Sposta la sua autoscuola in altri locali e pretende comunque l’indennità di avviamento: secco no della Cassazione

L’indennità per la perdita dell’avviamento commerciale deve essere corrisposta in ogni caso di cessazione del rapporto per disdetta del locatore, sempre che alla data della cessazione permanga il diritto del locatore di continuare a svolgere nel locale l’attività prevista dal contratto di locazione, sempreché essa comporti il contatto con il pubblico degli utenti e dei consumatori.

È quanto affermato dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 1763 del 28 gennaio 2014. Il fatto. Un conduttore di locali adibiti ad autoscuola conveniva davanti al Tribunale di Parma i locatori, chiedendo il pagamento dell’indennità di avviamento a seguito della disdetta del contratto di locazione. I convenuti resistevano alla domanda eccependo lo spostamento, da parte dell’attore, della sua attività in due locali contigui, che aveva acquistato in proprietà, lasciando inutilizzato l’immobile in locazione al solo scopo di far valere il diritto all’indennità per la perdita dell’avviamento commerciale. Ribaltando la sentenza di primo grado, la Corte d’Appello di Bologna negava al conduttore il diritto all’indennità il trasferimento dell’attività era stato, infatti, comunicato alla provincia di Parma che aveva concesso la relativa autorizzazione. Se ne deduceva che, alla data della disdetta, i locali condotti in locazione non erano più utilizzati e che il conduttore aveva omesso di informarne i locatori al solo fine di potersi avvantaggiare dell’indennità di avviamento. L’uomo ricorre, così, in Cassazione. Indennità di avviamento quando deve essere corrisposta. Secondo il ricorrente, il diritto di percepire l’indennità a compenso della perdita dell'avviamento commerciale spetta al conduttore in ogni caso in cui il rapporto locativo venga a cessare per recesso del locatore, restando irrilevante la circostanza che il conduttore estromesso abbia in ipotesi cessato la sua attività. Assume di avere comunque continuato ad utilizzare i vani locati, pur avendo trasferito nei nuovi locali, la sede ufficiale dell’autoscuola. I motivi non sono fondati l’indennità per la perdita dell'avviamento commerciale di cui agli artt. 34 e 35, l. n. 392/1978 deve essere corrisposta in ogni caso di cessazione del rapporto per disdetta del locatore, sempre che alla data della cessazione permangano i requisiti a cui le citate norme di legge subordinano la corresponsione dell'indennità che permanga, cioè, non tanto l'utilizzazione di fatto del bene da parte del locatore, quanto il suo diritto di continuare a svolgervi l'attività prevista dal contratto di locazione e, in particolare, un'attività che comporti il contatto con il pubblico degli utenti e dei consumatori. Nella specie, la Corte di merito ha accertato che non è stata semplicemente ampliata la sede originaria per comprendere i nuovi locali acquistati. Si è trattato di uno spostamento ufficiale dell’attività oggetto del contratto di locazione in un altro luogo e tale spostamento ha richiesto il rilascio di apposita autorizzazione amministrativa. Ne consegue che nei vani locati è ufficialmente cessata l'attività dell'autoscuola e così anche il protrarsi del contatto diretto con il pubblico, a cui è condizionato il diritto al pagamento dell’indennità sostitutiva dell'avviamento. Pertanto, il ricorso non merita accoglimento.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 20 novembre 2013 – 28 gennaio 2014, n. 1763 Presidente Russo – Relatore Lanzillo Svolgimento del processo V.G. , conduttore di locali adibiti ad autoscuola, ha convenuto davanti al Tribunale di Parma i locatori, A.S. e M. , chiedendo il pagamento dell'indennità di avviamento a seguito della disdetta del contratto di locazione, comunicatagli dagli stessi il 25 marzo 2005 per la scadenza del 31 marzo 2006. Gli A. hanno resistito alla domanda, eccependo che fin dal 2004 il V. aveva spostato la sua attività in due locali contigui, che aveva acquistato in proprietà, lasciando inutilizzato l'immobile in locazione al solo scopo di far valere il diritto all'indennità per la perdita dell'avviamento commerciale, di cui all'art. 34 legge 27 luglio 1978 n. 392. Esperita l'istruttoria anche tramite prove testimoniali, il Tribunale di Parma ha accolto la domanda attrice, condannando i convenuti a pagare la somma di Euro 10.371,60 oltre interessi a titolo di indennità per la perdita dell'avviamento commerciale. Proposto appello dagli A. , a cui ha resistito l'appellato, con sentenza 3 aprile - 1 ottobre 2009 n. 460 la Corte di appello di Bologna, in riforma della sentenza di primo grado, ha negato al conduttore il diritto all'indennità. Il V. propone tre motivi di ricorso per cassazione. Resistono gli intimati con controricorso. Motivi della decisione .- La Corte di appello ha tratto argomento a giustificazione del rigetto della domanda di pagamento dell'indennità dalla circostanza che è stato documentato in causa che il 20.11.2002 il V. ebbe a comunicare alla Provincia di Parma di voler trasferire tutta l'attività dell'Autoscuola in due vani ad uso negozio, contigui all'attuale sede, che aveva acquistato in proprietà che il 24 maggio 2004 la Provincia di Parma ha concesso la richiesta autorizzazione al mutamento della sede, richiedendo al V. la consegna della precedente autorizzazione, relativa ai locali condotti in locazione che le deposizioni testimoniali hanno confermato che fin dal 24 maggio 2004 tutta l'attività dell'autoscuola era stata trasferita nei nuovi locali, indirizzandovi i clienti tramite apposito cartello all'ingresso della vecchia sede. Ne ha dedotto che, alla data della disdetta, i locali condotti in locazione non erano più utilizzati che il conduttore ha omesso di informarne i locatori solo per potersi avvantaggiare dell'indennità di avviamento, e che il diritto non può essergli riconosciuto. 2.- Con il primo e il secondo motivo - che possono essere congiuntamente esaminati perché connessi - il ricorrente denuncia violazione degli art. 34 e 35 legge 27 luglio 1978 n. 392, 2697 cod. civ., nonché omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, sul rilievo che il diritto di percepire l'indennità a compenso della perdita dell'avviamento commerciale spetta al conduttore in ogni caso in cui il rapporto locativo venga a cessare per recesso del locatore, restando irrilevante la circostanza che il conduttore estromesso abbia in ipotesi cessato la sua attività. Assume di avere comunque continuato ad utilizzare i vani locati, svolgendovi le attività didattiche ed altre attività accessorie dell'autoscuola, pur avendo trasferito nei nuovi locali, ad essa contigui, la sede ufficiale e censura la sentenza impugnata, che avrebbe ingiustificatamente disatteso le prove testimoniali acquisite sul punto. 3.- I motivi non sono fondati. L'indennità per la perdita dell'avviamento commerciale di cui agli art. 34 e 35 legge n. 392/1978, cit., deve essere corrisposta in ogni caso di cessazione del rapporto per disdetta del locatore, sempre che alla data della cessazione permangano i requisiti a cui le citate norme di legge subordinano la corresponsione dell'indennità che permanga, cioè, non tanto l'utilizzazione di fatto del bene da parte del locatore, quanto il suo diritto di continuare a svolgervi l'attività prevista dal contratto di locazione, ed in particolare un'attività che comporti il contatto con il pubblico degli utenti e dei consumatori. Nella specie la Corte di appello ha accertato che il V. aveva ufficialmente chiesto all'amministrazione provinciale l'autorizzazione a spostare la sede dell'autoscuola dai vani locati a quelli nuovi, da lui acquistati che tale autorizzazione ha ottenuto, e che ha contemporaneamente restituito la precedente autorizzazione, relativa all'esercizio dell'attività nei vani di proprietà degli A. . Non si è trattato, cioè, di un ampliamento della sede originaria fino a comprendere i nuovi locali acquistati, ma dello spostamento ufficiale dell'attività oggetto del contratto di locazione ad altro luogo, separato e diverso tanto diverso pur se probabilmente contiguo che lo spostamento ha richiesto il rilascio di apposita autorizzazione amministrativa e la restituzione della precedente. Donde anche il divieto di continuare ad esercitarvi la precedente attività . Ne consegue che, dalla medesima data, nei vani locati è ufficialmente cessata l'attività dell'autoscuola e così anche il protrarsi del contatto diretto con il pubblico, a cui è condizionato il diritto al pagamento dell'indennità sostitutiva dell'avviamento. 4.- Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione degli art. 91 e 112 cod. proc. civ., e carenza assoluta di motivazione, sul rilievo che la Corte di appello lo ha indirettamente condannato due volte al pagamento delle spese di primo grado. Lo ha infatti condannato a restituire ai locatori la somma di Euro 15.510,83, oltre agli interessi, somma che i locatori gli avevano corrisposto in esecuzione della sentenza di primo grado e che era comprensiva dell'indennità di avviamento e di Euro 4.620,51 in rimborso delle spese legali e di registro di primo grado e lo ha poi condannato ancora al pagamento delle spese processuali del doppio grado, fra cui Euro 3.628,26 in relazione al giudizio di primo grado. Assume che, con la restituzione di Euro 15.510,83, egli ha già corrisposto il rimborso delle spese di primo grado. 4.1.- Il motivo non è fondato e si fonda su di un equivoco. La somma pagata dagli A. in esecuzione della sentenza del Tribunale comprende le spese processuali sostenute dal V. , che il Tribunale aveva posto a loro carico, essendo essi risultati soccombenti. A seguito della sentenza di appello soccombente è solo il V. , sicché deve restituire quanto ha ricevuto per l'indennità di avviamento e per le sue personali spese giudiziali di primo grado - alla cui restituzione non ha diritto - mentre deve rimborsare alle controparti le spese da essi sostenute per il primo e per il secondo grado, come ha correttamente disposto la Corte di appello. 5.- Il ricorso deve essere rigettato. 6.- Le spese del presente giudizio, liquidate nel dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte di cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate complessivamente in Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 2.000,00 per compensi oltre agli accessori previdenziali e fiscali di legge.