Il titolare patteggia la pena per turbativa d'asta. Valutazione in sede civile per giudicare la nullità del contratto

Patteggiamento in sede penale non significa condanna in ambito civile. È necessario un'ulteriore valutazione del giudice. Bisogna verificare se i comportamenti illeciti abbiano violato norme imperative inderogabili in materia di appalti pubblici.

Patteggiamento in ambito penale, per reati di turbata libertà degli incanti e abuso d'ufficio . Il punto, però, è che a essere condannato è il titolare di un'impresa aggiudicataria della gara d'appalto indetta dal Comune. E proprio l'Ente pubblico chiede di rilevare la nullità del contrato per contrasto con norme imperative e di ordine pubblico . Nodo, questo, tutto da sciogliere Come conferma la sentenza della Corte di Cassazione, numero 23025/2011, sezione Prima Civile, depositata ieri, che riapre la questione. Appalto fu La gara d'appalto è chiusa. Con tanto di vincitore. Ma il Comune scopre che il titolare della ditta aggiudicataria è stato condannato, con pena patteggiata, per reati che attengono all'assegnazione del contratto. Ecco spiegata la richiesta di vedere dichiarata la nullità del contratto di appalto e di ottenere dall'impresa il risarcimento del danno. Dal canto proprio, però, l'impresa chiede la risoluzione del contratto per effetto della illegittima sospensione dei lavori. A spuntarla è proprio l'impresa aggiudicataria dell'appalto sia in primo che in secondo grado, difatti, la sua richiesta viene accolta. Il peso delle violazioni. Tuttavia, la querelle giudiziaria non è assolutamente chiusa. Anzi A tenere aperto il fronte è il ricorso presentato per cassazione dal Comune, che contesta la decisione assunta dal Tribunale e confermata dalla Corte d'Appello. Punto focale è, secondo l'Ente pubblico, l'omessa rilevazione della nullità del contratto di appalto per contrasto con norme imperative e di ordine pubblico, in quanto concluso in esito a procedura di licitazione privata nel corso della quale il titolare dell'impresa aggiudicataria era incorso in violazioni di carattere penale . Viene affermato, difatti, che il patteggiamento per reati di turbata libertà degli incanti e abuso d'ufficio, costituenti causa ostativa alla partecipazione ad un appalto pubblico, comportava, alla luce della giurisprudenza amministrativa, che il ricorrente dovesse essere escluso dalla gara stessa e che il contratto stipulato all'esito di quest'ultima doveva ritenersi nullo Valutazione necessaria. La questione, posta all'attenzione della Cassazione, è legata, innanzitutto, all'elemento, fondato, richiamato dalla Corte d'Appello la sentenza penale di patteggiamento non ha, nel giudizio civile, l'efficacia di una condanna . Ciò è vero , confermano i giudici di piazza Cavour, ma, allo stesso tempo, il giudice civile deve decidere, accertando i fatti illeciti e le relative responsabilità . Una valutazione ulteriore, quindi, è necessaria Adattando questo schema alla vicenda specifica, viene chiarito che ciò che rileva non è l'illecito penale, bensì l'illecito civile che avrebbe portato, tramite il comportamento dell'impresa, alla alterazione dei risultati della gara. Ne consegue che, anche a voler ritenere non provati, per effetto di giudicato penale, i fatti illeciti addebitati al rappresentante dell'impresa, ciò non toglie che detti fatti possano costituire degli illeciti civili suscettibili di accertamento da parte del giudice civile, a prescindere dall'esito del giudizio penale . Ebbene, in questa vicenda tale accertamento risulta del tutto mancante Proprio in questa lacuna si inserisce il giudizio della Cassazione, che accoglie il ricorso presentato dal Comune e rimette la questione alla Corte d'Appello, che prima dovrà accertare la sussistenza della nullità del contratto per violazione di norme imperative sulla base delle risultanze del patteggiamento e di ogni altra risultanza accertata nel corso del giudizio e poi dovrà valutare, qualora accerti l'esistenza di comportamenti costituenti illecito civile addebitabile all'impresa, se detti comportamenti debbano considerarsi posti in violazione di norme imperative inderogabili in tema di stipulazione di appalti pubblici e, come tali, comportanti la nullità del contratto stipulato .

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 7 luglio - 7 novembre 2011, n. 23025 Presidente Plentenda - Relatore Ragonesi Svolgimento del processo Con atto di citazione del 3.6.1999, il Comune di Ucria conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Patti-- sezione distaccata di S. Agata di Militello - la B. V. s.p.a., per sentir dichiarare la nullità del contratto di appalto stipulato con la convenuta per vizio dell'atto di aggiudicazione presupposto il titolare dell'impresa aggiudicataria aveva riportato condanna penale con pena patteggiata ex art. 444 c.p.p. per reati commessi in relazione al detto contratto e sentire quindi condannare quest'ultima al relativo risarcimento del danno. A sua volta la B. V., costituitasi, chiedeva in riconvenzionale la risoluzione del detto contratto, per effetto della illegittima sospensione dei lavori intervenuta nel gennaio 1991 e non rimossa nonostante invio di diffida in data 15.4.1999 Il tribunale rigettava la domanda del Comune ed accoglieva quella riconvenzionale. Tale decisione veniva poi confermata dalla Corte di Appello di Messina in sede di gravame, con sentenza contro la quale il Comune propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi articolati in diversi profili, cui resiste la B. V. con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie Motivi della decisione Con il primo ed il secondo motivo di impugnazione il Comune di Ucria denuncia la violazione dell'art. 1418, primo comma, c.c. e vizio di motivazione, per l'omessa rilevazione della nullità del contratto di appalto per contrasto con norme imperative e di ordine pubblico, in quanto concluso in esito a procedura di licitazione privata nel corso della quale il titolare dell'impresa aggiudicataria era incorso in violazioni di carattere penale. In particolare, il Comune ricorrente sostiene che il patteggiamento per reati di turbata libertà degli incanti e abuso d 'ufficio, costituenti causa ostativa alla partecipazione ad un appalto pubblico, comportava alla luce della giurisprudenza amministrativa che il concorrente dovesse essere escluso dalla gara stessa e che il contratto stipulato all'esito di quest'ultima doveva ritenersi nullo. Con il terzo e quarto motivo il comune ricorrente deduce la violazione dell'art. 1418, secondo comma c.c. e vizio di motivazione, per la mancata dichiarazione di nullità del contratto per illiceità della causa. Con il quinto, il sesto ed il settimo motivo il comune ricorrente deduce la violazione degli artt. 1454 c.c., 112 c.p.c. e vizio di motivazione, con riferimento alla domanda riconvenzionale della B. V., poichè la Corte di Appello avrebbe recepito acriticamente le motivazioni del primo giudice sul punto, senza considerare, in particolare, che la società avrebbe dovuto proporre istanza di recesso anzichè attendere circa otto anni per chiedere la risoluzione del contratto, ed avrebbe, inoltre, ritenuto grave l'inadempimento del Comune, per quanto non proposta la relativa eccezione. I primi due motivi sono fondati. E' ben vero, come ritenuto dalla Corte d'appello, che la sentenza penale di applicazione della pena su richiesta delle parti ai sensi degli artt. 444 e 445 cod. proc. pen. cd. patteggiamento non ha, nel giudizio civile, l'efficacia di una sentenza di condanna. Tuttavia, ciò non vuoi dire che tale sentenza sia tamquam non esset. Questa Corte ha, infatti, più volte ripetuto che in presenza di patteggiamento il giudice civile deve decidere accertando i fatti illeciti e le relative responsabilità autonomamente, non essendogli precluso di valutare, unitamente ad altre risultanze, anche la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti. Cass l 0847/07 . Nel caso specie, ciò che rileva non è l'illecito penale, bensì l'illecito civile che avrebbe portato, tramite il comportamento della Impresa V., alla alterazione dei risultati della gara. Ne consegue che, anche a voler ritenere non provati per effetto di giudicato penale i fatti illeciti addebitati al rappresentante dell'impresa in questione, ciò non toglie che detti fatti possano costituire degli illeciti civili suscettibili di accertamento da parte del giudice civile a prescindere dall'esito del giudizio penale. Nel caso di specie tale accertamento risulta del tutto mancante essendosi la sentenza impugnata limitata ad escludere la nullità del contratto per violazione di norme imperative semplicemente in ragione del fatto . che il patteggiamento ex art 444 cpp non costituisce giudicato in ordine alla commissione dei reati contestati La Corte di appello dunque dovrà in sede dì rinvio accertare la sussistenza della nullità del contratto per violazione di norme imperative sulla base delle risultanze del patteggiamento e di ogni altra risultanza accertata nel corso del giudizio. Va ulteriormente rammentato che questa Corte ha chiarito che in tema di appalti pubblici, l'elusione delle garanzie di sistema a presidio dell'interesse pubblico nella specie, aggiudicazione dell'appalto a licitazione privata prescritte dalla legge per l'individuazione del contraente più affidabile e meglio tecnicamente organizzato per l'espletamento dei lavori, comporta la nullità del contratto per contrasto con le relative norme inderogabili Cass 11031/08 Cass 3672110 . E' stato a tale proposito ritenuto che nel contratto di appalto pubblico l'omissione della gara prescritta dalla legge per l'individuazione del contraente privato - omissione cui deve equipararsi l'espletamento meramente apparente delle formalità previste dalla legge - comporta la nullità del contratto per contrasto con norme imperative, da individuarsi nel complesso della disciplina, applicabile alla fattispecie . Cass 11 031/08 E' ben vero che questa Corte, in più occasioni, ha affermato che in tema di vizi concernenti l'attività negoziale degli enti pubblici - sia che si riferiscano al procedimento di formazione della volontà dell'ente, sia che si riferiscano alla fase preparatoria, ad essa antecedente - il negozio stipulato è annullabile ad iniziativa esclusiva dell'eme pubblico Cass. l 0.4.1978, n. 1688 Cass. 18.3.1981, n. 1615 Cass. 8.7.1991, n. 7529 Cass. 30.9.2004, n. 19617 . Tale principio non può, tuttavia, estendersi al caso in cui lo svolgimento della gara di appalto abbia integrato gli estremi di reato, perché diversamente ritenendo si consentirebbe che il reato venga portato ad ulteriori conseguenze. Peraltro, va precisato che non ogni previsione della sanzione penale, diretta a colpire un comportamento materiale, è causa automatica della nullità del contratto Cass. 25.9.2003, n. 14234 Cass. 17 .6.1960 n. 1591 . Le norme contenenti un divieto, specie se sanzionato penalmente, possono, infatti, essere considerate imperative, in difetto di un'espressa sanzione civilistica di invalidità, soltanto se dirette alla tutela di un interesse pubblico di carattere generale, che è ravvisabile se il divieto ha carattere assoluto, senza possibilità di esenzione dalla sua osservanza per alcuni dei destinatari della norma Cass. 4.12 1982, n. 660l Cass. 29.1 0.1983,, n. 6445 . La Corte d'appello in sede di rinvio dovrà pertanto altresì valutare, qualora accerti l'esistenza di comportamenti costituenti illecito civile addebitabili alla resistente , se detti comportamenti debbano considerarsi posti in violazione di norme imperative inderogabili in tema di stipulazione di appalti pubblici e ,come tali , comportanti la nullità del contratto stipulato . I motivi vanno pertanto accolti ,con conseguente cassazione della sentenza impugnata con rinvio,. anche per le spese, alla Corte d'appello di Messina in diversa composizione che effettuerà gli accertamenti di cui sopra attenendosi a1 principi di diritto dianzi indicati. Restano assorbiti gli altri motivi del ricorso. P.Q.M. Accoglie il primo ed il secondo motivo del ricorso, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d'appello di Messina in diversa composizione.