Le spese di riscaldamento dell’appartamento del piano terra alla luce della vigente normativa

Il Condominio può derogare ai principi di contabilizzazione del calore stabiliti dalla normativa UNI 10200 ove l’applicazione di questa non sia tecnicamente possibile o sia sproporzionato, in termini di costi, rispetto all’obiettivo prefissato del risparmio energetico.

Questa disapplicazione, però, può avere luogo solo in caso di differenze di fabbisogno termico comprovato da relazione asseverata e di differenza di fabbisogno termico superiore al 50% tra le varie unità immobiliari. Nel caso un solo condomino lamenti un consumo maggiore per un minore isolamento del proprio appartamento questa deroga non risulterà applicabile. Così il Tribunale di Brescia con la sentenza n. 723/20, depositata l’8 aprile. Una condomina impugnava la delibera con la quale il proprio Condominio aveva ripartito i consumi relativi al riscaldamento delle unità immobiliari . Il suo appartamento , difatti, era sito al di sopra dell’androne condominiale, non riscaldato e non coibentato . Conseguentemente l’appartamento succitato aveva una temperatura inferiore rispetto agli altri del condominio. A seguito di lunghe discussioni, riportava la condomina attrice, il Condominio aveva acconsentito a porre in essere interventi volti ad aumentare il numero di radiatori nel suo appartamento, consentendo alla stessa di riscaldare la sua proprietà al pari degli altri comproprietari. In seguito, con l’approvazione di norme volte al contenimento della spesa energetica nazionale notabilmente il d.lLgs. 141/2016 la condomina aveva visto levitare i propri costi di riscaldamento. L’attrice aveva quindi impugnato la delibera condominiale contenente la ripartizione dei costi con la seguente ratio il nuovo riparto delle spese di riscaldamento , pur conforme alla normativa nazionale, non teneva conto dell’aumento di spese della condomina e del maggiore costo necessario per riscaldare l’appartamento a causa della posizione dello stesso e della minore coibentazione. L’attrice pretendeva, quindi, un intervento che – in deroga alla norma UNI 10200 – consentisse alla stessa di riscaldare il proprio appartamento alla stessa temperatura degli altri condomini e con lo stesso esborso. Si costituiva in giudizio il Condominio sostanzialmente negando la tesi della parte attrice ed invocando invece l’applicazione della vigente normativa e la conseguente conferma della delibera impugnata. Con la sentenza numero 723 dell’8 aprile 2020 il Tribunale di Brescia rigettava la tesi della parte attrice e abbracciava, di contro, la spiegazione fornita dal Condominio. Al fine di comprendere la decisione in commento è necessario illustrare brevemente la normativa in tema di criteri di riparto delle spese di riscaldamento nei Condomini. Come si è anticipato la ratio delle norme è quella di spingere i cittadini ad una maggiore attenzione rispetto al consumo di carburante per riscaldamento delle abitazioni. Diversi studi hanno dimostrato come questo obiettivo possa essere perseguito con successo mediante la responsabilizzazione finanziaria dei singoli consumatori. In buona sostanza, è chiaro, laddove i consumi siano comuni e la spesa venga ripartita secondo i millesimi di proprietà, i consumi saranno certamente più alti in quanto non vi sarà alcun incentivo alla razionalizzazione delle spese. Diversamente, con l’introduzione delle termovalvole, ogni appartamento è tenuto a pagare le spese relative agli attuali consumi realizzati, con notevole risparmio di gas. A tal fine la l. n. 10 del 9 gennaio 1991 prevede, all’art. 26 comma V, che Per le innovazioni relative all'adozione di sistemi di termoregolazione e di contabilizzazione del calore e per il conseguente riparto degli oneri di riscaldamento in base al consumo effettivamente registrato, l'assemblea di condominio decide a maggioranza in deroga agli articoli 1120 e 1136 del codice civile . In seguito, precisamente con l’art. 9 comma 5, d.lgs. 102/2014, si è aggiunto che Per favorire il contenimento dei consumi energetici attraverso la contabilizzazione dei consumi di ciascuna unità immobiliare e la suddivisione delle spese in base ai consumi effettivi delle medesime a qualora il riscaldamento, il raffreddamento o la fornitura di acqua calda ad un edificio o a un condominio siano effettuati tramite allacciamento ad una rete di teleriscaldamento o di teleraffrescamento, o tramite una fonte di riscaldamento o raffreddamento centralizzata, è obbligatoria, entro il 31 dicembre 2016, l'installazione, a cura degli esercenti l'attività di misura, di un contatore di fornitura in corrispondenza dello scambiatore di calore di collegamento alla rete o del punto di fornitura dell'edificio o del condominio [] d quando i condomini o gli edifici polifunzionali sono alimentati da teleriscaldamento o teleraffreddamento o da sistemi comuni di riscaldamento o raffreddamento, per la corretta suddivisione delle spese connesse al consumo di calore per il riscaldamento, il raffreddamento delle unità immobiliari e delle aree comuni, nonché per l'uso di acqua calda per il fabbisogno domestico, se prodotta in modo centralizzato, l'importo complessivo è suddiviso tra gli utenti finali, in base alla norma tecnica UNI 10200 e successive modifiche e aggiornamenti. Ove tale norma non sia applicabile o laddove siano comprovate, tramite apposita relazione tecnica asseverata, differenze di fabbisogno termico per metro quadro tra le unità immobiliari costituenti il condominio o l'edificio polifunzionale superiori al 50 per cento, è possibile suddividere l'importo complessivo tra gli utenti finali attribuendo una quota di almeno il 70 per cento agli effettivi prelievi volontari di energia termica. In tal caso gli importi rimanenti possono essere ripartiti, a titolo esemplificativo e non esaustivo, secondo i millesimi, i metri quadri o i metri cubi utili, oppure secondo le potenze installate norma modificata dal d.lgs. 141/2016 e d.l. 244/2016 . In sintesi la norma succitata prevede l’istallazione di sistemi di termoregolarizzazione e contabilizzazione del calore e la quantificazione delle spese di riscaldamento dei singoli condomini sulla base della normativa UNI 10200 . Il Tribunale di Brescia, quindi, ha verificato non solo la corretta applicazione delle norme da parte del condominio convenuto, ma ha altresì precisato che – qualora lo stesso avesse recepito le eccezioni della parte attrice – egli sarebbe stato fuori legge e passibile di sanzione per il mancato rispetto dei criteri legali di ripartizione dei consumi. Il principio generale, difatti, è volto alla realizzazione del risparmio mediante il pagamento del consumo effettivamente registrato da ciascun utente se il Condominio avesse derogato a questo principio esso sarebbe potuto incorrere nella sanzione di cui all’articolo 16 comma 8 del suddetto d.lgs. 102/2014 ove si prevede che Il condominio alimentato da teleriscaldamento o da teleraffrescamento o da sistemi comuni di riscaldamento o raffreddamento, che non ripartisce le spese in conformità alle disposizioni di cui all'articolo 9, comma 5, lettera d , è soggetto ad una sanzione amministrativa da 500 a 2500 euro . Prosegue, quindi, il Giudice nel proprio ragionamento in applicazione della succitata norma affermando come risulti effettivamente possibile una deroga ai criteri di conteggio dei consumi solamente ove risulti uno squilibrio tra le unità immobiliari superiore al 50% e che in tal caso, previa perizia sull’immobile, sarebbe consentita la suddivisione mediante il calcolo del 70% del consumo volontario e ripartendo la restante parte in proporzione ai metri quadri, ai metri cubi o ai millesimi di proprietà dell’immobile. Nel caso in questione, tuttavia, nessuna perizia risultava essere stata effettuata. Il Ministero dello Sviluppo Economico , poi, aveva chiarito come la perizia debba essere effettuata solamente nel caso lo scompenso termico del 50% si abbia a causa della perdita della rete di distribuzione e coinvolga una parte dell’intero edificio ,essendo da escludere che detta procedura possa essere applicata anche in caso di squilibri riguardanti una sola unità immobiliare si veda la circolare Chiarimenti in materia di termoregolazione e contabilizzazione del calore applicazione del Decreto Legislativo 4 luglio 2014 n. 102 – articolo 9 comma 5 giugno 2017”, ad opera del Ministero dello Sviluppo Economico . Il singolo appartamento che subisca un costo maggiore nel riscaldamento a causa dell’esposizione e del minore isolamento piano terra e ultimo piano dovrà quindi spendere di più per riscaldarsi e risulta quindi penalizzato dal quadro normativo sopra analizzato. In buona sostanza, quindi, il Giudice pur rilevando l’effettiva penalizzazione dell’appartamento della parte attrice, dovuta all’applicazione della norma UNI 10200, egli aveva valutato come nessuna deroga fosse possibile nel caso concreto e aveva rigettato la sua domanda giudiziale, compensando le spese di lite tra le parti.

Tribunale di Brescia, sez. III, sentenza 18 marzo – 8 aprile 2020, n. 723 Giudice Pezzotta In fatto e diritto Nel presente giudizio la signora Ma. proprietaria di un appartamento sito all’interno del Condominio Brescia Sud di Via omissis , ha impugnato la delibera dell’assemblea condominiale del 13.05.2016 di approvazione della diagnosi energetica e delle nuove tabelle per il riparto delle spese di riscaldamento e di acqua calda, nonché quella successiva in data 14.11.2016, ed esecutiva della prima, che ha respinto la proposta di mediazione per una soluzione transattiva della vertenza. Allega l’attrice che l’assemblea condominiale del 16.01.2003 aveva autorizzato l’aggiunta di elementi radianti al proprio appartamento, ma a spese di tutti i condomini, onde consentire il raggiungimento di un grado di temperatura all’interno che fosse adeguato e corrispondente a quello delle altre unità abitative. L’appartamento attoreo si trova al primo piano al di sotto del quale non vi è un androne di uso comune, aperto e non coibentato. L’attrice espone che l’assemblea si impegnò anche per il futuro deliberando che la decisione assunta valesse anche per tutte le richieste simili portate da altri condomini, che avessero lamentato un minor riscaldamento della singola unità immobiliare per problemi dell’impianto centralizzato. L’attrice eccepisce che con la delibera assembleare ora impugnata veniva di fatto revocato il diritto acquisito nel lontano 2003 poiché, installate le termo valvole, a ciascuno appartamento viene attribuito in conto spese il consumo effettivo per l’82% del costo globale, mentre per la restante quota del 18% il riparto viene eseguito secondo una tabella basata comunque sugli elementi radianti. Ha dedotto che la sua proprietà è particolarmente svantaggiata poiché per avere una temperatura ambientale sufficiente e comunque parificata a quella degli altri appartamenti, necessitava di un maggior consumo di calorie, a causa della dispersione termica determinata dall’androne sottostante. I condomini non vollero dar corso ai lavori edili di coibentazione dell’androne, e così furono aumentati gli elementi radianti dell’appartamento attoreo. Decisione presa ed eseguita nella delibera assembleare del 16.01.2003, ed a spese di tutti i condomini. Il riparto delle spese di riscaldamento fu mantenuto secondo i millesimi della tabella precedentemente in vigore, senza quindi aumentarli in ragione dell’aumento dei termosifoni. Fu consentito alla proprietà di aumentare i consumi allo scopo di equiparare il grado di temperatura interna dell’unità immobiliare del primo piano soprastante l’androne, rispetto agli altri appartamenti, dal 2003 al 2016 ossia sulla base dei millesimi originari. Intervenuta la riforma legislativa che ha imposto l’installazione delle termo valvole con una finalità evidente di risparmio energetico, lamenta che con le nuove tabelle approvate e applicate, per avere la medesima temperatura ambientale interna, l’attrice deve sostenere una spesa ben superiore, tanto per i consumi volontari quanto per i consumi involontari, perché basati sulle termo valvole che misurano il riscaldamento in concreto erogato nel suo appartamento. Ciò senza tener conto che il maggior consumo dell’appartamento era ed è tuttora necessario per ottenere la medesima temperatura ambientale interna e, ancor più gravemente, senza tener conto dell’accordo già intervenuto in sede assembleare, che aveva garantito all’attrice la possibilità di effettuare un maggior consumo di calorie a parità di spesa, in applicazione consensuale di un sostanziale criterio di equità, così costituendo un diritto. I millesimi attribuiti alla proprietà attorea, dopo l’installazione del conta calorie sono praticamente raddoppiati rispetto a quelli degli appartamenti similari. Ciò perché l’appartamento ha una maggior superficie radiante. A detta maggior superficie radiante non corrisponderebbe però un maggior calore all’interno dell’appartamento. Chiede in diritto venga stabilito se il nuovo sistema di riparto approvato a maggioranza dall’assemblea sia obbligatorio ex lege e, soprattutto, se possa derogare ai diritti quesiti della condomina attrice, così come le sono stati attribuiti dall’assemblea condominiale del 2003. Il D.Lgs. n. 102/2014, da un lato, non costituirebbe norma imperativa ed inderogabile e, dall’altro, non ha efficacia retroattiva, così ritiene parte attrice. Si costituiva il Condominio ed allegava che l’approvazione della nuova tabella di riparto dei consumi di riscaldamento e di acqua calda era fatto obbligato dal D.Lgs. n. 102/2014 il cui art. 9, comma V, lett. b , c e d introducendo l’obbligo per tutti i condomini di dotarsi sugli impianti termici centralizzati, come quelli in esame, di un sistema di contabilizzazione e termoregolazione di calore entro il 31.12.2016. L’assemblea , in ragione della riserva assunta il 22 aprile 2015 al punto 1 approvazione con delibera successiva della diagnosi energetica per l’approvazione delle tabelle millesimali per il riparto dei consumi involontari con successiva assemblea del 13 maggio 2016 approvava quanto sopra. Le attività tecniche svolte avrebbero tenuto conto delle necessità dell’attrice. In specifico che tecnico ebbe a chiarire che i coefficienti correttivi erano vietati dalla norma. Eccepisce dunque che la redazione delle tabelle è avvenuta nel pieno rispetto dell’art. 16, comma 8, del D.Lgs. 102/14. Il Decreto Legislativo citato prevede che, per favorire il contenimento dei consumi energetici attraverso la contabilizzazione dei consumi individuali, per la corretta suddivisione delle spese, l’importo complessivo deve essere suddiviso in relazione agli effettivi prelievi volontari di energia termica utile e ai costi generali per la manutenzione dell’impianto, secondo quanto previsto dalla norma tecnica UNI 10200e successivi aggiornamenti. Il mancato ricorso alla norma UNI citata comporta l’irrogazione della sanzione amministrativa da 500,00 a2.500,00 Euro, ex art. 16, comma 8, del D.Lgs. 102/2014. Chiede così il rigetto delle domande avverse. Concessi i termini per le memorie ex art. 183 VI comma c.p.comma , non dato ingresso a fase istruttoria , negata la consulenza, la causa trattenuta in decisione. Il thema decidendum attiene come detto alla pretesa della condomina che agisce avverso la delibera condominiale per dover, in relazione ai millesimi relativi al riscaldamento ripartito in base alla legge 102/2014 , una maggior somma per il riscaldamento del proprio immobile con medesima temperatura al pari degli altri condomini. Imputa alla struttura del Condominio androne condominiale la dispersione del calore andando comunque ad incidere sui consumi volontari. Ha invocato quella delibera del 2003 laddove il condominio ha provveduto, in parte agli oneri di sostituzione di radiatori con l’aggiunta di alcuni per permettere che la condomina impugnante avesse la giusta temperatura. Lamentando anche che il riparto sino all’entrata in vigore della norma del 2014 non ha visto modifica dei millesimi, dunque nella sostanza corrispondendo sempre medesimi oneri sino al 2016. Ma entrata in vigore la norma sulla contabilizzazione delle calorie, essa nel calcolo millesimale ha visto attribuirsi millesimi doppi rispetto ad altri immobili esclusivi a parità di condizioni. Dunque un sostanziale superamento della espressa volontà assembleare che la penalizza e che ritiene contrario a detta decisione assembleare. La L. 9 gennaio 1991, n. 10, art. 26, comma 5, stabiliva la disciplina di approvazione delle innovazioni relative all’adozione di sistemi di termoregolazione e di contabilizzazione del calore, prescrivendo il conseguente riparto degli oneri di riscaldamento in base al consumo effettivamente registrato. La contabilizzazione dei consumi di calore di ciascuna unità immobiliare e la suddivisione delle spese in base ai consumi effettivi delle medesime sono state poi prescritte come obbligatorie dal D.Lgs. n. n. 102 del 2014, art. 9, comma 5, modificato dal D.Lgs. n. 141 del 2016 e dal D.L. n. 244 del 2016. Il decreto legislativo 102/2014 articolo 9, comma 5, lettera d stabilisce – una volta installati i sistemi di termoregolazione e contabilizzazione del calore – che le spese di riscaldamento fra i singoli condòmini siano ripartite in base ai criteri stabiliti dalla norma Uni 10200, attualmente in fase di revisione. Questa norma, elaborata dalla Commissione tecnica del Comitato termotecnico italiano, si basa su un principio cardine presente anche nell’articolo 26, comma 5, della legge 9 gennaio 1991, n. 10, Norme per l’attuazione del Piano energetico nazionale in materia di uso razionale dell’energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia”, ossia ciascun utente paga in base all’effettivo consumo registrato. Si tratta certamente di una norma inderogabile, che non può essere messa in discussione da un regolamento condominiale di natura contrattuale e neppure modificata dall’assemblea di condominio, anche se quest’ultima si esprimesse in modo unanime. Rammentando in tal senso il disposto dell’art. 16 comma 8 della norma in esame Il condominio alimentato da teleriscaldamento o da teleraffrescamento o da sistemi comuni di riscaldamento o raffreddamento, che non ripartisce le spese in conformità alle disposizioni di cui all'articolo 9, comma 5, lettera d , è soggetto ad una sanzione amministrativa da 500 a 2500 eur”. Appare di tutta evidenza che la ratio della norma possa essere quella di favorire un minor o più oculato consumo delle energie atte a procurare la fonte calorica per il riscaldamento. Ne discende l’imperatività del principio stesso. Venendo diversamente meno lo scopo della norma stessa, ossia indurre minori consumi volontari, a cui corrisponde un risparmio economico del singolo condomino. Certo con la valutazione dei consumi involontari dispersione o altro . Si dovrebbe così osservare che deve ritenersi quantomeno annullabile la delibera assembleare che non rispetti le norme Uni richiamate dal D.Lgs. 102/2014. E quindi, nella redazione del progetto di contabilizzazione e ripartizione delle spese di consumo del riscaldamento, è necessario tenere conto delle dispersioni di calore. Non sarebbe conforme alla normativa vigente e alla Uni 10200 non attribuire un valore – ancorché ipotetico e forfettario – alle dispersioni dell’impianto centrale che vadano a vantaggio di proprietà esclusive. Come nel caso in cui i tubi di un impianto di riscaldamento centralizzato, attraversando gli appartamenti di proprietà esclusiva, apportino in favore degli stessi un vantaggio termico. La Uni 10200 distingue due tipologie di consumi connessi al riscaldamento volontari ed involontari. I primi prevedono una quota variabile e si riferiscono alle abitudini dei singoli condòmini, che regolano a loro piacimento, nel rispetto dei limiti di legge , la temperatura dei caloriferi. I consumi involontari, al contrario, non dipendono dalle azioni degli utenti e riguardano soprattutto le dispersioni di calore dell’impianto, ricollegabili alla distribuzione di accumulo. Questi consumi vanno suddivisi in base ai millesimi di riscaldamento calcolati da un tecnico abilitato e tengono conto del fabbisogno energetico delle singole unità immobiliari, ossia della quantità di energia che ogni appartamento dovrebbe idealmente prelevare per mantenere una temperatura interna costante di 20.C durante l’intero periodo in cui è attivo il riscaldamento. Nel calcolare il fabbisogno, il tecnico deve considerare solo le parti comuni ed eventualmente consigliare qualche modifica alle stesse la realizzazione di un cappotto termico, la coibentazione del tetto, ecc . Sono invece escluse le migliorie che riguardano gli interni delle singole unità immobiliari sostituzione degli infissi, isolamento delle pareti, ecc , considerati ai fini della redazione della tabella interventi irrilevanti. Esistono comunque dei casi in cui non è possibile tecnicamente applicare la norma Uni 10200 o non è proporzionato in termini di costi rispetto all’obiettivo del risparmio energetico. In tema, il D.Lgs. 141/2016 – che ha modificato sul punto il D.Lgs. 102 – ha chiarito che ciò si verifica anche, ma non solo , quando …siano comprovate, tramite apposita relazione tecnica asseverata, differenze di fabbisogno termico per metro quadro tra le unità immobiliari costituenti il condominio o l’edificio polifunzionale superiori al 50 per cento”. In casi simili, in presenza di una relazione tecnica che attesti la differenza di fabbisogno termico, l’assemblea può decidere di suddividere le spese calcolando almeno il 70% di consumo volontario e ripartendo la restante percentuale in proporzione ai metri cubi, ai metri quadri o ai millesimi di proprietà. Ora appare evidente che la suddivisione degli oneri dell’impianto di riscaldamento avvenga o per millesimi ed ai sensi della legge 102/14, con quel criterio dei consumi volontari ed involontari. Salvo le differenze di fabbisogno termico per metro quadro tra le unità immobiliari costituenti il condominio o l’edificio polifunzionale superiori al 50 per cento, anzidette”. Ma non appare essere la fattispecie trattata. In casi simili, in presenza di una relazione tecnica che attesti la differenza di fabbisogno termico, sovviene la norma con l’applicazione di un 70% di consumo volontario e ripartendo la restante percentuale in proporzione ai metri cubi, ai metri quadri o ai millesimi di proprietà punto d art. 9 comma 5 del D.Lgs. 102/14. D’altro lato l’interpretazione giurisprudenziale ha precisato che le spese del riscaldamento centralizzato possono essere validamente ripartite in base al valore millesimale delle singole unità immobiliari servite solo ove manchino sistemi di misurazione del calore erogato in favore di ciascuna di esse, che ne consentano il riparto in proporzione all’uso Cass. Sez. 2, 07/11/ 2016, n. 22573 Cass. Sez. 2, 04/08/2017, n. 19651 Cass. Sez. 6-2, 09/03/2017, n. 6128 ma si veda già Cass. Sez. 2, 17/09/ 1998, n. 9263 . Il Ministero dello Sviluppo Economico, Direzione generale per il mercato elettrico, le rinnovabili e l’efficienza energetica, il nucleare Divisione VII – Efficienza energetica e risparmio energetico CHIARIMENTI IN MATERIA DI TERMOREGOLAZIONE E CONTABILIZZAZIONE DEL CALORE APPLICAZIONE DEL DECRETO LEGISLATIVO 4 LUGLIO 2014, N. 102 – ARTICOLO 9, COMMA 5 GIUGNO 2017 ha così illustrato, con risposte a quesiti, la norma in questione Il presente documento si propone di fornire chiarimenti per l’applicazione delle disposizioni previste dal decreto legislativo 4 luglio 2014, n. 102, e in particolare dell’articolo 9, comma 5, in materia di termoregolazione e contabilizzazione del calore negli edifici La perizia tecnica deve essere fatta con riferimento a tutto il condominio o edificio polifunzionale. La condizione di inefficienza in termini di costi” indicata nella legge non può riferirsi ad una singola unità immobiliare e quindi esimere eventualmente tale unità dall’installazione dei dispositivi previsti e dalla conseguente suddivisione dei costi secondo i consumi individuali e non prevede la normativa fattori di compensazione. Si deve avere riguardo per le dispersioni di calore dell’impianto, ossia perdite della rete di distribuzione, cioè le dispersioni del calore che avvengono dalle tubature prima che raggiungano gli appartamenti”. Ora la questione portata dalla condomina impugnante attiene alla pretesa di un diritto quesito di riparto per gli oneri di riscaldamento che ella deve sostenere, sostanzialmente ritiene a causa dell’androne. Si osserva che la situazione dell’immobile esclusivo della condomina non possa essere rapportata all’applicazione della norma tecnico che verifica il complesso e stabilisce i fabbisogni anche individuali , la quale deve trovare applicazione integrale nella sua ratio, al punto che ha stabilito, si ritiene quale eccezione, la questione di differenze del 50%. Ma anche nel fatto che non può essere imputato al condominio la collocazione dell’immobile sopra l’androne e dunque palesemente un maggior costo di riscaldamento. Valga che il Condominio abbia contribuito ad aumentare i radiatori della condomina, ma oggi, quanto la norma adempiuta, non si rapporta ai radiatori ma come detto al fabbisogno calorico calcolato che prescinde da quanti radiatori possa avere ogni singolo immobile esclusivo. Il sistema UNI 10200 effettivamente penalizza nel calcolo dei millesimi sia i primi piani che gli ultimi, perché evidentemente sottosposti a maggior dispersione. Ma rappresenta in semplice calcolo fatto dal tecnico che toglie ogni discrezionalità allo stesso. Dal prospetto docomma 6 attoreo emerge che altri immobili, in una posizione del complesso condominiale, che comporta evidentemente un maggior apporto di riscaldamento vedasi SIB-Mi.-Sp.-Ca. sono stati imputati di millesimi che tengono conto di fabbisogno energetico maggiore. Ergo la maggior esposizione dell’immobile nel condominio, rispetto a quelli invece posti in piani superiori al primo e comunque non ultimi piani, non può essere addebitata al complesso dei condomini. E non rileva che l’assemblea del 2003 abbia visto l’intervento dei condomini tutti nel sostenere la spesa dei radiatori in più ma alla luce della norma successivamente entrata in vigore il cambio dei millesimi appare legittimo per applicazione corretta della norma. La domanda attorea deve essere respinta. La complessità della vicenda giuridica consente la compensazione delle spese di litre. P.Q.M. Il Tribunale di Brescia, ogni diversa istanza od eccezione disattesa, definitivamente pronunciando, contrariis reiectis respinge le domande attoree. Compensa le spese di lite tra le parti.