Società di costruzioni parzialmente inadempiente: se c’è diffida la risoluzione è di diritto

In caso di appalto di lavori di ristrutturazione a una società di costruzioni, rivelatasi poi inadempiente, la questione sulla sussistenza dei difetti dell’immobile attiene solo alla determinazione del valore delle opere e non alla risoluzione del contratto.

È quanto si evince dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 16402, depositata il 28 giugno 2013. Il caso. Un condominio aveva appaltato a una società di costruzioni lavori di straordinaria manutenzione dell’edificio condominiale l’impresa appaltatrice aveva eseguito i lavori in modo incompleto e non a regola d’arte e li aveva sospesi senza più riprenderli, nonostante atto di diffida. Pertanto, il condominio aveva convenuto in giudizio la società per sentire accertare l’avvenuta risoluzione di diritto o per inadempimento di detto contratto di appalto, con conseguente condanna della convenuta al risarcimento dei danni per i vizi e il mancato completamento delle opere. In sede di merito, era stata accolta la domanda principale di accertamento dell’avvenuta risoluzione di diritto del contratto, in quanto, per i giudici, costituiva grave inadempimento l’omessa ripresa e completamento dei lavori da parte dell’impresa nonostante la relativa diffida. Questione di vizi e questione di risoluzione. Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso la società costruttrice, lamentando violazione degli art. 1173 fonti dell’obbligazione e 2697 onere della prova c.c., in quanto, a suo dire, la Corte di merito avrebbe imputato alla ricorrente l’inadempimento del contratto di appalto pur risultando che le opere erano in parte errate per difetto di progettazione ed erano state effettuate da altri fornitori. Inoltre, il ricorrente ha posto in evidenza che i lavori erano ancora in corso ed erano stati sospesi dall’appaltatore a seguito di diffida dello stesso. La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso infondato, osservando che il quesito del ricorrente non è pertinente alle norme di cui è denunciata la violazione l’esistenza dei difetti delle opere è stata, peraltro, accertata dal C.T.U. che ne ha determinato il valore al netto dei costi per l’eliminazione dei vizi. Inoltre, gli Ermellini, hanno aggiunto che la questione sulla sussistenza dei difetti attiene solo alla determinazione del valore delle opere e non alla risoluzione del contratto, che la Corte di merito ha riconosciuto essersi verificata di diritto, non avendo l’impresa osservato la diffida di riprendere l’esecuzione dei lavori e di portarli a termine senza difetti nel termine di trentacinque

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 8 maggio - 28 giugno 2013, n. 16402 Presidente Oddo – Relatore Nuzzo Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato il 28.3.2001 il Condominio omissis , esponeva aveva appaltato alla Sapi Costruzioni s.r.l., con contratto 30.1.1999,lavori di straordinaria manutenzione dell'edificio condominiale per un prezzo forfetario di L. 211.865.000 oltre alla decorticatura di una parte degl'intonaco delle facciate l'impresa appaltatrice aveva eseguito i lavori in modo incompleto e non a regola d'arte e li aveva sospesi senza più riprenderli nonostante atto di diffida in data 8.3.2000. Conveniva, pertanto, in giudizio, innanzi al Tribunale di Monza, la Sapi Costruzioni s.r.l. per sentire accertare l'avvenuta risoluzione di diritto, ex art. 1454 c.c., a decorrere dal 23.3.2000, di detto contratto di appalto o, comunque, per sentirne dichiarare la risoluzione per inadempimento della convenuta con conseguente condanna della stessa al risarcimento dei danni per i vizi ed il mancato completamento delle opere, oltre alla rimozione del capanno abbandonato nell'area di proprietà condominiale. La convenuta, costituitasi, contestava la domanda ed, in via riconvenzionale, chiedeva la condanna del condominio al pagamento del corrispettivo residuo nonché al risarcimento del danno per lucro cessante nella misura di L. 50.000.000 o diversa somma da determinarsi. Espletata C.T.U., con sentenza 22.4.2003, il Tribunale accoglieva la domanda principale di accertamento dell'avvenuta risoluzione di diritto del contratto e condannava la convenuta al pagamento di Euro 12.951,66 oltre interessi, quale differenza fra l'importo di Euro 101.208,30 versato dal condominio e quello di Euro 88.256,64, corrispondente al costo per la eliminazione dei difetti riscontrati compensava interamente fra le parti le spese processuali. Avverso tale sentenza la Sapi Costruzioni s.r.l. proponeva appello cui resisteva il Condominio proponendo appello incidentale in ordine alla mancata liquidazione della penale per il ritardo ed alla statuizione sulle spese di lite. Con sentenza depositata il 10.11.2006 la Corte d'Appello di Milano, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ritenuta la prevalente soccombenza della Sapi Costruzioni, dichiarava compensate per un terzo le spese di entrambi i gradi del giudizio, ponendo i residui due terzi a carico della società appaltatrice. Osservava la Corte di merito a doveva considerarsi un dato pacificamente acquisito in causa il valore delle opere in L. 179.738.230 b il condominio aveva versato la maggior somma di L. 195.966.600 c l'impresa non contestava che i lavori, quanto meno in parte, non fossero eseguiti a regola d'arte d costituiva grave inadempimento l'omessa ripresa e completamento dei lavori da parte dell'impresa nonostante la relativa diffida e il diritto alla penale per il ritardo era venuto meno con la risoluzione di diritto dell'appalto. Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la Sapi Costruzioni s.r.l. formulando quattro motivi con i relativi quesiti di diritto. Resiste con controricorso il Condominio Casa Serena , in persona dell'amministratore pro tempore. Motivi della decisione La società ricorrente deduce 1 violazione e falsa applicazione dell'art. 2697 c.c. nonché difetto e contraddittorietà di motivazione, avendo la Corte territoriale aderito ai conteggi riportati nella C.T.U. senza rilevarne gli errori dedotti nei motivi di appello 2 violazione degli artt. 1173, 1176, 1218, 2697 c.c. nonché omessa motivazione sul valore complessivo dei lavori appaltati, per avere la sentenza impugnata determinato il credito della Sapi in L. 195.966.600, omettendo l'esame di un documento da cui risultava il maggior credito per L. 227.500.058 ne conseguiva che la Sapi era ancora creditrice nei confronti del condominio committente 3 violazione dell'art. 1173, 2697 c.c. omessa motivazione e mancata valutazione delle intimazioni e diffide della Sapi al Condominio la Corte di merito aveva imputato alla Sapi l'inadempimento del contratto di appalto pur risultando che le opere erano in parte errate per difetto di progettazione ed erano state effettuate da altri fornitori che i lavori erano ancora in corso ed erano stati sospesi dall'appaltatore a seguito di diffida dello stesso 4 violazione dell'art. 1173, 2043 c.c. e mancata valutazione della responsabilità di altri soggetti e fornitori, secondo quanto risultante dalla C.T.U. Il ricorso è infondato. Il quesito formulato con riferimento alla prima censura se risponda ai criteri di corretta motivazione la sentenza che assolva la C.T.U., omettendo di rilevare una evidente contraddizione ed erroneità risultante dal confronto di due parti della stessa C.T.U., contraddizioni ed erroneità ampiamente rilevate in corso di causa nei motivi di appello se rispetti correttamente il principio dell'onere della prova la sentenza che ometta di rilevare e di proclamare un credito risultante dai documenti di causa , è generico, attinente a questioni di fatto e privo di autosufficienza, non essendo state specificate le ragioni addotte a sostegno del maggior valore delle opere con riferimento a non meglio precisati documenti di causa. Di pari generico è il quesito correlato al secondo motivo se non violi l'art. 2697 c.c. e l'art. 1176 e 1218 c.c. la sentenza che ometta l'esame di un documento sul conteggio, da cui risulta un credito di L. 227.500.058, indicando come credito L. 195.966.600 ed omettendo di considerare che la somma di L. 195.966.600 era stata variata ed elevata da due delibere, prodotte in giudizio e segnalate negli atti della Sapi la doglianza tende, sostanzialmente, a sollecitare una rideterminazione del valore delle opere senza svolgere alcuna specifica censura in ordine all'affermazione della sentenza impugnata secondo cui costituiva un presupposto per un verso indimostrato, per altro verso smentito dalle risultanze documentali, che il valore delle opere eseguite ammontasse a L. 227.500.058 e che generico ed incomprensibile si rilelava il richiamo ai punti b , c e d del non meglio individuato prospetto doc, 1, al quale risultavano affidate le ragioni addotte a sostegno del maggior valore delle opere. Quanto alla doglianza sub 3 si osserva che il relativo quesito se risponda ai criteri di corretta motivazione l'aver imputato alla Sapi l'inadempimento del contratto di appalto, pur risultando che le opere erano state in parte errate per difetto di progettazione, erano state effettuate da altri fornitori, erano in corso di lavorazione e l'appaltatore aveva sospese i lavori in seguito a propria diffida . se rispetti il principio dell'onere della prova la sentenza che ometta di rilevare e di proclamare la mancata osservanza di tale principio a carico del condominio in merito all'inadempimento del contratto di appalto non è pertinente alle norme di cui è denunciata la violazione l'esistenza dei difetti delle opere è stata, peraltro, accertata dal C.T.U. che ne ha determinato il valore al netto dei costi per eliminazione dei vizi va aggiunto che l'impresa aveva contestato l'imputabilità dei vizi solo per tre inconvenienti e che la questione sulla sussistenza dei difetti attiene solo alla determinazione del valore delle opere e non alla risoluzione del contratto che la Corte di merito ha riconosciuto essersi verificata di diritto, non avendo l'impresa osservato la diffida di riprendere l'esecuzione dei lavori e di portarli a termine senza difetti nel termine di trentacinque giorni. Il quarto quesito se sia rispettato il principio del nesso causale quale elemento costitutivo della responsabilità, da una decisione che ometta di rilevare che nel contratto di appalto, qui esaminato, molte opere errate e/o incomplete erano state eseguite da fornitori diversi dalla Sapi non è conferente alla violazione delle norme denunciate e non tiene conto che la sentenza ha evidenziato, quanto ai vizi oggetto del motivo, che i danni causati da opere di elettrificazione dei tendaggi erano stati esclusi già dalla sentenza di primo grado che la vetustà dei marmi non ne giustificava la rottura nel corso dei lavori che era obbligo dell'impresa creare una pendenza dei piani dei balconi che impedisse i ristagni di acqua e che, comunque, la circostanza non era stata posta a fondamento dell'ordine di sospensione dei lavori. Alla stregua di quanto osservato il ricorso va rigettato, Consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 2.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre accessori di legge.