Delle infiltrazioni risponde soltanto il proprietario dell’immobile locato

In base al principio previsto dall’art. 1372 c.c., per il quale il contratto non produce alcun effetto nei confronti dei terzi se non nei casi stabiliti dalla legge, la società che ha ricevuto in appalto i servizi di gestione del patrimonio immobiliare risponde solo verso l’appaltatore dell’inadempimento agli obblighi contrattuali assunti.

In tal senso si esprime la Corte di Cassazione con la sentenza n. 16067 del 21 settembre 2012, con la quale viene precisato che, nell’ipotesi di appalto per la gestione del patrimonio immobiliare, il conduttore dell’immobile non ha alcuna azione diretta nei confronti dell’appaltatore, posto che il contratto di gestione ha efficacia solo tra le parti contraenti ed i terzi non possono avanzare rivendicazioni sulla base di un contratto al quale sono estranei, salvo i casi previsti dalla legge. I fatti. La vicenda definita con la causa in esame prende le mosse dall’azione promossa dal conduttore di un immobile di proprietà del Comune di Napoli nei confronti del Comune e della società di gestione del patrimonio immobiliare del Comune stesso, per una serie di infiltrazioni riscontrate nell’immobile in questione. Sia in primo che in secondo grado viene riconosciuta la responsabilità del Comune ed emessa una pronuncia di ripristino ed eliminazione delle infiltrazioni, con relativa condanna al risarcimento, nei confronti della società chiamata a gestire il patrimonio immobiliare del Comune di Napoli, in forza di apposito contratto di appalto stipulato tra le parti. La Corte di Cassazione, per contro, riforma la sentenza di appello, richiamando il principio dell’esclusiva efficacia inter parte del contratto – nel caso, di appalto – con esclusione in capo al terzo della legittimazione ad agire nei confronti dell’appaltatore, con il quale il terzo, appunto, non aveva stipulato alcun contratto. Il contratto? Ha forza di legge solo tra le parti. La sentenza della Cassazione in commento poggia sostanzialmente la propria motivazione sul principio, stabilito dall’art. 1372 c.c., per il quale il contratto ha forza di legge solo tra le parti che lo sottoscrivono. Con tale espressione, peraltro, non si intende equiparare, in senso tecnico, il vincolo sancito dalla legge con quello stabilito dalle parti nell’ambito della propria autonomia ma esprimere, nella maniera più chiara possibile, il fatto della irrevocabilità per le parti del vincolo che nasce dal contratto vincolo che, una volta instaurato con la sottoscrizione, non può essere unilateralmente revocato o modificato, salvo casi particolari previsti dalla legge. Se così non fosse, infatti, la sfera giuridica di un soggetto verrebbe lesa da quanto pattuito da altri soggetti circostanza, questa, in certi settori ammissibili come, ad esempio, nell’ambito dei rapporti di filiazione per il particolare rapporto che si crea tra genitore e figlio ma che è da escludere nell’ambito dei rapporti patrimoniali, dove il principio generale è che gli effetti giuridici nella propria sfera patrimoniale possono verificarsi solo in presenza della volontà del soggetto stesso. Il contratto a favore di terzi come e perché. Il principio sopra sommariamente esposto conosce invece importanti limiti ed eccezioni nell’ipotesi in cui dal contratto derivino, per il terzo, effetti favorevoli, salva naturalmente la possibilità, per il terzo, di opporsi all’attribuzione patrimoniale favorevole. Questo risultato è ottenuto tramite il contratto a favore di terzo art. 1411 c.c. , nel quale lo stipulante ed il promittente concordano, in termini generali, la realizzazione di una prestazione in favore, appunto, del terzo l’esempio classico è quello dell’assicurazione sulla vita, nel quale l’assicurato sottoscrive un contratto con una compagnia assicurativa che si impegna a pagare ad un familiare un determinato importo in caso di morte dell’assicurato che è, appunto, lo stipulante . Contratto di appalto e contratto a favore di terzi . Nel caso di specie, la Corte di Appello aveva ritenuto che, in forza del contratto di appalto sottoscritto tra il Comune – proprietario dell’immobile - ed il conduttore dello stesso, questi fosse legittimato a citare in giudizio, per i danni da infiltrazioni rilevati nell’immobile locato, direttamente la società alla quale il comune aveva affidato l’incarico di gestire il proprio patrimonio immobiliare. In realtà, come rilevano i Giudici di Piazza Cavour, nella logica dell’appalto di servizi, il rapporto resta strutturalmente e giuridicamente a due anche quando l’appaltante si serve dell’appaltatore per espletare una prestazione in favore di terzi in quanto la prestazione è stata pattuita esclusivamente con l’ente – nel caso, il Comune di Napoli – che paga il corrispettivo all’appaltatore, anche se quest’ultimo esegue la prestazione a favore di terzi indicati dal Comune. Né, peraltro, il contratto di appalto in questione può configurarsi come contratto a favore di terzo, posto che tale circostanza deve essere prevista nel contratto e, comunque, produce effetti nei confronti del terzo solo ove sia determinato e determinabile. Da ciò deriva che il conduttore dell’immobile non è legittimato ad agire nei confronti dell’appaltatore di servizi indicato dal Comune come appaltante ma soltanto, eventualmente, nei confronti del Comune nella sua veste di locatore dell’immobile in questione.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 12 luglio - 21 settembre 2012, numero 16067 Presidente Trifone – Relatore Carleo Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato il 16.1.01 M.U. , conduttore dell’appartamento di proprietà del Comune di Napoli, sito in omissis , deduceva che, a seguito di consistenti infiltrazioni riscontrate nel detto immobile dai Vigili del Fuoco, il Comune di Somma Vesuviana aveva ordinato al locatore nonché alla Romeo Spa, che ne curava la gestione, di eseguire le opere necessarie al ripristino dello stato dei luoghi. Aggiungeva che le suddette infiltrazioni avevano danneggiato sia gli arredi mobili che gli oggetti di casa provocando inoltre danni alla salute. Sulla base di tali premesse conveniva in giudizio sia il Comune di Napoli sia la società di gestione del bene E.R. Gestione Spa poi divenuta Romeo Gestioni Spa per ottenere la condanna alla eliminazione delle infiltrazioni ed al risarcimento dei danni che quantificava in 20 milioni di lire oltre quelli morali ed alla salute. Instauratosi il contraddittorio, il Comune di Napoli si costituiva e anzitutto eccepiva il proprio difetto di legittimazione passiva evidenziando che l'obbligo di manutenzione degli immobili del patrimonio comunale era stato affidato alla società E.R. Gestione Spa talché ogni statuizione andava adottata direttamente nei confronti di tale società. Nel merito, sosteneva l'infondatezza della domanda e ne chiedeva il rigetto. Dal canto suo la Romeo Spa, al di là di talune eccezioni di rito, respingeva ogni responsabilità ex artt. 2051 cc omessa custodia e 2053 cc rovina di edifici non essendo proprietaria dell'immobile. Rilevava altresì che, in virtù della convenzione stipulata con il Comune di Napoli in data 3.5.90 con le integrazioni del 10.1.91, alla Romeo era devoluta solo la piccola riparazione sui guasti segnalati dall'utente o dal committente. Disposto il mutamento del rito, in esito al giudizio, il Tribunale condannava entrambi i convenuti ad eseguire le opere di rispettiva competenza nonché al risarcimento dei danni. Avverso tale decisione proponeva appello la Romeo ed in esito al giudizio, in cui si costituivano sia il Comune, che proponeva appello incidentale, sia il M. , la Corte di Appello di Napoli con sentenza depositata in data 12 ottobre 2006 rigettava l'appello principale e dichiarava inammissibile quello incidentale. Avverso la detta sentenza la Romeo Gestioni Spa ha quindi proposto ricorso per cassazione articolato in tre motivi. Resistono con controricorso il Comune di Napoli ed il M. . Motivi della decisione Con la prima doglianza, deducendo la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1372 e 1411 cc, la ricorrente ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte di Appello ha individuato il titolo giuridico in base al quale accogliere le pretese del M. nei confronti delle Romeo nel contratto di appalto stipulato tra la Romeo ed il Comune di Napoli, trascurando che un contratto ha forza di legge solo tra le parti. Con la conseguenza che, anche in un contratto intercorso tra due parti, in cui l’obbligazione assunta da una delle due può indirettamente arrecare beneficio ad un terzo, che non è parte del contratto né è menzionato in detto contratto come beneficiario della prestazione, il terzo non può agire direttamente nei confronti della parte obbligata per l'adempimento della prestazione da tale parte assunta dall'altra parte contrattuale.La seconda doglianza, per violazione e falsa applicazione degli artt. 1655 e ss cc con riferimento al d.lgs 157/95 ora dlgs 163/2006 e degli artt. 1372 e 1258 cc, si fonda sulla considerazione che la conclusione di un contratto di appalto di servizi di gestione di proprietà immobiliari di enti pubblici non comporta l'assunzione, da parte dell'appaltatore degli obblighi scaturenti dai rapporti contrattuali dell'amministrazione committente, occorrendo a tal fine il ricorso a forme negoziali tipiche come per esempio l'accollo . La terza doglianza, articolata sotto il profilo della motivazione omessa insufficiente, si fonda infine sulla considerazione che la Corte avrebbe omesso di motivare ed esaminare il primo motivo di appello in merito all'inefficacia del contratto di locazione nei confronti della Romeo e non avrebbe adeguatamente argomentato sulla mancanza di un obbligo contrattuale assunto dalla ricorrente che consentisse al sig. M. di agire direttamente nei suoi confronti. I motivi in questione, che vanno esaminati congiuntamente in quanto sia pure sotto diversi ed articolati profili, prospettano ragioni di censura intimamente connesse tra loro, sono fondati e meritano di essere accolti.A riguardo, mette conto di premettere che le ragioni poste dalla Corte di merito a base della decisione, poi impugnata, si fondano essenzialmente sulla considerazione che nella fattispecie i rapporti tra l'ente pubblico e la società di gestione del patrimonio municipale, alla stregua delle convenzioni acquisite in atti, prevedono, quanto a taluni interventi necessari negli immobili gestiti, non una mera responsabilità di garanzia nei confronti del predetto ente, ma una fattiva attività quale contenuto intrinseco della gestione stessa . Da ciò deriverebbe - questa la conclusione della Corte - che il soggetto interessato potrebbe e dovrebbe rivolgersi alla società di gestione per l'esecuzione di opere di sua competenza nella specie, i lavori di piccola manutenzione, secondo l'art. 3 conv. e quindi, in caso di inadempimento, per l'affermazione di diretta responsabilità.L'argomento non è assolutamente convincente e la conclusione, cui perviene la Corte di merito, non coglie nel segno. Ed invero, il fatto che la convenzione preveda, quanto a taluni interventi da eseguire negli immobili gestiti, una fattiva attività quale contenuto intrinseco della gestione stessa significa soltanto che la società di gestione è tenuta al compimento di determinati interventi, ove rientrino nella tipologia convenuta con l'ente pubblico con cui ha stipulato il contratto, ma non significa anche che il terzo, estraneo alla stipulazione, abbia azione diretta nei suoi confronti, in caso di mancata esecuzione dell'intervento.E ciò, in base al principio generalissimo previsto dal secondo comma dell'art. 1372 cc secondo cui il contratto non produce l'effetto-contenuto dell'atto negoziale rispetto ai terzi, se non nei casi previsti dalla legge. Con la conseguenza che la società, la quale ha ricevuto in appalto i servizi di gestione del patrimonio immobiliare del Comune, risponde solo verso quest'ultimo dell'inadempimento agli obblighi contrattuali assunti.Infatti, nella logica dell'appalto di servizi, il rapporto resta strutturalmente a due anche quando l'amministrazione si serve dell'appaltatore per espletare una prestazione in favore di terzi in quanto la prestazione è stata pattuita esclusivamente con l'ente pubblico che paga il corrispettivo all'appaltatore, anche se quest'ultimo esegue la prestazione a beneficio di terzi indicati dal Comune.Ciò, a differenza di quanto avviene nella concessione di pubblici servizi, in cui un'impresa è chiamata dalla p.a. a fare ciò che la stessa amministrazione, in sua assenza farebbe in prima persona contrattando direttamente con l'utente e facendosi dallo stesso pagare un prezzo.Né la Corte di merito, malgrado che la Romeo Gestioni avesse lamentato con uno specifico motivo di impugnazione l'insussistenza di un suo obbligo contrattuale nei confronti del M. , ha ritenuto di accertare, benché si trattasse di un fatto decisivo per il giudizio, se nel contratto di appalto o in quello di locazione, le parti contraenti avessero convenuto una clausola a favore del conduttore che gli consentisse non solo di rivolgersi direttamente alla Romeo Gestioni Spa per sollecitare l'esecuzione di opere di sua competenza ma anche, e soprattutto, di agire in giudizio nei suoi confronti al fine di ottenere il risarcimento dei danni conseguenti al mancato adempimento delle obbligazioni da essa assunte nei confronti del Comune di Napoli.Ed invero, secondo il disposto di cui all'art. 1411 cod. civ., la stipulazione a favore del terzo deve essere necessariamente prevista nel contratto stesso e produce effetti nei suoi confronti ove sia determinato o determinabile Cass. numero 10403/2002, numero 8410/98, numero 5298/80 .Ed è appena il caso di osservare che solo qualora, nel contratto tra la il Comune di Napoli e la Romeo Gestioni Spa sia stata convenuta l'assunzione diretta, da parte dell'appaltatore, degli obblighi derivanti dai rapporti contrattuali dell'amministrazione committente con i conduttori degli immobili dati in locazione e sia altresì stata prevista, a beneficio dei conduttori la facoltà di conseguire la condanna della stessa società al risarcimento dei danni derivanti dal mancato adempimento di tali obblighi contrattuali, i conduttori possono ritenersi legittimati ad agire direttamente nei confronti della Romeo Gestioni.Ora, sussiste il vizio di motivazione, sotto il profilo dell'omissione e/o dell'insufficienza, dedotto dalla ricorrente, quando nel ragionamento del giudice di merito sia rinvenibile come nella specie traccia evidente del mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabile d'ufficio.Ne consegue che nella specie l'omesso compimento degli accertamenti in questione, tali da comportare una decisione diversa nella sua sostanza, inficia la correttezza del ragionamento svolto dal giudice del merito e ne determina la sua censurabilità.Ne consegue che il ricorso per cassazione, siccome fondato, deve essere accolto e che la sentenza impugnata. Con l'ulteriore conseguenza che, occorrendo un rinnovato esame della controversia, la causa va rinviata alla Corte di Appello di Napoli, in diversa composizione, che provvederà anche in ordine al regolamento delle spese della presente fase di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata con rinvio della causa alla Corte di Appello di Napoli, in diversa composizione, che provvedere anche in ordine al regolamento delle spese della presente fase di legittimità.