Tre immobili di cui due in comunione pro indiviso: abbiamo un condominio minimo

Ove i partecipanti ad un condominio siano uno proprietario esclusivo ed altri comproprietari pro indiviso delle altre unità immobiliari, dal momento che i detti comproprietari, con riferimento all’elemento personale di cui all’art. 1136 c.c., sebbene abbiano designato distinti rappresentanti, esprimono un unico voto, deve ravvisarsi un condominio minimo, al quale si applicano le norme sul funzionamento dell’assemblea condominiale, con esclusione del principio della maggioranza, ed il conseguente ricorso all’autorità giudiziaria nel caso in cui non si raggiunga l’unanimità, giusto il disposto degli artt. 1105 e 1139 c.c

Tale in sintesi il principio di diritto enunciato nell’ordinanza della Corte di Cassazione numero 15705 depositata il 23 luglio 2020, che ora andiamo ad analizzare più da vicino. La questione controversa. Abbiamo tre unità immobiliari di esse, una appartiene ad una sola persona, le altre appartengono entrambe in comproprietà pro indiviso ad altre due . I comproprietari pro indiviso quanti voti possono esprimere? Alle decisioni da assumere per la gestione della cosa comune si applicano le norme del condominio sulla maggioranza? Ad avviso del Tribunale, la cui decisione è confermata in grado di appello, al caso vanno applicate le norme sulla comunione e non quelle condominiali sulla maggioranza, dal momento che si tratta di un condominio minimo, cioè con un numero di condomini inferiore a tre e senza che la norma contenuta nell’art. 67, comma 2, disp. att. e trans. – secondo cui i comproprietari hanno diritto ad un rappresentante in assemblea - possa portare ad una diversa conclusione ciò, in quanto non muta il numero degli aventi diritto al voto, che restano due. In Cassazione, con il primo motivo di ricorso i comproprietari pro indiviso contestano la violazione dell’art. 67 disp. att. c.comma e dell’art. 1 Protocollo addizionale della Dichiarazione dei Diritti Umani, affermando che entrambi i rappresentanti delle unità poste in comunione hanno diritto al voto . Mentre, con il secondo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 67 disp. att. vigente all’epoca dei fatti e dell’art. 14 disp. prel. c.c., negandosi la presenza di un condominio minimo per la presenza di tre unità appartenenti, l’una ad un proprietario individuale e le altre due ai comproprietari pro indiviso. Il procedimento si tiene in camera di consiglio in quanto il relatore ritiene il ricorso palesemente infondato , ai sensi degli artt. 375 co.1 numero 5 c.p.comma e 380-bis c.p.comma La validità di un negozio, salva che la retroattività espressamente prevista per le nuove norme, è regolata da quelle vigenti al momento in cui è concluso. In primis, la Corte rileva che la versione dell’art. 67 cit. applicabile alla vicenda è quella vigente all’epoca in cui la delibera condominiale contestata è stata assunta, e cioè l’anno 2011, precedente alla riforma del condominio, contenuta nella l. numero 220/2012 ed entrata in vigore nel 2013 e ciò in quanto la validità di un negozio, salva espressa disposizione che sancisca la retroattività delle nuove norme, va valutata alla luce delle norme vigenti all’epoca della sua conclusione. Nella specie va quindi applicata la precedente versione dell’art. 67, comma 2, disp. att. c.c., che così stabiliva Qualora un piano o porzione di piano dell'edificio appartenga in proprietà indivisa a più persone, queste hanno diritto a un solo rappresentante nella assemblea, che è designato dai comproprietari interessati in mancanza provvede per sorteggio il presidente.” Se alla comunione partecipano per una quota più proprietari pro indiviso, devono nominare un rappresentante. Secondo la giurisprudenza, la disposizione contenuta nell’art. 67 comma 2 cit., pur se riferita al condominio, esprime un principio generale, secondo cui se ad una comunione partecipano per una quota più proprietari pro indiviso, questi devono nominare un rappresentante che esprima un solo voto ed una volontà unica la sentenza richiama il precedente di cui alla sentenza numero 3243 del 1976. La decisione menziona anche il principio correlato per cui eventuali contrasti che sorgono tra i comproprietari sull’assemblea condominiale vanno risolo nell’ambito del gruppo la Corte richiama qui le sentenze numero 590 del 1980 e numero 244 del 1974 . Autonoma rilevanza in assemblea condominiale del voto personale rispetto al valore. Ulteriore principio, già affermato dalla Corte nel 1988 sentenza numero 6671 menzionata dal provvedimento prevede che l’art. 1136 c.comma contenente la disciplina inderogabile ai sensi dell’art. 1138 co.4 c.c. sulla composizione ed il funzionamento dell’assemblea in condominio , nel fare riferimento, per l’approvazione delle delibere, sia al numero di partecipanti al condominio che al valore dell’edificio, rappresentato dalle rispettive quote analogamente al conteggio di astenuti e assenti , comporta che ogni condomino intervenuto possa esprimere un solo voto, qualunque sia la quota rappresentata, e quindi indipendente dal fatto che questa sia data da una o più unità immobiliari e ciò per l’autonoma rilevanza del voto personale rispetto al valore di proprietà rappresentato. Ai fini delle maggioranze numeriche, i comproprietari di più unità immobiliari contano per uno”, esprimono un solo voto. Ne consegue che se i comproprietari hanno più immobili, il loro voto varrà sempre uno e non quanti sono gli immobili e i rappresentanti il diritto di intervento previsto all’art. 67 comma 2 non altera, dunque, diversamente da quanto asserito dai ricorrenti, il numero dei partecipanti al condominio con riguardo all’elemento personale di cui all’art. 1136 c.c Dunque, ai fini delle maggioranze numeriche, i comproprietari di più unità immobiliari contano per uno”, esprimono un solo voto. Comunione su più immobili in condominio e voto unico non osta la CEDU. Il discorso per la Corte non contrasta con quanto stabilito dalla CEDU Dichiarazione dei diritti umani , la quale all’art. 1 del protocollo addizionale E ciò in quanto tale disposizione tutela il diritto di ogni individuo al rispetto dei propri beni, stabilendo le condizioni perché la privazione della proprietà avvenga in maniera legittima e dunque prestando protezione contro le violazioni fondate su decisioni discrezionali dell’autorità quindi la disposizione non può essere richiamata con riferimento a norme di carattere generale allocanti diritti tra privati la Corte richiama qui la sentenza CEDU 12 dicembre 1983, Bramelid e Malmström comma Svezia, riccomma 8588/79 e 8589/79 . Più immobili e due proprietà di cui una è comunione pro indiviso condominio minimo. Conseguentemente, nel caso di specie, dove abbiamo tre immobili e due proprietà, l’una data da un unico proprietario, l’altra da due comproprietari pro indiviso, abbiamo un condominio minimo , formato cioè da due partecipanti con diritti di proprietà paritari sui beni comuni. Ne consegue che alla fattispecie si applicano le norme sul condominio in tema di organizzazione e specialmente quelle procedimentali sul funzionamento dell’assemblea , pur non valendo il principio di rappresentanza. Infatti, se la decisione non viene assunta all’unanimità – o per assenza di accordo sulla decisione o per assenza di uno dei due che sia regolarmente convocato - bisogna rivolgersi all’autorità giudiziaria, in applicazione di quanto disposto in tema di comunione dall’art. 1105 c.c., per il richiamo della norma di chiusura di cui all’art. 1139 c.comma così è stato affermato dalle sentenze nnumero SS. UU. numero 2046/2006 e 16075/2007, richiamate dal provvedimento in commento . Il principio della pubblicità dell’udienza ha valore costituzionale, ma non è assoluto. Per i giudici non esistono i presupposti per il rinvio pregiudiziale della questione alla Corte di Giustizia, limitandosi i ricorrenti ad affermare l’incompatibilità con il diritto dell’Unione delle conseguenze applicative dell’interpretazione delle norme interne aspetto che spetta valutare al giudice nazionale, perché non comporta un’interpretazione generale ed astratta della normativa interna. I giudici infine, per quanto qui rileva, in merito alle richiami dei ricorrenti sullo svolgimento del procedimento in camera di consiglio, osserva che il relativo di principio, affermato oltre che dalla CEDU, anche dal Trattato UE - ha valore costituzionale, esso non ha però carattere assoluto può infatti essere derogato, tra l’altro, quando il giudice può adeguatamente risolvere la questione sulla base degli atti del fascicolo e alle osservazioni delle parti, il che avviene appunto nei casi previsti dall’art. 375, comma 1, numero 5 c.p.comma manifesta fondatezza o infondatezza con la notifica alle parti del decreto e la possibilità per loro di presentare memorie si garantisce il contraddittorio e al contempo la celerità del procedimento.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 2, ordinanza 4 marzo – 23 luglio 2020, n. 15705 Presidente Lombardo – Relatore Scarpa Fatti di causa e ragioni della decisione P.A.A. e P.C. propongono ricorso articolato in due motivi motivo avverso la sentenza n. 2852/2018 pronunciata il 4 dicembre 2018 dalla Corte d’Appello di Ancona. L’intimata G.M.M. resiste con controricorso. La Corte di Ancona ha respinto il gravame proposto da P.A.A. e P.C. contro la sentenza resa in primo grado dal Tribunale di Urbino in data 5 dicembre 2012, che aveva accolto la domanda di G.M.M. e così dichiarato nulla la delibera assembleare del 2 ottobre 2011 adottata dal Condominio di via Circonvallazione 20, Apecchio. Ad avviso del Tribunale, come della Corte d’appello, essendo l’edificio di via Circonvallazione 20, Apecchio, suddiviso in tre unità immobiliari, di cui una in proprietà individuale di G.M.M. e le altre due entrambe in comproprietà pro indiviso di P.A. e P.C. , dovevano trovare applicazione le norme in tema di comunione, e non quelle sulla maggioranza dettate in tema di condominio, trattandosi di condominio minimo , in quanto il numero di partecipanti era inferiore a tre. Per i giudici del merito, non induceva a diversa conclusione l’applicabilità dell’art. 67, comma 2, disp. att., c.c., circa la possibilità per i comproprietari della porzione di designare un rappresentante, in quanto la designazione di P.A. e P.C. per ciascuna delle loro unità immobiliari in comunione non modificava la composizione personale del condominio, portando a tre il numero dei partecipanti aventi diritto al voto. Il primo motivo di ricorso di P.A. e P.C. deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 67 disp. att. c.comma e dell’art. 1 Protocollo addizionale CEDU, sostenendo che ciascuno dei rappresentanti delle due unità immobiliari in comunione dovesse avere diritto ad esprimere il proprio voto. Il secondo motivo di ricorso di P.A. e P.C. deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 67 disp. att. c.c., vigente all’epoca dei fatti, e dell’art. 14 disp. prel. c.c., negandosi la ravvisabilità di un condominio minimo in ipotesi di sussistenza di tre unità immobiliari, di cui una di proprietà esclusiva di un condominio ed altre due in comproprietà tra gli stessi soggetti. Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere dichiarato manifestamente infondato, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5 , il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio. I ricorrenti hanno presentato memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 2. Deve in premessa precisarsi come, essendo in discussione la validità di una deliberazione assembleare adottata in data 2 ottobre 2011, trova applicazione, nella specie, il testo dell’art. 67 disp. att. c.c., comma 2, antecedente alla riformulazione operatane dalla L. 11 dicembre 2012, n. 220 entrata in vigore il 18 giugno 2013 , atteso che la validità, o meno, di qualsiasi negozio, in difetto di un’eventuale disposizione espressamente dichiarata retroattiva dal legislatore, va sempre riferita alle norme in vigore nel momento della sua conclusione. Tale norma stabiliva, dunque, che Qualora un piano o una porzione di piano appartenga in proprietà indivisa a più persone, queste hanno diritto a un solo rappresentante nell’assemblea, che è designato dai comproprietari interessati in mancanza provvede per sorteggio il presidente . L’ad 67 disp. att. c.c., comma 2, pur riferendosi al condominio negli edifici e non alla comunione in generale, è stato spiegato in giurisprudenza come espressione di un principio generale, in forza del quale, se ad una comunione partecipano per una quota più proprietari pro indiviso, costoro devono nominare un rappresentante che esprima un voto e una volontà unica Cass. Sez. 2, 04/10/1976, n. 3243 . La necessità che il rappresentante dell’unità immobiliare in comproprietà esprima la volontà unica dei comproprietari comporta altresì che gli eventuali contrasti fra costoro sull’assemblea condominiale vanno risolti all’interno del gruppo Cass. Sez. 2, 24/01/1980, n. 590 Cass. Sez. 2, 29/01/1974, n. 244 . Come chiarito da Cass. Sez. 2, 09/12/1988, n. 6671, l’art. 1136 c.c., il quale delinea la disciplina inderogabile art. 1138 c.c., comma 4 concernente la composizione e il funzionamento dell’assemblea, facendo riferimento, per l’approvazione delle deliberazioni, ad un determinato numero di partecipanti al condominio ed ad un determinato valore dell’edificio rappresentato dalle rispettive quote, comporta che ogni condomino intervenuto possa esprimere un solo voto ed analogamente va considerata la posizione degli astenuti e degli assenti , qualunque sia l’entità della quota che rappresenta ed indipendentemente dal fatto che questa sia costituita da una sola o da più unità immobiliari, stante l’autonoma rilevanza attribuita al voto personale rispetto al valore, sia pure minimo, della quota rappresentata dal singolo condomino. Se, pertanto, due o più persone siano tutte comproprietarie pro indiviso di due o più unità immobiliari nello stesso edificio, esse non hanno diritto ad esprimere tanti voti quanti siano i distinti rappresentanti che designano, come prospettano i ricorrenti, sicché il diritto di intervento attribuito dall’art. 67 disp. att. c.c., comma 2, non altera il numero dei partecipanti al condominio con riguardo all’elemento personale supposto dall’art. 1136 c.c., nel senso che, ai fini delle maggioranze numeriche, i comproprietari delle medesime unità immobiliari contano per uno , e cioè esprimono un solo voto. Non può avere rilievo l’invocazione fatta dai ricorrenti dell’art. 1 del Primo Protocollo addizionale della Convenzione Europea sulla salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali CEDU , in quanto tale disposizione contempla il diritto di ogni soggetto al rispetto dei suoi beni , fissando i presupposti imprescindibili per una legittima privazione della proprietà ed accordando la sua protezione contro le violazioni fondate su determinazioni discrezionali dell’autorità, e non può essere perciò invocata con riguardo a disposizioni di carattere generale che allochino diritti tra privati cfr. CEDU 12 dicembre 1983, Bramelid e Malmstròm comma Svezia, riccomma 8588/79 e 8589/79 . Ne consegue che, ove, come nel caso in esame, i partecipanti al condominio siano l’uno quale G.M.M. proprietario esclusivo di una unità immobiliare ed altri due o più comproprietari pro indiviso di due o più unità immobiliari comprese nello stesso edificio quali P.A. e P.C. , deve ravvisarsi, sotto il profilo dell’elemento personale, un condominio minimo formato, cioè, da due partecipanti con diritti di comproprietà paritari sui beni comuni , per il quale operano le norme in tema di organizzazione ad es., artt. 1120, 1121, 1129, 1130, 1131, 1132, 1133, 1135, 1136, 1137 e 1138 c.c. , e specialmente quelle procedimentali sul funzionamento dell’assemblea, pur essendo impedito il ricorso al principio di maggioranza. L’assemblea del condominio minimo, pertanto, si costituisce regolarmente con la partecipazione di entrambi i condomini e delibera validamente soltanto con decisione unanime di ambedue i comproprietari ove, invece, non si raggiunga l’unanimità, o perché l’assemblea, in presenza di entrambi i condomini, decida in modo contrastante, oppure perché, alla riunione - benché regolarmente convocata - si presenti uno solo dei partecipanti e l’altro resti assente, è necessario adire l’autorità giudiziaria, ai sensi degli artt. 1105 e 1139 c.comma Cass. Sez. U, 31/01/2006, n. 2046 Cass. Sez. 2, 02/03/2017, n. 5329 Cass. Sez. 2, 19/07/2007, n. 16075 . In definitiva, va enunciato il seguente principio di diritto Allorché i partecipanti ad un condominio siano uno proprietario esclusivo di una unità immobiliare ed altri comproprietari pro indiviso delle restanti unità immobiliari comprese nell’edificio, atteso che i medesimi comproprietari, con riguardo all’elemento personale supposto dall’art. 1136 c.c., sebbene abbiano designato distinti rappresentanti, esprimono comunque un solo voto, deve ravvisarsi un condominio minimo , per il quale opera la disciplina dettata dal codice civile in tema di funzionamento dell’assemblea condominiale, pur essendo impedito il ricorso al principio di maggioranza ne consegue che, ove non si raggiunga l’unanimità, è necessario adire l’autorità giudiziaria, ai sensi degli artt. 1105 e 1139 c.c. Quanto, infine, alle ulteriori considerazioni svolte dai ricorrenti nella memoria ex art. 380-bis c.p.c., comma 2, in particolare con riguardo al punto 1. del paragrafo D, non sussistono i presupposti per il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione Europea, in quanto gli stessi ricorrenti si limitano a censurare l’incompatibilità con il diritto dell’Unione delle conseguenze applicative di fatto derivanti dall’avversata interpretazione dell’art. 1136 c.comma e art. 67 disp. att. c.c., profilo che è rimesso al giudice nazionale poiché non involge alcuna interpretazione generale ed astratta della normativa interna. Circa, invece, le considerazioni svolte al punto 2. del paragrafo D della memoria dei ricorrenti, occorre ribadire che il principio di pubblicità dell’udienza, consacrato, oltre che nell’art. 6 CEDU, anche nell’art. 6 Trattato UE il quale ha recepito l’art. 47 Carta di Nizza , pur avendo valore costituzionale, non è assoluto, essendo suscettibile di deroga, tra l’altro, quando il giudice possa adeguatamente risolvere le questioni di fatto o di diritto sottoposte al suo esame in base agli atti del fascicolo ed alle osservazioni delle parti, ciò che appunto avviene, a norma dell’art. 380-bis c.p.c., allorché il relatore, nei casi previsti dall’art. 375 c.p.c., comma 1, nn. 1 e 5 , propone al presidente di fissare l’adunanza della Corte, indicando se sia stata ravvisata un’ipotesi di inammissibilità, di manifesta infondatezza o di manifesta fondatezza del ricorso, favorendo comunque il procedimento, per effetto della notifica del decreto alle parti e della facoltà a queste riservata di presentare memorie, il pieno dispiegarsi del contraddittorio, oltre che la celerità della decisione. Il ricorso va perciò rigettato e i ricorrenti vanno condannati in solido a rimborsare alla controricorrente le spese del giudizio di cassazione nell’importo liquidato in dispositivo. Sussistono i presupposti processuali per il versamento - ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, - da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna in solido i ricorrenti a rimborsare alla controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13,comma 1-bis, se dovuto.