Regolamento di confini: essenziali i titoli di proprietà

L'individuazione dell'esatto confine tra proprietà limitrofe non può prescindere dall'esame dei titoli di proprietà.

A ribadire il concetto è stata la Seconda Sezione Civile della Corte di Cassazione con la sentenza n. 15759 del 7 novembre 2019 resa pubblica mediante deposito in cancelleria il successivo 23 luglio 2020. La tesi dell'attore Il proprietario di uno spazio aperto, cui si accede attraverso la proprietà del vicino, si lamenta perché quest'ultimo, inaspettatamente, ha impedito l'accesso realizzando un muretto di recinzione con sovrastante ringhiera. Rotti gli indugi, cita in giudizio il confinante chiedendo al giudice di accertare e dichiarare l'esistenza della servitù di passaggio a proprio favore ed a carico del fondo del vicino. Sul piano probatorio, chiede che il giudice disponga l'interrogatorio formale della parte convenuta. e quella del convenuto. Il vicino si costituisce in giudizio non solo negando l'esistenza dell'invocata servitù di passaggio, ma sostenendo che l'area in questione fosse una pertinenza della propria abitazione. A sostegno di tale tesi, produce la relativa documentazione catastale. Il Tribunale qualifica la domanda. Il Tribunale adito qualifica la domanda attrice come azione per regolamento di confine in quanto tesa ad accertare l'estensione dei fondi confinanti. Respinta la tesi attrice, accoglie la domanda riconvenzionale ritenendo che l'area scoperta in discussione fosse di proprietà del convenuto. Il Tribunale valorizza le risultanze della CTU. Il C.T.U., esaminati gli atti catastali, rileva che l'area in contestazione era appartenuta, fino al 1966, alla parte attrice e, a dopo tale data, alla parte convenuta. Nel 1983 era intervenuto un atto di divisione che richiamava la situazione catastale di conseguenza, ritiene che, quantomeno dal 1983, l'area apparteneva al convenuto. Il Tribunale valorizza una serie di elementi. In primo luogo, ritiene che l'attore non potesse essere all'oscuro dei dati catastali. Esaminato lo stato dei luoghi, rileva che la proprietà dell'attore era posta più in alto rispetto all'area in discussione a cui si poteva accedere solo attraverso la proprietà del convenuto. In definitiva, il giudice sembra preferire la posizione del soggetto che ha la possibilità di avere accesso diretto all'immobile in contestazione. L'attore contesta la decisione di primo grado che si sarebbe fondata su una erronea ricostruzione dei fatti basata su un esame errato della documentazione. Il bandolo della matassa parte nel 1961, con l'atto di acquisto da parte del vicino convenuto in giudizio tale atto, ovviamente, prende a riferimento l'accatastamento dell'epoca in cui l'area scoperta apparteneva all'attore. Quindi, il vicino non poteva aver acquistato l'area scoperta! Nel 1966 l'ufficio provvede ad una modifica autonoma degli atti catastali e, probabilmente per un errore, attribuisce la proprietà dell'area in contestazione al vicino. Di conseguenza, le risultanze della divisione del 1983 non sarebbero determinanti ai fini della individuazione delle proprietà in quanto i dati catastali ivi riportati sarebbero in contrasto con gli originari titoli di provenienza. Si lamenta, inoltre, per il mancato esperimento della richiesta prova testimoniale. La Corte territoriale, pur rilevando che la proprietà non poteva essere determinata sulla base delle risultanze catastali, valorizza lo stato dei luoghi ricostruito dal giudice di primo grado. Di conseguenza, respinge l'appello sottolineando la mancanza di collegamento tra la proprietà dell'attore e l'area scoperta in contestazione. La decisione non convince l'attore che, forte delle proprie convinzioni, propone ricorso in cassazione. Il ricorrente si lamenta perché la Corte, pur qualificando l'azione proposta come regolamento di confine, non avrebbe tenuto nella giusta considerazione i titoli di proprietà. Altro motivo di ricorso il mancato esperimento della prova testimoniale. La Cassazione ribalta la situazione. La Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, ribalta totalmente l'esito del giudizio e rinvia la causa alla Corte d'appello. Gli Ermellini sottolineano che per l'individuazione della linea di separazione fra fondi limitrofi la base primaria dell'indagine del giudice di merito è costituita dall'esame e dalla valutazione dei titoli di acquisto delle rispettive proprietà, integranti la fonte di prova primaria in tema di regolamento di confini . Detto in parole povere, quando è in discussione la linea di confine, non si può prescindere dall'esame dei titoli di proprietà che dettano legge” solo nell'ipotesi in cui l'esame degli atti si riveli insufficiente, è possibile utilizzare ulteriori mezzi probatori quali, per esempio, la prova testimoniale e, solo in ultima analisi, è possibile ricorrere ai rilievi catastali. Differenza tra regolamento di confini e rivendica. Si ricorda che la giurisprudenza è intervenuta in varie occasioni per tracciare la linea di demarcazione tra l'azione di regolamento di confini e l'azione di rivendica. La prima presuppone che vi sia incertezza, oggettiva o soggettiva, sul confine tra due fondi mentre la seconda presuppone che sia in contestazione il diritto di proprietà degli stessi. Secondo la Cassazione, l'azione non muta natura, trasformandosi in azione di rivendica, nel caso in cui l'attore sostenga che il confine di fatto non sia quello esatto per essere stato parte del suo fondo usurpato dal vicino Cass., Sez. VI, n. 3559/2016 . Alcune considerazioni personali. In relazione alla posizione della C.T.U., occorre introdurre alcune considerazioni del tutto personali i certificati catastali riportano gli estremi dell'atto in virtù del quale è stata effettuata l'iscrizione o la variazione in catasto. Di conseguenza, il C.T.U. avrebbe potuto rilevare con estrema facilità il titolo che aveva determinato la variazione catastale introdotta in mappa nell'anno 1966 tale variazione avrebbe potuto essere conseguente ad un trasferimento della proprietà, ovvero ad una verifica effettuata autonomamente dall'Ufficio Tecnico Erariale in conseguenza di una verifica d'ufficio. Altra considerazione da porre sul piatto della bilancia in linea di massima le linee di confine presenti nelle mappe catastali risultano poco attendibili. L'attendibilità e la precisione scendono a mano a mano che i documenti siano datati nel tempo. In passato, infatti, le mappe erano disegnate a mano con ampie possibilità di errore. Basti pensare che il tratto della matita del disegnatore, riportato in scala, può tradursi in uno scostamento notevole, anche di decine di metri. Di conseguenza, l'esame delle mappe catastali, almeno a parere di chi scrive, ha solo un valore puramente indicativo e richiede sempre l'ausilio di tecnici di provata esperienza che sappiano interpretare la documentazione cartacea presente in archivio.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 7 novembre 2019 - 23 luglio 2020, n. 15759 Presidente Giusti - Relatore Giannaccari Fatti di causa 1.Con atto di citazione notificato il 21.12.2001, S.E., V.A. e P.G. citarono in giudizio, innanzi al Tribunale di Brescia, Sezione Distaccata di Breno, B.L.I., esponendo di essere proprietari di uno spazio aperto, adibito a deposito di ferraglia e materiali vari, cui accedevano tramite un cancello metallico posto sul terreno di proprietà della convenuta. 1.1. Lamentarono che la B. aveva chiuso tale accesso, realizzando, al posto del cancello, un muretto con sovrastante ringhiera per recingere la sua proprietà, che impediva il loro esercizio di passaggio. 1.2. Chiesero, per quel che ancora rileva nel giudizio di legittimità, dichiararsi che essi erano proprietari del cavedio e titolari della servitù di passaggio attraverso la proprietà della convenuta per accedere al cavedio, con conseguente condanna alla demolizione del muretto e della ringhiera. 1.3. La convenuta si costituì, eccepì l’insussistenza della servitù di passaggio e negò che il cavedio fosse di proprietà degli attori, sostenendo, invece, che si trattasse di pertinenza della propria abitazione, secondo le risultanze dei dati catastali in via riconvenzionale chiese l’accertamento della esclusiva proprietà del cavedio. 1.4. Il Tribunale di Brescia, con sentenza del 22.10.2009, rigettò le domande degli attori ed accolse la domanda riconvenzionale della B.L., che dichiarò proprietaria esclusiva del cavedio. 1.5. Il Tribunale qualificò l’azione proposta dagli attori come azione di regolamento di confini poiché le parti non avevano messo in discussione il loro titolo di proprietà ma contestato l’estensione dei rispettivi fondi. 1.6. Dall’esame degli atti di provenienza, era emerso che il cavedio era compreso nel mappale XX, di proprietà degli attori fino al 1966, anno di adozione del Nuovo Catasto Terreni, mentre dal 1966 in poi era stato ricompreso nel mappale XX di proprietà della convenuta. Poiché nell’atto di divisione del 1983 si faceva riferimento al frazionamento sulla base delle mappe catastali dell’epoca, che escludevano il cavedio dalla proprietà degli attori, il Tribunale ritenne che i medesimi fossero a conoscenza del confine, come risultante dai dati catastali. Inoltre, poiché il terreno degli attori era situato ad un livello superiore rispetto al cavedio e non esisteva alcun collegamento con detto spazio, la conformazione dei luoghi escludeva che detto spazio aperto fosse di proprietà degli attori. Il giudice di primo grado valorizzò, quindi, le risultanze della CTU, da cui era emerso che il cavedio non era raggiungibile dalla terrazza degli attori. 1.7. Ritenne, infine, inammissibili le prove orali, in ragione del divieto previsto dall’art. 1350 c.c 1.8. In ogni caso, le prove testimoniali erano contrastanti e la missiva indirizzata dalla B.L. agli attori in data 11.4.1992 non conteneva alcuna confessione stragiudiziale in ordine alla proprietà del cavedio. 1.9. Dall’infondatezza della domanda di accertamento della proprietà del cavedio conseguì il rigetto della domanda di accertamento della servitù di passaggio dal fondo della convenuta per l’accesso all’area in contestazione. 2. S.E., V.A. e P.G. proposero appello avverso la sentenza di primo grado e lamentarono, per quel che ancora rileva in sede di legittimità, la mancata ammissione dell’interrogatorio formale della convenuta sulla circostanza che l’accatastamento del cavedio fosse avvenuto ad iniziativa degli uffici competenti censurarono, inoltre, la rilevanza probatoria attribuita all’atto di divisione del 1983, che era recessiva rispetto al titolo di proprietà della convenuta, dal quale risultava, invece, che il cavedio non era compreso nel mappale XX censurarono la decisione del Tribunale, secondo cui il rigetto della domanda di accertamento della servitù di passaggio conseguiva automaticamente al rigetto del diritto di proprietà del cavedio. 2.1. Si costituì B.L.I., resistendo al gravame. 2.2. La Corte d’appello di Brescia, con sentenza del 25.11.2014 rigettò l’appello. 2.3. La corte distrettuale accertò che il confine non poteva essere determinato facendo riferimento alle mappe catastali ed aderì alla motivazione del primo giudice, che aveva escluso la proprietà del cavedio sulla base della conformazione dei luoghi in quanto non sussisteva alcun collegamento tra la proprietà degli attori e tale spazio in contestazione. 2.4. Accertò che la missiva indirizzata dalla B.L. agli attori in data 11.4.1992 non conteneva alcuna confessione stragiudiziale in quanto la B. si era limitata a negare di essersi adoperata presso gli uffici competenti per accatastare il cavedio come spazio annesso alla sua proprietà e ritenne inammissibile la prova per interrogatorio formale perché in contrasto con l’art. 1350 c.c 2.5. Quanto all’accertamento della servitù di passaggio, dissentì dall’iter logico seguito dal primo giudice, che aveva fatto conseguire l’automatico rigetto della domanda di accertamento della servitù di passaggio dall’infondatezza della domanda di accertamento della proprietà del cavedio tuttavia, non vi era la prova dell’usucapione della servitù di passaggio sulla base delle risultanze delle prove testimoniali. 3. Per la cassazione della sentenza d’appello, hanno proposto ricorso S.E. e S.V.A. sulla base di sei motivi. 3.1. L.L.M. e C., in qualità di eredi di B.L.I., hanno resistito con controricorso. 3.2. S.P.G. non ha svolto attività difensiva. 3.3. Il Pubblico Ministero nella persona del Dott. Carmelo Sgroi ha chiesto il rigetto del ricorso. 3.4. In prossimità dell’udienza, i ricorrenti hanno depositato memorie illustrative. Ragioni della decisione 1. Deve essere in primo luogo esaminata l’eccezione preliminare, proposta dalla parte controricorrente, di inammissibilità del ricorso perché l’esposizione sommaria dei fatti, prevista dall’art. 366, comma 1, n. 3, sarebbe avvenuta attraverso la tecnica dellmassennblaggio , mediante pedissequa riproduzione degli atti processuali. 1.1. L’eccezione non è fondata. 1.2. Rileva il collegio che il ricorso consente la ricostruzione delle vicende processuali, delle posizioni difensive delle parti nei gradi di merito e del contenuto delle decisioni del Tribunale e della Corte d’appello. 1.3. È quindi soddisfatto il requisito di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il ricorso consente di cogliere i fatti rilevanti in funzione della comprensione dei motivi, nè la prolissità dell’atto, ove non trasmodi nella violazione del dovere di chiarezza, è normativamente sanzionata Cassazione civile sez. un., 11/04/2012, n. 5698 Cassazione civile sez. trib., 21/03/2019, n. 8009 . 2.Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 950 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto la corte distrettuale, pur qualificando la domanda proposta dagli attori come azione di regolamento di confini, non avrebbe preso in esame i titoli di proprietà ed avrebbe erroneamente ritenuto inammissibile l’interrogatorio formale della convenuta. 3. Con il secondo motivo, i ricorrenti si dolgono dell’ insufficiente pronuncia sulla proprietà dello spazio cavedio , ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto dal titolo di proprietà della convenuta, l’atto per notar Cerami del 4.4.1961, risulterebbe che il mappale XX non comprendeva il cavedio, che, invece afferirebbe al mappale XX di proprietà degli attori solo con la rettifica catastale avvenuta nel 1966, il cavedio sarebbe ricaduto nel mappale XX. 4. Con il sesto motivo di ricorso, si deduce l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per non avere la Corte d’appello motivato in ordine al rigetto dell’interrogatorio formale della convenuta, che era già stato ammesso dal giudice di primo grado e, successivamente revocato, in ragione dell’inutilità del mezzo probatorio, che, invece, sarebbe rilevante per l’accertamento dei confini. 5. I motivi, che vanno esaminati congiuntamente per la loro connessione, sono fondati. 5.1. Indipendentemente dalla adozione di formule sacramentali o dall’esatta indicazione numerica delle ipotesi previste dall’art. 360 c.p.c. ex multis Cassazione civile sez. II, 07/05/2018, n. 10862 , i ricorrenti censurano la sentenza impugnata perché la corte di merito non avrebbe esaminato, per la determinazione dei confini, i titoli di proprietà e non avrebbe ammesso gli altri mezzi di prova richiesti in giudizio, ovvero l’interrogatorio formale della convenuta. 5.2. La corte territoriale ha qualificato la domanda proposta dagli attori come azione di regolamento dei confini, in quanto la restituzione del cavedio, illegittimamente occupato dalla proprietaria del terreno confinante, si poneva come pronuncia consequenziale all’esatta individuazione del confine tra i fondi. 5.3.Per l’individuazione della linea di separazione fra fondi limitrofi la base primaria dell’indagine del giudice di merito è costituita dall’esame e dalla valutazione dei titoli d’acquisto delle rispettive proprietà, integranti la fonte di prova primaria in tema di regolamento di confini Cass. Civ., 9 ottobre 2006, n. 21686 Cass. 15 novembre 2007, n. 23720 . 5.4. A differenza dell’azione di rivendicazione, che onera l’attore di provare la proprietà risalendo sino ad un acquisto a titolo originario, nell’azione di regolamento di confini tale rigore probatorio non è richiesto ma, pur tuttavia, l’indagine del giudice di merito non può omettere l’esame dei titoli di proprietà e, qualora il confine non possa essere determinato sulla base dei titoli, la prova della proprietà sulla zona contestata può essere data con ogni mezzo istruttorio. A tal fine, è utilizzabile anche la prova testimoniale ed è ammesso, in ultima ipotesi, il ricorso alle risultanze catastali, che hanno mero valore sussidiario. 5.5. L’ammissibilità della prova testimoniale e per interpello non è contraria, in tema di regolamento di confini, al principio della forma scritta per la costituzione, il trasferimento e la modifica di diritti reali, previsto dall’art. 1350 c.c., che rende di norma inammissibili per irrilevanza, ai fini della determinazione dell’oggetto degli inerenti titoli, la prova per testimoni di essa, infatti, può tenersi conto solo in via residuale, qualora sulla base degli oggettivi elementi forniti dai titoli e dal frazionamento in essi richiamato, sia risultato comunque incerto il confine Cassazione civile sez. II, 12/11/2007, n. 23500 Cass. 26 luglio 1999 n. 8072 . 5.6.L’esame delle mappe catastali è utilizzabile, ai sensi dell’art. 950 c.p.c., comma 3, in mancanza di altri elementi ed ha, pertanto, natura sussidiaria Cass. n. 9652 del 19 aprile 2013 Cass. civ. Sez. II Sent., 29/12/2009, n. 27521 . 5.7. Il ricorso al sistema di accertamento sussidiario costituito dalle mappe catastali è consentito al giudice non soltanto in caso di mancanza assoluta ed obiettiva di altri elementi, ma anche nell’ipotesi in cui questi, per la loro consistenza, o per ragioni attinenti alla loro attendibilità, risultino, secondo l’incensurabile apprezzamento svolto in sede di merito, comunque inidonei alla determinazione certa del confine Cassazione civile sez. II, 06/06/2017, n. 14020 . 5.8. Il giudice di merito non ha correttamente applicato i principi di diritto affermati da questa Corte, in quanto ha omesso, in primo luogo, di esaminare i titoli di proprietà delle parti in particolare è stato omesso l’esame dell’atto d’acquisto dei ricorrenti e di quello della convenuta, al fine di trarre elementi per la determinazione del confine con riferimento al cavedio. 5.9. Oltre all’omesso esame dei titoli di proprietà delle parti, da svolgersi con riferimento ai dati catastali vigenti al momento dell’acquisto delle rispettive proprietà, la corte di merito non ha tenuto conto degli altri mezzi di prova ammissibili nell’azione di regolamento di confini. 5.10. In particolare, non è stato espletato, benché originariamente ammesso, l’interrogatorio formale della convenuta, che costituisce un mezzo di prova ammissibile per l’accertamento del confine. 5.11. Contrariamente a quanto previsto dall’art. 950 c.c., il giudice di merito ha fondato la decisione sulle risultanze della conformazione dello stato dei luoghi, valorizzando la circostanza che l’area fosse vicina ed accessibile dalla proprietà della convenuta e non fosse accessibile dalla proprietà degli attori. 5.12. La sentenza va, pertanto, cassata in relazione ai motivi accolti, e rinviata, anche per le spese del giudizio di legittimità innanzi alla Corte d’appello di Brescia in diversa composizione che si atterrà ai seguenti principi di diritto Per l’individuazione della linea di separazione fra fondi limitrofi la base primaria dell’indagine del giudice di merito è costituita dall’esame e dalla valutazione dei titoli d’acquisto delle rispettive proprietà, integranti la fonte di prova primaria in tema di regolamento di confini . La prova per interpello non è contraria, in tema di regolamento di confini, al principio della forma scritta per la costituzione, il trasferimento e la modifica di diritti reali, previsto dall’art. 1350 c.c., che rende di norma inammissibili per irrilevanza, ai fini della determinazione dell’oggetto degli inerenti titoli, la prova orale di essa, infatti, può tenersi conto, seppure in via residuale, qualora sulla base degli oggettivi elementi forniti dai titoli e dal frazionamento in essi richiamato, sia risultato comunque incerto il confine. L’esame delle mappe catastali è utilizzabile, ai sensi dell’art. 950 c.c., comma 3, in mancanza di altri elementi ed ha, pertanto, natura sussidiaria . 6. Vanno dichiarati assorbiti il terzo, quarto e quinto motivo di ricorso, con i quali si censura, rispettivamente, la regolamentazione delle spese di lite, l’omessa pronuncia sulla prescrizione della servitù di passaggio per accedere al cavedio e l’erronea pronuncia sull’usucapione della servitù di passaggio. P.Q.M. Accoglie il primo, secondo e sesto motivo di ricorso, dichiara assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, innanzi alla Corte d’appello di Brescia in diversa composizione.