Preliminare nullo se l’immobile è abusivo

Anche se il contratto preliminare ha efficacia obbligatoria e non reale, è da considerare nullo ove abbia ad oggetto la vendita di un immobile irregolare dal punto di vista urbanistico.

Assolutamente innovativa la sentenza numero 28194 del 17 dicembre 2013 che, rivedendo il costante orientamento giurisprudenziale, ha riconosciuto la nullità di un contratto preliminare di compravendita sulla base del disposto dell’art. 40, legge numero 47/1985. I fatti. Il caso in esame riguardava un preliminare con il quale due coniugi avevano promesso in vendita un immobile sito in Carmignano, successivamente risultato irregolare dal punto di vista urbanistico. In ragione di ciò, le parti avevano sottoscritto una scrittura privata nella quale, dando atto delle difformità riscontrate dal geometra incaricato dalla banca ai fini della concessione del mutuo, avevano concesso la sospensione dei pagamenti fino a che non fosse stato possibile addivenire al rogito, come pure del conteggio degli interessi e dichiarato che, se entro il 30 giugno 1988 non fosse stata emanata una nuova normativa sul condono, avrebbero riesaminato la questione della vendita. Con lettera del 24 marzo 1990, riproposta anche a distanza di un mese, la promissaria acquirente aveva invitato i venditori a depositare la documentazione per la stipula del definitivo ma questi erano rimasti inerti. Anzi, successivamente, essi venditori avevano adito il tribunale per sentir dichiarare la nullità o annullamento o risoluzione di detto contratto preliminare stipulato nel 1987, domanda che era stata rigettata con condanna degli attori al risarcimento del danno in favore della promissaria acquirente. Interposto gravame innanzi alla corte di merito toscana, i venditori erano risultati nuovamente soccombenti essendo peraltro emerso che avevano presentato, nell’anno 1995, domanda in sanatoria ai sensi della legge numero 724/1994 e, pur potendo concludere l’accordo a decorrere da tale data, si erano ingiustificataente sottratti al loro obbligo. Il dedotto, generico, aumento di valore del bene, pertanto, non poteva giustificare la richiesta risoluzione del rapporto, essendo l’asserita sproporzione della prestazioni imputabile ai venditori stessi. Per la cassazione della pronuncia di merito hanno interposto gravame i soccombenti, affidato a sei motivi di diritto solo il primo è stato oggetto di esame della Suprema corte, in quanto ritenuto assorbente di tutte le altre questioni sollevate. Più precisamente, i venditori hanno preliminarmente evidenziato che il problema principale che avrebbe dovuto essere affrontato dai giudici di merito era quello relativo alla nullità del contratto preliminare per motivi sostanziali, in considerazione delle irregolarità urbanistiche non sanate dell’immobile. Se l’immobile è abusivo il preliminare è nullo. Il motivo è stato ritenuto fondato. Dopo un lungo excursus delle pregresse pronunce di legittimità relative alle conseguenze della alienazione di immobili affetti da dette irregolarità edilizie non sanate o non sanabili, tutte risolte sul piano dell’inadempimento, prendendo le mosse dalla recente sentenza numero 16876/2013 che per la prima volta aveva ritenuto interessante la tesi della c.d. nullità sostanziale, ha affermato quanto segue. Il contratto preliminare avente ad oggetto un bene affetto da irregolarità urbanistica è da considerare nullo sulla scorta del disposto dell’art. 40, legge numero 47/1985 che, seppur di non perfetta formulazione, afferma la nullità di carattere sostanziale degli atti di trasferimento di immobili non in regola con la normativa urbanistica, cui si aggiunge una nullità di carattere formale per gli atti di trasferimento di immobili in regola, o per i quali è in corso la regolarizzazione, ove tali circostanze non risultino dagli atti stessi. L’assenza delle citate dichiarazioni o dei relativi documenti che non dipenda da mancanza della licenza o della concessione, aggiunge il legislatore, può essere sanata anche successivamente da una sola delle parti, con atto avente le stesse forme del precedente. La previsione della conferma, secondo la Corte, lascia intendere che gli atti non sono ab origine validi, ferme restando le responsabilità per inadempimento del venditore, di conseguenza, è da ritenere nullo anche il preliminare che abbia ad oggetto la vendita di un immobile irregolare dal punto di vista urbanistico e ciò a prescindere dal fatto che il definitivo ha efficacia reale immediata mentre il preliminare semplicemente obbligatoria. Sulla base di tali assunti la sentenza di appello è stata cassata e la causa rinviata ad un diverso giudice anche per il regolamento delle spese di lite.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 18 giugno - 17 dicembre 2013, n. 28194 Presidente Triola – Relatore San Giorgio Svolgimento del processo 1. - Con atto di citazione notificato il 18 dicembre 2002, M.U. , quale procuratore speciale di W.L.M. e di O. , convenne in giudizio innanzi alla Corte d'Appello di Firenze T.A. , proponendo gravame avverso la sentenza con la quale il Tribunale di Prato aveva rigettato la domanda di declaratoria di nullità o di annullamento o di risoluzione del contratto preliminare di compravendita stipulato tra le parti l'11 febbraio 1987, e aveva condannato gli attori al risarcimento del danno in favore di T.A. . 2. - La Corte d'appello di Firenze, con sentenza depositata il 23 novembre 2006, rigettò il gravame. La Corte di merito rilevò che dai documenti prodotti in giudizio risultava che con il predetto contratto W.L.M. e O. avevano promesso in vendita il fabbricato posto in OMISSIS , al prezzo di lire 208.000,000, pattuendo che il rogito avrebbe dovuto essere stipulato dopo il saldo, pari a lire 128.000,000 che con la scrittura privata del 4 dicembre 1987, le parti, dato atto che non era possibile stipulare il rogito entro il 30 settembre 1987 a causa delle irregolarità urbanistiche della costruzione, di cui erano venute a conoscenza solo successivamente, con la lettera del geom. Mo. , in data 16 settembre 1987, indirizzata al Credito Romagnolo ai fini della concessione del mutuo, avevano dichiarato di non addossarsi inadempienze reciproche e che avrebbero sospeso i residui pagamenti fino a che non fosse stato possibile addivenire al rogito, con la conseguenza che la T. sarebbe rimasta nel possesso dell'immobile, e che se entro il 30 giugno 1988 non fosse stata emanata una nuova normativa per il condono edilizio, le parti avrebbero riesaminato la situazione. Intanto, non sarebbero decorsi gli interessi sulle somme da versare a saldo. Con lettera in data 24 marzo 1990 la T. aveva invitato i W.L. a depositare i documenti necessari per la stipula del rogito entro il 30 aprile 1990 e successivamente aveva ribadito tale richiesta per la data del 31 maggio 1991. All'udienza del 16 giugno 1995, gli attori avevano dichiarato di aver richiesto la sanatoria edilizia ai sensi della legge n. 724 del 1994. Ciò posto, la Corte di merito osservò che la sanzione della nullità di cui alla legge n. 47 del 1985 per le fattispecie relative ad immobili privi della concessione edificatoria trova applicazione nei soli atti di trasferimento e non può essere estesa ai contratti con efficacia obbligatoria, come il preliminare di vendita. Né la parte promissaria acquirente aveva comunicato alcuna diffida ad adempiere con l'avvertimento che, decorso inutilmente il termine, il contratto doveva intendersi risolto, essendosi la T. limitata ad invitare i W.L. a depositare i documenti necessari per la stipula del rogito, con la conseguenza che doveva escludersi la risoluzione di diritto del contratto preliminare di compravendita. Né poteva essere invocato l'errore, comunque venuto meno poiché, a seguito della sanatoria, il bene oggetto del contratto non presentava più qualità e caratteristiche diverse da quelle che le parti avevano avuto presenti al momento del preliminare, allorché entrambe ignoravano la sussistenza delle difformità. Quanto alla dedotta eccessiva onerosità, per effetto dell'accordo del 1987, le parti avevano espressamente pattuito la sospensione dei pagamenti e la non decorrenza degli interessi sulle somme ancora dovute per il saldo fino al momento in cui non fosse stato possibile stipulare il rogito, sicché doveva escludersi la rilevanza dell'eventuale aumento del valore di mercato del bene fino alla data di presentazione della domanda in sanatoria 28 febbraio 1995 . Peraltro, l'appellante non aveva nemmeno affermato che nel predetto arco temporale si fossero verificati avvenimenti straordinari ed imprevedibili tali da determinare la eccessiva onerosità della prestazione quanto al periodo successivo alla data sopra indicata. Quanto al periodo successivo al 28 febbraio 1995, da quella data le parti avrebbero ben potuto concludere il contratto definitivo di compravendita, non essendovi alcun ostacolo al rogito dopo che gli attori avevano presentato domanda di sanatoria, con la conseguenza che il dedotto aumento di valore del bene non poteva giustificare la richiesta risoluzione, essendo l'asserita sproporzione delle prestazioni imputabile al comportamento dei promittenti venditori, i quali non avevano inteso stipulare il rogito benché questo fosse divenuto possibile. 3. - Per la cassazione di tale sentenza ricorre M.U. quale procuratore speciale di W.L.M. e O. sulla base di sei motivi. Motivi della decisione 1.- Con il primo motivo i ricorrenti deducono sostanzialmente che la Corte di appello ha omesso di pronunciarsi su quello che era il principale problema che avrebbe dovuto affrontare e cioè se il contratto preliminare dovesse considerarsi nullo per motivi sostanziali, in considerazione delle irregolarità urbanistiche non sanate dell'immobile di cui si tratta. La illustrazione del motivo si conclude con la formulazione dei seguenti quesiti di diritto, ai sensi dell'art. 366-bis cod.proc.civ., applicabile nella specie ratione temporis Se nel caso di immobile oggetto di abusi edilizi, l'assenza della domanda di concessione in sanatoria e del versamento della prescritta oblazione configuri una nullità sostanziale del contratto definitivo di compravendita, in virtù delle previsioni implicite dell'art. 40 della legge n. 47/85 se l'accertata impossibilità - al momento della conclusione del preliminare - conseguente alla suddetta nullità sostanziale, di stipulare un valido atto di trasferimento dell'immobile oggetto di abusi edilizi, renda invalido anche il contratto preliminare che a tale trasferimento obbliga le parti ”. 2. - Il motivo è fondato. 2.1. - La questione delle conseguenze della alienazione di immobili affetti da irregolarità urbanistiche non sanate o non sanabili è stata finora risolta dalla giurisprudenza di questa Corte sul piano dell'inadempimento. Così, la sent. 22 novembre 2012 n. 20714 ha affermato che, in tema di vendita di immobili, il disposto dell'art. 40 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, consentendo la stipulazione ove risultino presentata l'istanza di condono edilizio e pagate le prime due rate di oblazione, esige che la domanda in sanatoria abbia i requisiti minimi per essere presa in esame dalla P.A. con probabilità di accoglimento, occorrendo, quindi, l'indicazione precisa della consistenza degli abusi sanabili, presupposto di determinazione della somma dovuta a titolo di oblazione, nonché la congruità dei relativi versamenti, in difetto delle quali il promittente venditore è inadempiente e il preliminare di vendita può essere risolto per sua colpa. Nello stesso ordine di idee la sent. 19 dicembre 2006 n. 27129 ha affermato che in caso di preliminare di vendita di immobile costituisce inadempimento di non scarsa importanza, tale da giustificare il recesso dal contratto del promittente acquirente e la restituzione del doppio della caparra versata, il comportamento del promittente alienante che prometta in vendita un immobile abusivo per il quale non esiste alcuna possibilità di regolarizzazione. Ancora più esplicitamente la sent. 24 marzo 2004 n. 5898 ha affermato che il difetto di regolarità sostanziale del bene sotto il profilo urbanistico non rileva di per sé ai fini della validità dell'atto di trasferimento, trovando rimedio nella disciplina dell'inadempimento contrattuale. In tale ottica è stata esclusa la nullità dei contratti aventi ad oggetto immobili, nel caso in cui la dichiarazione prevista dagli artt. 17 o 40 della legge n. 47 del 1985 esista ma non sia conforme al vero. La recentissima sentenza 5 luglio 2013 n. 16876, pur ritenendo interessante la tesi della c.d. nullità sostanziale, ha affermato che i canoni normativi dell'interpretazione della legge non consentono di attribuire al testo normativo un significato che prescinda o superi le espressioni formali in cui si articola e non può non essere considerato il fatto che i casi di nullità previsti dalla norma indicata sono tassativi e non estensibili per analogia, mentre la nullità prevista dall'art. 40 in discorso è costituita unicamente dalla mancata indicazione degli estremi della licenza edilizia, ovvero dell'inizio della costruzione prima del 1967. In precedenza la sentenza 7 dicembre 2005 n. 26970 che cita come conforme la sentenza 24 marzo 2004 n. 5898, la quale peraltro si è occupata della nullità prevista dall'art. 15, settimo comma, l. 28 gennaio 1977, n. 10 aveva affermato che la nullità prevista dagli artt. 17 e 40, cit., assolve la sua funzione di tutela dell'affidamento sanzionando specificamente la sola violazione di un obbligo formale, imposto al venditore al fine di porre l'acquirente di un immobile in condizione di conoscere le condizioni del bene acquistato e di effettuare gli accertamenti sulla regolarità del bene attraverso il confronto tra la sua consistenza reale e quella risultante dalla concessione edilizia ovvero dalla domanda di concessione in sanatoria. Alla rigidità della previsione consegue che, come non può essere attribuita alcuna efficacia sanante all'esistenza della concessione o sanatoria che non siano state dichiarate nel contratto di compravendita di un immobile, così, in presenza della dichiarazione, nessuna invalidità deriva al contratto dalla concreta difformità della realizzazione edilizia dalla concessione o dalla sanatoria e, in generale, dal difetto di regolarità sostanziale del bene sotto il profilo del rispetto delle norme urbanistiche. La sentenza 18 settembre 2009 n. 20258, dopo avere espressamente affermato che nessuna invalidità deriva al contratto dalla difformità della realizzazione edilizia rispetto alla licenza o alla concessione, e in generale, dal difetto di regolarità sostanziale del bene sotto il profilo del rispetto delle norme urbanistiche, ha poi aggiunto che la nullità assoluta ai sensi dell'art. 1418 cod. civ. stabilita dalla legge n. 47 del 1985, art. 40, riguarda gli atti di trasferimento immobiliari relativi a costruzioni risultanti non in regola con la normativa edilizia per mancanza della concessione edilizia ovvero della concessione in sanatoria e mira ad attrarre nella comminatoria di nullità o, trattandosi di giudizio volto ad ottenere una sentenza di trasferimento coattivo ex art. 2932 c.c., nell'impedimento alla pronuncia sostitutiva del negozio non concluso i casi riguardanti immobili costruiti in maniera così diversa dalla previsione contenuta nella licenza o nella concessione da non potere essere ricondotti alla stessa. La sentenza 5 aprile 2001 n. 5068, dopo avere premesso che l'art. 40, cit., non impone anche la verifica della conformità delle opere realizzate al progetto approvato dalla p.a., poiché il precetto e la relativa sanzione sono stati previsti esclusivamente per l'ipotesi della mancata indicazione della concessione edilizia, aggiunge che, mentre la norma in esame vuoi evitare l'ipotesi, agevolmente accertabile anche in sede di stipula, di negoziazione di beni immobili realizzati senza concessione edilizia, per l'altra ipotesi, accertabile solo a seguito di verifiche dei competenti organi tecnici della p.a., l'ordinamento non resta indifferente, reagendo con sanzioni di diversa natura, e solo quando, essendo stata accertata già la difformità, nell'atto concernente il bene realizzato in difformità non siano stati indicati, ai sensi dello stesso art. 40, secondo comma, gli estremi della concessione in sanatoria, anche con la sanzione di nullità. Lo stesso può dirsi per la sentenza 15 giugno 2000 n. 8147, per la quale l'indicazione degli estremi della concessione sarebbe preclusa nel caso in cui tale concessione manchi per tale via l'irregolarità dell'immobile finisce per riflettersi sulla validità del negozio giuridico che lo riguarda. In definitiva l'irregolarità del bene non rileva di per sé, ma solo in quanto preclude la conferma dell'atto. Si può, infatti, osservare che, da un lato, l'irregolarità urbanistica del bene non impedisce che nell'atto di alienazione ne venga attestata, contrariamente al vero, la regolarità, e che, dall'altro, nell'ottica della nullità formale, la irregolarità urbanistica del bene non impedisce la conferma dell'atto nullo per la mancata indicazione degli estremi della concessione attraverso la successiva loro falsa indicazione. 2.2. - Riesaminata la questione, ritiene il Collegio che tali contratti siano da considerare nulli. Siffatta conclusione appare giustificata da considerazioni sia logiche che basate sulla stessa formulazione dell'art. 40, cit 2.2.1. - Sotto il primo profilo occorre considerare che se lo scopo perseguito dal legislatore fosse stato quello di rendere incommerciabili gli immobili non in regola dal punto di vista urbanistico, sarebbe del tutto in contrasto con tale finalità la previsione della nullità degli atti di trasferimento di immobili regolari dal punto di vista urbanistico o per i quali è in corso la pratica per la loro regolarizzazione per motivi meramente formali, consentendo, invece, il valido trasferimento di immobili non regolari, lasciando eventualmente alle parti interessate assumere l'iniziativa sul piano dell'inadempimento contrattuale. Addirittura si potrebbe prospettare la possibilità per le parti di eludere consensualmente lo scopo perseguito dal legislatore stipulando il contratto e poi immediatamente dopo concludendo una transazione con la quale il compratore rinunzi al diritto a far valere l'inadempimento della controparte. Sempre sotto il primo profilo non si può non considerare che il legislatore, con la legge n. 47 del 1985, ha inteso prevedere un regime più severo di quello previsto dall'art. 15 della legge n. 10 del 1977, il quale stabiliva la nullità degli atti giuridici aventi per oggetto unità edilizie costruite in assenza di concessione ove da essi non risultasse che l'acquirente era a conoscenza della mancata concessione. Tale inasprimento, invece, sarebbe da escludere ove per gli atti in questione all'acquirente dovesse essere riconosciuta la sola tutela prevista per l'inadempimento. 2.2.2.- Per quanto riguarda la lettera della legge, poi, l'art. 40, secondo comma, della legge n. 47 del 1985 stabilisce che gli atti tra vivi aventi per oggetto diritti reali . relativi ad edifici o loro parti sono nulli e non possono essere rogati se da essi non risultano, per dichiarazione dell'alienante, gli estremi della licenza o della concessione ad edificare o della concessione rilasciata in sanatoria ai sensi dell'art. 31 ovvero se agli stessi non viene allegata la copia per il richiedente della relativa domanda, munita degli estremi della avvenuta presentazione, ovvero copia autentica di uno degli esemplari della domanda medesima e non siano indicati gli estremi dell'avvenuto versamento delle prime due rate dell'oblazione. La non perfetta formulazione della disposizione in questione consente tuttavia di affermare che dalla stessa è desumibile il principio generale della nullità di carattere sostanziale degli atti di trasferimento di immobili non in regola con la normativa urbanistica, cui si aggiunge una nullità di carattere formale per gli atti di trasferimento di immobili in regola con la normativa urbanistica o per i quali è in corso la regolarizzazione ove tali circostanze non risultino dagli atti stessi. Significativa appare, poi, la formulazione del terzo comma dell'art. 40, cit., in base al quale se la mancanza delle dichiarazioni o dei documenti rispettivamente da indicarsi o da allegarsi ai sensi del comma precedente non sia dipesa dall'insussistenza della licenza o della concessione o dalla inesistenza della domanda di concessione in sanatoria al tempo in cui gli atti medesimi sono stati stipulati . essi possono essere confermati anche da una sola delle parti mediante atto successivo, redatto nella stessa forma del precedente, che contenga la menzione omessa o al quale siano allegate la dichiarazione sostitutiva di atto notorio o la copia della domanda indicata nel comma precedente. La previsione che la conferma, la quale esclude la sanzione della nullità, può operare solo se la mancanza delle dichiarazioni o dei documenti contemplati non sia dipesa dall'insussistenza della licenza o della concessione o dalla inesistenza della domanda di concessione in sanatoria al tempo in cui gli atti medesimi sono stati stipulati, non avrebbe senso se tali atti fossero ab origine validi, ferma restando la responsabilità per inadempimento del venditore. Una volta chiarito tale punto, non può non pervenirsi alla affermazione della nullità di un contratto preliminare che abbia ad oggetto la vendita di un immobile irregolare dal punto di vista urbanistico. Il fatto che l'art. 40, secondo comma, cit., faccia riferimento agli atti di trasferimento, cioè agli atti che hanno una efficacia reale immediata, mentre il contratto preliminare di cui si discute abbia efficacia semplicemente obbligatoria, non esclude dal punto di vista logico che non possa essere valido il contratto preliminare il quale abbia ad oggetto la stipulazione di un contratto nullo per contrarietà alla legge. 3. - Resta assorbito dall'accoglimento del primo motivo l'esame degli altri motivi del ricorso. 4. - Conclusivamente, deve essere accolto il primo motivo del ricorso, assorbiti gli altri. La sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto e la causa rinviata ad un diverso giudice - che viene individuato in altra sezione della Corte d'appello di Firenze, cui è demandato anche il regolamento delle spese del presente giudizio - che la riesaminerà tenendo conto dei principi di diritto sopra enunciati. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri. Cassa la sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, ad altra sezione della Corte d'appello di Firenze.