Acquisto della proprietà del sottotetto: tutti i condomini devono partecipare al giudizio

In tutte le ipotesi in cui la domanda giudiziale sia rivolta all’acquisto del diritto di proprietà su un bene comune a tutti i condomini, i singoli contitolari del diritto sono litisconsorti necessari insieme all’amministratore di condominio e, dunque, non possono essere rappresentati da quest’ultimo senza apposito mandato.

Lo ribadisce l’ordinanza della Cassazione n. 27707/19, depositata il 29 ottobre. La vicenda. Innanzi al Tribunale gli attori chiamavano in giudizio un condominio con i suoi condomini per sentir accertare la pertinenza al proprio ente esclusivo del vano sottotetto sovrastante e l’acquisto del diritto di proprietà da parte loro del vano mediante usucapione. Il Tribunale rigettava la domanda attorea di accertamento di detta pertinenzialità, ma accoglieva con riferimento all’accertamento dell’acquisto della proprietà. La Corte d’Appello, adita in secondo grado, rilevava la carente costituzione del contraddittorio di tutti i condomini e dichiarava la nullità del procedimento. Intervengono così i Giudici di legittimità. I condomini litisconsorti necessari. In particolar modo, con il motivo di ricorso, i consorti i quali chiedevano l’acquisto della proprietà del vano sottotetto deducono violazione della norma ex art. 1131 c.c., poiché la Corte d’Appello ha erroneamente ritenuto che l’amministratore del condominio non rappresentasse l’insieme dei condomini, andando in contrasto con i principi della Suprema Corte, posto che l’oggetto di causa era un interesse comune. Infatti, secondo un consolidato orientamento nella giurisprudenza di legittimità, è sufficiente l’evocazione del solo amministratore di condominio in giudizio, non essendo necessaria la chiamata di tutti i condomini nelle liti riguardanti appunto interessi o beni comuni. Al riguardo, però, è opportuno sottolineare che, nei casi in cui la domanda sia rivolta all’acquisto del diritto di proprietà su un bene comune a tutti i condomini, come nel caso di specie, i singoli contitolari del diritto sono litisconsorti necessari insieme all’amministratore di condominio e, dunque, non possono essere rappresentati da quest’ultimo senza apposito mandato nella fattispecie assente . A ciò segue il rigetto del ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 10 luglio – 29 ottobre 2019, n. 27707 Presidente Manna – Relatore Gorjan Fatti di causa D.G.M. e G.A. - unitamente a C.R. - ebbero ad evocare in giudizio avanti il Tribunale di Milano il Condominio di omissis ed i suoi condomini per sentir accertare la pertinenza al proprio ente esclusivo del vano sottotetto, rispettivamente sovrastante, ovvero l’acquisto del diritto di proprietà da parte loro di detto vano mediante usucapione. Resistendo il condominio ed alcuni del condomini in proprio,il Tribunale ambrosiano ebbe a rigettare la domanda di accertamento della pertinenzialità dei vani sotto tetto rispetto agli alloggi in signoria esclusiva, rispettivamente, della C. e dei consorti D.G. -G. ,ma accolse la loro domando subordinata di accertamento dell’acquisto per fatto ex art. 1158 c.c Proposero gravame ed il Condominio e singoli condomini e la Corte d’Appello di Milano,resistendo gli originari attori,ebbe a rilevare la carente costituzione del contraddittorio in sede di giudizio di prime cure per omessa evocazione di tutti i singoli condomini interessati, e di conseguenza a dichiarare la nullità di procedimento relativo e sentenza impugnata, rimettendo,ex art. 354 c.p.c., le parti avanti il Tribunale per nuovo giudizio. I soli consorti G. -D.G. hanno proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza resa dalla Corte milanese articolando sei motivi di censura. Resistono con controricorso e il omissis ed i singoli condomini già costituiti in sede d’appello, che hanno depositato memoria difensiva. Ragioni della decisione Il ricorso proposto dai consorti G. -D.G. non ha pregio giuridico e va rigettato. In limine deve la Corte rilevare l’infondatezza dell’eccezione circa l’inammissibilità dell’impugnazione per intervenuta acquiescenza alla sentenza impugnata,svolta dalla parte resistente costituita. Osservano, di fatti, i resistenti come gli impugnanti ebbero a riassumere il procedimento avanti il Tribunale di Milano, siccome disposto dalla Corte d’Appello con la sentenza oggetto della presente impugnazione, con atto notificato ben prima della notificazione del ricorso per cassazione. Al riguardo esiste insegnamento di questa Suprema Corte - Cass. sez. 3 n. 5119/04, Cass. sez. 2 n. 2413/18 - secondo il quale la citata condotta, palesando mera volontà di cautela, non può configurare acquiescenza. Inoltre osserva il Collegio come la questione proposta attiene all’ammissibilità del ricorso per cassazione, sicché ex art. 372 c.p.c. è ammessa la produzione avanti questa Corte Suprema dei documenti a sostegno dell’eccezione sollevata. Tuttavia parte resistente ha bensì puntualmente dedotto l’eccezione, ma non ha versato in atti alcun documento a comprova di quanto allegato eppertanto l’eccezione va disattesa,comunque, per difetto di adeguata prova a suo conforto. Con il primo ed il secondo mezzo d’impugnazione proposto i ricorrenti denunziano violazione delle disposizioni normative in materia di disciplina delle spese di lite e di condotta processuale secondo buona fede, ex artt. 88 e 92 c.p.c., nonché omesso esame di fatto decisivo al riguardo. A loro opinione erroneamente la Corte ambrosiana ebbe a gravarli delle spese di lite nonostante la concorrenza di adeguate ragioni per disporre la compensazione, specie tenuto conto della condotta ostruzionistica posta in essere dalla controparte individuata nel rifiuto opposto dall’amministratore del condominio di rimettere loro, come chiesto, l’esatto elenco dei condomini. Di conseguenza l’errore commesso nella costituzione del completo contraddittorio, con l’evocazione di tutti i condomini interessati, era dovuto all’utilizzo di elenchi non completi in loro disponibilità stante appunto l’ostruzionismo frapposto dal condominio,condotta da qualificarsi siccome sleale a sensi dell’art. 88 c.p.c. - questione non esaminata dal Collegio ambrosiano -. Le due censure stante il loro intimo collegamento - impossibilità di conoscere l’esatto elenco dei comunisti interessati alla lite per condotta propria dell’amministratore del condominio - vanno esaminate congiuntamente e sono prive di pregio giuridico. Difatti,come osservato dai resistenti costituiti,l’asserto critico si fonda sulla affermazione di fatto non provata, ossia che l’amministratore, richiesto dell’elenco esatto dei condomini abbia omesso di comunicarlo o comunque di dar ragione della sua impossibilità di farlo, nonché sull’osservazione che l’elenco dei condomini dimesso in causa dal Condominio costituendosi non era completo. La prima asserzione dei ricorrenti risulta puntualmente contestata dal Condominio e,per quanto appare dall’argomentazione esposta, nel ricorso non risulta indicato alcun elemento di prova - versato in atti - a dimostrazione dell’asserto. Quanto all’elenco dimesso in atti dal condominio costituendosi, se anche portante indicazioni errate,un tanto non sollevava parte attrice dal sua diligenza di acquisire mediante i Pubblici Registri le opportune informazioni prima di avviare la lite. Dunque,in difetto di prova dell’asserita condotta sanzionabile ex art. 88 c.p.c. nemmeno può sussistere la dedotta violazione delle norme in tema di spese a carico del soggetto scorretto, ex art. 92 c.p.c., comma 1. Quanto all’omesso esame ex art. 360 c.p.c., n. 5, parte impugnante lamenta in effetti la mancata enunciazione delle ragioni in forza delle quali la Corte ebbe a ritenere non meritevoli di adesione le sue argomentazioni difensive finalizzate a statuizione di compensazione delle spese. Posto che, pacificamente, il Collegio ambrosiano ebbe a decidere in punto spese di lite del doppio grado di giudizio secondo il canone principe della soccombenza, non si configura il dedotto vizio ex art. 360 c.p.c., n. 5 stante che la norma ha riguardo all’esame di fatto storico e, non già, alla mancata espressa risposta alle argomentazioni illustrate dalle parti - Cass. sez. 2 n. 14802/17, Cass. sez. 1 n. 26305/18 -, che per altro possono esser respinte anche implicitamente dal Giudice. Nella specie sussisteva l’obbligo del Giudice di motivare la ragione per derogare al canone ex art. 91 c.p.c. - posto che pacificamente i ricorrenti risultano soccombenti in appello - e non anche le ragioni che lo inducevano a non avvalersi della facoltà discrezionale di compensare le spese ex art. 92 c.p.c.,una volta escluso il ricorrere della situazione di cui al comma 1 - Cass. sez. 3 n. 11329/19 -. Con la terza doglianza i consorti G. -D.G. deducono violazione della norma ex art. 1131 c.c. in quanto il Collegio ambrosiano ha erroneamente ritenuto che l’amministratore del condominio,nella specie, non rappresentasse la collettività dei condomini,e ciò in contrasto con arresti di questa Corte di legittimità, benché oggetto di causa fosse un interesse comune. Con la quarta ragione di ricorso i consorti D.G. -G. rilevano vizio per omesso esame di fatto decisivo posto che la Corte lombarda non aveva minimamente cennato al pur maggioritario insegnamento di legittimità contrario alla soluzione di diritto da essa accolta. Anche dette due doglianze vanno esaminate congiuntamente poiché strettamente connesse attinendo alla medesima questione, ossia il mancato rilievo da parte del Collegio ambrosiano che prevalente insegnamento di legittimità riteneva sufficiente l’evocazione del solo amministratore del condominio e non anche necessaria la chiamata di tutti i condomini nelle liti afferenti difesa di interessi o beni comuni. In effetti esiste l’insegnamento di legittimità,posto dai ricorrenti alla base della loro tesi, ma lo stesso non solo non appare maggioritario ma nemmeno questo Collegio lo reputa meritevole di seguito. Difatti dei vari arresti di legittimità evocati in ricorso solamente uno - Cass. sez. 2 n. 28141/13 - ex professo insegna che anche nelle controversie in cui condomino o terzo rivendica l’acquisto in via esclusiva di bene comune unico legittimato a resistere è amministratore condominale,mentre tutte le altre sentenza citate, compreso l’arresto delle sezioni unite - Cass. n. 25454/13 - precisano che non concorre il litis consortio con tutti i comunisti solamente quando viene richiesto l’accertamento di una situazione giuridica esistente senza anche la proposizione di domanda diretta alla modifica della situazione giuridica esistente,ossia all’acquisto del diritto in via esclusiva su bene comune - nella specie mediante usucapione -. Rettamente la Corte milanese ha, invece, osservato l’insegnamento di legittimità richiamato nella sua decisione poiché da ultimo ancora confermato - Cass. sez. 2 n. 6649/17 -, posto che il diritto di proprietà sui beni comuni pertiene ai singoli condomini in forza della ripartizione millesimale correlata alla consistenza del rispettivo ente in signoria esclusiva e non già al condominio, invece mero Ente di gestione. Dunque in presenza - come nella specie - di domanda rivolta all’acquisto del diritto di proprietà su bene comune a tutti i condomini, i singoli contitolari del diritto sono litisconsorti necessari unitamente all’amministratore condominale e,non già, possono esser all’uopo rappresentati da quest’ultimo senza apposito mandato, nella specie assente. Con il quinto mezzo d’impugnazione i ricorrenti rilevano vizio comportante la nullità della sentenza impugnata ex art. 360 c.p.c., n. 4 posto che nel giudizio d’appello non risultavano evocati i condomini nominativamente elencati nel loro ricorso. La censura pecca di genericità posto che l’elencazione dei soggetti indicati siccome condomini nel ricorso non risulta suffragata da alcuna specifica indicazione circa la loro qualità di parti del primo giudizio, siccome rilevato dalla contro parte. Inoltre essendo certa la mancata evocazione di alcuni condomini già nel primo giudizio con conseguente nullità della sentenza resa dal Tribunale inutile appare l’eventuale emenda di un vizio afferente il giudizio di secondo grado nella prospettiva costituzionale del giusto processo. Con la sesta doglianza i consorti G. -D.G. si limitano ad affermare l’esaustività delle prove addotte a sostegno ella loro pretesa senza anche svolgere in effetti argomento critico avverso la sentenza impugnata con riguardo al governo delle prove, conseguenza ovvia attesa la natura meramente processuale della decisione impugnata,sicché il Giudice non ha avuto la necessita di esaminare detto aspetto della lite. Al rigetto dell’impugnazione segue la condanna dei ricorrenti,in solido fra loro, alla rifusione verso la parte resistente costituita delle spese di lite di questo giudizio di legittimità,tassate in Euro 5.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi oltre accessori di elegge e rimborso forfetario siccome indicato in dispositivo. Concorrono in capo ai ricorrenti le condizioni per l’ulteriore pagamento del contributo unificato. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti,in solido fra loro, a rifondere alla parte resistente costituita le spese del presente procedimento di legittimità,tassate in Euro 5.500,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre accessori di legge e rimborso forfetario ex tariffa forense nella misura del 15%. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.