Cambia casa di nascosto: l’atto di citazione rimane valido

Non può essere rimessa in termini, ex art. 294 c.p.c., la parte contumace in primo grado e costituitasi in appello, che non ebbe notizia dell’atto di citazione, ritualmente notificato nella residenza originaria, per essersi allontanata da essa senza dare disposizioni per essere prontamente informata di quanto poteva riguardarla.

Lo stabilisce la Corte di Cassazione nella sentenza n. 10183, depositata il 9 maggio 2014. Il caso. La proprietaria di un immobile chiedeva la risoluzione di un contratto preliminare di compravendita per inadempimento e condanna dell’altra parte al risarcimento danni. Il convenuto non si costituiva in giudizio e, dopo averlo dichiarato contumace, il Tribunale di Alessandria pronunciava la risoluzione del contratto. L’uomo proponeva appello, affermando di non aver avuto conoscenza del processo per causa a lui non imputabile e chiedendo, quindi, di essere rimesso in termini. La Corte d’appello di Torino, tuttavia respingeva l’istanza di rimessione in termini. L’uomo ricorreva in Cassazione, contestando ai giudici di merito, ritenendo irrilevanti le circostanze addotte, di aver fatto applicazione di un rigido principio di autoresponsabilità della parte rimasta contumace, che non trova riscontro nell’art. 294 c.p.c. Rimessione in termini . Inoltre, la Corte d’appello avrebbe errato a ritenere inammissibili le istanze istruttorie volte a dimostrare l’esistenza di una situazione di non conoscenza del processo a lui non imputabile. In particolare, ricordava la separazione dalla moglie, con conseguente allontanamento dall’abitazione principale, ed il fatto che la donna, affetta da gravi disturbi fisici e psichici, ricevuto personalmente l’atto di citazione introduttivo del giudizio, non si fosse preoccupata di avvisare il marito, ritenendo di poca importanza l’evento. Evento esterno. Analizzando la domanda, la Corte di Cassazione ricordava che l’art. 294 c.p.c. richiede, ai fini della rimessione in termini del contumace, la dimostrazione che la costituzione gli sia stata impedita da causa a lui non imputabile, la quale postula il verificarsi di un evento estraneo alla volontà del contumace, non prevedibile e non prevenibile da quest’ultimo con l’uso dell’ordinaria diligenza. Informazione necessaria. Inoltre, secondo l’art. 44 c.c., la residenza originaria deve ritenersi immutata fino a quando il relativo trasferimento non sia regolarmente denunciato. Perciò, non può essere rimessa in termini, ex art. 294 c.p.c., la parte contumace in primo grado e costituitasi in appello, che non ebbe notizia dell’atto di citazione, ritualmente notificato nella residenza originaria, per essersi allontanata da essa senza dare disposizioni per essere prontamente informata di quanto poteva riguardarla. Circostanze irrilevanti. Nel caso di specie, il ricorrente, quindi, non poteva giustificarsi con l’allontanamento dalla casa di abitazione e il mancato avviso da parte della moglie, affetta da disturbi. Mancava, infatti, la dimostrazione di aver dato disposizioni per essere tempestivamente informato di eventuali atti recapitatigli presso tale indirizzo, dove, a suo rischio, aveva mantenuto la residenza anagrafica. Inoltre, proprio i disturbi della moglie avrebbero dovuto portare l’uomo ad adottare delle cautele adeguate, in modo da assicurarsi di essere portato a conoscenza di atti notificatigli presso il luogo in cui aveva deciso di conservare la sua residenza. Ragionevolmente, quindi, la Corte d’appello ha ritenuto irrilevanti le prove dell’appellante a dimostrazione delle circostanze addotte, in quanto questi fatti, anche se provati, non avrebbero condotto ad una decisione favorevole. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 11 febbraio – 9 maggio 2014, n. 10183 Presidente Goldoni – Relatore Matera Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato il 21-6-2001 C.B. , proprietaria di un immobile in Castelletto Monferrato in virtù di successione testamentaria di B.P.L. , conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Alessandria P.A. , per sentir dichiarare la risoluzione del contratto preliminare di compravendita stipulato in relazione al predetto immobile in data 18-6-1986 dal B. con il convenuto, per inadempimento di quest'ultimo, con conseguente condanna del P. al risarcimento dei danni. Il convenuto non si costituiva e veniva dichiarato contumace. Con sentenza in data 20-4-2004 il Tribunale pronunciava la risoluzione del contratto preliminare, condannando il convenuto al rilascio dell'immobile rigettava, invece, la domanda di risarcimento danni. Il P. proponeva appello avverso la predetta decisione, affermando di non aver avuto conoscenza del processo per causa a lui non imputabile e chiedendo, conseguentemente, di essere rimesso in termini ai sensi degli artt. 184 bis e 294 cpc. L'appellante, pertanto, eccepiva la prescrizione dell'azione di risoluzione del contratto, proponeva domanda riconvenzionale per ottenere l'accertamento del suo diritto di proprietà sull'immobile o, in subordine, per ottenere la restituzione degli acconti versati, e formulava istanze istruttorie. La Corte di Appello di Torino, dopo aver respinto l'istanza di rimessione in termini, con sentenza in data 10-1-2008 rigettava l'appello, dichiarando inammissibile le domande riconvenzionali proposte dall'appellante. La Corte territoriale, in particolare, ribadito il giudizio di irrilevanza delle circostanze addotte dall'appellante al fine di dimostrare che la sua costituzione nel giudizio di primo grado era stata impedita da causa a lui non imputabile, respingeva l'istanza di rimessione in termini, riproposta dal P. dato atto della tardività ed inammissibilità dell'eccezione di prescrizione sollevata dall'appellante, riteneva infondate le censure da questi mosse in ordine alla pronuncia di risoluzione del contratto per inadempimento dichiarava inammissibili le domande riconvenzionali, in quanto proposte per la prima volta in appello. Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso P.A. , sulla base di tre motivi. C.B. ha resistito con controricorso. Motivi della decisione 1 Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell'art. 294 cpc. Deduce che la Corte di Appello, nel ritenere irrilevanti, ai fini dell'invocata rimessione in termini, le circostanze addotte dall'appellante, ha fatto applicazione di un rigido principio di autoresponsabilità della parte rimasta contumace, che non trova riscontro nel disposto dell'art. 294 cpc. Sostiene che deve escludersi qualsiasi profilo di riprovevolezza nel comportamento del P. , non potendosi porre a carico di quest'ultimo un onere di organizzazione e cautela atto a prevenire, per il periodo di allontanamento dal luogo di residenza, eventi come quello in concreto verificatosi. Con il secondo motivo il P. si duole dell'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine alla ritenuta inammissibilità delle istanze istruttorie volte a dimostrare la sussistenza dei fatti allegati, secondo cui a la separazione dei coniugi aveva determinato l'allontanamento del ricorrente dall'abitazione di omissis , trovando il medesimo accoglienza, in omissis , presso l'abitazione di un conoscente b la moglie del ricorrente era affetta da gravi deficit fisici e psichici che ne cagionavano l'invalidità permanente al lavoro nella misura del 75% c la signora D.G. , ricevuto a sue mani l'atto di citazione introduttivo del giudizio de qua, non si era preoccupata di darne avviso al marito, ritenendo di poca importanza l'evento. Il ricorrente sostiene che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di Appello, la prova di tali fatti avrebbe dimostrato l'esistenza di una situazione di non conoscenza del processo non imputabile al convenuto, ed avrebbe quindi condotto il giudicante a disporre la rimessione in termini. Rileva, in particolare, che il giudice del gravame ha errato nel ritenere l'inidoneità delle prove orali a rappresentare la situazione di deficit mentale della moglie del ricorrente i fatti capitolati, infatti, sarebbero stati decisivi al fine di fornire un quadro rilevante in vista dell'eventuale espletamento di consulenza tecnica d'ufficio. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione degli artt. 180 e 153 cpc, in relazione alla ritenuta inammissibilità dell'eccezione di prescrizione dell'azione di risoluzione. Deduce che tale eccezione doveva considerarsi ammissibile ed esaminabile, in presenza di provvedimento ex art. 294 cpc. di rimessione in termini. 2 I primi due motivi, che per ragioni di connessione possono essere trattati congiuntamente, appaiono privi di fondamento. E invero, premesso che l'art. 294 c.p.c. richiede, ai fini della rimessione in termini del contumace, la dimostrazione che la costituzione gli sia stata impedita da causa a lui non imputabile, si osserva che la causa non imputabile di cui alla norma in esame postula il verificarsi di un evento estraneo alla volontà del contumace, non prevedibile e non prevenibile da quest'ultimo con l'uso dell'ordinaria diligenza. Nella specie, dalla lettura della sentenza impugnata si evince che, in appello, il P. ha dedotto, a sostegno dell'asserita non imputabilità della mancata costituzione nel giudizio di primo grado, di non aver avuto conoscenza della pendenza del processo, in quanto si era allontanato dalla casa familiare a causa di contrasti con la moglie, e quest'ultima, affetta da disturbi psichici, ricevuto Fatto di citazione a lui diretto, non lo aveva contattato per dargliene notizia, non avendone compreso l'importanza. Orbene, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, correttamente la Corte di Appello ha escluso che le circostanze dal medesimo prospettate possano valere ad integrare un'ipotesi di mancata conoscenza dell'atto di citazione dovuta a causa non imputabile al contumace. La pronuncia impugnata si pone in linea con quanto già statuito da questa Corte, secondo cui, a mente dell'art. 44 c.c., la residenza originaria deve ritenersi immutata fino a quando il relativo trasferimento non sia regolarmente denunziato. Pertanto, non può essere rimessa in termini ex art. 294 c.p.c. la parte contumace in primo grado e costituitasi in appello che non ebbe notizia dell'atto di citazione, ritualmente notificato nella residenza originaria, per essersi allontanata da essa senza dare disposizioni per essere prontamente informata di quanto poteva riguardarla Cass. 28-3-1972 n. 995 . Alla luce di tale condivisibile principio, deve escludersi che il P. possa fondatamente invocare, a sostegno della richiesta di rimessione in termini, il fatto di essersi allontanato dalla casa di abitazione, e di non essere stato avvisato dalla moglie della notifica della citazione effettuata in tale luogo il ricorrente, infatti, non ha dimostrato e nemmeno allegato di aver dato disposizioni per essere tempestivamente informato di eventuali atti recapitatigli presso tale indirizzo, ove a suo rischio aveva mantenuto la residenza anagrafica. Non giovano, d'altro canto, alla tesi del ricorrente, gli eventuali deficit fisici e psichici da cui, a suo dire, risultava affetta la moglie. Tali menomazioni, infatti, ove effettivamente sussistenti, avrebbero dovuto a maggior ragione consigliare al P. di adottare adeguate cautele, in modo da assicurarsi di essere portato a conoscenza di atti notificatigli presso il luogo in cui aveva deciso di conservare la sua residenza. Ove, poi, si tenga conto della situazione critica che, per ammissione dello stesso ricorrente, all'epoca il rapporto coniugale stava attraversando, non può che concludersi nel senso che la possibilità che la moglie non avvertisse il marito di eventuali atti notificatigli presso la casa di abitazione, costituiva un evento tutt'altro che imprevedibile per il P. , dopo il suo allontanamento da tale luogo. Dovendosi, dunque, escludere che le circostanze allegate dall'appellante a sostegno dell'istanza di rimessione in termini possano valere ad integrare la causa non imputabile di cui al citato art. 294 cpc, legittimamente la Corte di Appello ha ritenuto irrilevanti le prove articolate dall'appellante a dimostrazione di tali circostanze. È evidente, infatti, che i fatti capitolati, anche se provati, non avrebbero potuto portare a una decisione favorevole alla tesi dell'appellante. La decisione impugnata, pertanto, resiste alle censure mosse dal ricorrente, essendo sorretta da una motivazione immune da vizi logici e avendo fatto corretta applicazione dei principi che regolano l'istituto della rimessione in termini. Rimangono, di conseguenza, assorbite le doglianze mosse con il secondo motivo di ricorso con riferimento agli ulteriori rilievi svolti nella sentenza impugnata a sostegno della ritenuta inammissibilità dei capitoli di prova. 3 La rilevata infondatezza dei primi due motivi di ricorso comporta altresì l'assorbimento del terzo motivo, essendo l'ammissibilità dell'eccezione di prescrizione proposta in appello dal P. chiaramente condizionata al positivo accertamento della sussistenza dei presupposti legittimanti la rimessione in termini dell'appellante. 4 Per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese sostenute dalla resistente nel presente grado di giudizio, liquidate come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.