzo. X Non scrutinabile poi in sede di legittimità appare la lettura della legge 1086/1971 per quanto riguarda i limiti della responsabilità del direttore dei lavori eseguiti con l'uso del conglomerato cementizio perché, non essendosi riportato il contenuto delle consulenze tecniche di ufficio e della sentenza di primo grado così violando il canone di specificità del ricorso, inverato nel principio della c.d. autosufficienza non si comprende in cosa esattamente sarebbe consistita la causa dei dissesti statici riscontrati e, quindi, entro quali limiti il controllo del direttore dei lavori avrebbe potuto esplicarsi è peraltro indubbio che l'art. 3 della succitata legge non opera distinzioni di sorta tra il c.d. progettista strutturista ed il progettista esecutivo così rafforzando i dedotti profili di colpa in vigilando vel in eligendo nell'Ipotesi, qui ricorrente, di separazione dei ruoli. XI Nulla per le spese, non avendo svolto difese le parti intimate. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso.