Si iscrive a un corso di studi inglese da 10mila euro l’anno: ma ha valenza in Italia? Quali motivi per l’annullamento del contratto?

La Corte d’Appello ha annullato il contratto per errore essenziale e riconoscibile, pur non essendo questa la causa petendi degli attori, che in generale è costituita sia dall’insieme delle circostanze di fatto che la parte pone a base della propria richiesta sia dalle ragioni giuridiche addotte a fondamento della pretesa. Per questo motivo è da ritenersi violato il principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato.

Con la sentenza n. 12245, depositata il 20 maggio 2013, la Corte di Cassazione ha annullato la decisione della Corte d’Appello per violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato. Il caso. Nel 2001, una ragazza appena diplomata decide di iscriversi alla Facoltà di Scienze della Comunicazione, presso un’università inglese privata di economia, finanza e management, con diversi sedi in Italia. Oltre che un inserimento assicurato nel mondo del business, l’opuscolo pubblicitario e l’addetta alle iscrizioni le hanno garantito la valenza in Italia di tale titolo di studio. La retta annuale è pari a 10mila euro. Il padre versa la quota di iscrizione e la prima rata. Ad ottobre, padre e figlia scoprono, tramite una trasmissione televisiva, l’insussistenza dei requisiti di validità ed efficacia della laurea. Esprimono quindi la volontà di risolvere il contratto. Il Tribunale rigetta la domanda, la Corte d’Appello l’accoglie, pronunciando sentenza di annullamento del contratto. La scuola inglese ricorre per cassazione. La corte territoriale ha riconosciuto che non c’era malafede La Suprema Corte rileva che gli attori hanno chiesto alla corte territoriale di riconoscere la nullità del contratto per impossibilità dell’oggetto, nonché per dolo e per clausole vessatorie. La Corte d’Appello ha escluso la malafede ed il dolo, visto che l’istituto inglese aveva già in passato contestato la prassi italiana di non riconoscere validità ai propri titoli di studio, come dimostrato dalla contestazione dell’inibitoria deliberata nei suoi confronti da parte dell’AGCM del 1995. Peraltro la Corte di Giustizia, nel 2003, ha ritenuto che il titolo rilasciato ben poteva essere ammesso a riconoscimento presso gli Atenei italiani . ma errore essenziale e riconoscibile. Nonostante ciò la corte territoriale ha ritenuto integrati gli estremi per disporre l’annullamento del contratto per formazione del consenso viziata da errore essenziale e riconoscibile, a causa dell’obiettiva incompletezza dell’informazione ricevuta circa l’illegittimità della prassi restrittiva . Violato il principio di correlazione tra chiesto e pronunciato. Ma gli attori, padre e figlia, non hanno mai dedotto di essere caduti in errore. La Corte ricorda che per causa petendi devono intendersi sia l’insieme delle circostanze di fatto che la parte pone a base della propria richiesta sia le ragioni giuridiche addotte a fondamento della pretesa . La Corte d’Appello, con la sua decisione, ha finito con l’alterare uno degli elementi obiettivi di identificazione dell’azione, sostituendo la causa petendi con una differente, basata su fatti diversi da quelli allegati, ed ha introdotto nel processo nuovi temi di indagine e nuovi temi decisionali, che non erano stati sottoposti all’attenzione della parti , violando così il principio di correlazione tra il chiesto ed il pronunciato. Per queste ragione la Corte annulla con rinvio la decisione impugnata.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 19 marzo – 20 maggio 2013, n. 12245 Presidente Berruti – Relatore Carleo Svolgimento del processo Con citazione notificata in data 22.2.2002 C L. e L.F. esponevano che la seconda, in data 23.8.2001, conseguito il diploma di scuola media superiore, veniva a conoscenza tramite un opuscolo pubblicitario dell'esistenza di un'università privata di economia, finanza e management denominata European School of Economics – ESE -, avente diverse sedi in L'opuscolo pubblicitario, diffuso dall'ESE anche via internet, e riccamente corredato di dettagli, sulla qualità dei corsi e sulla garanzia che al compimento del ciclo di studi sarebbe stato certo l'inserimento nel mondo del business internazionale, a livello di responsabilità , chiariva che, al compimento del corso quadriennale di studi, lo studente ESE, conseguiva la laurea britannica, valida anche in Italia ed in tutti i Paesi della Comunità Europea. Anche l'incaricata dell'ESE, M.L.L. , ribadiva personalmente alla L. che la laurea conseguita presso la citata università, oltre a possedere ogni requisito di validità e riconoscimento in Italia ed in Europa, avrebbe consentito un immediato accesso al mondo del lavoro. Tali affermazioni convinsero l'attrice a chiedere ai genitori l'indispensabile sostegno economico per iscriversi all'ESE, i cui costi ammontavano a complessive L. 19.800.000 per il primo anno. La L. sottoscrisse quindi il modulo adesivo d'iscrizione alla Facoltà di Scienze della Comunicazione, con sede in omissis e, come preteso dalla convenuta a garanzia degli obblighi economici che si assumevano con l'iscrizione, il contratto fu sottoscritto anche da C L. , padre di F. , che provvide anche, tramite bonifico bancario a pagare complessive L. 4.800.000 per iscrizione e L. 4.000.000 quale prima rata della retta annuale di frequenza, restando impegnato a corrispondere il residuo importo di lire 15.000.000 alle scadenze indicate nel contratto di iscrizione. Tuttavia, in data 3.10.2001, gli attori venivano a conoscenza, per il tramite di una trasmissione televisiva, dell'insussistenza dei requisiti di validità ed efficacia della laurea conseguita presso l'ESE, tanto che il Comitato di Controllo dell'Istituto di autodisciplina pubblicitaria aveva indirizzato all'ESE ben tre ingiunzioni, n. 267-290-291/2001, per pubblicità ingannevole relativamente al riconoscimento ed efficacia legale del titolo di studio in Italia, e alla stessa validità e definizione in Inghilterra, quale laurea statale, del titolo rilasciato dalla Nottingharn Trent University a conclusione dei corsi di studio organizzati dalla ESE. Gli attori comunicarono allora alla convenuta con lettera,rimasta senza risposta, la volontà di risolvere il contratto, sul presupposto che la loro volontà negoziale si era formata solo in conseguenza della inesatta, reticente e falsa rappresentazione della realtà. Per questi motivi gli attori chiedevano al giudice di dichiarare nullo o annullare il contratto di iscrizione a cagione delle inveritiere prospettazioni subordinatamente, la nullità e/o annullabilità ex articolo 1469 bis cc delle clausole vessatorie inserite sia nelle condizioni generali, che nel Regolamento generale condannare, per l'effetto, la convenuta alla restituzione della somma di L. 4.800.000 con gli interessi legali dalla data del pagamento,oltre al risarcimento danni da liquidarsi in via equitativa. Instaurato il contraddittorio, si costituiva in giudizio la convenuta deducendo tra l'altro di essere un Istituto di istruzione britannico, che esercitava legittimamente la sua attività di University Business college giusta pubblica autorizzazione del Ministero dell'Educazione del Regno Unito, rilasciando dopo il superamento degli esami il diploma di laurea statale britannico denominato Bachelor of Arts with honour . Pertanto, in via riconvenzionale, chiedeva la condanna degli attori al pagamento della somma di Euro 7.746,85. In esito al giudizio il Tribunale di Benevento rigettava la domanda attrice ed accoglieva quella riconvenzionale. Avverso tale decisione i L. proponevano appello ed, in esito al giudizio, la Corte di Appello di Napoli con sentenza depositata in data 22 febbraio 2006 pronunciava l'annullamento del contratto, condannava la convenuta alla restituzione della somma di Euro 2.478,99 con gli interessi dal pagamento al saldo, nonché della somma di Euro 7.746,85 pagata dagli appellanti in esecuzione dell'impugnata sentenza con gli interessi legali dalla pubblicazione al saldo, rigettava la richiesta di risarcimento del danno morale proposta dagli appellanti principali, rigettava l'appello incidentale, compensava le spese dei due gradi. Avverso la detta sentenza la soccombente proponeva ricorso per cassazione articolato in sette motivi. Nell'udienza del 5 dicembre 2012 la Corte di Cassazione disponeva integrarsi il contraddittorio nei confronti di L.F. pretermessa. La ricorrente ha infine depositato memoria illustrativa. Motivi della decisione Con la prima doglianza, deducendo la violazione dell'articolo 112 cpc in relazione all'articolo 360 n. 4 cpc, la ricorrente ha censurato la sentenza impugnata per aver la Corte di Appello pronunciato l'annullamento del contratto per errore, accogliendo in tal modo il gravame per un motivo diverso da quelli che erano stati allegati. Ed invero, parte appellante non aveva richiesto l'annullamento del contratto per errore ma aveva richiesto al giudice di secondo grado di pronunciare 1 la nullità del contratto per impossibilità dell'oggetto 2 l'annullamento del contratto per dolo 3 la nullità e/o l'annullamento del contratto e/o di alcune clausole per contrasto con l'articolo 1469 bis cc 4 il rigetto della riconvenzionale 5 la condanna dell'ESE alla restituzione di Euro 2.478,99 oltre interessi legali 6 la condanna dell'ESE al risarcimento dei danni morali e al pagamento delle spese di giudizio. La doglianza è fondata e merita accoglimento. A riguardo, mette conto di sottolineare che, come risulta dalla lettura della sentenza impugnata, le ragioni della decisione di secondo grado sono state fondate sulla considerazione che nella vicenda in esame dovevano escludersi la malafede e il dolo della ESE in quanto la prassi dello Stato italiano di non conferire valore legale di studio ai diplomi rilasciati da tale istituto era stata ampiamente contestata già in precedenza v. inibitoria dell'Autorità garante della concorrenza in data 16.3.1995, in cui si dava atto della memoria trasmessa dalla ESE in data 1.2.1995 . I rilievi mossi dalla ESE non erano peraltro privi di fondatezza tant'è che la Corte di giustizia Europea con sentenza del 13.11.2003 ritenne che il titolo rilasciato dall'ESE ben poteva essere ammesso a riconoscimento presso gli Atenei Italiani. Ad onta di ciò, il contratto intercorso tra i L. e l'istituto andava ugualmente annullato, dovendosi ritenere che l'appellante fosse caduta in errore al momento dell'iscrizione. Infatti, era evidente - questa, in sintesi, la conclusione dell'iter argomentativo della Corte - che nella specie si fosse attuata una formazione viziata del consenso, sia pure nella forma meno grave dell'errore essenziale e riconoscibile, a causa dell'obbiettiva incompletezza dell'informazione ricevuta circa l'illegittimità della prassi restrittiva, che aveva trovato applicazione in Italia e che durò fino al revirement del Ministero dell'istruzione. Tutto ciò premesso, occorre richiamare l'attenzione sul fatto che gli attori, così come rilevato dal ricorrente, effettivamente non avevano mai dedotto di essere caduti in errore e non avevano mai chiesto l'annullamento del contratto per errore essenziale e riconoscibile. Pertanto, deve ritenersi che la Corte di merito, con la sua decisione, ha finito con l'alterare uno degli elementi obiettivi di identificazione dell'azione, sostituendo la causa petendi con una differente, basata su fatti diversi da quelli allegati, ed ha introdotto nel processo nuovi temi di indagine e nuovi temi decisionali, che non erano stati sottoposti all'attenzione delle parti. A tal fine può tornare utile rilevare che per causa petendi , idonea a identificare la domanda, devono intendersi sia l'insieme delle circostanze di fatto che la parte pone a base della propria richiesta sia le ragioni giuridiche addotte a fondamento della pretesa. Ed è appena il caso di ribadire che gli appellanti non avevano addotto circostanze di fatto dalle quali potessero trarsi gli elementi costitutivi dell'annullamento del contratto per errore essenziale e riconoscibile né avevano chiesto l'annullamento del contratto per errore essenziale e riconoscibile. Ne deriva la nullità della sentenza impugnata per la violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed pronunciato. La censura formulata merita quindi di essere accolta, ritenendosi in essa assorbito ogni altro motivo di impugnazione. Con l'ulteriore conseguenza che, occorrendo un rinnovato esame della controversia, la causa va rinviata alla Corte di Appello di Napoli, in diversa composizione, che provvederà anche in ordine al regolamento delle spese della presente fase di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo ricorso, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione con rinvio della causa alla Corte di Appello di Napoli, in diversa composizione, che provvederà anche in ordine al regolamento delle spese della presente fase di legittimità.