Abbattimento e reimpianto di alberi ornamentali: i condomini devono partecipare alle spese?

Qualora gli alberi rientranti nella proprietà esclusiva di uno dei proprietari arrechino l’utilità di elemento ornamentale dell’intero edificio, tutti i condomini sono tenuti a contribuire alle spese per il loro abbattimento e reimpianto, in quanto utili alla conservazione del decoro architettonico.

Così si esprime la Suprema Corte con l’ordinanza n. 22573/20, depositata il 16 ottobre. L’attuale ricorrente chiedeva la condanna del Condominio al pagamento di una somma di denaro per le spese da lei sostenute ai fini dell’ abbattimento ed il reimpianto di 3 alberi situati nel giardino di sua esclusiva proprietà , sostenendo che essi svolgessero una funzione ornamentale per l’edificio. Il Tribunale di Roma respingeva la suddetta domanda, considerando indimostrata la funzione ornamentale degli alberi. A seguito di impugnazione, la Corte d’Appello di Roma accoglieva il gravame con riguardo solo alla liquidazione delle spese di lite, confermando per il resto la pronuncia impugnata. La proprietaria propone, allora, ricorso per cassazione, denunciando l’omesso esame di un fatto decisivo, ovvero dell’ atto d’obbligo imposto dal Comune di Roma al costruttore del fabbricato, come condizione per il rilascio della concessione edilizia , avente ad oggetto la presenza di un numero congruo di alberi da mettere a dimora. La Corte di Cassazione dichiara fondato il motivo di ricorso, richiamando un precedente giurisprudenziale in cui la stessa aveva affermato che alle spese di potatura degli alberi che si trovano su un suolo oggetto di esclusiva proprietà di uno solo dei condomini sono tenuti tutti i condomini , qualora si tratti di piante che contribuiscono al decoro architettonico dell’edificio e quando la potatura avvenga proprio per soddisfare le esigenze di cura del decoro . Il fondamento di tale assunto deriva dal fatto che la partecipazione agli oneri condominiali non si correla per forza alla contitolarità del bene, potendo spesso derivare dall’ utilità che essa fornisce alle singole unità immobiliari, a prescindere dal regime di proprietà. Tuttavia, gli Ermellini rilevano che la doglianza della ricorrente ruota attorno al mancato esame dell’atto d’obbligo imposto al costruttore al momento della concessione edilizia per la messa a dimora degli alberi, la quale sarebbe stata decisiva ai fini della causa. A tal proposito, i Giudici osservano che il suddetto atto non si configura come un contratto di diritto privato ma come atto intermedio del procedimento amministrativo finalizzato al conseguimento del provvedimento finale, da cui derivano poteri autoritativi della pubblica amministrazione. Da ciò consegue che i privati acquirenti dell’immobile edificato non possono rivendicare diritti sulla base di esso, ma nel caso in cui il beneficiario dell’originario atto di assenso edificatorio si sia obbligato nei confronti della pubblica amministrazione a non modificare la destinazione d’uso del bene, le prescrizioni oggetto della concessione edilizia costituiranno un vincolo permanente . Sulla base di tali argomentazioni, la Corte evidenzia che è necessario verificare se il vincolo di destinazione della messa a dimora di un congruo numero di alberi nel Condominio costituisse situazione a vantaggio dell’intero edificio, situazione che caratterizza il caso di specie, in cui gli alberi situati nella proprietà esclusiva della ricorrente arrecano ai condomini l’utilità di elemento ornamentale , conseguendone che tutti i condomini sono obbligati a contribuire alle spese per il loro abbattimento e reimpianto, in quanto funzionali al decoro. Segue l’ accoglimento del ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 2 luglio – 16 ottobre 2020, n. 22573 Presidente Manna – Relatore Scarpa Fatti di causa e ragioni della decisione T.L. ha proposto ricorso articolato in unico motivo avverso la sentenza n. 5666/2015 della Corte d’appello di Roma, pubblicata il 14 ottobre 2015. Il Condominio omissis , resiste con controricorso. Con citazione dell’8 ottobre 2009, T.L. domandò la condanna del Condominio omissis , al pagamento della somma di Euro 5.820,00, in conseguenza delle spese sostenute e da sostenere per l’abbattimento ed il reimpianto di tre alberi siti nel giardino di proprietà esclusiva T. , assumendo che gli alberi svolgessero una funzione ornamentale per l’intero edificio. L’adito Tribunale di Roma respinse la domanda, reputando indimostrata la funzione ornamentale degli alberi. T.L. avanzò appello, che la Corte d’appello di Roma, con la sentenza n. 5666/2015, accolse soltanto con riguardo alla quantificazione delle spese processuali liquidate in primo grado, osservando, quanto al merito, che gli alberi di alto fusto presenti nel giardino dell’appellante, pur concorrendo all’aspetto estetico dell’edificio, restavano di proprietà esclusiva della signora T. , sicché le spese per l’abbattimento e la sostituzione degli stessi dovevano porsi a carico esclusiva della proprietaria del giardino. La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma dell’art. 375 c.p.c., comma 2 e art. 380 bis.1 c.p.c Il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Corrado Mistri ha depositato le sue conclusioni scritte, ai sensi dell’art. 380-bis 1 c.p.c., chiedendo di dichiarare inammissibile o, in subordine, di rigettare il ricorso. Le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c Va disattesa l’eccezione di inammissibilità del controricorso, formulata dal ricorrente nella memoria, trattandosi di controversia in tema di erogazione di spese occorrenti per la manutenzione delle parti comuni, rientrante tra quelle per le quali è autonomamente legittimato ad agire ed a resistere ai sensi degli artt. 1130 e 1131 c.c L’unico motivo di ricorso di T.L. denuncia l’omesso esame circa un fatto decisivo ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, quanto all’atto d’obbligo imposto dal Comune di Roma al costruttore del fabbricato quale condizione per il rilascio della concessione edilizia, inerente proprio alla presenza di un congruo numero di alberature da mettere a dimora, anche ai fini del rispetto del vincolo ambientale sussistente nella zona ricadente nel parco dell’ omissis di tal che, gli alberi esistenti nel giardino della ricorrente si dovrebbero intendere ineliminabili ai fini del decoro architettonico dell’intero complesso edilizio, stante il vincolo pubblicistico derivante dalla condizione imposta dal Comune. Va premesso che non opera, nel caso in esame, la preclusione riguardo all’impugnazione ex art. 360 c.p.c., n. 5, di cui all’art. 348- ter c.p.c., comma 5 applicabile, ai sensi del D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 2, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, ai giudizi d’appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012 , non avendo la sentenza di appello confermato la decisione di primo grado sulla base delle stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a base della pronuncia appellata. In particolare, il Tribunale di Roma reputò indimostrata la funzione ornamentale degli alberi, mentre i giudici di secondo grado hanno dato rilievo essenzialmente alla proprietà degli stessi ed alla natura necessitata da ragioni di sicurezza dell’intervento di abbattimento e sostituzione delle piante. Il motivo di ricorso risulta fondato. È controverso tra le parti se il Condominio omissis dovesse partecipare, o meno, alle spese sostenute dalla condomina T. per l’abbattimento ed il reimpianto di tre alberi siti nel giardino di proprietà esclusiva di quest’ultima. La Corte d’appello di Roma ha risolto la questione nel senso di attribuire valore dirimente alla proprietà esclusiva, e non condominiale, degli alberi, pur riconoscendone l’incidenza sul decoro architettonico dell’edificio. A proposito della questione di diritto rilevante in causa, un precedente di questa Corte in fattispecie assai analoga, affermò che alle spese di potatura degli alberi, che pur insistono su suolo oggetto di proprietà esclusiva di un solo condomino, sono tenuti a contribuire tutti i condomini allorché si tratti di piante funzionali al decoro dell’intero edificio e la potatura stessa avvenga per soddisfare le relative esigenze di cura del decoro stesso Cass. Sez. 2, 18/04/1994, n. 3666 . Tale sentenza evidenziava come le piante di alto fusto possano formare oggetto, ad un tempo, di proprietà esclusiva e di comunione, fornendo utilità differenziate al proprietario del suolo e, ad un tempo, ai titolari delle unità immobiliari dell’edificio condominiale, in quanto componenti essenziali del decoro architettonico del fabbricato ciò giustifica l’obbligo di contribuzione dei partecipanti al condominio alle spese di potatura. Il fondamento della partecipazione agli oneri condominiali, ai sensi degli artt. 1123 c.c. e segg., non è infatti necessariamente correlato alla contitolarità della res, spesso piuttosto derivando dalla utilitas che essa arreca alle singole unità immobiliari, indipendentemente dal regime di proprietà. La ricorrente T.L. non introduce, tuttavia, una denuncia specifica di violazione o falsa applicazione di norme di diritto ovvero, in particolare, dall’art. 1123 c.c. . L’unico motivo di ricorso allega, piuttosto, una incompleta ricognizione della fattispecie concreta, non avendo la Corte d’appello esaminato l’atto d’obbligo imposto al costruttore in sede di concessione edilizia per la messa a dimora delle alberature. Il controricorrente ha formulato una eccezione di giudicato interno per mancata impugnazione in appello del II CAPO della sentenza del Tribunale, a proposito proprio dei vincoli imposti dal Comune di Roma per il rilascio della licenza edilizia. Ora, secondo consolidata interpretazione giurisprudenziale, per capo autonomo di sentenza, come tale suscettibile di formare oggetto di giudicato anche interno, deve intendersi solo quello che risolva una questione controversa, avente una propria individualità ed autonomia, sì da integrare astrattamente una decisione del tutto indipendente, mentre manca la suddetta autonomia nelle mere argomentazioni che unitamente ad altra, abbiano concorso a formare un capo unico di sentenza cfr. Cass. Sez. 1, 23/03/2012, n. 4732 Cass. Sez. 1, 18/09/2017, n. 21566 . Occorre, comunque, evidenziare che, se effettivamente la sentenza della Corte di Roma non compie alcun esame dell’atto d’obbligo e della circostanza dei vincoli imposti dal Comune di Roma per la messa a dimora di un congruo numero di alberature , il ricorso di T.L. specifica di aver prodotto tale documento in primo grado, ricevendo in proposito risposta dal Tribunale di Roma che lo stesso atto non contenesse riferimenti specifici alla proprietà dell’attrice nè tanto agli alberi per cui è causa . La sentenza impugnata della Corte di Roma, a pagina 2, precisa che T.L. avesse altresì lamentato in sede di gravame proprio che la funzione ornamentale degli alberi doveva desumersi . dall’atto d’obbligo in cui si era imposto al costruttore un congruo numero di alberature”. Non può dunque in alcun modo dirsi coperta da giudicato la ritenuta irrilevanza dell’atto d’obbligo imposto al costruttore in sede di concessione edilizia per la messa a dimora delle alberature. L’omesso esame dell’atto d’obbligo risulta, poi, decisivo, in quanto lo stesso, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia. Ora, è vero che in giurisprudenza si evidenzia come la convenzione, stipulata tra un comune e un privato costruttore, con la quale questi, al fine di conseguire il rilascio di una concessione o di una licenza edilizia, si obblighi ad un facere o a determinati adempimenti nei confronti dell’ente pubblico quale, ad esempio, la destinazione di un’area ad uno specifico uso , non costituisce un contratto di diritto privato, nè ha specifica autonomia e natura di fonte negoziale del regolamento dei contrapposti interessi delle parti stipulanti, configurandosi come atto intermedio del procedimento amministrativo volto al conseguimento del provvedimento finale, dal quale promanano poteri autoritativi della pubblica amministrazione. Ne consegue che, non potendosi qualificare l’atto d’obbligo come contratto a favore di terzi, ai sensi dell’art. 1411 c.c., i privati acquirenti dell’immobile edificato non hanno alcuna possibilità di rivendicare diritti sulla base di esso, nè, quindi, di agire per il suo adempimento, salva l’ipotesi che detto obbligo sia stato trasfuso in una disciplina negoziale al momento del trasferimento delle singole unità immobiliari Cass. Sez. 2, 18/09/2013, n. 21396 Cass. Sez. 1, 17/04/2013, n. 9314 Cass. Sez. 2, 23/02/2012, n. 2742 . Tuttavia, nel caso in cui il beneficiario dell’originario atto di assenso edificatorio si sia, con atto d’obbligo allegato alla concessione edilizia, impegnato, nei confronti della p.a., a non modificare la destinazione d’uso del bene in precedenza assentito, le prescrizioni contenute nella concessione edilizia costituiscono un vincolo permanente, che non è consentito ai privati di rimuovere o modificare. Occorre perciò verificare se il vincolo di destinazione alla messa a dimora di un congruo numero di alberature del complesso immobiliare costituente il Condominio omissis , costituisce una situazione giuridica a vantaggio dell’intero edificio, situazione che accede alla proprietà esclusiva degli alberi, facente capo a T.L. , proprietaria del giardino. Ove gli alberi rientranti nella proprietà T. , in forza del vincolo di destinazione, arrechino ai condomini l’utilità di elemento ornamentale, essi possono concorrere a costituire in modo indissolubile il decoro architettonico dell’edificio, che è bene comune tutelato dalla legge, con la conseguenza che tutti i partecipanti al condominio sarebbero obbligati a contribuire alle spese per l’abbattimento ed il reimpianto, giacché funzionali alla conservazione di tale decoro ancora Cass. Sez. 2, 18/04/1994, n. 3666 . Va pertanto accolto il ricorso, con rinvio della causa ad altra sezione della Corte d’appello di Roma, la quale procederà a nuovo esame tenendo conto dei rilievi svolti e provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte d’appello di Roma.