Concessione o no, il problema non è certo del vicino

La rilevanza giuridica della licenza o concessione edilizia si esaurisce nell’ambito del rapporto pubblicistico tra P.A. e privato richiedente o costruttore, senza estendersi ai rapporti tra privati.

Lo ha sottolineato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 23276/13, depositata il 14 ottobre scorso. Il caso. Due ristoranti, uno di fianco all’altro, una porticina di uno di questi che affaccia su uno spiazzo con la funzione di ingresso secondario, e una controversia - arrivata perfino in Cassazione – che nasce dalla mancata rimozione, da parte del proprietario di uno dei due locali, dei manufatti e di qualsiasi altra opera che potesse limitare l’esercizio del diritto di passaggio dell’altro ristoratore, proprio attraverso la porta secondaria del proprio locale. I primi successi giudiziari ottenuti da quest’ultimo arrivano nei due giudizi di merito, dove i giudici hanno rilevato l’esistenza di un atto notarile in cui il convenuto aveva riconosciuto l’esistenza del vano porta, che dallo spiazzo dava accesso al locale, assumendo inoltre l’obbligo di demolire i manufatti che limitavano l’esercizio del diritti do passaggio. Oggetto illecito? Il soccombente presenta dunque ricorso per cassazione, rilevando la nullità dell’obbligazione per l’illiceità dell’oggetto, vista l’assenza della concessione edilizia o, comunque, la non conformità della porta alla concessione stessa. Nelle controversie tra privati è irrilevante sia l’esistenza della concessione che l’aver costruito in conformità alla concessione. Tuttavia – ricorda la S.C. - la rilevanza giuridica della licenza o concessione edilizia si esaurisce nell’ambito del rapporto pubblicistico tra P.A. e privato richiedente o costruttore, senza estendersi ai rapporti tra privati . Di conseguenza – concludono gli Ermellini rigettando il ricorso - ai fini della decisione delle controversie tra privati derivanti dalla esecuzione di opere edilizie, sono irrilevanti tanto l’esistenza della concessione salva l’ipotesi della cosiddetta licenza in deroga , quanto il fatto di avere costruito in conformità alla concessione .

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 10 aprile – 14 ottobre 2013, n. 23276 Presidente Felicetti – Relatore San Giorgio Svolgimento del processo 1. - Con atto di citazione notificato il 28 novembre 1992, N.A. convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Salerno S R. , esponendo di essere proprietaria, quale erede del coniuge A R. , di un complesso immobiliare sito in Positano, adibito a ristorante denominato omissis , confinante per due lati con uno spiazzo comunale, sul quale aveva un ingresso secondario, e con altro locale di proprietà del convenuto, pure adibito a ristorante e denominato omissis , la cui facciata prospiciente lo spiazzo formava angolo retto con il lato ovest del fabbricato di sua proprietà, e che costui aveva ingombrato lo spiazzo con manufatti, mobili ed altre strutture amovibili di copertura, asservendolo al suo locale ed ostacolando l'accesso al ristorante di proprietà dell'attrice dall'ingresso secondario. La N. precisò che, con atto notarile del 19 gennaio 1983, intercorso tra A R. , suo dante causa, e R.S. , quest'ultimo aveva riconosciuto l'esistenza del vano porta che dallo spiazzo comunale dava accesso al locale omissis , assumendo l'obbligo di demolire i manufatti e qualsiasi altra opera che potesse limitare l'esercizio del diritto di passaggio attraverso la porta secondaria di detto locale, e che, dopo la morte di R.A. , ella aveva invano invitato S R. ad adempiere le obbligazioni assunte. Chiese, pertanto, la condanna del convenuto alla rimozione dei manufatti ed al risarcimento dei danni. Nel giudizio intervenne F R. , figlia dell'attrice e di A R. , evidenziando che, quale erede di quest'ultimo, era comproprietaria del ristorante Le tre sorelle , aderendo alle richieste dell'attrice. 2. - Il Tribunale adito accolse la domanda con sentenza che fu impugnata dal R. . 3. La Corte d'appello di Salerno, con sentenza depositata il 26 febbraio 2008, rigettò il gravame. Il giudice di secondo grado, premesso che già con una prima pronuncia del Tribunale di Salerno del 1981 era stato riconosciuto il diritto del dante causa delle appellate all'utilizzo del vano porta laterale, ed era stata dichiarata la illiceità della realizzazione della pensilina installata a copertura dell'area demaniale antistante, osservò che non era condivisibile la eccezione dell'appellante relativa al difetto di legittimazione dell'attrice e della interventrice, basata sul rilievo che la prima, che si era qualificata proprietaria dell'immobile, perché avente causa dal coniuge A R. , non avrebbe potuto vantare tale diritto, in quanto il verbale di pubblicazione del testamento del R. era stato redatto in data 25 febbraio 1994, mentre la denunzia di successione era stata presentata solo il 14 marzo 1994, e che il vizio originario dell'azione avrebbe travolto l'intervento volontario adesivo in causa di R.F. . Al riguardo, osservò la Corte di merito che l'effetto della devoluzione in favore degli eredi dei beni del de cuius si produce con l'accettazione dell'eredità, il cui effetto risale al momento dell'apertura della successione, e che può essere anche tacita, come era stata nella specie attraverso la proposizione da parte della N. dell'azione diretta alla salvaguardia dei beni caduti in successione. Quanto all'eccepito difetto di legittimazione di R.S. in favore del Comune di Positano, osservò la Corte di merito che quest'ultimo, proprietario dell'area antistante il vano porta di cui si tratta, era completamente estraneo ai fatti di causa, riguardanti rapporti tra privati. Il giudice di secondo grado rilevò poi che il Tribunale aveva attentamente valutato l'atto notarile del 19 gennaio 1983, e che non sussisteva violazione del principio del ne bis in idem in relazione alla sentenza del 1981, poiché era stato stipulato un atto transattivo a conclusione del precedente giudizio che aveva ad oggetto il diritto poi nuovamente azionato. Infine, quanto alla scrittura privata intercorsa il 28 gennaio 1983 tra A R. , S R. e M P. , con la quale sarebbe stata costituita la società La Scalinatella s.r.l. per la gestione in comune dei due ristoranti, e sarebbe stata demolita la separazione muraria tra le due proprietà, ove si trovava l'ingresso secondario del ristorante OMISSIS , poi ricostruita a seguito dello scioglimento della società, la Corte osservò che il disconoscimento della sottoscrizione di R.A. era valido perché non seguito da richiesta di verificazione e che l'oggetto sociale era comunque venuto meno. 4. - Per la cassazione di tale sentenza ricorre R.S. sulla base di quattro motivi. Resistono con controricorso N.A. e F R. . In pendenza del ricorso per cassazione il R. ha richiesto la sospensione, ex art. 373 cod.proc.civ., della esecuzione della sentenza impugnata istanza rigettata dalla Corte d'appello di Salerno, che ha rimesso ogni provvedimento sulle spese di detta fase a questa Corte. Motivi della decisione 1. - Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 100, 101 e 102 cod.proc.civ. e degli artt. 949, 1027 e segg. e 1079 cod.civ Avrebbe errato la Corte di merito nell'escludere la legittimazione passiva del Comune di Positano, in luogo di quella dell'attuale ricorrente, sulla base della qualificazione dell'oggetto della causa come riguardante esclusivamente rapporti tra privati, laddove, nel caso di specie, la natura pubblica della strada antistante la proprietà dell'attrice e dell'interventrice e sulla quale si affacciava la porta secondaria del cui accesso si chiedeva la tutela era pacifica tra le parti, ed avvalorata dalle risultanze della c.t.u La illustrazione del motivo si conclude con la formulazione del seguente quesito di diritto, ai sensi dell'art. 366 bis cod.proc.civ., applicabile nella specie ratione temporis Dica codesta Corte adita se legittimato passivo a resistere alla spiegata azione di negatoria servitutis ai sensi dell'art. 949 c.c. sia il convenuto, sig. R. , o bensì il Comune di Positano, unico proprietario del fondo nei cui confronti si è chiesto l'accertamento negativo della sussistenza della servitù dica inoltre la Corte se il Comune doveva comunque essere necessariamente chiamato a integrare il contraddittorio di causa, quale litisconsorte necessario e si esprima sulle conseguenze della sua pretermissione ”. 2. - La censura è priva di fondamento. Correttamente la Corte di merito ha ritenuto il Comune di Positano completamente estraneo ai fatti di causa, riguardanti rapporti tra privati, e nei cui confronti non si pone, perciò, alcuna questione di legittimazione passiva e di integrazione del contraddittorio. Ed infatti, la controversia ha ad oggetto gli obblighi assunti dal R. , quali emergenti dalla sentenza del Tribunale di Salerno del 1981 e riconosciuti dallo stesso nell'atto notarile del gennaio del 1983, atto, dunque, pubblico, con il quale egli aveva assunto, come esattamente sottolineato dal giudice di secondo grado, precisi obblighi di fare con la conseguenza che la domanda fondata su tale atto ha dato luogo ad una azione di natura personale, alla quale l'ente locale è rimasto estraneo, e nei cui confronti il giudizio non avrebbe potuto spiegare alcun effetto. 3. - La seconda censura ha ad oggetto la asserita violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 cod.civ. e 99, 115 e 116 cod.proc.civ. L'accertata illiceità per difformità dagli strumenti urbanistici del vano porta in questione, emersa dalla documentazione del Comune di Positano acquisita agli atti del giudizio e dalle risultanze della c.t.u., avrebbe dovuto indurre la Corte di merito ad escludere qualsiasi pretesa legale alla utilizzazione del vano stesso, indipendentemente da un eventuale riconoscimento del relativo diritto da parte dell'attuale ricorrente, riconoscimento peraltro inesistente, essendosi limitato il R. , nel ricordato atto notarile del gennaio del 1983, a riconoscere la mera esistenza della porta, e non la sua liceità. Il giudice di secondo grado avrebbe dovuto, pertanto, concludere che nessun diritto di accesso potevano vantare le istanti in ordine al predetto vano. La illustrazione della censura si completa con la formulazione del seguente quesito di diritto Dica codesta Corte adita se il diritto di accesso vantato dall'attrice e dall'interventrice al vano-porta secondario possono trovare fonte e prova nell'atto per notaio Colliani dell'83 e nella dichiarazione di riconoscimento ivi espressa da S R. della esistenza della predetta porta e se, in particolare, l'accertata inesistenza giuridica ed illiceità della stessa, al cui uso le istanti chiedevano di riconoscere il diritto, riscontrata e documentata agli atti del giudizio di appello, comporti la infondatezza e l'assenza di prova della pretesa all'accesso avanzata con la domanda ”. 4. - Con il terzo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1418 cod.civ. e degli artt. 99, 112, 115 e 116 cod.proc.civ. La riscontrata abusività del vano de quo avrebbe dovuto, secondo il ricorrente, impedire alla Corte territoriale anche di riconoscere nell'accordo sottoscritto per atto notarile del gennaio del 1983 una valida fonte degli obblighi di fare e non fare ascritti al R. . La illiceità del vano avrebbe, infatti, comportato la nullità di qualsiasi obbligazione assunta al fine di consentirne la utilizzazione per impossibilità o illiceità dell'oggetto. La illustrazione del motivo si conclude con la formulazione del seguente quesito di diritto Dica codesta Corte adita se l'illiceità della porta, al cui uso le istanti chiedevano di riconoscere il diritto, riscontrata e documentata agli atti del giudizio di appello, comporti la nullità, per illiceità dell'oggetto, di ogni obbligazione volta a consentire e garantire tale passaggio assunta, anche volontariamente e per atto pubblico, dal convenuto, e, quindi, l'impossibilità di richiedere in via giudiziaria l'adempimento o l'esecuzione coattiva. Si pronunci in ogni caso direttamente codesta 111.ma Corte sulla dedotta nullità dell'obbligazione stessa per illiceità dell'oggetto e, quindi, sull’impossibilità di richiederne in via giudiziaria l'adempimento o l'esecuzione coattiva ”. 5. - I motivi, che, per la stretta connessione che li avvince, possono essere trattati congiuntamente, si appalesano immeritevoli di accoglimento. 5.1. - Deve, anzitutto, rilevarsi che il ricorrente non specifica l'epoca di realizzazione del vano di cui si tratta. Tale mancata indicazione esclude la possibilità di individuare il regime urbanistico applicabile nella specie, e, con ciò, di suffragare le affermazioni del ricorrente in ordine al lamentato abuso edilizio connesso alla edificazione del vano in questione. 5.2. - In ogni caso, merita ricordare che, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, la rilevanza giuridica della licenza o concessione edilizia si esaurisce nell'ambito del rapporto pubblicistico tra P.A. e privato richiedente o costruttore, senza estendersi ai rapporti tra privati, regolati dalle disposizioni dettate dal codice civile e dalle leggi speciali in materia edilizia, nonché dalle norme dei regolamenti edilizi e dei piani regolatori generali locali. Ne consegue che, ai fini della decisione delle controversie tra privati derivanti dalla esecuzione di opere edilizie, sono irrilevanti tanto la esistenza della concessione salva la ipotesi della cosiddetta licenza in deroga , quanto il fatto di avere costruito in conformità alla concessione, non escludendo tali circostanze, in sé, la violazione dei diritti dei terzi di cui al codice civile e agli strumenti urbanistici locali è del pari irrilevante la mancanza della licenza o della concessione, quando la costruzione risponda oggettivamente a tutte le disposizioni normative sopraindicate v., tra le altre, Cass., sentt. n. 12405 del 2007, n. 6038 del 2000, n. 4208 del 1987 . 6. - Le esposte argomentazioni danno conto altresì della infondatezza del quarto motivo di ricorso, con il quale si deduce la insufficienza ed omissione di motivazione in relazione ad un punto decisivo della controversia per la mancanza di alcuna considerazione delle risultanze della espletata c.t.u. in ordine al riscontrato carattere abusivo della realizzazione del vano. 7. - Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato. Le spese del presente giudizio, che, in applicazione del principio della soccombenza, devono essere poste a carico del ricorrente, vengono liquidate come da dispositivo. Parimenti, si provvede come da dispositivo in relazione alla liquidazione, prevista dall'art. 373 cod.proc.civ., delle spese relative al procedimento instaurato con la istanza di sospensione della provvisoria esecuzione della sentenza di merito, di spettanza di questa Corte. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese della procedura incidentale, ex art. 373 cod.proc.civ., di sospensione della esecuzione della sentenza impugnata, che liquida in complessivi Euro 800,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, e di quelle del presente giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 4200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi.