Nell’azione di simulazione la quietanza di pagamento rilasciata tra i contraenti in bonis non è opponibile al curatore fallimentare

Nel giudizio promosso dal curatore del fallimento del creditore, per ottenere l’adempimento di un’obbligazione, il debitore non può opporre la quietanza - rilasciata dal creditore all’atto del pagamento - quale confessione stragiudiziale del pagamento stesso, ex art. 2735 c.c., atteso che tale confessione è valida solo nel giudizio in cui siano parti l’autore e il destinatario di quella dichiarazione di scienza, mentre il curatore, pur ponendosi nell’esercizio di un diritto del fallito, nella stessa posizione di quest’ultimo, è una parte processuale diversa dal fallito medesimo, onde nei suoi confronti la suddetta quietanza potrà avere solo il valore di prova semplice liberamente valutabile dal giudice.

E’ quanto emerge dalla sentenza n. 8949/14 della Corte di Cassazione, depositata il 17 aprile scorso. Il caso. Il Fallimento di una società citava dinanzi al Tribunale di Milano gli acquirenti di un immobile ceduto dalla società in bonis per ottenere la revoca dell’atto stesso ex art. 66 L.F. e 2901 c.c In subordine l’attore chiedeva che venisse accertata la simulazione assoluta o relativa del trasferimento. Il tutto con conseguente restituzione del bene per consentire alla procedura di soddisfarsi esecutivamente sullo stesso. Il Tribunale accoglieva la domanda di revocatoria, mentre la Corte d’Appello, successivamente adita dai convenuti, riteneva non dimostrati i presupposti dell’azione e accoglieva la richiesta in subordine di accertamento della simulazione dell’atto di trasferimento. Avverso tale sentenza, gli acquirenti ricorrevano in Cassazione. Simulazione del negozio giuridico? La questione principale sottoposta all’attenzione della Suprema Corte è relativa all’accertamento della simulazione di un negozio giuridico richiesta dal curatore fallimentare subentrato” ad una delle parti. Nello specifico il curatore agiva per dichiarare la simulazione di un atto di trasferimento immobiliare, mentre i convenuti rivendicavano la veridicità e la bontà dell’atto invocando a proprio favore la quietanza di pagamento contenuta nel rogito notarile. In altre parole gli acquirenti sostenevano che il trasferimento non poteva essere fittizio dato che essi avevano realmente effettuato i relativi pagamenti e prova ne era la dichiarazione di ricevuta” rilasciata dal venditore in bonis e contenuta nell’atto notarile di compravendita. Fondamentale per la soluzione della vicenda è capire quando il curatore agisce in giudizio rappresentando gli interessi del ceto creditorio e quando invece esercita diritti propri del fallito, già presenti nel patrimonio dello stesso. Soltanto nella seconda ipotesi il curatore subentra nella medesima posizione, sostanziale e processuale, del fallito. Negli altri casi, invece, il curatore è terzo rispetto alle parti e gode di una posizione di tendenziale estraneità” dalla quale deriva una generale inopponibilità alla procedura degli atti compiuti all’epoca in cui le parti erano in bonis . Tale condizione emerge proprio nel caso della prova della simulazione con particolare riferimento alla quietanza di pagamento. Come noto, la quietanza, rilasciata dal creditore al debitore all’atto del pagamento, ha natura di confessione stragiudiziale sul fatto estintivo dell’obbligazione secondo la previsione dell’art. 2735 c.c In tal modo essa soddisfa l’onere probatorio del debitore, vincolando il giudice circa la verità del fatto stesso, se e nei limiti in cui sia fatta valere nella controversia in cui siano parti gli stessi soggetti rispettivamente autore e destinatario di quella dichiarazione di scienza. Secondo l’orientamento giurisprudenziale prevalente, nel giudizio promosso dal curatore per la revoca o simulazione di un trasferimento effettuato dal venditore in bonis , deve negarsi che il debitore possa opporre la suddetta quietanza, quale confessione stragiudiziale del pagamento, atteso che il curatore, in tale caso, è una parte processuale diversa dal fallito medesimo. Quietanza priva di effetti vincolanti. Da ciò discende che, nel giudizio, la quietanza è priva di effetti vincolanti ed assume soltanto il valore di documento apprezzabile dal giudice al pari di qualsiasi altra prova desumibile dal processo Cass., n. 4288/2005 . Si dice infatti che in simili circostanze il curatore fallimentare agisce o resiste in rappresentanza della massa dei creditori. Pertanto, la quietanza rilasciata al debitore dalla società in bonis è priva di valore nei confronti della massa e quindi del curatore che la rappresenta Cass. n. 23318/2012 . Il curatore in definitiva cumula in sé, tanto la rappresentanza del fallito ex art. 43 L.F., quanto la legittimazione attribuita dall’art. 1416, comma 2, c.c. ai creditori del simulato alienante. Di conseguenza l’organo della procedura agisce come terzo e può fornire la prova della simulazione senza limiti , ai sensi del combinato disposto dall’art. 1417 c.c. e art. 1416 c.c., comma 2, e, quindi, sia a mezzo di testimoni, sia a mezzo di presunzioni Cass. 3824/1991 Cass. 9835/1994 . Ovviamente tali presunzioni, come ricorda la Suprema Corte, devono essere caratterizzate dai requisiti di cui all’art. 2729, comma 1, c.c. Devono quindi essere gravi, precise e concordanti secondo una valutazione che viene compiuta dal giudice di merito e incensurabile in Cassazione. Lo schema sopra delineato è giustificato dal fatto che il curatore, nella qualità di organo investito di una pubblica funzione nell’ambito dell’amministrazione della giustizia, svolge un’attività distinta da quella del fallito o dei creditori, e agisce imparzialmente, e non in sostituzione di costoro, onde far valere di volta in volta, nell’interesse della giustizia, le ragioni degli uni o degli altri, ovvero della massa attiva. Da simile estraneità rispetto alle parti discende l’inopponibilità di una quietanza di pagamento, persino ove la stessa fosse contenuta in un rogito notarile. Tanto più se, come nel caso di specie, siano emersi diversi elementi a favore del carattere fittizio del contratto e la parte convenuta non sia riuscita a dare prova dell’effettivo pagamento del prezzo. Alla luce di simili considerazioni, la Suprema Corte ha condiviso le valutazioni della Corte territoriale e ha respinto il ricorso Da ultimo si rileva che non sempre tale terzietà giova al curatore. Ad esempio recentemente la Cassazione a Sezione Unite ha spiegato che in una causa di revocatoria l’organo della procedura non può utilizzare scritture contabili formate tra imprenditori per dimostrare il pagamento effettuato dal terzo. Infatti, secondo l’art. 2710 c.c. i libri bollati e vidimati nelle forme di legge, quando sono regolarmente tenuti, possono fare prova tra imprenditori per i rapporti inerenti all’esercizio dell’impresa , ma il curatore non è un imprenditore e dunque, una volta escluso che la sua posizione sia quella successoria in un rapporto già facente capo al fallito, essendo viceversa a lui attribuibile esclusivamente la funzione di semplice gestore del patrimonio di quest’ultimo, ne deriva automaticamente l’inapplicabilità nei suoi confronti della disciplina probatoria di cui si lamenta la mancata attuazione Cass., SSUU, n. 4213/2013 .

Corte di Cassazione,sez. II Civile, sentenza 20 febbraio – 17 aprile 2014, n. 8949 Presidente Goldoni – Relatore Carrato Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato il 12 dicembre 2000, il Fallimento Royal Copenaghen s.r.l. conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Milano, i sigg. F.F. ed E. perché venisse dichiarata a l'inefficacia e, comunque, l'inopponibilità nei suoi confronti, ai sensi degli artt. 66 L.F. e 2901 c.c., del contratto con il quale gli stessi convenuti avevano acquistato, in data omissis , dalla società fallita allora denominata First International Computer Italy un immobile sito nel territorio del Comune di b o, in subordine, perché fosse dichiarata la simulazione assoluta o relativa del relativo atto di trasferimento c o, infine, perché gli stessi F. fossero condannati al pagamento, in suo favore, della somma di L. 425.000.000, o di altra di maggiore o minore importo, oltre agli interessi legali dalla data di stipulazione del contratto al saldo. Nella costituzione dei predetti convenuti, il Tribunale adito, con sentenza n. 12398 del 2003, in accoglimento della domanda principale, dichiarava l'inefficacia nei confronti del Fallimento attore del contratto dedotto in controversia, riconoscendo allo stesso il diritto di soddisfarsi esecutivamente sui beni oggetto della compravendita, sul presupposto che era rimasto accertato il mancato pagamento del prezzo nonostante la quietanza attestata nell'atto di alienazione e che, pertanto, si sarebbero dovuto ritenere integrato il requisito dell' eventus damni per effetto, appunto, della gratuità del trasferimento , con conseguente esonero a favore del curatore fallimentare dall'assolvimento dell'onere probatorio circa la sussistenza della scientia damni in capo ai convenuti. Interposto appello da parte dei due F. , nella resistenza dell'appellato Fallimento, la Corte di appello di Milano, con sentenza n. 3247 del 2007 depositata il 5 dicembre 2007 , in parziale riforma della sentenza impugnata, accertava la simulazione e dichiarava la conseguente inefficacia nei confronti del predetto Fallimento del contratto di compravendita per cui era stata instaurata la causa, ordinando al competente Direttore dell'Agenzia del territorio di provvedere all'annotazione della sentenza a margine della trascrizione del suddetto atto di compravendita e condannando gli appellanti alla rifusione delle spese del grado. A sostegno dell'adottata sentenza, la Corte territoriale rilevava, innanzitutto, l'inammissibilità dell'istanza di assunzione di prova testimoniale già dedotta in primo grado formulata nell'interesse degli appellanti perché non riproposta espressamente con l'atto di appello ma solo in sede di precisazione delle conclusioni. Quanto al merito, il giudice di appello riteneva l'erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui aveva provveduto all'accoglimento della domanda di revocazione malgrado il curatore del Fallimento attore non ne avesse dimostrato la sussistenza di tutte le relative condizioni. La Corte milanese, pertanto, dovendo esaminare la subordinata domanda di simulazione assoluta proposta nell'interesse dello stesso Fallimento, ne ravvisava la sua fondatezza, sul presupposto che gli appellanti non avevano fornito alcuna prova dei loro assunti in ordine agli accordi presi con il contratto preliminare e al dedotto avvenuto pagamento del prezzo dell'immobile con le modalità dagli stessi sostenute , non potendo sortire alcuna efficacia confessoria al riguardo, nei confronti dello stesso Fallimento, la dichiarazione inserita nel testo contrattuale relativa alla quietanza di pagamento ed emergendo altri elementi univoci idonei a comprovare la fittizietà della compravendita posta in essere al fine di sottrarre il relativo bene alla garanzia dei creditori. Avverso la suddetta sentenza di appello notificata il 6 marzo 2008 hanno proposto ricorso per cassazione notificato il 5 maggio 2008 i sigg. F.F. e F.E. , articolato in sei motivi, avverso il quale si è costituito con controricorso contenente anche un motivo di ricorso incidentale il Fallimento Royal Copenaghen s.r.l. . I ricorrenti principali hanno, a loro volta, formulato controricorso avverso il ricorso incidentale. I difensori dei ricorrenti principali hanno, infine, anche depositato memoria difensiva ai sensi dell'art. 378 c.p.c Motivi della decisione 1. Rileva, preliminarmente, il collegio che occorre disporre la riunione dei due ricorsi, siccome proposti avverso la stessa sentenza art. 335 c.p.c. . 2. Ciò posto, si osserva che con il primo motivo del loro ricorso principale i sigg. F.F. e F.E. hanno dedotto, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sul punto prospettato come decisivo della controversia attinente al ritenuto riscontro probatorio del mancato pagamento del prezzo della compravendita. In particolare, i predetti ricorrenti hanno inteso denunciare la contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui, da un lato, la Corte territoriale aveva omesso di procedere ai sensi dell'art. 345, comma 3, c.p.c., ordinando l'esibizione delle scritture contabili indispensabili per la decisione, ma, poi, le aveva richiamate dandole per acquisite a prova del mancato introito del prezzo di compravendita dell'immobile solo perché invocate dal Fallimento. Sotto altro profilo i medesimi ricorrenti hanno dedotto l'insufficienza della motivazione stessa con riferimento al passaggio logico in cui, dopo aver escluso la sussistenza per l'accoglimento della domanda revocatoria, aveva ritenuto fondata quella di simulazione assoluta della compravendita pur in difetto dell'assolvimento dell'onere probatorio incombente al Fallimento e ritenendo la quietanza inclusa nel contratto di alienazione di per sé prova presuntiva dell'intesa simulatoria. 3. Con il secondo motivo i due ricorrenti principali hanno denunciato un ulteriore vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa il punto decisivo della controversia riguardante l'assenza dell' eventus damni e, quindi, della illiceità dell'accordo simulatorio. 4. Con il terzo motivo i due F. hanno prospettato un altro vizio del percorso logico adottato dalla Corte di appello di Milano con la sentenza impugnata in ordine alla ritenuta omessa motivazione sulle ragioni dell'accordo simulatorio e sull'illecito che ne avrebbe costituito l'oggetto, in considerazione dell'assenza di esborsi da parte della società fallita quando era in bonis , nonché in relazione alla mancata spiegazione dell'interesse della massa dei creditori da tutelare. 5. Con il quarto motivo i due ricorrenti principali hanno dedotto la supposta violazione e falsa applicazione - in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. - del combinato disposto degli artt. 1199, 1414, 1417 c.c. e degli artt. 2726, 2727 e 2729 c.c, formulando al riguardo, ai sensi dell'art. 366 bis c.p.c. ratione temporis applicabile risultando la sentenza impugnata pubblicata il 5 dicembre 2007 , i seguenti quesiti di diritto - dica la S.C. se sia possibile provare per presunzioni la simulazione attraverso la quietanza di pagamento inclusa nell'atto simulato - dica la S.C. se si possa desumere un animus donandi o, comunque, una volontà di gratuità dalla sola volontà dalle parti espressa di quietanzare un prezzo - dica la S.C. se possano considerarsi fatti noti, ai sensi dell'art. 2727 c.c., i contenuti di verbalizzazioni del Nucleo di polizia tributaria redatti in sede di indagini che qualificano un soggetto come amministratore di fatto di una società, o debbano ritenersi fatti meramente indiziari - dica la S.C. se un verbale della Polizia tributaria recante la qualificazione di un sub 3 sia sufficiente e possa considerarsi indizio grave, preciso e concordante, come richiesto dall'art. 2729 c.c., ai fini della prova per induzione logica - dica la S.C. se possa ritenersi accertata la simulazione assoluta, ex art. 1414 c.c., di una compravendita immobiliare, qualora, ai sensi dell'art. 1417 c.c., non emerga, in quanto non provato, il grave pregiudizio per i creditori derivante dal contratto dissimulato - dica la S.C. se la prova presuntiva, ai fini dell'accertamento dell'accordo simulatorio, ravvisata unicamente con riguardo ad uno solo dei cointestatari del contratto, possa inficiare l'acquisto anche dell'altro contraente. 6. Con la quinta censura i ricorrenti principali hanno prospettato la supposta violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 214, 215, comma 1 n. 2, c.p.c. e degli artt. 2702 e 2704 c.c., indicando in proposito - in virtù del citato art. 366 bis c.p.c. - i seguenti quesiti di diritto - dica la S.C. se si possa escludere il valore probatorio di un documento utile alla corretta ricostruzione dei fatti, senza che vi sia stata tempestiva eccezione di carattere processuale della comparente - dica la S.C. se sia rilevabile d'ufficio l'assenza di data certa di una scrittura privata, quando la stessa non sia stata disconosciuta dalla controparte nelle forme processuali previste dalla legge. 7. Con il sesto ed ultimo motivo i ricorrenti F. hanno denunciato la supposta violazione e falsa applicazione dell'art. 345, comma 3, c.p.c., individuando il seguente quesito di diritto - dica la S.C. se il mancato ordine di esibizione delle scritture contabili costituisca violazione e falsa applicazione dell'art. 345, comma 3 , c.p.c., in quanto accertamento indispensabile ai fini della corretta ricostruzione dei fatti. 8. Con l'unico motivo di ricorso incidentale condizionato il controricorrente Fallimento ha dedotto la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2901 c.c. e 66 della legge fallimentare, formulando, in proposito, il seguente quesito di diritto - dica la S.C. se per l'integrazione del profilo oggettivo dell'eventus damni necessario per l'utile esperimento da parte del curatore di una procedura fallimentare, ai sensi dell'art. 2901 c.c. e dell'art. 66 della legge fallim., sia sufficiente che l'atto di disposizione del debitore abbia determinato maggiore difficoltà od incertezza nell'esazione coattiva del credito, potendo il detto eventus damni consistere in una variazione non solo quantitativa, ma anche qualitativa del patrimonio del debitore, ovvero se il curatore debba effettuare una dimostrazione sull'entità e sulla natura del patrimonio del debitore prima e dopo l'atto di disposizione. 9. Cominciando la disamina dalla valutazione del primo motivo del ricorso principale si ritiene che esso sia destituito di fondamento e debba, pertanto, essere rigettato. Rileva il collegio che - a parte la correttezza giuridica dell'argomentazione della Corte territoriale secondo cui, in difetto della rituale riproposizione in appello delle istanze istruttorie, l'ordine di esibizione era stato richiesto tardivamente ovvero solo in sede di precisazione delle conclusioni e, quindi, inammissibilmente - la stessa Corte di merito ha rilevato, con motivazione congrua e logica, che la circostanza del mancato pagamento del prezzo doveva ritenersi pacifica sia perché la relativa posta non era stata contabilizzata nei documenti della società sia perché ammessa dagli stessi appellanti, che avevano affermato di averla versata a terze persone. Sulla questione di rito il giudice di appello ha congruamente richiamato il condivisibile indirizzo delineatosi più recentemente nella giurisprudenza di questa Corte cfr., ad es., Cass. n. 14135 del 2000 e Cass. n. 17904 del 2003 , secondo cui le istanze istruttorie non accolte dal giudice di primo grado non possono ritenersi implicitamente riproposte in appello con le domande e le eccezioni a sostegno delle quali erano state formulate, ma devono essere riproposte, laddove non sia necessario uno specifico mezzo di gravame, nelle forme e nei termini previste per il giudizio di primo grado, in virtù del richiamo operato dall'art. 359 c.p.c 10. Il richiamato secondo motivo dedotto con il ricorso principale è, in parte, inammissibile e, in parte, infondato. La censura è, infatti, da qualificarsi inammissibile con riferimento alla prospettazione dell'insufficiente motivazione perché non risulta rispettato il requisito prescritto dall'art. 366 bis c.p.c., non emergendo l'esposizione dell'autonoma e specifica sintesi delle ragioni per le quali la motivazione della sentenza impugnata si sarebbe dovuta ritenere inadeguata. Quanto al profilo della denunciata omissione o, comunque, contraddittorietà del percorso argomentativo adottato dalla Corte territoriale circa il fatto dell'emergenza dell'accordo simulatorio, ritiene il collegio che il vizio sia insussistente, poiché la Corte di secondo grado ha - con motivazione logica e sufficiente - esattamente ritenuto che, tra i presupposti per l'accertamento della simulazione assoluta non risultando, invece, concretizzatisi i presupposti per il fruttuoso esercizio dell'azione revocatoria , non rilevava in modo decisivo la sussistenza o meno del pregiudizio prodotto in conseguenza dell'accordo simulato, il quale deve, oltretutto, si sarebbe dovuto ritenere, nella fattispecie, esistente in re ipsa cfr., ad es., Cass. n. 1404 del 2001 , alla stregua della posizione di terzietà del Fallimento rispetto alle parti sostanziali dell'atto simulato. 11. La terza censura prospettata con il ricorso principale è, anch'essa, priva di pregio giuridico e deve, perciò, essere respinta. Con questa doglianza i ricorrenti lamentano la supposta inadeguatezza e contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui ha rilevato che la quietanza di pagamento, inserita nel contratto di compravendita, in quanto confessione stragiudiziale, aveva valore di prova solo contro il confitente e non anche di un di un soggetto terzo quale era il Fallimento, in persona del suo curatore che aveva agito nell'interesse della massa dei creditori . Osserva il collegio che la ricostruzione operata dalla Corte di merito è giuridicamente corretta, essendosi conformata all'univoco e condivisibile orientamento della giurisprudenza di questa Corte, alla stregua del quale il curatore fallimentare del venditore, il quale agisca per la dichiarazione di simulazione della quietanza relativa all'avvenuto pagamento del prezzo di compravendita al fine di recuperare al fallimento detto prezzo, cumula, con la rappresentanza del fallito ex art. 43 R.D. n. 267 del 1942, anche la legittimazione che la legge attribuisce ai creditori del simulato alienante ai sensi dell'art. 1416, comma 2, c.c., con la conseguenza che, agendo egli come terzo , può fornire la prova della simulazione senza limiti , ai sensi del combinato disposto degli articoli 1417 e 1416, comma 2, c.c. e, quindi, sia a mezzo di testimoni, sia a mezzo di presunzioni cfr., ex multis, Cass. n. 3824 del 1991 Cass. n. 9835 del 1994 e Cass. n. 14481 del 2005 . In altri termini, allorquando l'azione diretta a far valere la simulazione di un contratto sia proposta dalla curatela fallimentare di una delle parti del contratto stesso in funzione della tutela degli interessi dei creditori , deve ritenersi ammissibile la prova per presunzioni della simulazione stessa, precisandosi, inoltre, che alla dichiarazione relativa al versamento del prezzo, pur contenuta in un rogito notarile di una compravendita immobiliare, non può attribuirsi valore vincolante nei confronti della stessa curatela, stante la sua posizione di terzietà rispetto alla persona del fallito, e possono trarsi elementi di valutazione circa il carattere fittizio del contratto dalla circostanza che il compratore, su cui grava l'onere di provare il pagamento del prezzo, non abbia fornito la relativa dimostrazione v., ad es., Cass. n. 11361 del 1999 e Cass. n. 11372 del 2005 , onere, quest'ultimo, non risultato assolto nella fattispecie, per quanto congruamente rilevato dalla Corte di secondo grado. Da ciò consegue a confutazione della censura in esame l'affermazione del decisivo principio giuridico, in base al quale nel giudizio promosso dal curatore del fallimento del creditore per ottenere l'adempimento di un'obbligazione, il debitore non può opporre la quietanza - rilasciata dal creditore all'atto del pagamento - quale confessione stragiudiziale del pagamento stesso, ex art. 2735 c.c., atteso che tale confessione è valida solo nel giudizio in cui siano parti l'autore e il destinatario di quella dichiarazione di scienza, mentre il curatore, pur ponendosi, nell'esercizio di un diritto del fallito, nella stessa posizione di quest'ultimo, è una parte processuale diversa dal fallito medesimo, onde nei suoi confronti la suddetta quietanza potrà avere solo il valore di prova semplice liberamente valutabile da parte del giudice cfr. Cass. n. 3055 del 1996 Cass. n. 13513 del 2002 e Cass. n. 12005 del 2004 . Chiariti i limiti probatori della quietanza di pagamento attestato apparentemente come intervenuto nel relativo atto negoziale nel giudizio di simulazione esperito dal Fallimento, da considerarsi terzo rispetto all'atto assunto come simulato, bisogna ulteriormente sottolineare come la sentenza della Corte milanese con la quale è stata dichiarata la simulazione del contratto di compravendita dedotto in controversia risulta supportata, sul piano motivazionale, non dalla considerazione in virtù della quale le parti avevano inteso manifestare un trasferimento realizzatosi con spirito di liberalità, bensì dall'argomentazione decisiva, in dipendenza della valutazione di tutte le conferenti circostanze del caso concreto, che non era emersa alcuna prova, neppure indiziaria, idonea a riscontrare il fatto che i sigg. F. avessero provveduto al pagamento del corrispettivo assunto come formalmente pattuito nel contratto di compravendita in questione, essendo, anzi, risultata l'emergenza di idonei elementi istruttori atti ad escludere che la s.r.l. First International Computer Italy avesse mai incassato il prezzo indicato nello stesso contratto. 12. Rileva il collegio che anche la quarta censura dedotta a sostegno del ricorso principale - e riferita all'assunta inconsistenza degli elementi presuntivi valorizzati con la sentenza impugnata in funzione della dichiarazione della simulazione dell'atto impugnato - non coglie nel segno e deve essere disattesa. Occorre, in proposito, in primo luogo ribadire cfr. Cass. n. 11372 del 2005 Cass. n. 1413 del 2006 e Cass. n. 17628 del 2007 che il principio dell'onere della prova, costituente un criterio sussidiario di determinazione della soccombenza, non deroga alla regola che, nei casi in cui la prova della simulazione non subisca alcuna limitazione, la stessa può essere fornita anche mediante presunzioni semplici, relativamente alle quali la verifica della sussistenza dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, richiesti dall'art. 2729, comma 1, c.c., è incensurabile in sede di legittimità, con l'unico limite della sufficienza e coerenza della relativa motivazione. E, nella fattispecie, la sentenza del giudice di appello si prospetta supportata da una idonea e logica motivazione, avendo esaminato e correttamente analizzato tutte le circostanze indizianti desumibili dagli atti di causa specificamente indicati a pag. 8 della sentenza stessa , valutandole nel loro complesso, così pervenendo a rilevare il carattere fittizio del controverso contratto di compravendita, desumendolo anche dalla circostanza che i compratori, su cui gravava l'onere di provare l'intervenuto effettivo pagamento del prezzo, non avevano fornito la relativa prova, senza che ciò comportasse un'inversione dell'onere della prova. Sulla base dei plurimi elementi indizianti complessivamente valorizzati in virtù di un adeguato percorso logico come tale incensurabile in questa sede di legittimità la Corte di merito è giunta consequenzialmente anche rimarcando la specifica posizione interessata del sig. F.F. e dei suoi familiari rispetto alle vicende che avevano interessato la società poi dichiarata fallita e ritenere che l'atto di alienazione dell'immobile sito in fosse stato simulato al fine di sottrarlo alla garanzia patrimoniale dei creditori. 13. Pure il quinto motivo del ricorso principale - relativo all'assunta erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui aveva ritenuto che il contratto preliminare, datato 15 gennaio 1996, fosse privo di data certa e, quindi, inopponibile al Fallimento - non è meritevole di accoglimento. Infatti, rileva il collegio che la Corte di appello di Milano ha correttamente ritenuto che il Fallimento si era legittimamente limitato a contestare la data ed il contenuto dell'atto dedotto come simulato e non aveva inteso sostenere la non autenticità della relativa scrittura ovvero la sua provenienza dalle parti attestate come tali nell'atto . Pertanto, non avendo i ricorrenti fornito alcuna prova della formazione del documento in epoca antecedente al fallimento della società controricorrente, la Corte di appello ha concluso per l'inopponibilità del documento stesso al Fallimento, in quanto qualificabile come soggetto terzo rispetto alle parti contrattuali. 14. Anche il sesto ed ultimo motivo - invero univocamente collegato al primo e ricondotto alla supposta illegittimità della sentenza impugnata nella parte in cui la Corte di appello non aveva inteso dare seguito all'ordine di esibizione delle scritture contabili - è da ritenersi infondato sul pacifico presupposto che la relativa istanza istruttoria non era stata tempestivamente reiterata in appello ed inoltre già il Tribunale, in primo grado, l'aveva ritenuta irrilevante alla stregua dell'ammissione fatta dagli odierni ricorrenti sulla circostanza che l'importo relativo al prezzo della supposta vendita non era mai entrato a far parte dell'attivo della società venditrice. 15. In definitiva, alla stregua delle ragioni complessivamente svolte, il ricorso principale deve essere integralmente respinto, con conseguente assorbimento dell'esame della censura posta a fondamento del ricorso incidentale formulato in via condizionata, ovvero da esaminare nella eventuale non creduta ipotesi di accoglimento del ricorso proposto dai F. . Da tale pronuncia deriva la condanna dei soccombenti ricorrenti principali, con vincolo solidale, al pagamento delle spese del presente giudizio, che si liquidano - avuto riguardo al valore della controversia ed alle complessive attività processuali compiute in questa fase dalla difesa della parte controricorrente - nei sensi di cui in dispositivo sulla scorta dei nuovi parametri previsti per il giudizio di legittimità dal D.M. Giustizia 20 luglio 2012, n. 140 applicabile nel caso di specie in virtù dell'art. 41 dello stesso D.M. cfr. Cass., S.U., n. 17405 del 2012 . P.Q.M. La Corte, riuniti i ricorsi, rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito quello incidentale. Condanna i ricorrenti principali, in solido fra loro, al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi Euro 7.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori nella misura e sulle voci come per legge.