Gravi vizi dell’opera: risponde anche il committente in caso di ingerenza nella realizzazione dei lavori

In tema di responsabilità del venditore-costruttore per gravi difetti dell’opera, l’art. 1669 c.c., mirando a finalità di ordine pubblico, è applicabile non solo nei casi in cui il venditore abbia personalmente, cioè con propria gestione di uomini e mezzi, provveduto alla costruzione, ma anche nelle ipotesi in cui, pur avendo utilizzato l’opera di soggetti professionalmente qualificati, come l’appaltatore, il progettista, il direttore dei lavori, abbia mantenuto il potere di impartire direttive o di sorveglianza sullo svolgimento dell’altrui attività, sicché anche in tali casi la costruzione dell’opera è a lui riferibile.

Pertanto, il venditore può essere chiamato a rispondere dei gravi difetti dell’opera non soltanto quando i lavori siano eseguiti in economia, ma anche nell’ipotesi in cui la realizzazione dell’opera è affidata a un terzo al quale non sia stata lasciata completa autonomia tecnica e decisionale ne consegue che il giudice di merito, nel verificare la responsabilità del venditore ex art. 1669 c.c., non può limitarsi ad accertare se l’opera sia stata direttamente compiuta dal medesimo, essendo necessario stabilire - anche quando nell’esecuzione siano intervenuti altri soggetti - se la costruzione sia ugualmente a lui riferibile, per avere egli mantenuto il potere di direttiva o di controllo sull’operato dei predetti. Con la pronuncia del 14 gennaio 2014, n. 632, la Corte di Cassazione ripercorre lo stato dell’arte sulla fattispecie di responsabilità ex art. 1669 c.c., confermando il pregresso orientamento di legittimità in punto di qualificazione della stessa in termini di responsabilità extracontrattuale sia per quanto riguardo i soggetti nei confronti dei quali può essere azionata. Il caso. La vicenda decisa dalla sentenza in commento prende le mosse dall’azione avviata dai proprietari di alcune unità abitative di un complesso residenziale nei confronti della società venditrice – nella sua qualità di committente – e nei confronti dell’appaltatore, al fine di ottenere il risarcimento del danno per una serie di gravi vizi riscontrati negli immobili in questione. Accolta in primo grado la domanda proposta dagli attori, la Corte di Appello di Bologna ha riformato tale pronuncia sul rilievo che non fosse configurabile una responsabilità ex art. 1669 c.c. da parte della committente, posto che la stessa si era limitata a conferire l’appalto, senza entrare nel merito delle scelte e decisione tecniche relative alla costruzione degli immobili. Avverso tale decisione ricorrono i proprietari degli appartamenti in Cassazione, la quale, richiamando la propria pregressa giurisprudenza sulla responsabilità sia del committente che dell’appaltatore, accoglie il ricorso rimettendo la causa innanzi alla Corte di appello di Bologna per un nuovo esame. Quali vizi legittimano l’azione ex art. 1669 c.c.? Il difetto di costruzione” che, a norma dell’art. 1669 c.c., legittima il committente all’azione nei confronti dell’appaltatore, come del progettista, può consistere in una qualsiasi alterazione, conseguente ad un’insoddisfacente realizzazione dell’opera, che, pur non riguardando parti essenziali della stessa e perciò non determinandone la rovina” o il pericolo di rovina” , bensì quegli elementi accessori o secondari che ne consentono l’impiego duraturo cui è destinata, incida negativamente e in modo considerevole sul godimento dell’immobile. In particolare, secondo la giurisprudenza, rientrano nella nozione di gravi difetti dell’immobile - che determinano la responsabilità del costruttore ex art. 1669 c.c. - le deficienze costruttive incidenti sulla funzionalità ed abitabilità dell’opera e comportanti una menomazione del godimento con pericolo per la durata e la conservazione della costruzione La diligenza dell’appaltatore come e perché. L’appaltatore, dovendo assolvere al proprio dovere di osservare i criteri generali della tecnica relativi al particolare lavoro affidatogli, è obbligato a controllare, nei limiti delle sue cognizioni, la bontà del progetto o delle istruzioni impartite dal committente e, ove queste siano palesemente errate, può andare esente da responsabilità soltanto se dimostri di avere manifestato il proprio dissenso e di essere stato indotto ad eseguirle, quale nudus minister , per le insistenze del committente ed a rischio di quest’ultimo pertanto, in mancanza di tale prova, l’appaltatore è tenuto all’intera garanzia per le imperfezioni o i vizi dell’opera, senza poter invocare il concorso di colpa del progettista o del committente, né l’efficacia esimente di eventuali errori nelle istruzioni impartite dal direttore dei lavori. Responsabilità del committente e dell’appaltatore quando si verifica? L’azione di responsabilità per rovina e difetti di cose immobili, prevista, come poc’anzi riferito, dall’art. 1669 c.c., può essere esercitata non solo dal committente contro l’appaltatore, ma anche dall’acquirente contro il venditore che abbia costruito l’immobile sotto la propria responsabilità, allorché lo stesso venditore abbia assunto, nei confronti dei terzi e degli stessi acquirenti, una posizione di diretta responsabilità nella costruzione dell’opera, e sempre che si tratti di gravi difetti, i quali, nei termini di cui sopra, al di fuori dell’ipotesi di rovina o di evidente pericolo di rovina, pur senza influire sulla stabilità dell’edificio, pregiudichino o menomino in modo rilevante il normale godimento, la funzionalità o l’abitabilità del medesimo Inadempimento del contratto di appalto e normativa applicabile. In tema di inadempimento del contratto di appalto, le disposizioni speciali di cui agli artt. 1667, 1668 e 1669 c.c. integrano - senza escluderne l’applicazione - i principi generali in materia di inadempimento delle obbligazioni, con la conseguenza che, nel caso in cui l’opera sia stata realizzata in violazione delle prescrizioni pattuite o delle regole tecniche, il committente, convenuto per il pagamento del prezzo, può - al fine di paralizzare la pretesa avversaria - opporre le difformità e i vizi dell’opera, in virtù del principio inadimplenti non est adimplendum , richiamato dal secondo periodo dell’ultimo comma dell’art. 1667 c.c., anche quando non abbia proposto, in via riconvenzionale, la domanda di garanzia o la stessa sia prescritta. In particolare, nel caso in cui l’appaltatore non abbia portato a termine l’esecuzione dell’opera commissionata, restando inadempiente all’obbligazione assunta con il contratto, la disciplina applicabile nei suoi confronti è quella generale in materia di inadempimento contrattuale, dettata dagli artt. 1453 e 1455 c.c., mentre la speciale garanzia prevista dagli artt. 1667 e 1668 c.c. trova applicazione nella diversa ipotesi in cui l’opera sia stata portata a termine, ma presenti vizi, difformità o difetti ne consegue che, in caso di omesso completamento dell’opera, anche se questa, per la parte eseguita, risulti difettosa o difforme, non è comunque consentito, al fine di accertare la responsabilità dell’appaltatore per inesatto adempimento, fare ricorso alla disciplina dell’anzidetta garanzia che, per l’appunto, richiede necessariamente il totale compimento dell’opera. La diligenza dell’appaltatore il contratto della validità tecnica dell’opera. Nell’appalto sia pubblico che privato, rientra tra gli obblighi di diligenza dell’appaltatore, senza necessità di una specifica pattuizione, esercitare il controllo della validità tecnica del progetto fornito dal committente, anche in relazione alle caratteristiche del suolo su cui l’opera deve sorgere, posto che dalla corretta progettazione, oltre che dall’esecuzione dell’opera, dipende il risultato promesso con riferimento ad una fattispecie esaminata dal S.C., la scoperta in corso d’opera di peculiarità geologiche del terreno tali da impedire l’esecuzione dei lavori, non può essere invocata dall’appaltatore per esimersi dall’obbligo di accertare le caratteristiche idrogeologiche del terreno sul quale l’opera deve essere realizzata e per pretendere una dilazione od indennizzo, essendo egli tenuto a sopportare i maggiori oneri derivanti dalla ulteriore durata dei lavori, mentre la sua responsabilità è esclusa solo se le condizioni geologiche non siano accertabili con l’ausilio di strumenti, conoscenze e procedure normali. Responsabilità contrattuale o extracontrattuale? L’azione di responsabilità prevista dall’art. 1669 c.c. integra una ipotesi di responsabilità extracontrattuale, che postula quali suoi presupposti a l’esistenza di gravi difetti, ossia di deficienze costruttive incidenti sulla funzionalità e abitabilità dell’immobile, comportanti una menomazione del godimento del proprietario, sempre che sia ravvisabile un pericolo per la durata e la conservazione dell’immobile b il loro collegamento causale a un difetto di costruzione. L’ipotesi di responsabilità regolata dall’art. 1669 c.c., quindi, ha un ambito di applicazione più ampio di quello risultante dal tenore letterale della disposizione - che fa riferimento soltanto all’appaltatore nei confronti del committente e dei suoi aventi causa - perché operante, al ricorrere delle condizioni testè illustrate, anche a carico del progettista, del direttore dei lavori e dello stesso committente che abbia provveduto alla costruzione dell’immobile con propria gestione diretta, ovvero sorvegliando personalmente l’esecuzione dell’opera, sì da rendere l’appaltatore un mero esecutore dei suoi ordini il suo presupposto risiede quindi, e in ogni caso, nella partecipazione alla costruzione dell’immobile in posizione di autonomia decisionale”, in difetto della quale lo stesso appaltatore sfugge a tale forma di responsabilità . I termini di prescrizione. Il termine di un anno previsto dall’art. 1669, 2º comma, c.c. è, per espressa previsione normativa, un termine prescrizionale, il cui decorso, a norma dell’art. 2943 c.c., viene interrotto non solo dalla proposizione della domanda giudiziale, ma, altresì, da qualsiasi atto stragiudiziale che valga a costituire in mora il debitore.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 8 ottobre 2013 - 14 gennaio 2014, n. 632 Presidente Goldoni – Relatore D’Ascola Svolgimento del processo 1 Alcuni proprietari di porzioni immobiliari nel complesso omissis , sito in omissis , hanno intrapreso azione di responsabilità ex art. 1669 c.c., in relazione a gravi difetti degli appartamenti acquistati. Gli attori, ai quali in corso di causa si sono aggiunti altri acquirenti degli appartamenti, hanno convenuto in giudizio la venditrice SIRR srl, che ha negato la configurabilità di propria responsabilità e ha chiamato in causa l’appaltatrice, snc Bolognesi & amp Evangelisti, per essere manlevata da qualunque eventuale condanna. Bolognesi si è costituita eccependo la prescrizione del diritto e deducendo che aveva eseguito l'opera nel rispetto del progetto di Sirr, la quale aveva anche nominato il direttore dei lavori. Il tribunale di Ravenna ha accolto la domanda nei confronti di entrambe le società, condannate al pagamento di oltre 400mila Euro, per le riparazioni delle parti comuni e delle singole unità immobiliari. La Corte di appello di Bologna il 28 maggio 2007 ha accolto gli appelli delle soccombenti. 2 La Corte ha ritenuto che non fosse configurabile responsabilità della committente ex art. 1669 cod. civ., perché si era limitata a conferire l'appalto come mero elenco di lavori da eseguire e a nominare il direttore dei lavori, senza che vi fosse prova del suo ingerirsi, con direttive specifiche, nell'attività dell'appaltatore. Ha ritenuto che non può gravare sul committente l'onere della prova di non essersi ingerito nella gestione dell'appalto. Quanto all'appaltatore, ha rilevato che la domanda attorea non era stata estesa automaticamente all'appaltatore Bolognesi, giacché la chiamata in causa non mirava ad indicarlo quale unico responsabile, ma era svolta quale chiamata in manleva e garanzia. Ne ha desunto che la domanda risareitoria, formulata per la prima volta dagli attori contro Bolognesi soltanto in sede di conclusioni pag. 13 in fine , fosse inammissibile. 2.1 Gli attori hanno proposto ricorso per cassazione, notificato il 23/26 novembre 2007, resistito da separati controricorsi. Sono state depositate memorie. Motivi della decisione 3 I motivi di ricorso mirano complessivamente a far affermare la concorrente responsabilità delle due società resistenti. Pertanto dal punto di vista logico è da esaminare in primo luogo il secondo motivo di ricorso, che denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 324 e 329 c.p.c. ed afferma che la responsabilità Sirr sarebbe, almeno in parte, sancita dal passaggio in giudicato della sentenza di primo grado. Parte ricorrente sostiene infatti che la sentenza di primo grado ha distinto la responsabilità diretta del committente - per gli errori di progetto - da quella indiretta, per l'opera dell'appaltatore e che l'appello di SIRR riguardava solo la seconda. La tesi non ha pregio. Consta infatti dalla sentenza del tribunale di Ravenna che la responsabilità di Sirr è stata affermata cumulativamente sulla base di plurimi riscontri, tra i quali è stata affermata sia la imputabilità del progetto e della direzione lavori alla committente, sia la effettuazione dei lavori in conformità a queste direttive, senza tuttavia privare l'appaltatore del potere-dovere di vagliare quanto richiestogli. Inoltre la sentenza non ha distinto gli errori imputabili al progetto o alla direzione lavori da quelli riferibili alla esecuzione degli stessi, sicché manca il presupposto per poter identificare un capo di domanda suscettibile di passare in cosa giudicata. Va ancora aggiunto che l'appello ha impugnato complessivamente le ragioni del decidere, contestando si veda ad esempio pag. 6 la rilevanza delle premesse della sentenza del tribunale, tra le quali vi era la realizzazione del progetto e la nomina del direttore dei lavori. 4 È utile questo punto esaminare il terzo motivo di ricorso, che concerne la posizione della parte chiamata in causa, società Bolognesi, poiché la domanda svolta contro di essa è stata dichiarata inammissibile per motivi di rito. L'accoglimento del motivo, che mira a far affermare la estensione della domanda nei confronti della società appaltatrice, conduce infatti a poter unitariamente esaminare i motivi relativi alla responsabilità delle resistenti ex art. 1669 c.c Il motivo è fondato. La Corte di appello ha affermato pag. 13 che la estensione automatica al terzo chiamato della domanda originaria non può configurarsi allorquando il convenuto chiami in causa il terzo in garanzia , al fine di essere manlevato e garantito da quanto dovuto agli attori. In tal caso mancherebbe il presupposto dell'unicità del rapporto controverso, essendo dedotto un titolo diverso da quello dedotto dall'attore. Gli atti di causa, da consultare attesa la natura processuale della censura, rivelano però inequivocabilmente che parte convenuta sostenne subito che il complesso edilizio era stato costruito dalla soc. Bolognesi e che pertanto l'azione ex art. 1669 c.c. doveva essere rivolta contro quest'ultima cfr. atto di chiamata in causa pag. 6 . Ne chiese conseguentemente la condanna alla manleva. Era però evidente l'intento di negare di poter essere considerata, quale venditrice, portatrice di una responsabilità posta dall'art. 1669 cod. civ., norma dettata in tema di appalto che, secondo la tesi di Sirr, incombe soltanto sull'appaltatore. Ciò valeva a qualificare l'atto, al di là da qualsiasi formula adottata, in primo luogo come chiamata del terzo responsabile e non già, o forse solo in via subordinata, come chiamata in garanzia impropria. Si deve infatti privilegiare l’effettiva volontà della chiamante in relazione alla finalità, in concreto perseguita, di attribuire al terzo la responsabilità della cattiva esecuzione delle opere e dei danni conseguentemente arrecati. In tal caso, si verifica l'estensione automatica della domanda al terzo chiamato, indicato dal convenuto come il vero legittimato, onde il giudice può direttamente emettere nei suoi confronti una pronuncia di condanna, anche se l'attore non ne abbia fatto richiesta cfr. Cass. 20610/11, che si esprime in questi termini 8811/03 . 5 Sono a questo punto da esaminare congiuntamente il primo e il quarto motivo. Con il primo motivo sono denunciati cfr rubrica vizi di motivazione omessa e/o erronea applicazione degli artt. 1669 c.c., 112 c.p.c. omesso esame di un motivo di censura . Il motivo è imperniato su più profili anche per quanto riguarda le differenziate posizioni degli odierni resistenti. 5.1 Va subito detto che per quanto concerne i presupposti della responsabilità dell'appaltatore, la censura è inammissibile. Essa è riassunta a pag. 24 del ricorso, nel quesito di diritto, posto con richiesta di affermazione di un principio che concerne il dovere dell'appaltatore di evitare gli errori progettuali o direttivi del committente Sirr. Trattasi di questione che non è pertinente alla ratio della decisione impugnata, la quale, per quanto riguarda Bolognesi, ha disatteso la domanda degli acquirenti perché inammissibile per motivi di rito già oggetto del motivo di ricorso qui accolto al p. precedente , senza esaminarla nel merito. Essa sarà oggetto di scrutinio da parte del giudice di rinvio. 5.2 Fondati sono invece i profili di ricorso relativi alla posizione Sirr. Come efficacemente riassunto nel primo e quarto motivo, concretizzati nella richiesta di applicazione di principi di diritto enucleati specialmente a pag. 21 e 49 cosi formulando idonei quesiti ex art. 366 bis c.p.c. , la Corte di appello ha errato nell'escludere risolutamente la responsabilità del committente perché questi non avrebbe direttamente contribuito all'esistenza dei vizi e difetti . Per sorreggere questa tesi, la Corte felsinea ha, nei passaggi cruciali della motivazione, svilito la circostanza che il committente aveva nominato il direttore dei lavori e totalmente dimenticato, pur avendone dato atto quale accertamento positivo del giudice di primo grado cfr pag. 7 , che anche il progetto era integralmente riferibile al venditore. In tal modo ha omesso di considerare il ruolo determinante che il direttore dei lavori svolge nella realizzazione dell'opera - argomento su cui vertono le pertinenti osservazioni svolte nel quarto motivo - e l'importanza del progetto stesso. Ha poi concluso che sarebbe diabolica la prova, implicitamente imposta al committente dal primo giudice, di non essersi ingerito nell'appalto. 5.3 Ogni aspetto di questa motivazione confligge con i principi di diritto che il Collegio ritiene applicabili alla specie e configura la sussunzione della fattispecie in una errata concezione dell'art. 1669 c.c Essa non coglie adeguatamente le ipotesi di corresponsabilità tra appaltatore e altri soggetti, come il costruttore venditore. Nel frastagliato quadro giurisprudenziale in materia si rinvengono sentenze che hanno ripetuto che il committente risponde ex art. 1669 c.c. qualora abbia provveduto alla costruzione dell'immobile con propria gestione diretta, ovvero sorvegliando personalmente l'esecuzione dell'opera, sì da rendere l'appaltatore un mero esecutore dei suoi ordini cfr Cass., I sezione, 13158/02 . Il Collegio ritiene preferibile l'orientamento che muove dalla seguente premessa felicemente sintetizzata da Cass, 2A sez., 4622/02, v. anche Cass. 8109/97 La denuncia di gravi difetti di costruzione, oltre che dal committente e suoi aventi causa, può essere fatta anche dagli acquirenti dell'immobile, in base al principio che le disposizioni di cui all'art. 1669 cod. civ. mirano a disciplinare le conseguenze dannose di quei difetti che incidono profondamente sugli elementi essenziali dell'opera e che influiscono sulla durata e solidità della stessa, compromettendone la conservazione e configurano, quindi, una responsabilità extracontrattuale, sancita per ragioni e finalità di interesse generale, con la conseguenza che la relativa azione, nonostante la collocazione della norma tra quelle in materia di appalto, è data non solo al committente e suoi aventi causa nei confronti dell'appaltatore, ma anche all'acquirente nei confronti del costruttore venditore . Perviene poi all'affermazione che il venditore può essere chiamato a rispondere dei gravi difetti dell'opera non soltanto quando i lavori siano eseguiti in economia, ma anche nell'ipotesi in cui la realizzazione dell'opera è affidata a un terzo al quale non sia stata lasciata completa autonomia tecnica e decisionale, in quanto il venditore abbia mantenuto il potere di impartire direttive o di sorveglianza sullo svolgimento dell'altrui attività, sicché anche in tali casi la costruzione dell'opera è a lui riferibile Cass. 567/05 2238/12 . Giunge infine a sancire condivisibilmente che l’azione di responsabilità per rovina e difetti di cose immobili, prevista dall'art. 1669 cod. civ., può essere esercitata anche dall'acquirente nei confronti del venditore che risulti fornito della competenza tecnica per dare direttamente, o tramite il proprio direttore dei lavori, indicazioni specifiche all'appaltatore esecutore dell'opera, gravando sul medesimo venditore l'onere di provare di non aver avuto alcun potere di direttiva o di controllo sull'impresa appaltatrice , cosi1 da superare la presunzione di addebitabilità dell'evento dannoso ad una propria condotta colposa, anche eventualmente omissiva Cass. 9370/13 . 5.3.1 Questa linea ermeneutica è coerentemente seguita dalla giurisprudenza che, superate le contrarietà dottrinali, ha ricondotto l'art. 1669 c.c. nell'alveo della responsabilità extracontrattuale, al fine di consentire ai danneggiati da gravi difetti rovina dell'edificio, una tutela non minore, ma anzi, come vuole il legislatore, rafforzata rispetto a quella che sarebbe loro offerta dall'art. 2043 c.c Se cosi non fosse, i danneggiati si troverebbero preclusa la strada risarcitoria generica proprio da una norma che è stata invece dettata per ampliare gli spazi di tutela. E ciò avverrebbe anche con riguardo alla limitazione di responsabilità che la sentenza impugnata ha qui sancito in favore dei coautori della lesione, quale è il committente-venditore che abbia avuto una qualche ingerenza, sorveglianza o influenza nella realizzazione dell'opera, come può avvenire, esemplificativamente, quando egli nomini il direttore dei lavori o designi il progettista dalla cui negligenza dipenda, sia pure in concorso con l'appaltatore, il vizio lamentato . Ne consegue l'applicazione dei principi ordinari in tema di responsabilità aquiliana circa i presupposti per individuare il concorso del venditore, con i riflessi probatori accennati dalla più recente pronuncia dianzi citata. Discende da quanto esposto l'accoglimento, nei limiti sopraesposti, del primo, secondo e quarto motivo di ricorso il rigetto del secondo. La sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti e la cognizione rimessa ad altra sezione della Corte di appello di Bologna per nuovo svolgimento del giudizio di appello con applicazione dei principi di diritto qui enunciati e la liquidazione delle spese di questo giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie primo, terzo e quarto motivo di ricorso rigetta il secondo. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia ad altra sezione della Corte di appello di Bologna, che provvederà anche sulla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.