Lo smaltimento condominiale dei rifiuti deve rispettare le regole comunali

In materia condominiale, nel caso in cui il servizio di raccolta dei rifiuti viene modificato per adeguarlo alle nuove prescrizioni igieniche comunali, è di esclusiva competenza dell’assemblea condominiale individuare le nuove modalità di espletamento del servizio comune.

Così la Corte di Cassazione con ordinanza n. 30455/18, depositata il 23 novembre. Il caso. Una condomina impugnava per nullità le delibere assembleari relative alla chiusura degli scivoli per lo smaltimento dei rifiuti e la predisposizione per l’espletamento del servizio di un locale apposito in uno degli edifici del complesso condominiale. Inoltre denunciava il malfunzionamento del videocitofono, nonostante lo avesse fatto più volte presente all’amministratore senza però ottenere soluzione al riguardo. La Corte d’Appello, adita in secondo grado, rilevava come l’innovazione apportata al servizio di smaltimento dei rifiuti non incideva sulla fruibilità del servizio comune, anzi sostituiva le modalità di smaltimento individuale. Così la condomina propone ricorso per cassazione. Lo smaltimento dei rifiuti. Secondo quanto sottolineato dalla Corte territoriale il tecnico incaricato dai condomini ha prospettato diverse soluzioni possibili ma quella adottata era l’unica che teneva conto delle indicazioni igieniche impartite dall’a.s.l. circa la salubrità dei locali di raccolta. La ricorrente, lamentava, in particolare, che il locale adibito alla raccolta dei rifiuti doveva essere facilmente accessibile anche da persone con mobilità ridotta, come ella era. A tal proposito, il Spremo Collegio condivide la pronuncia della Corte territoriale secondo cui sul punto non spetta al giudice di merito operare scelte nell’ambito della materia di competenza dei condomini. Dunque non appaiono violati i disposti del regolamento comunale in materia di igiene. Il malfunzionamento del citofono. Per quanto riguarda la doglianza sul malfunzionamento del servizio di videocitofono, la Corte d’Appello sosteneva che la consulenza tecnica richiesta dalla ricorrente si mostrava come uno strumento di natura esplorativa. Ebbene, a detta della Suprema Corte, invece, in realtà, tale consulenza richiesta dalla condomina presenta natura di conferma o di smentita delle affermazioni rese dal professionista incaricato della verifica. Per queste ragioni, solo limitatamente a tale ultima doglianza, la Corte di Cassazione accoglie il relativo motivo di ricorso e rigetta il restante.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 28 giugno – 23 novembre 2018, n. 30455 Presidente Manna – Relatore Gorjan Fatti di causa M.A. ebbe ad impugnare per nullità le delibere assunte dall’assemblea dei Condomini omissis relative alla chiusura degli scivoli per lo smaltimento delle immondizie urbane e la predisposizione per l’espletamento di detto servizio di apposito locale in uno degli edifici del complesso condominale. La M. osservava come, per le sua condizioni somatiche defedate, l’innovazione disposta risultasse per lei eccessivamente gravosa, sicché erano stati lesi i suoi diritti dominicali. Inoltre l’attrice aveva denunziato il malfunzionamento dell’impianto comune di videocitofono, più volte segnalato all’amministratore, ma mai in concreto reso perfettamente funzionante. Resistette l’amministrazione condominiale ed il Tribunale di Milano, espletata la trattazione della questione, ebbe a rigettare le domande proposte dalla M. . Questa propose gravame e la Corte lombarda ebbe a rigettare l’appello confermando la prima decisione. Il Collegio ambrosiano rilevava come l’innovazione apportata al servizio di smaltimento dei rifiuti urbani non aveva inciso sulla fruibilità del servizio comune poiché meramente sostituita la modalità di conferimento dei rifiuti individuali ed un tanto anche in ottemperanza a specifica disposizione igienica dettata dal Comune di Milano. Quanto all’impianto di videocitofono, la Corte di merito osservava come non concorreva interesse concreto della condomina in relazione al malfunzionamento di detto impianto, non risultando prove al riguardo e nemmeno che della questione ne venne investita l’assemblea condominiale. La M. ha proposto ricorso per cassazione fondato su sei motivi. L’Amministrazione condominiale non s’è costituita ritualmente a resistere, ma ha depositato nota con procura speciale al difensore e nota difensiva. Anche la ricorrente ha depositata memoria ex art. 380 bis cod. proc. civ Ragioni della decisione Il ricorso proposto dalla M. ha fondamento giuridico limitatamente alla questione trattata nel quinto motivo - assorbito il sesto -, mentre gli altri motivi vanno rigettati poiché privi di pregio giuridico. Con il primo mezzo d’impugnazione la ricorrente denunzia violazione del disposto ex art. 59 del Regolamento comunale di Milano in materia di igiene poiché la Corte ambrosiana non ha adeguatamente valutato le emergenze desumibili dal parere tecnico redatto dal professionista incaricato dal condominio a verificare la questione del servizio di smaltimento dei rifiuti, lumeggianti la possibilità di adeguare l’impianto esistente alle nuove regole previste dalla disciplina comunale. La censura veicolata sotto il profilo della violazione di norma giuridica, si compendia in concreto nella proposizione di una valutazione alternativa, rispetto a quella elaborata dalla Corte di prossimità, degli elementi probatori acquisiti al riguardo. Difatti la Corte ambrosiana ebbe a precisare che il tecnico incaricato dai condomini prospettò più soluzioni possibili, ma che quella alla fine adottata teneva conto,anche, delle indicazioni impartire dall’A.S.L. circa la salubrità degli ambienti di raccolta. Per superare detta puntuale argomentazione, l’impugnante si limita ad enfatizzare solamente due delle più proposte fatte dal tecnico ed a svalutare la valenza dell’indicazione impartita dall’Ente sanitario. Dunque una diversa valutazione degli dati fattuali afferenti il modo migliore per adeguare il sistema di raccolta e deposito rifiuti urbani,prodotti da vari condomini, non configura una violazione della norma comunale, che comunque richiedeva un intervento innovativo sulle canne di smaltimento rifiuti condominiali già esistenti, sistema significativamente non più ammesso nelle nuove costruzioni. Con la seconda doglianza la M. rileva violazione della norma in art. 60 Regolamento comunale in materia di igiene ed art. 1120 cod. civ. posto che la Corte ambrosiana ha ritenuto legittima l’innovazione, siccome disposta dall’assemblea condominale, senza rilevare che per Regolamento comunale il locale adibito al deposito delle immondizie doveva essere comodamente raggiungibile anche alle persone con mobilità ridotta quale ella è. In effetti la Corte di prossimità ha esaminato la questione delle difficoltà, esistenti oggettivamente, acché persona con mobilità ridotta possa giungere al nuovo locale di deposito dei rifiuti, ma ha ritenuto non fosse consentito al Giudice operare scelte di merito nell’ambito delle materia di competenza dei condomini. Inoltre i Giudici milanesi hanno sottolineato come fosse facoltà della M. - riconosciuta dalla specifica normativa in materia - predisporre a sue spese l’apprestamento atto a superare la barriera architettonica - scala ripida -. Dunque non appare violato il disposto regolamentare del Comune di Milano, che si limita a richiedere l’agevole accessibilità al locale, adibito a deposito, anche per persone con ridotta mobilità, che ben può esser resa possibile da appositi accorgimenti di aiuto. Rettamente, poi, il Collegio ambrosiano ha rilevato che il servizio di raccolta condominale dei rifiuti non già era stato soppresso, bensì modificato adeguandolo alle nuove prescrizioni igieniche comunali, sicché correttamente è stato evidenziato il corollario giuridico d’un tanto, ossia l’esclusiva competenza dell’assemblea condominiale nell’individuare le nuove modalità di espletamento del servizio comune. Con il terzo mezzo d’impugnazione la M. lamenta violazione della norma in art. 1120 cod. civ. poiché la Corte territoriale non ha rilevato che effettivamente il condominio aveva eliminato - non disponendone la necessaria manutenzione - le canne di smaltimento ed innovato in peius il servizio comune. La censura appare configurarsi siccome apodittica riaffermazione della propria tesi difensiva disattesa motivatamente dalla Corte ambrosiana in forza delle argomentazioni già illustrate nell’esaminare i precedenti motivi d’impugnazione. Con la quarta doglianza la M. deduce violazione della norma in art. 1102 cod. civ. e dell’interpretazione costituzionalmente orientata della legge 13/1989, posto che il Collegio ambrosiano ha ritenuto di porre a suo carico le spese per l’apprestamento di strumenti atti a superare la barriera architettonica - ripida scala - e così poter accedere al vano condominiale di deposito immondizie. La censura non coglie nel segno poiché la legge 13/89, che detta norme per il superamento delle barriere architettoniche per i disabili, in alcun modo lumeggia la possibilità di imporre l’adozione di detti accorgimenti ai privati. In effetti la disciplina appare volta a facilitarne l’adozione, riducendo le maggioranze richieste per le delibere condominiali al riguardo e facultizzando l’interessato a comunque poter eseguire le opere a sue spese. Non si può prospettare la necessità di una lettura costituzionalmente orientata che in primo luogo non può superare il dato testuale della norma e comunque appare inutile a fronte e della prevista facoltà di eseguire l’apprestamento a proprie spese da parte dell’interessato e della disponibilità dello stesso di ricevere denaro pubblico a titolo di contributo per l’opera fatta. Con la quinta ragione di impugnazione la ricorrente lamenta vizio di nullità per violazione della norma in art. 115 cod. proc. civ. posto che, con riguardo alla questione del malfunzionamento del videocitofono,ella aveva depositata perizia di parte e chiesto ammissione di prova orale a conforto della sua tesi, mentre la Corte ambrosiana ha rigettato il suo gravame perché non provato l’asserto, pur non introducendo le prove richieste. La questione appare prospettata con riferimento ad entrambi i campi di interesse conseguenti all’originaria impugnazione ossia a supporto dell’impugnazione delle delibere afferenti il servizio raccolta rifiuti e del malfunzionamento del servizio di videocitofono. Con relazione alla critica di mancata ammissione delle prove orali afferenti la questione disciplinata dalle delibere impugnate, deve la Corte rilevare come in effetti detta prova sia effettivamente irrilevante, atteso il tenore dei capitoli dedotti e riprodotti in sentenza impugnata. Difatti l’attività del tecnico incaricato dal condominio di verificare le soluzioni da adottare a seguito della modifica del regolamento comunale appare documentata dalla sua relazione - primi tre capitoli - mentre la descrizione del percorso per giungere al nuovo locale di deposito è questione incontroversa - ulteriori due capitoli -. Inoltre la M. ha riproposto la dedotta prova in sede d’appello ma non, anche, ha richiamato la critica svolta avverso la decisione del primo Giudice di non ammettere detta prova né ha denunciato omessa decisione da parte del Giudice d’appello sullo specifico mezzo di gravame mosso contro detta statuizione. Dunque la censura avanzata in questa sede di legittimità sul punto s’appalesa generica. Ha fondamento viceversa la doglianza rivolta alla soluzione assunta dalla Corte ambrosiana con relazione alla questione del malfunzionamento del servizio di videocitofono. Difatti la Corte di merito ha ritenuto che la M. non avesse provato la sussistenza di un pregiudizio attuale e concreto, sicché la chiesta consulenza tecnica s’appalesava siccome strumento di natura esplorativa. Effettivamente però la Corte ambrosiana non ha al riguardo esaminato gli elementi di prova,pur addotti dalla M. a sostegno della sua domanda sulla questione. Elementi effettivamente tesi a dimostrare che il servizio comune non era reso siccome dovuto, quali il parere tecnico del professionista incaricato dal condominio di valutare la funzionalità dell’impianto, indicato pure a teste per la conferma della sua relazione. Dunque parte attrice, poi appellante, aveva offerto dati fattuali atti a lumeggiare la fondatezza della sua domanda, sicché la chiesta consulenza tecnica non aveva natura esplorativa ma di conferma o smentita delle affermazioni rese dal professionista incaricato della verifica ed, inoltre, v’erano in atti elementi lumeggianti il pregiudizio concreto ed attuale patito dalla M. , anche in considerazione della sua condizione somatica defedata. Sul punto quindi la sentenza impugnata va cassata e la questione rimessa alla Corte d’appello di Milano altra sezione per nuovo esame. Con la sesta ragione di doglianza la M. deduce violazione della norma in art. 1134 cod. civ. e perché la Corte ambrosiana non ha ritenuto provato il malfunzionamento denunziato e perché i Giudici d’appello hanno ritenuto a lei possibile agire in surroga dell’inerte condominio nell’eseguire i lavori necessari a rendere funzionante il servizio di videocitofono in modo ottimale. Tale questione rimane assorbita a seguito della soluzione adottata in ordine al quinto mezzo d’impugnazione con riguardo specifico a detto servizio comune. Il Giudice del rinvio provvederà anche a regolare le spese di questo giudizio di legittimità, ex art. 385 comma 3 cod. proc. civ P.Q.M. Accoglie il quinto motivo di ricorso nei limiti di motivazione, assorbito il sesto, rigetta gli altri motivi,cassa e rinvia alla Corte d’Appello di Milano, altra sezione, che anche regolerà le spese di questo giudizio di legittimità.