Il pagamento con modalità informale può evitare l’applicazione della clausola risolutiva espressa

L’offerta non formale della prestazione esclude la mora del debitore, preservandolo dalla responsabilità per il ritardo, solo se sia reale ed effettiva e abbia i caratteri della serietà, tempestività e completezza.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 3023/14, depositata lo scorso 11 febbraio. Il caso. Il titolare di un’impresa individuale, dopo essere subentrato nel contratto come conduttore, si vedeva intimare lo sfratto per morosità per il mancato pagamento del canone di locazione relativo al solo mese di agosto 2006 di un immobile, in virtù del contratto di locazione commerciale intercorrente già con la precedente società. Lo sfratto per morosità veniva intimato in applicazione della clausola risolutiva espressa contenuta nell’art. 3 del contratto di locazione che, in particolare, prevedeva lo scioglimento del contratto in conseguenza del mancato pagamento anche di un solo canone mensile entro 5 giorni dalla scadenza concordata . La conferma della corretta applicazione di tale clausola era arrivata anche dai giudici di merito e, per questo motivo, il conduttore ha proposto ricorso per cassazione. Offerta non formale di pagamento. La S.C., decidendo per il rigetto del ricorso, ha ricordato - in merito alla doglianza secondo cui il ricorrente avrebbe tentato di effettuare il pagamento in contanti ma il locatore avrebbe rifiutato – che la valida offerta, ancorché informale, dei canoni dovuti, anteriore alla notifica di intimazione di sfratto per morosità, esclude la mora colpevole, ai sensi dell’art. 1220 c.c., e perciò non consente al locatore di avvalersi della clausola risolutiva espressa .Ma sul punto – osserva la Cassazione – i giudici di merito hanno correttamente motivato la loro decisione. Il vaglia postale è un mezzo di pagamento utilizzabile ai fini dell’estinzione dell’obbligazione? Anche il secondo motivo di ricorso è da rigettare. Infatti, pur ammettendo l’equipollenza a fini estintivi del pagamento a mezzo di strumenti alternativi alla moneta contante con corso legale quando essi siano dotati di particolari garanzie di solvibilità, quale è il vaglia postale, è indispensabile che il diverso strumento pervenga alla concreta disponibilità dell’ accipiens . Nella fattispecie, era stata richiesta emissione del vaglia il 4 settembre e lo stesso era stato spedito dall’ufficio postale il 6 settembre, cioè in un momento successivo alla notificazione dell’intimazione di sfratto. Sì, ma il creditore deve avere la disponibilità della somma prima della scadenza pattuita. In sostanza – precisano gli Ermellini – il solvens deve sopportare le conseguenze dello sfasamento temporale tra la fruizione da parte sua dello strumento alternativo e la sua ricezione da parte del destinatario . Di conseguenza – si aggiunge - a suo danno ridonda la mancata disponibilità della somma al momento in cui, correttamente calcolata la scadenza pattizia, il creditore ha rilevato l’inadempimento e si è avvalso della clausola risolutiva espressa, attivando il giudizio di sfratto .

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 12 dicembre 2013 – 11 febbraio 2014, numero 3023 Presidente Massera – Relatore Rubino Svolgimento del processo 1. Nel 2006 N.V. conveniva in giudizio P.F., quale titolare della impresa individuale L'Oasi dei Golosi , e la Trattoria del Corso di B.G. e c. s.a.s. dinanzi al Tribunale di Matera, intimando sfratto per morosità ai convenuti per il mancato pagamento del canone di locazione relativo al solo mese di agosto 2006 dell'immobile sito in Matera, via Luigi La Vista 12 in virtù del contratto di locazione commerciale intercorrente in origine con la predetta società, nel quale era subentrato come conduttore il P., in conseguenza della cessione di azienda intercorsa con la Trattoria del Corso . Lo sfratto per morosità veniva intimato in virtù della clausola risolutiva espressa contenuta nell'art. 3 del contratto di locazione che prevedeva lo scioglimento del contratto in conseguenza del mancato pagamento anche di un solo canone mensile entro cinque giorni dalla scadenza concordata. Il tribunale disponeva il mutamento del rito e con sentenza del 28 maggio 2009 dichiarava la risoluzione del contratto di locazione per inadempimento del P. 2. La Corte d'appello di Potenza, con sentenza numero 144 del 2010, depositata il 10.6.2010, notificata il 29.6.2010, respingeva il gravame del P., il quale lamentava, per quanto qui ancora rileva, che la clausola risolutiva espressa non fosse applicabile ad esso cessionario di azienda, che era subentrato nel rapporto di locazione già in corso, e che il canone relativo ad agosto 2006 fosse stato in realtà corrisposto il 4 settembre 2006, e quindi prima della notifica dello sfratto per morosità, a mezzo di un vaglia postale, mezzo di pagamento che non poteva essere rifiutato dall'interessato. La Corte rigettava l'appello, rilevando che l'intento di avvalersi della clausola risolutiva espressa era chiaramente riportato nella intimazione di sfratto per morosità, che la clausola risolutiva espressa, contenuta nel contratto di locazione, era applicabile ai rapporti tra il locatore N. e il P., il quale nella qualità di cessionario di azienda era subentrato nella totalità delle situazioni giuridiche, attive e passive, del suo cedente, e nel merito che al momento della notificazione dello sfratto per morosità, verificatasi il 5 settembre 2006, il conduttore era ancora inadempiente rispetto all'obbligo di pagare il canone del mese di agosto, non potendosi ritenere che la mera emissione di un vaglia postale equivalesse all'adempimento della obbligazione pecuniaria come contrattualmente previsto. Evidenziava che l'art. 3 del contratto di locazione prevedeva il pagamento anticipato del canone da effettuarsi presso il domicilio del locatore entro il 15 di ogni mese con un termine di tolleranza di cinque giorni, ed escludeva di conseguenza che il semplice invio del vaglia postale potesse integrare l'offerta non formale, atta ad escludere la mora colpevole e ad impedire al locatore di avvalersi della clausola risolutiva espressa. Riteneva ininfluente ai fini della decisione il tentativo di pagamento del canone, effettuato dal conduttore non direttamente ma a mezzo di un proprio incaricato e soltanto il 5 settembre 2006 e rilevava che in presenza di una clausola risolutiva espressa il giudice era dispensato dal verificare che l'inadempimento fosse di non scarsa importanza. 3. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione F.P., proponendo due motivi. Gli intimati non si sono costituiti. La causa è stata dapprima rimessa dalla sesta sezione alla trattazione in camera di consiglio, e in quella sede il ricorrente ha depositato tempestivamente memorie ex art. 378 c.p.c Successivamente, all'esito dell'adunanza camerale, essa è stata rimessa alla terza sezione per la trattazione in udienza pubblica, non ritenendo la Corte che sussistessero le ipotesi previste dall'art. 375, primo comma, numero 2 e 3 c.p.c Motivi della decisione Il ricorrente deduce, a sostegno del ricorso, due motivi. Con il primo motivo di ricorso denuncia l'illogicità della motivazione, ex art. 360 numero 5 c.p.c. su un punto decisivo della controversia, laddove la corte territoriale colloca il tentativo del conduttore di effettuare il pagamento del canone direttamente nelle mani del locatore a mezzo di una sua incaricata solo in data 5.9.2006 e cioè dopo l'invio del vaglia postale, avvenuto il precedente 4 settembre 2006, e lo ritiene di conseguenza ininfluente. Il ricorrente sostiene che tale collocazione temporale dell'episodio da parte della corte d'appello sia apodittica e illogica, argomentando nel senso che il tentativo di pagamento da parte di un terzo con consegna di una busta chiusa, rifiutata dal destinatario, si deve collocare logicamente nel tempo prima della scelta da parte del conduttore di effettuare il pagamento del canone a mezzo dell'invio del vaglia postale e quindi l'episodio non può essere avvenuto il 5 settembre 2006, come sostenuto dalla corte d'appello, ma necessariamente prima , perché con l'invio del vaglia il pagamento era stato comunque effettuato, e quindi non avrebbe avuto senso duplicarlo con un secondo pagamento a mani del creditore. L'episodio, che si è incontestatamente verificato, assume una sua logica nella ricostruzione del ricorrente solo se lo si colloca nel tempo prima della spedizione del vaglia, nel senso che, a fronte del rifiuto del locatore di ricevere direttamente il pagamento, al conduttore non è rimasto altro che ricorrere ad un mezzo alternativo di pagamento. Il ricorrente lamenta che la decisione sulla circostanza - decisiva - della collocazione cronologica del tentativo di pagamento presso il domicilio del creditore si sia fondata solo su una delle due dichiarazioni testimoniali resa dalla figlia del contro ricorrente , che dichiarò che l'episodio non poteva essersi verificato prima del 5 settembre, atteso che lei, presente al momento dell'episodio, rientrò dalle ferie proprio il 5 settembre , senza tenere conto della circostanziata testimonianza della teste R., non avente un interesse proprio in causa, che riferì dettagliatamente sul suo incontro con il N. avvenuto in agosto e sul rifiuto di questi di prendere in consegna la busta col denaro e soprattutto senza tenere nella dovuta considerazione la necessaria sequenza logica degli avvenimenti. Il ricorrente non chiede alla Corte di riconsiderare le testimonianze, ma evidenzia che la motivazione su tale circostanza decisiva avrebbe dovuto essere più puntuale e fondarsi sulla ricostruzione logica della catena cronologica degli avvenimenti, che avrebbe portato necessariamente a collocare prima il tentativo di pagamento a mani del creditore e solo dopo la spedizione del vaglia, con la conseguenza che il P. non poteva considerarsi in mora quando gli fu notificata l'intimazione di sfratto per morosità avendo già tentato di eseguire il pagamento e non essendovi riuscito per il rifiuto del creditore di riceverlo. Con il secondo motivo di ricorso il P. denuncia la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 numero 3 c.p.c., degli artt. 1175, 1375, 1220, 1182 e 1277 c.c. nonché l'omessa motivazione su un punto decisivo della controversia e si duole sostanzialmente della interpretazione formalistica e non costituzionalmente orientata data dalla corte d'appello all'art. 1277 c.c., interpretazione contrastante con i principi espressi da Cass. numero 22617 del 2007, laddove ha ritenuto che a pag. 11 della sentenza impugnata l'invio di un titolo di credito improprio, quale un vaglia postale, per effettuare il pagamento del canone di locazione, non abbia efficacia liberatoria se non venga accettato dal creditore-locatore. Sostiene che lo strumento di pagamento in concreto impiegato dal conduttore avrebbe assicurato la soddisfazione dell'interesse del creditore quanto la consegna di moneta contante. Quanto alla pretesa tardività del pagamento rispetto alla scadenza contrattuale ed anche alla notificazione della intimazione di convalida di sfratto per morosità il ricorrente evidenzia che essa è stata causata da fatto del creditore che non ha voluto ricevere il pagamento precedentemente, e riporta a questo scopo nel testo del ricorso la comunicazione inviata dal P. al N. contestualmente all'invio del vaglia postale, mai contestata, in cui il conduttore comunica di aver provveduto all'invio del vaglia non avendo potuto per fatto del creditore effettuare il pagamento in precedenza. I due motivi possono essere trattati congiuntamente perché strettamente connessi. Il ricorso non può essere accolto. In riferimento al primo motivo, è effettivamente decisiva la circostanza relativa alla collocazione cronologica di un idoneo e potenzialmente satisfattivo tentativo di pagamento per contanti dell'intero importo del canone di locazione del mese di agosto 2006, in quanto, se tale tentativo fosse stato effettuato, con tutti i su indicati requisiti, prima della notificazione della intimazione dello sfratto per morosità, tale circostanza avrebbe impedito al locatore di potersi legittimamente avvalere della clausola risolutiva espressa inserita nel contratto di locazione, secondo l'orientamento di questa corte di legittimità Cass. numero 6397 del 1999, la cui massima così recita La valida offerta, ancorché informale, dei canoni dovuti, anteriore alla notifica di intimazione di sfratto per morosità, esclude la mora colpevole, ai sensi dell'arte. 1220 cod. civ., e perciò non consente al locatore di avvalersi della clausola risolutiva espressa . E' pertanto ammesso il controllo sulla logicità della motivazione. Esso cade peraltro su un punto della decisione che, benché sia stato espressamente affrontato dalla corte d'appello nel corpo della motivazione, assume nell'economia della motivazione stessa una rilevanza marginale non risultando essere stato oggetto di uno degli specifici rilievi dell'appellante. Infatti, dalla lettura della sentenza d'appello, ed in particolar modo delle conclusioni tratte dall'odierno ricorrente nel giudizio di appello come sono riportate nel corpo della sentenza il ricorrente non le riporta nel ricorso, né segnala che esse siano state mal interpretate dalla corte territoriale non risulta che la questione della omessa considerazione della priorità temporale del tentativo di pagamento diretto sia stata devoluta espressamente alla cognizione della corte d'appello né il ricorrente non si fa carico di indicare, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso, in quale specifico passaggio del processo di merito egli abbia prospettato una tale peculiare questione, su cui lamenta la illogicità della motivazione. Il motivo di ricorso è comunque infondato. La motivazione della corte territoriale non appare affetta da vizi di logicità tali da giustificarne la cassazione. Occorre ricordare che il controllo sulla logicità della motivazione, a seguito del prospettato vizio ex art. 360 numero 5 c.p.c., deve svolgersi entro i limiti circoscritti ben delimitati da questa giurisprudenza di legittimità, e che nel caso di specie non risultano essere stati in ogni caso superati. Il ricorso per cassazione, con il quale si facciano valere vizi di motivazione della sentenza, impugnata a norma dell'art. 360 numero 5 cod. proc. civ., deve contenere - in ossequio al disposto dell'art. 366 numero 4 cod. proc. civ., che per ogni tipo di motivo pone il requisito della specificità sanzionandone il difetto - la precisa indicazione di carenze o lacune nelle argomentazioni sulle quali si basano la decisione o il capo di essa censurato, ovvero la specificazione d'illogicità, consistenti nell'attribuire agli elementi di giudizio considerati un significato fuori dal senso comune, od ancora la mancanza di coerenza fra le varie ragioni esposte, quindi l'assoluta incompatibilità razionale degli argomenti e l'insanabile contrasto degli stessi. Ne consegue che risulta inidoneo allo scopo il far valere la non rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice del merito all'opinione che di essi abbia la parte ed, in particolare, il prospettare un soggettivo preteso migliore e più appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti, atteso che tali aspetti del giudizio, interni all'ambito della discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell'apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi dell’ iter formativo di tale convincimento rilevanti ai sensi della norma in esame. Diversamente, si risolverebbe il motivo di ricorso per cassazione ex art. 360 numero 5 cod. proc. civ. in un'inammissibile istanza di revisione delle valutazioni effettuate ed, in base ad esse, delle conclusioni raggiunte dal giudice del merito cui, per le medesime considerazioni, neppure può imputarsi d'aver omesse l'esplicita confutazione delle tesi non accolte e/o la particolareggiata disamina degli elementi di giudizio ritenuti non significativi, giacchè nè l'una nè l'altra gli sono richieste, mentre soddisfa all'esigenza di adeguata motivazione che il raggiunto convincimento risulti da un esame logico e coerente di quelle, tra le prospettazioni delle parti e le emergenze istruttorie, che siano state ritenute di per sè sole idonee e sufficienti a giustificarlo in questo senso Cass. numero 12052 del 2007 nello stesso senso, Cass. numero 4766 del 2006 . Si può ritenere, concordemente a quanto esposto nella relazione predisposta per la trattazione della causa all'adunanza camerale, che la motivazione sullo specifico punto oggetto di contestazione della impugnata sentenza, benché sintetica, si rinvenga nel testo della gravata sentenza e che essa non possa essere ritenuta del tutto illogica né confliggente con le altre risultanze processuali ma al contrario implicitamente collegata con il non ritenere risolutiva da parte della corte la testimonianza della R. né sotto il profilo della collocazione cronologica del tentativo di pagamento né in ordine alla idoneità di tale tentativo a costituire offerta non formale trattandosi del tentativo di consegnare una busta chiusa all'interno della quale non è certo se ci fosse un assegno o contanti e per che importo , valutazione questa del tutto discrezionale e rispetto alla quale questa corte di legittimità deve rimanere estranea. Neppure di per sé la considerazione che un tentativo di pagamento diretto non è dato sapere se per contanti o con assegno, e se per l'importo esatto della morosità normalmente preceda l'invio di un mezzo di pagamento a distanza quale il vaglia postale può assurgere a rilevanza tale nell'economia della motivazione a far ritenere priva di senso comune l'affermazione secondo la quale, sulla base del complesso delle risultanze istruttorie, si ritenga che sia stato inviato prima il vaglia e solo dopo sia stato tentato il pagamento diretto. Per quanto concerne il secondo motivo di ricorso, anch'esso va rigettato. Infatti, quand'anche possa ammettersi l'equipollenza a fini estintivi del pagamento a mezzo di strumenti alternativi alla moneta contante con corso legale quando essi siano dotati di particolari garanzie di solvibilità quale potrebbe essere il caso del vaglia postale, richiesto dal solvens - nel caso di specie - prima della intimazione dello sfratto , è pur sempre indispensabile che, per la verificazione dell'effetto solutorio, il diverso strumento pervenga nella concreta disponibilità dell'accipiens assumendosi comunque il primo, che ha voluto fruire del vantaggio dell'uso dello strumento alternativo, il rischio dell'intervallo temporale tra spedizione e concreta disponibilità del denaro. Poiché nella specie il vaglia benché ne sia stata richiesta l'emissione il 4 settembre è stato spedito dall'ufficio postale in data 6 settembre cioè in un momento successivo alla notificazione dell'intimazione di sfratto sicché ancora più in là nel tempo si collocano i momenti della sua ricezione da parte del destinatario e della materiale apprensione del denaro da parte di questi, previo accesso all'ufficio postale il solvens correttamente deve sopportare le conseguenze dello sfasamento temporale tra la fruizione da parte sua dello strumento alternativo e la sua ricezione da parte del destinatario a suo danno ridonda allora la mancata disponibilità della somma al momento in cui, correttamente calcolata la scadenza pattizia, il creditore ha rilevato l'inadempimento e si è avvalso della clausola risolutiva espressa, attivando il giudizio di sfratto. Il considerare il vaglia postale un mezzo di pagamento utilizzabile ai fini dell'estinzione della obbligazione di per sé non incide sulla soluzione della diversa questione della individuazione del momento estintivo dell'obbligazione né consente di affermare che la mera richiesta di emissione di un vaglia postale sia idonea di per sè a costituire offerta non formale, ai sensi e con gli effetti dell'art. 1220 c.c., conformemente al principio di diritto espresso da questa corte secondo il quale L'offerta non formale della prestazione esclude la mora del debitore, ai sensi dell'art. 1220 cod. civ., così preservandolo dalla responsabilità per il ritardo, solo se sia reale ed effettiva, e cioè abbia i caratteri della serietà, tempestività e completezza e consista nell'effettiva introduzione dell'oggetto della prestazione dovuta nella sfera di disponibilità del creditore nei luoghi indicati dall'art. 1182 cod. civ. per l'adempimento dell'obbligazione, in modo che quest'ultimo possa aderirvi senza ulteriori accordi e limitarsi a ricevere la prestazione stessa . Cass. numero 25155 del 2010 Il ricorso va pertanto rigettato. Non avendo il controricorrente svolto attività difensive, non vi è luogo a pronuncia sulle spese del giudizio. P.Q.M. Rigetta il ricorso.