Leasing traslativo: è legittima la penale non eccessiva

In materia di leasing traslativo, la clausola penale azionata dal concedente non contrasta con la disciplina di cui all’art. 1526 c.c., poiché, mentre quest’ultima ha lo scopo di rendere eque le conseguenze della risoluzione, la penale predetermina pattiziamente il danno. Pertanto, la penale può validamente sostituirsi all’accertamento analitico del danno da inadempimento purché non sia iniqua.

Leasing traslativo la fattispecie. Con la sentenza n. 23620 del 20 dicembre 2012 la Corte di Cassazione analizza una vicenda processuale verificatasi in materia di leasing traslativo. Come noto, tale fattispecie contrattuale, la cui elaborazione giurisprudenziale risale alla sentenza a Sezioni Unite n. 65 del 1993, si caratterizza in relazione al valore del bene al momento del riscatto ed alla funzione economica dei canoni periodici corrisposti dall’utilizzatore. In tale contratto, il costo del canone contiene anche una quota del prezzo del bene, tale che il valore globale dei canoni corrisponde al valore complessivo del bene medesimo, mentre la conservazione della proprietà in capo al concedente costituisce la garanzia per il pagamento di tutti i canoni. Dalla natura del leasing traslativo discende l’applicazione delle norme in materia di vendita con riserva di proprietà di cui all’art. 1526 c.c., tale che, in caso d’inadempimento dell’utilizzatore, questi sarà tenuto a restituire la cosa ed a ottenere la restituzione dei canoni corrisposti il concedente avrà invece diritto di ricevere l’equo compenso per l’uso dei beni, oltre al risarcimento dei danni. Nel caso di specie la Cassazione chiarisce come la disciplina dell’art. 1526 c.c. non sia incompatibile con la predeterminazione pattizia del risarcimento del danno operata attraverso la presenza di una clausola penale. Il caso l’inadempimento del contratto. A seguito della risoluzione del contratto di leasing per inadempimento, la società concedente otteneva dal Tribunale un decreto ingiuntivo per la riconsegna del bene oggetto del contratto di leasing e per il pagamento dell’importo di € 43.412,05. Avverso il decreto ingiuntivo proponevano opposizione il contraente ed il garante adducendo l’invalidità delle clausole contrattuali da cui era scaturita la quantificazione dell’importo ingiunto. Costituitasi in giudizio la società di leasing, nel contestare l’opposizione, chiedeva anche il risarcimento di ulteriori danni non coperti dalla penale azionata in sede monitoria. In corso di causa il concedente otteneva la restituzione della macchina per maglieria data in leasing, documentando altresì in € 17.043,08 la somma ricavata dalla vendita del bene ad un soggetto terzo. Al predetto giudizio di opposizione era frattanto riunito anche l’altra opposizione spiegata avverso il medesimo decreto ingiuntivo dall’altra garante. Due decisioni opposte. Il Tribunale accoglieva le opposizioni con revoca dei decreti ingiuntivi sostenendo la nullità della clausola penale azionata dalla società di leasing a giudizio del primo giudice il leasing traslativo, riconosciuto nel caso di specie, sarebbe inderogabilmente governato dall’art. 1526 c.c. La Corte di Appello, in riforma della decisione, confermava i decreti ingiuntivi opposti. Le due garanti ed il contraente proponevano ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione. Con il primo motivo di gravame veniva richiesto di stabilire se in virtù del disposto di cui agli artt. 1526 e 1383 c.c. la società di leasing fosse legittimata a richiedere l’adempimento della prestazione principale contestualmente al pagamento della penale di cui al contratto. Con il secondo motivo d’impugnazione si chiedeva se configurasse violazione dell’art. 112 c.p.c. la quantificazione del compenso e del risarcimento del danno fatta dalla Corte di Appello in assenza di specifica richiesta da parte della società di leasing. Inoltre si domandava se la differente imputazione della somma ingiunta operata dalla Corte di Appello, seguendo un ragionamento logico giuridico, a dire dei ricorrenti, viziato, inficiasse la validità ed efficacia della sentenza impugnata. La clausola penale non contrasta con la disciplina dell’art. 1526 c.c Gli Ermellini, nel rispondere al primo quesito, lo ritengono inammissibile sostenendo che non si prospetti alcun contrasto tra la predeterminazione pattizia del danno e la norma di cui all’art. 1526 c.c. tale norma, infatti, ha come scopo quello di rendere eque le conseguenze della risoluzione. Sostengono i giudici che la penale, purché non sia iniqua, abbia come effetto quello di sostituire e semplificare l’accertamento del danno da inadempimento. Conseguentemente la risoluzione del contratto costituisce il presupposto per l’applicazione della clausola, in ragione della specifica funzione di liquidazione preventiva del danno assegnatale dall’art. 1382 c.c. tale funzione è stata riconosciuta dalla giurisprudenza in tal senso Cass. civ. n. 9161/2002 anche in materia di leasing traslativo in caso di risoluzione del contratto per inadempimento dell’utilizzatore. I giudici di legittimità sostengono che la decisione della Corte di Appello sia stata aderente alla domanda promossa dalla società di leasing, la quale ha richiesto soltanto l’applicazione della penale, senza avanzare alcuna specifica pretesa in ordine al pagamento della prestazione principale. Risarcimento del danno e richiesta dell’equo compenso sono azioni distinte. Anche il secondo motivo di gravame viene ritenuto infondato. La Cassazione chiarisce come l’azione di risarcimento del danno sia distinta da quella di riconoscimento dell’equo compenso. Il concedente aveva richiesto soltanto la penale convenzionale e non l’equo compenso, in ragione della pacifica attribuzione alla medesima società delle rate precedentemente versate dall’utilizzatore. Pertanto, la Corte di appello si era pronunciata soltanto sulla misura del risarcimento di cui alla clausola penale e non sulla sua manifesta onerosità. Seguendo questo ragionamento, la Corte afferma che l’importo di cui alla penale non risulta eccessivo in ragione del confronto tra il prezzo pagato dalla società di leasing per l’acquisto del bene e le rate mensili versate dall’utilizzatore sino all’inadempimento. Il giudice di legittimità ritiene inoltre che dalla differenza tra il prezzo conseguito dalla rivendita del bene ad un terzo e le prestazioni eseguite dalle parti emerga uno sbilancio in danno del concedente tale sbilancio sarebbe determinato anche dalle spese vive sostenute per il ritiro del bene, da quelle relative alla sua ricollocazione sul mercato e dai costi delle anticipazioni finanziarie, senza tener conto delle aspettative di guadagno legate alla esecuzione del contratto, sino alla sua naturale scadenza. Tali elementi inducono i Giudici di nomofilachia a condividere il ragionamento della Corte di Appello, ritenendo congrua la misura della penale rispetto all’interesse del creditore all’adempimento riferito all’effettiva incidenza di questo sulle prestazioni.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 23 ottobre – 20 dicembre 2012, n. 23620 Presidente Trifone – Relatore Armano Svolgimento del processo M V. e S P. , il primo come contraente e la seconda come garante, si opponevano al decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Firenze in favore della Mercantile Leasing s.p.a. per la riconsegna di una macchina per maglieria nonché per il pagamento in solido della somma di Euro 43.412,05 a seguito della risoluzione per inadempimento del contratto di leasing in essere. A sostegno della domanda gli opponenti allegavano l'invalidità delle clausole contrattuali invocate da controparte per determinare l’importo dovuto. La Mercantile Leasing s.p.a. si costituiva in giudizio contestando la fondatezza dell'opposizione e chiedendo il risarcimento di ulteriori danni non coperti dalla penale monitoriamente azionata. Nelle more del giudizio la società opposta otteneva la restituzione dei macchinario e documentava i costi sostenuti ed il prezzo di Euro 17.043.08 ricavato dalla rivendita a terzi. Al giudizio veniva riunita l'opposizione proposta da I.G. , garante dello stesso o rapporto di leasing, avverso analogo decreto ingiuntivo. Il Tribunale adito accoglieva le opposizioni e revocava i decreti ingiuntivi, sul rilievo della nullità della clausola penale azionata, trattandosi di leasing traslativo disciplinato inderogabilmente dall'articolo 1526 c.c Con sentenza del 18 novembre 2008 la Corte di appello di Firenze, evocata su impugnazione della Mercantile Leasing s.p.a., a modifica della decisione di primo grado,ha confermato il decreti ingiuntivi opposti. Propongono ricorso M V. , S P. e G I. con due motivi. Resiste Mercantile Leasing s.p.a e presenta memoria la Banca Italease s.p.a., incorporante per fusione la Mercantile Leasing. Motivi della decisione 1. Con il primo motivo si denunzia violazione degli artt. 1526 e 1383 c.c. in relazione all'articolo 360 n. 3 c.p.c Viene formulato il seguente quesito di diritto dica la Suprema corte se, in forza di quanto disposto dagli artt. 1526 e 1383 c.c. la Mercantile Leasing s.p.a. sia o meno legittimata a richiedere l'adempimento della prestazione principale contestualmente al pagamento della penale contrattualmente stabilità. 2. Il quesito è inammissibile per inconferenza con la decisione adottata. La Corte di appello, confermata la natura traslativa del leasing in oggetto e l'applicabilità allo stesso della disciplina prevista dall'articolo 1526 c.c., come già affermato dal primo giudice, ha ritenuto che erroneamente era stata dichiarata la nullità della clausola penale azionata con il decreto ingiuntivo per contrasto con la disciplina dell'articolo 1526 c.c., sul rilievo che non è ravvisabile alcun contrasto concettuale tra la predeterminazione pattizia del danno e la norma richiamata che tende soltanto a rendere eque le conseguenze della risoluzione. La penale può sempre validamente sostituirsi e semplificare l'accertamento analitico del danno da inadempimento, purché non sia iniqua. Successivamente ha valutato se l'ammontare della penale era o meno manifestamente eccessivo ai fini dell'esercizio del potere di riduzione ex articolo 1384 c.c La risoluzione del contratto per inadempimento costituisce il necessario presupposto per l'applicabilità della clausola, posto che la norma di cui all'articolo 1382 c.c. ad essa attribuisce la specifica funzione di liquidazione preventiva del danno, funzione che, come questa Corte ha già stabilito Cass., n. 9161/2002 , quale conseguente a pattuizione lecita espressione dell'autonomia privata, è ammessa anche nel leasing traslativo in caso di risoluzione del contratto per inadempimento dell'utilizzatore. 3. L'accertamento del giudice di appello ha avuto ad oggetto esclusivamente il risarcimento del danno da inadempimento,in aderenza del resto alla domanda azionata dalla Mercantile Leasing che aveva richiesto solo l'importo dovuto per l'applicazione della clausola penale, senza alcuna domanda relativa al pagamento della prestazione principale. 4. Con il secondo motivo si denunzia violazione dell'articolo 112 c.p.c. in relazione all'articolo 360 n. 3 e 4 c.p.c Viene formulato il seguente quesito di diritto Dica la Suprema Corte se costituisca o meno violazione del principio sancito all'articolo 112 c.p.c., la pronuncia della Corte d'Appello di Firenze in ordine alla quantificazione dell'equo compenso e risarcimento danni in favore della Mercantile Leasing s.p.a. in assenza di espressa richiesta in tal senso da parte di quest'ultima, richiesta che, quand'anche vi fosse e non vi è risulterebbe per giunta inammissibile all'interno dei ricorsi per D.I. nonché nei relativi giudizi di opposizione, richiedendo un'autonoma e distinta azione giudiziaria. Dica inoltre la Suprema Corte se la conseguente differente imputazione della somma ingiunta nei D.I. operata arbitrariamente dalla Corte d'Appello nella sentenza impugnata in seguito ad un procedimento logico-giuridico evidentemente viziato, oltre a costituire violazione dell'anzidetto principio di cui l'articolo 112 c.p.c. infici o meno la validità ed efficacia della sentenza impugnata . 5. Il Motivo è infondato. Il risarcimento del danno ed il diritto all'equo compenso costituiscono azioni distinte, che adempiono a scopi diversi e che, quindi, richiedono la espressa domanda. Orbene, nei caso di specie la società Mercantile leasing con il ricorso per decreto ingiuntivo, che è l'atto introduttivo della presente controversia, ha reclamato l'applicazione della penale convenzionale, ma non anche l'equo compenso che, secondo quanto risulta dalla sentenza impugnata,la Mercantile Leasing non aveva neanche richiesto in quanto le parti opponenti avevano ritenuto lecita l'attribuzione alla società di leasing della rate previamente versate. 6. Non vi è stata la dedotta violazione dell'articolo 112 c.p.c. in quanto, come già chiarito nella motivazione relativa inammissibilità del primo motivo,la Corte di appello si è pronunziata unicamente sulla misura risarcimento del danno secondo la previsione della clausola penale azionata con il decreto ingiuntivo e sulla non manifesta eccessività della stessa. 7. La Corte ha affermato che l'importo desumibile dall'applicazione della penale non risulta affatto eccessivo. Il bene infatti è stato pagato £ 74.886,25 nell'aprile 2000 e l'utilizzatore, nell'arco di circa 10 mesi, ha versato al febbraio del 2001 soltanto l'importo di Euro 23,212.12 somma composta dal primo canone di L. 11.232.94 e da dieci canoni di Euro 1.331,02 . Dalla rivendita del bene ritirato nel luglio 2001 con l'intervento dell'ufficiale giudiziario il concedente ha successivamente ricavato l'importo di Euro 17.043,08, sicché il confronto delle prestazioni eseguite dalle parti evidenzia uno sbilancio di Euro 34.631.05 in pura linea capitale a sfavore dell'appellante, cui devono aggiungersi i costi vivi sostenuti per il ritiro e la ricollocazione sul mercato del bene costi di almeno Euro 2.449,03 come emerge dai documenti non contestati prodotti sub 14-17 e, soprattutto, devono aggiungersi i rilevanti costi finanziari dell'anticipazione, tali da rendere nel complesso tutt'altro che eccessivo l'importo ingiunto di Euro 43.412.05 anche solo nella prospettiva del danno emergente, trascurando le legittime aspettative di guadagno che il concedente poteva attendersi dalla puntuale esecuzione del contratto fino alla fisiologica scadenza. 8. Come appare chiaro da tale motivazione la pronunzia ha riguardato l'ammontare del risarcimento del danno risultante dall'applicazione della clausola penale e la sua congruità rispetto all'interesse dei creditore all'adempimento con riguardo all'effettiva incidenza dello stesso sull'equilibrio delle prestazioni. Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 5.200,00 di cui Euro 200,00 per spese,oltre spese generali ed accessori come per legge.