Perizia extragiudiziale ben fatta? Tanto basta a far scattare i termini per denunciare i vizi

Il termine per agire ai sensi dell’art. 1669 codice civile decorrere dal giorno in cui il committente consegue un apprezzabile grado di conoscenza oggettiva della gravità dei difetti.

La Seconda sezione Civile della Cassazione si è occupata, con la sentenza n. 14357 depositata il 6 giugno 2013, dei termini ex art. 1669 c.c. entro i quali effettuare le denunce del caso. Meglio da quale momento decorrono tali termini? Può bastare una perizia extragiudiziale o il committente può stare tranquillo sino a quando non viene depositata una CTU? Dipende dal grado di completezza della perizia extragiudiziale. Il caso. Un signore affidava ad un architetto e ad una impresa di costruzioni il compito rispettivamente di progettare e di realizzare una nuova casa. I lavori iniziarono nel 1994 e furono ultimati nel 1996, e l'immobile veniva dichiarato abitabile nello stesso anno. Di conseguenza l'architetto e l'appaltatore venivano regolarmente pagati. Tuttavia ben presto si presentarono fessurazioni nei muri esterni ed interni fenomeni però minimizzati dalle controparti come di semplice assestamento tuttavia, di fronte ad ulteriori vizi con abbassamento di tratti del pavimento, appaltatore ed architetto, riconosciuti i vizi, si erano reciprocamente attribuiti le responsabilità di quanto stava accadendo. I contendenti decisero allora di affidare ad un tecnico esterno il compito di redigere una relazione che avrebbe avuto non valore arbitrale ma di base per una transazione. Il tecnico incaricato di comune accordo concluse attribuendo in parte a carenze progettuali e in parte a carenze di esecuzione i fenomeni verificatisi, sintomi di una diminuita sicurezza, senza tuttavia entrare nel merito del progetto strutturale. Le parti nondimeno contestarono le risultanze cui era giunto il tecnico incaricato. Il committente era quindi costretto ad agire in giudizio. Per cui nel corso del procedimento ed espletata una CTU, con sentenza del 2005, il Tribunale addebitò una responsabilità di circa l'80% al progettista e la rimanente quota all'appaltatore, condannando rispettivamente al pagamento di quasi 86.000 euro e di quasi 17.000 euro. Ma in appello la sentenza veniva completamente riformata. In particolare il giudice di appello, richiamato l’art. 1669, comma 2, c.c. circa la prescrizione dell’azione in un anno dalla denunzia, ritenevano l’azione appunto prescritta. Il committente proponeva dunque ricorso per cassazione. Il termine potrebbe scattare dal deposito di una CTU Secondo la Cassazione l’identificazione degli elementi conoscitivi necessari e sufficienti onde possa individuarsi la scoperta” del vizio al fine del computo dei termini deve effettuarsi con riguardo tanto alla gravità dei vizi quanto al collegamento causale di essi con l’attività espletata. Per cui, non potendosi onerare il danneggiato di proporre senza la dovuta prudenza azioni generiche a carattere esplorativo o comunque suscettibili di rivelarsi infondate, la conoscenza completa, idonea a determinare il decorso del termine, dovrà ritenersi conseguita, in assenza di convincenti elementi contrari anteriori, solo all’atto dell’acquisizione di idonei accertamenti tecnici. Spetta poi al giudice del merito stabilire se la segnalazione dell'acquirente al venditore-costruttore di difetti dell'opera è idonea ad integrare la denuncia di cui all'art. 1669 c.c., avuto riguardo alla necessità della conoscenza obbiettiva e completa della loro gravità o del pericolo di rovina e della derivazione causale dai vizi di costruzione, ai fini della decorrenza del termine annuale di prescrizione stabilito dal comma 2 di tale norma per l'esperimento dell'azione di responsabilità, e pertanto può esser tempestiva anche la denuncia contenuta nella domanda giudiziale, pur se ultrannale rispetto alla predetta segnalazione, se tale consapevolezza è acquisita nel corso del giudizio, in conseguenza dell'espletata c.t.u ma non è detto altre volte basta una perizia extragiudiziale, se sufficientemente dettagliata. Il principio riportato poco fa non significa, come pure evidenziato dalla stessa Suprema Corte con decisioni del tutto coerenti, che il ricorso ad un accertamento tecnico possa giovare al danneggiato quale escamotage onde essere rimesso in termini quando dell'entità e delle cause dei vizi avesse già avuta idonea conoscenza, ma solo che compete al giudice del merito accertare se la conoscenza dei vizi e della loro consistenza fosse stata tale da consentire un loro consapevole denunzia prima ed una non azzardata iniziativa giudiziale poi, anche in epoca precedente, pur senza l’ulteriore supporto del parere di un perito. Nel caso specifico, i giudici di appello avevano ritenuto la tardività della denunzia sulla scorta degli atti elencati ed hanno distinto tra riconoscimento dell’esistenza ontologica dei vizi e della loro imputabilità, precisando che la consapevolezza dei vizi era stata acquisita già al momento della relazione del tecnico incaricato prima del processo di occuparsi della questione. In conclusione è stata smentita la tesi dei committenti secondo la quale solo con il deposito della c.t.u. avrebbero avuto cognizione dell’esistenza di gravi difetti. Infatti, come già detto poco fa, la Suprema Corte ha osservato che già la prima consulenza aveva accertato violazioni riconducibili nell’alveo dell’art. 1669 c.c. inoltre, il termine per agire decorre dal giorno in cui il committente consegua un apprezzabile grado di conoscenza oggettiva della gravità dei difetti. In conclusione il ricorso per cassazione è stato rigettato.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 17 aprile - 6 giugno 2013, n. 14357 Presidente Oddo – Relatore Correnti Svolgimento del processo Con citazione del 17.1.2003 S R. e B.C. convennero davanti al tribunale di Cuneo Moedil di Luciano Aurelio & amp c. snc e l'arch. D M. esponendo che nel 1994 avevano affidato al M. la progettazione della loro nuova casa in omissis ed alla Moedil avevano appaltato la costruzione al M. furono affidati anche il calcolo del cemento armato e la direzione dei lavori. I lavori, iniziati il 16.11.1994, furono ultimati nel 1996 e l'immobile dichiarato abitabile il 3.7.1996, onde gli attori corrisposero il compenso ai convenuti. Ben presto si presentarono fessurazioni nei muri esterni ed interni, fenomeni minimizzati dalle controparti come di assestamento, ma di fronte ad ulteriori vizi, con abbassamento di tratti del pavimento, i convenuti, riconosciuti i vizi, si erano reciprocamente attribuite le responsabilità. Le parti decisero di rivolgersi all'ing. L. per accertare le cause ed i rimedi e con scrittura 19.11.1999 convennero che la relazione avrebbe avuto non valore arbitrale ma di base per una transazione. Il L. concluse che i fenomeni erano addebitabili in parte a carenze progettuali in parte a carenze di esecuzione, sintomi di una diminuita sicurezza, senza tuttavia entrare nel merito di tutto il progetto strutturale. Conclusero per accertare le cause e l’addebitabilità in via alternativa o congiunta alla progettazione e direzione dei lavori ovvero a carenza di esecuzione, determinando la riduzione del prezzo ed i danni. I convenuti contestarono ed espletata ctu, con sentenza 24.2.2005, si determinò la responsabilità del M. nel 79,86 % e della Moedil nel 15,68% con condanna del primo al pagamento di Euro 86.961,02 e della seconda di Euro 17.073,28, oltre interessi e spese, decisione appellata dal M. in via principale e dalla Moedil in via incidentale. La Corte di appello di Torino, con sentenza 19.6.2006, rigettò le domande degli attori e compensò le spese, richiamando la scrittura 26.11.1999, la relazione L. 8.5.2000, la raccomandata 31.10.2001 del legale degli attori alle controparti per evitare il termine biennale di prescrizione, la notifica della citazione del 17.1.2003 e distinguendo tra riconoscimento dei vizi e riconoscimento della loro imputabilità. Richiamato l'art. 1669 comma 2^ cc, circa la prescrizione in un anno dalla denunzia, sia la messa in mora che la citazione erano seguite ben oltre il termine. Ricorrono i R.B. con due motivi, e relativi quesiti, illustrati da memoria, resistono con distinti controricorsi Moedil e M. . Motivi della decisione Col primo motivo si deduce violazione degli artt. 1669 II c. e 2935 cc richiamando la cronistoria degli eventi, l'esclusione di gravi difetti da parte del L. mentre solo la ctu aveva evidenziato molti importanti problemi statici strutturali, col quesito il riconoscimento di vizi e difetti rientranti nella garanzia di cui all'art. 1667 cc può determinare il decorso del termine prescrizionale ex art. 1669 II c cc pur in mancanza della denuncia dei gravi vizi e difetti, dovuta al fatto che i committenti non hanno mai acquisito la consapevolezza dei gravi difetti strutturali prima del deposito della ctu. Col secondo motivo si deducono vizi di motivazione in ordine alla valutazione della relazione L. circa la possibilità di acquisire consapevolezza di gravi vizi. Manca il momento di sintesi. Ciò premesso, si osserva La giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto tempestiva la denunzia successiva ad una ctu che accerti il vizio. L'identificazione degli elementi conoscitivi necessari e sufficienti onde possa individuarsi la scoperta del vizio ai fini del computo dei termini deve effettuarsi con riguardo tanto alla gravità dei vizi quanto al collegamento causale di essi con l'attività espletata, sì che, non potendosi onerare il danneggiato di proporre senza la dovuta prudenza azioni generiche a carattere esplorativo o comunque suscettibili di rivelarsi infondate, la conoscenza compieta, idonea a determinare il decorso del termine, dovrà ritenersi conseguita, in assenza di convincenti elementi contrari anteriori, solo all'atto dell'acquisizione d'idonei accertamenti tecnici per il che, nell'ipotesi di gravi vizi la cui entità e le cui cause, a maggior ragione ove già oggetto di contestazioni tra le parti, abbiano, anche per ciò, rese necessarie indagini tecniche, è consequenziale ritenere che una denunzia di gravi vizi possa implicare un'idonea ammissione di valida scoperta degli stessi tale da costituire il dies a quo per la decorrenza del termine ed, a maggior ragione, tale da far supporre una conoscenza dei difetti di tanto antecedente da implicare la decadenza, solo quando, in ragione degli effettuati accertamenti, risulti dimostrata la piena comprensione dei fenomeni e la chiara individuazione ed imputazione delle loro cause, per l'un effetto, alla data della denunzia e, per l'altro, a data ad essa convenientemente anteriore cfr. Cass. 9.3.99 n. 1993, 18.11.98 n. 11613, 20.3.98 n. 2977, 94 n. 8053 . Ciò non significa, come pure ha evidenziato questa Corte con decisioni del tutto coerenti con i principi sopra richiamati, che il ricorso ad un accertamento tecnico possa giovare al danneggiato quale escamotage onde essere rimesso in termini quando dell'entità e delle cause dei vizi avesse già avuta idonea conoscenza, ma solo che compete al giudice del merito accertare se la conoscenza dei vizi e della loro consistenza fosse stata tale da consentire una loro consapevole denunzia prima ed una non azzardata iniziativa giudiziale poi, anche in epoca precedente, pur senza l'ulteriore supporto del parere d'un perito cfr. Cass. 9.3.99 n. 1993, 2.9.92 n. 1016 . Nel caso in esame, la corte territoriale ha ritenuto la tardività della denunzia sulla scorta degli atti elencati ed ha distinto tra riconoscimento dell'esistenza ontologica e dei vizi della loro imputabilità, precisando che la consapevolezza dei vizi fu acquisita con la relazione L. del'8.5.2000. Ciò posto, le censure non attaccano la complessiva ratio decidendi della sentenza che, come dedotto, richiama la scrittura 26.11.1999, la relazione L. 8.5.2000, la raccomandata 31.10.2001 del legale degli attori alle controparti per evitare il termine biennale di prescrizione, la notifica della citazione del 17.1.2003 e distingue tra riconoscimento dei vizi e riconoscimento della loro imputabilità. Richiamato, poi, l'art. 1669 comma 2 cc, circa la prescrizione in un anno dalla denunzia, deduce che sia la messa in mora che la citazione erano seguite ben oltre il termine. Il giudizio di legittimità non è un terzo grado in cui si possa riesaminare il merito ed il vizio di motivazione si configura solo quando nel ragionamento del giudice di merito sia riscontrabile il mancato o insufficiente esame di punti decisivi ed alla cassazione della sentenza si può giungere solo quando la motivazione sia incompleta, incoerente ed illogica e non quando il giudice del merito abbia valutato i fatti in modo difforme dalle aspettative e dalle deduzioni di parte Cass. 14 febbraio 2003 n. 2222 . L'assunto che solo col deposito della ctu gli attori avevano avuto cognizione dell'esistenza di gravi difetti è smentito dalla circostanza che già la prima consulenza aveva accertato violazioni ex art. 1669 cc ed il termine per agire decorre dal giorno in cui il committente consegua un apprezzabile grado di conoscenza oggettiva della gravità dei difetti Cass. 13.1.2005 n. 567 . In definitiva il ricorso va rigettato con condanna alle spese. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti alle spese, liquidate in Euro 3700, di cui 3500 per compensi, oltre accessori, in favore di ciascuna parte resistente.