Contratto di agenzia, contratto di deposito o ... tutti e due?

Il contratto misto, costituito da elementi di tipi contrattuali diversi, non solo è unico, ma ha causa unica ed inscindibile, nella quale si combinano gli elementi dei diversi tipi che lo costituiscono.

Il contratto deve essere assoggettato alla disciplina unitaria del contratto prevalente e la prevalenza si determina in base ad indici economici od anche di tipo diverso, come la forza del tipo o l’interesse che ha mosso le parti , salvo che gli elementi del contratto non prevalente, regolabili con norme proprie, non siano incompatibili con quelli del contratto prevalente, dovendosi in tal caso procedere, nel rispetto dell’autonomia contrattuale art. 1322 c.c. , al criterio della integrazione delle discipline relative alle diverse cause negoziali che si combinano nel negozio misto. Questo il principio sancito dalla Cassazione con la sentenza n. 22828 del 12 dicembre 2012, relativa ad un interessante caso di contratto misto, al fine di individuare la disciplina applicabile nell’ipotesi in cui il contratto sottoscritto dalle parti presenti elementi caratterizzanti due diverse fattispecie tipiche nel caso di specie, agenzia e deposito Il caso. La controversia decisa dalla Cassazione con la sentenza in commento – che rinvia alla Corte di Appello per una diversa valutazione dei fatti – prende le mosse dalla qualificazione, anche in merito alle relative obbligazioni, di un contratto che presentava elementi tipici del contratto di agenzia e contemporaneamente del contratto di deposito. Le diverse qualificazioni hanno indotto le parti a valutare diversamente gli obblighi reciproci, che sono stati, infatti, intesi in maniera differente. Se, infatti, da un lato, il giudizio di primo grado era stato azionato, dall’allora attrice, sul presupposto che il contratto che la legava alla convenuta fosse di agenzia, quest’ultima si era difesa in giudizio sostenendo che, invece, si trattava di un contratto di deposito. Qualificato come contratto misto agenzia-deposito dal giudice di primo grado, tale contratto veniva considerato in appello come esclusivamente di agenzia. A fronte di tale decisione, viene promosso ricorso per Cassazione, che si conclude con un rinvio alla Corte di Appello perché, appurato che si trattava, effettivamente, di un contratto misto, chiarisse effettivamente la disciplina applicabile. Contratto atipico e autonomia privata come e perché. Ai privati è riconosciuta la facoltà di stipulare, nell’ambito delle proprie attività, non solo i contratti la cui disciplina è prevista dal codice civile o, più in generale, dalla legge, ma anche di creare appositamente tipologie contrattuali in base alle loro specifiche e variabili esigenze. In tale attività, che costituisce la piena attuazione del principio dell’autonomia private, le parti possono prevedere la costituzione di contratti che si caratterizzano per la presenza di elementi assunti da altri contratti tipici, oppure possono costituire modelli contrattuali del tutto indipendenti da quelli già esistenti come, ad esempio, il leasing, il factoring o il contratto di sponsorizzazione . Tale tipologia di contratti è ammessa se si rispetta il principio di cui all’art. 1322 c.c., ossia gli stessi sono ammessi purchè leciti e diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico, anche e soprattutto in relazione alle esigenze e alle specificità del caso concreto. La natura del contratto misto. Le parti quindi possono anche prevedere la costituzione di contratti che presentano elementi tipizzati altri contratti già esistenti, combinando in base alle loro esigenze le fattispecie contrattuali previste e disciplinate, così dando vista al c.d. contratto misto. Il contratto misto, costituito da elementi di tipi contrattuali diversi, non solo è unico, ma ha causa unica ed inscindibile, nella quale si combinano gli elementi dei diversi tipi che lo costituiscono il contratto deve essere assoggettato alla disciplina unitaria del contratto prevalente e la prevalenza si determina in base ad indici economici od anche di tipo diverso, come la forza del tipo o l’interesse che ha mosso le parti , salvo che gli elementi del contratto non prevalente, regolabili con norme proprie, non siano incompatibili con quelli del contratto prevalente, dovendosi in tal caso procedere, nel rispetto dell’autonomia contrattuale art. 1322 c.c. , al criterio della integrazione delle discipline relative alle diverse cause negoziali che si combinano nel negozio misto. Disciplina per il contratto misto il criterio della prevalenza . Per stabilire l’esatta natura di un negozio giuridico complesso, e quindi la relativa disciplina applicabile, occorre seguire il criterio della prevalenza tra le prestazioni pattuite, nell’ambito del quale il negozio dovrà essere assoggettato alla disciplina unitaria dell’uno o dell’altro contratto, in base alla prevalenza degli elementi che concorrono a costituirla. In particolare, il criterio della prevalenza ha riguardo al contenuto dell’obbligazione come determinato dal titolo ed è quindi un criterio oggettivo, dovendosi escludere che la prevalenza dipenda dal giudizio soggettivo delle parti fattore decisivo per valutare la prevalenza è dato dall’interesse che ha mosso le parti il nomen iuris, pur non essendo vincolante ai fini della qualificazione giuridica del negozio, non può essere espunto dal processo interpretativo e deve essere tenuto ben presente nella ricostruzione della volontà contrattuale il peso della qualificazione giuridica assegnata dalle parti varia peraltro a seconda del grado di chiarezza, univocità e precisione con il quale le parti stesse si sono espresse. Interesse dei contraenti e disciplina applicabile . La Corte, in maniera succinta, richiama altresì, quale criterio di individuazione della disciplina applicabile ad un contratto misto, l’interesse dei contraenti, al fine di individuare correttamente l’assetto voluto dalle parti. Secondo la giurisprudenza, infatti, i criteri di ermeneutica contrattuale fissati dagli art. 1362 e ss. c.c., ivi incluso quello dell’interpretazione secondo buona fede, devono essere rivolti all’individuazione dell’effettivo contenuto della comune intenzione dei contraenti e non possono giustificare una dilatazione della portata dei patti negoziali, con l’introduzione di diritti ed obblighi diversi da quelli con essi contemplati, nemmeno se tali fatti si presentino inidonei ad assicurare l’interesse avuto di mira da una delle parti con la stipulazione del contratto stesso Contratto misto e contratti collegati le differenze . Il contratto misto si differenza notevolmente dalla fattispecie dei contratti collegati. Ed infatti, affinché possa configurarsi un collegamento negoziale in senso tecnico, che impone la considerazione unitaria della fattispecie, è necessario che ricorra sia il requisito oggettivo, costituito dal nesso teleologico tra i negozi, volti alla regolamentazione degli interessi reciproci delle parti nell’ambito di una finalità pratica consistente in un assetto economico globale ed unitario, sia il requisito soggettivo, costituito dal comune intento pratico delle parti di volere non solo l’effetto tipico dei singoli negozi in concreto posti in essere, ma anche il coordinamento tra di essi per la realizzazione di un fine ulteriore, che ne trascende gli effetti tipici e che assume una propria autonomia anche dal punto di vista causale. Il contratto misto, invece, come visto sopra, è un solo contratto, nel quale rientrano, sotto diverse combinazioni derivanti dagli interessi delle parte, le discipline di diversi contratti tipici manca, quindi, l’aspetto del collegamento, che non può aversi perché il contratto è uno, nel quale si fondono, in maniera appunto diversa, gli elementi caratterizzanti contratti già esistenti.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 24 ottobre - 12 dicembre 2012, n. 22828 Presidente Piccialli – Relatore Bursese Svolgimento del processo Con atto notificato il 21.09.2000 l’EMMEBI Auto spa, concessionaria FIAT, citava in giudizio avanti il Tribunale di Busto Arsizio, sezione distaccata di Saronno, la Banfi Ammortizzatori di Banfi Mario e, premesso che la ditta convenuta in forza di un contratto stipulato tra le parti, aveva promosso per conto di essa attrice, la vendita di autovetture nuove FIAT esposte presso in propri locali, chiedeva la condanna del Banfi al pagamento della somma di lire 26.106.490, dovute per forniture di merci e vendite di automezzi. Si costituiva il Banfi eccependo che tra le parti era intervenuto un contratto di deposito a fronte del quale dalla società concessionaria gli erano state consegnate autovetture nuove di marca FIAT per la sola esposizione nei propri locali chiedeva quindi il rigetto della domanda attrice e proponeva domanda riconvenzionale per il riconoscimento delle spese sostenute per le autovetture depositate presso di lui dalla società attrice, spese quantificate in L. 46.809.683. L'adito tribunale, con sentenza n. 41/2002, qualificava il contratto come contratto misto agenzia/deposito , con prevalenza delle norme regolanti il contratto di agenzia, per cui accoglieva la domanda attrice ed in parte anche la riconvenzionale del convenuto, riconoscendo in piccola parte le spese da esso sostenute le sole spese per la pulizia quotidiana delle autovetture esposte . Avverso tale sentenza proponeva appello il Banfi la società appellata formulava impugnazione incidentale. L'adita Corte d'Appello di Milano, con sentenza n. 2133/05 depositata in data 15.9.2005, rigettava l'appello principale del Banfi ed accoglieva quello incidentale della EMMEBI Auto, e, qualificato l'intero contratto come contratto di agenzia, escludeva la ricorrenza della fattispecie del deposito, per cui il Banfi nessun diritto poteva vantare a tale titolo per il rimborso delle spese sostenute per l'esposizione delle vetture ex art. 1748, ult. co. c.c. che non prevede rimborsi di spese del concessionario . Per la cassazione della sentenza ricorre il Banfi sulla base di n. 4 mezzi resiste la società intimata con controricorso. Motivi delle decisione 1- Con il primo motivo il ricorrente denunzia la violazione dell'art. 345 comma 3 c.p.c. e deduce che era inammissibile la produzione in sede d'appello di un documento nuovo la missiva 4.3.1994 non disconosciuta da Mario Banfi, con la quale questi si era proposto come agente delle autovetture nuove previa corresponsione di provvigione la corte non doveva ammettere la produzione del predetto documento in quanto nuovo, né poteva ritenersi esauriente la motivazione della sentenza su tale specifico punto. La doglianza non è fondata. Invero la corte distrettuale, dopo avere richiamato il precedente orientamento giurisprudenziale dominante, ha correttamente motivato l'ammissione del documento nuovo, prodotto solo in sede d'appello dalla soc. l’EMMEBI Auto spa, essendo all'epoca consentita la sua produzione a mente dell'art. 345 c.p.c. nel testo allora vigente, in quanto documento precostituito ed indispensabile ai fini della decisione, ad integrazione di quelli già acquisiti in primo grado proposta in data 9.3.94 Emmebi Auto e autorizzazione Fiat Auto in data 5.5.94 . Il giudice distrettuale ha infatti considerato il documento in questione di decisiva importanza ai fini della decisione Cass. Sez. U, n. 8203 del 20/04/200J Cass. n. 26020 del 5.12.2011 Cass. a 8877 del 1.06.2012 . 2 - Con il secondo motivo, il ricorrente deduce il vizio di motivazione con riferimento a quanto previsto dall'art. 2 del contratto intercorso tra le parti. Quanto alle asserite provvigioni - che, secondo la Corte distrettuale il Banfi avrebbe ricevute dalla Emmebi Auto -, osserva l'esponente che manca in proposito una qualsiasi motivazione, atteso che tutta la causa si è basata sulla negazione della parte ricorrente di avere mai pattuito e percepito provvigioni durante tutto il rapporto contrattuale in realtà non vi è alcuna prova che esso Banfi avesse ricevuto emolumenti per automobili vendute la provvigione sarebbe stata al più una sola, per un solo contratto stipulato nel 1998 con tale A.A. , ma si trattava in realtà di una somma dovuta a titolo di sconto al rivenditore per l'avvenuta vendita del veicolo. L'esponente censura inoltre l'affermazione del giudice distrettuale che stabilisce l'autonomia di vendita della ditta Banfi per i soli autoveicoli usati e non anche per quelli nuovi tale affermazione non considera né le prove prodotte in giudizio circa l'autonomia del ricorrente per la vendita di veicoli nuovi, né le stesse previsioni dell'art. 2 del contratto sottoscritto da Emmebi Auto che statuisce quanto segue prendiamo atto che da parte vostra continuerete a svolgere autonomamente il commercio di autoveicoli e che non intendete assumere alcun vincolo in ordine alla promozione dei nostri affari né di altri simili obbligazioni o vincoli”. 3 - Con il 3 motivo il ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione dell'art. 1362 c.c. nonché la mancata applicazione, della disciplina codicistica di cui agli artt. 1766 e 1774 cpv. c.c. alla fattispecie contrattuale del deposito, che era ipotizzabile nel caso in esame. Invero, nell'art. 1 del contratto si parla esplicitamente di deposito” in esso si prevede infatti avete facoltà di esporre al pubblico nostri autoveicoli nuovi di fabbrica che eventualmente dovessimo affidarvi in deposito per esposizione con osservanza delle norme di legge dette unità resteranno di nostra esclusiva proprietà e ci verranno da voi Banfi restituite a semplice nostra richiesta, il tutto nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia di deposito e di bolle di accompagnamento viaggianti . Né l'interpretazione della corte appare convincente e congrua quando afferma che tale ripetuto richiamo alle disposizioni vigenti in materia di deposito attiene essenzialmente agli adempimenti di contenuto fiscale norme che neppure indica o specifica e non anche alla disciplina civilistica del deposito, per cui sono state violate dal giudice dell'appello le norme in tema d'interpretazione del contratto di cui all'art. 1362 c.c In realtà le prove dedotte dimostrano - prosegue il ricorrente - oltre ogni dubbio che le parti avevano previsto e concluso un contratto di deposito a cui avevano dato seguito nei quattro anni di vigenza del rapporto contrattuale. 4 - Con il 4 motivo viene dedotta l'insufficiente e contraddittoria della motivazione su un fatto controverso e la violazione e falsa applicazione dell'art. 1742 e ss. c.c. nonché dell'art. 1362 c.c Il giudice ritenendo applicabile la disciplina del contratto di agenzia non ha tenuto conto dell'art. 4 del contratto che invece chiaramente esclude tale rapporto, atteso che tale clausola prevedeva la vostra attività si limiterà alla segnalazione dei clienti, con esclusione di ogni rappresentanza della nostra società, non solo la conclusione del contratto, ma anche le prestazioni relative alla sua esecuzione, come il pagamento del prezzo dovranno intercorrere direttamente tra il cliente e noi ”. Le predette censure possono essere congiuntamente separate essendo strettamente connessi, in quanto tutte dirette a contrastare l'interpretazione della Corte distrettuale del rapporto negoziale intervenuto tra le parti, che secondo il ricorrente non è inquadrabile nell’ambito dell'agenzia quanto piuttosto in quello del deposito. Osserva il Collegio circa la questione delle provvigioni che il Banfi avrebbe ricevuto dalla Emmebi Auto, che effettivamente non è chiarito sulla base di quali prove la Corte distrettuale abbia desunto che vi erano state tal'elargizioni. Né vi è stata ammissione di sorta da parte del Banfi, perché questi nella sua domanda riconvenzionale non ha chiesto il pagamento di provvigioni, né ha dedotto di avere trattenuto a tale titolo la somma pretesa ex adverso, che rappresentavo invece, a suo avviso, il prezzo di una vendita di un'auto da lui direttamente stipulata, per il quale aveva riscosso il prezzo contravvenendo però in tal modo la clausola contrattuale che gliene faceva divieto . Sembra poi fondata la dedotta violazione dell'art. 1362 e ss. c.c. atteso che nel cennato contratto, si parla apertis verbis e per ben due volte di deposito il tutto nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia di deposito . Né sembrano convincenti le argomentazioni svolte in proposito dal giudice distrettuale che fanno riferimento ad una rilevanza solo fiscale del richiamo al deposito , che è solo ipotetica, priva di riscontro e in contrasto con il primario criterio lessicale ermeneutico. Conclusivamente sembra al Collegio più equilibrata la soluzione adottata dal primo giudice che aveva inquadrata la fattispecie in esame nell'ambito del contratto misto gli elementi di quello prevalente agenzia o commissione non rendono inapplicabile del tutto quelli del contratto concorrente deposito , ove non vi sia evidente incompatibilità in effetti il contratto di deposito prevede il rimborso delle spese, ma ciò non è in contrasto con il contratto d'agenzia che a ben vedere, ciò non vieta non vi è quindi incompatibilità tra le due fattispecie negoziali in esame, a nulla rilevando il richiamo all'art. 1748 ult. co. c.c. operato dalla corte di merito. Questa S.C. ha statuito al riguardo che, in tema di contratto misto, la relativa disciplina giuridica va individuata in quella risultante dalle norme del contratto tipico nel cui schema sono riconducibili gli elementi prevalenti cosiddetta teoria dell'assorbimento o della prevalenza , senza escludere ogni rilevanza giuridica degli altri elementi, che sono voluti dalle parti e concorrono a fissare il contenuto e l'ampiezza del vincolo contrattuale, ai quali si applicano le norme proprie del contratto cui essi appartengono, in quanto compatibili con quelle del contratto prevalente Cass. Sez. U, n. 11656 del 12/05/2008 Cass. Sez. 3, a 13399 del 22/06/2005 . Conclusivamente va rigettato il primo motivo del ricorso ed accolte le altre censure la sentenza dev'essere cassata in relazione ai motivi accolti e la causa rinviata anche per le spese di questo giudizio ad altra sezione della Corte d'Appello di Milano, la quella deciderà sulla base del principi di diritto sopra enunciati. P.Q.M. la Corte rigetta il primo motivo del ricorso accoglie gli altri cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa anche per le spese, ad altra sezione della Corte d'Appello di Milano.