Se la controversia non rientra nelle attribuzioni dell’amministratore serve la convalida del suo operato da parte dell’assemblea

La ratifica assembleare vale a sanare retroattivamente la costituzione processuale dell’amministratore sprovvisto di autorizzazione dell’assemblea.

Così la Cassazione con sentenza n. 12525/18, depositata il 21 maggio. Il caso. Un amministratore agiva in giudizio con un ricorso per decreto ingiuntivo volto ad ottenere il pagamento da parte di un condominio, da lui precedentemente amministrato, di una somma a suo dire dovuta per l’opera prestata in occasione di lavori straordinari. Si costituiva in giudizio il condominio contestando la domanda dell’amministratore. Il Giudice di prime cure rigettava la domanda attorea e questi, conseguentemente, proponeva appello. La Corte d’Appello, in riforma della prima sentenza, accoglieva l’appello proposto e rigettava quindi l’opposizione al decreto ingiuntivo del condominio. Nel merito il Giudice del riesame aveva superato una eccezione sulla legittimazione attiva del condominio a promuovere l’opposizione e aveva constatato l’esistenza di un accordo tra lo stabile e l’ex amministratore con un riconoscimento di debito da parte del condominio. L’assemblea aveva, poi, tentato di modificare l’accordo preso riducendo l’importo riconosciuto all’amministratore di condominio, ma la Corte d’Appello non aveva accettato la successiva modifica degli accordi tra le parti, condannando il condominio al pagamento delle somme promesse. Alla luce di tale soccombenza il condominio proponeva ricorso in Cassazione. La Cassazione dichiara l’inammissibilità del ricorso proposto dal condominio. Lo stabile soccombente proponeva un articolato ricorso in Cassazione, basato su sette doglianze e volto alla contestazione dell’interpretazione data dalla Corte d’Appello agli accordi presi tra le parti, alla mancanza di legittimazione da parte dell’amministratore e del segretario di sottoscrivere in autonomia accordi transattivi vincolanti per il condominio e, in sintesi, di svariate compensazione che l’amministratore resistente avrebbe dovuto operare per debiti verso il condominio ad esempio compensazione con altro credito del condominio derivante dall’esito di un ulteriore giudizio . Si costituiva in giudizio l’amministratore con ricorso incidentale sostanziato in un unico motivo di diritto con il quale veniva censurata la decisione della Corte d’Appello di non dichiarare la carenza di legittimazione dell’amministratore di condominio a proporre la prima opposizione a decreto ingiuntivo. Secondo l’ex amministratore, difatti, tale incombenza sarebbe stata ultronea rispetto alle competenze del mandatario previste dall’art. 1131 c.c. e, nonostante gli inviti dei Giudici il condominio non aveva mai prodotto la delibera assembleare che autorizzava l’amministratore ad agire in giudizio in opposizione al decreto ingiuntivo. La Corte di Cassazione, con la sentenza 12525 del 21 maggio 2018 dichiarava l’inammissibilità del ricorso proposto dal condominio. Al fine di comprendere la decisione oggetto del presente commento occorre prendere le mosse dal combinato disposto degli artt. 1130 e 1131 c.c La prima norma riporta quelle che sono le competenze dell’amministratore, le sue prerogative e anche i limiti impliciti della sua azione. La seconda norma citata, di contenuto processuale, afferma che Nei limiti delle attribuzioni stabilite dall'art. 1130 o dei maggiori poteri conferitigli dal regolamento di condominio o dall'assemblea, l'amministratore ha la rappresentanza dei partecipanti e può agire in giudizio sia contro i condomini sia contro i terzi. Può essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell'edificio a lui sono notificati i provvedimenti dell'autorità amministrativa che si riferiscono allo stesso oggetto. Qualora la citazione o il provvedimento abbia un contenuto che esorbita dalle attribuzioni dell'amministratore, questi è tenuto a darne senza indugio notizia all'assemblea dei condomini e che l’amministratore che violi questi precetti possa essere revocato e possa essere tenuto a risarcire i danni. Alla luce di tale normativa la Suprema Corte affermava come l’amministratore del condominio avesse agito correttamente decidendo di opporre tempestivamente il decreto ingiuntivo, dato che nelle more della fissazione di una assemblea straordinaria atta a conferire la delega si sarebbe rischiato di superare il termine concesso per l’opposizione. Il suo errore, tuttavia, era stato quello di non produrre il verbale assembleare con il quale il condominio avallava la sua iniziativa processuale conferendogli mandato ad agire e quindi legittimazione a stare in giudizio. La ratifica assembleare sana retroattivamente Affermava infatti la Corte che la ratifica assembleare vale a sanare retroattivamente la costituzione processuale dell’amministratore sprovvisto di autorizzazione dell’assemblea, e perciò vanifica ogni avversa eccezione di inammissibilità, ovvero ottempera al rilievo ufficioso del Giudice che abbia all’uopo assegnato il termine ex art. 182 c.p.c. per sanare il difetto di rappresentanza. La regolarizzazione ai sensi dell’art. 182 c.p.c. in favore dell’amministratore privo della preventiva autorizzazione assembleare come della ratifica può operare in qualsiasi fase e grado del giudizio, con effetti ex tunc . La necessità della ratifica, peraltro, vale solo in quelle causa che risultano esorbitanti dalle attribuzioni dell’amministratore ai sensi del citato art. 1131 c.c Nel caso in oggetto, stante il petitum del decreto ingiuntivo ossia somme richieste dal precedente amministratore a titolo di emolumenti la controversia non rientrava in quelle per le quali l’amministratore può agire autonomamente e quindi, al fine di costituirsi in giudizio, egli doveva essere munito dell’autorizzazione dell’assemblea o di successiva convalida. La mancata produzione dei predetti documenti, quindi, cagionava un difetto di rappresentanza dell’amministratore che comportava la dichiarazione di inammissibilità del ricorso proposto e la conseguente soccombenza nel giudizio di Cassazione con condanna al rimborso delle spese del giudizio alla controparte.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 27 marzo – 21 maggio 2018, numero 12525 Presidente Petitti – Relatore Scarpa Fatti di causa Il Condominio omissis ha proposto ricorso in cassazione articolato in sette motivi avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma numero 2921/2013, depositata il 21 maggio 2013. Resiste con controricorso R.S. , il quale propone ricorso incidentale in unico motivo, dal quale a sua volta si difende con controricorso il Condominio omissis . La Corte d’Appello accolse il gravame di R.S. contro la sentenza del Tribunale di Rieti numero 576/2005 e rigettò perciò l’opposizione proposta dal Condominio omissis contro il decreto ingiuntivo per la somma di Euro 11.298,33, emesso il 25 febbraio 2002 su domanda del R. , ex amministratore condominiale, a titolo di compenso aggiuntivo per la cura dei lavori straordinari. La Corte di Roma superò l’eccezione del difetto di legittimazione del Condominio a proporre l’opposizione a decreto ingiuntivo, stanti i tempi ristretti per proporre la stessa. Quanto però al merito, i giudici di appello ritennero che dal verbale di assemblea del 14 marzo 1999 emergessero un riconoscimento del debito del Condominio in favore del R. di Lire 22.000.000, nonché una riduzione transattiva dell’importo del 50%, quale gesto di collaboratrice sensibilità dell’ex amministratore, con l’impegno del Condominio stesso di accreditare la somma nelle future quote a copertura del debito viceversa gravante sul R. . Questo accordo transattivo contenuto nel verbale del 14 marzo 1999 non poteva perciò essere modificato dall’assemblea nell’adunanza del 1 maggio 1999, che invece deliberò una riduzione della somma da accordare al R. , liquidata in Lire 8.000.000. Avendo poi il Condominio omissis azionato decreto ingiuntivo contro il R. , questo, a dire della Corte di Roma, ritenne correttamente annullato l’accordo transattivo , e perciò richiese a sua volta in via monitoria l’intera somma oggetto di riconoscimento nel verbale 14 marzo 1999. Il Condominio omissis ha presentato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c Ragioni della decisione I. Il primo motivo del ricorso principale del Condominio omissis lamenta la violazione degli artt. 99, 101, 112, 113, 324 e 346 c.p.c., e dell’art. 2909 c.c. Si assume che R.S. non avesse riproposto la domanda di confermare il decreto ingiuntivo, invece accolta dalla Corte di Appello con conseguente ultrapetizione. Viene quindi esposto come la stessa Corte di Roma avrebbe deciso su di una parte della sentenza del Tribunale di Rieti, quale quella che escludeva la natura di transazione della delibera del 14 marzo 1999, che non era stata oggetto dell’appello di R.S. ed era, perciò, passata in giudicato. Il secondo motivo del ricorso principale censura la violazione degli artt. 1965 e 1976 c.c., nonché l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, per avere la sentenza impugnata riconosciuto il diritto alla risoluzione dell’accordo transattivo senza che ciò fosse stato espressamente pattuito. Il terzo motivo del ricorso del Condominio omissis denuncia la falsa applicazione degli artt. 1988, 2944 e 1966 c.c., in quanto il verbale dell’assemblea del 14 marzo 1999 recherebbe le sole firme del presidente e del segretario, i quali, peraltro, non potevano impegnare l’intero condominio, visto che i condomini presenti in assemblea non espressero alcun voto relativamente alla ricognizione di debito e alla transazione. Il quarto motivo del ricorso principale del Condominio omissis lamenta la violazione dell’art. 2697 c.c. e la falsa applicazione degli artt. 1988, 2727 c.c. e 113 c.p.c., nonché l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. La Corte di Appello avrebbe condannato il Condominio sulla sola base del preteso riconoscimento di debito senza prendere in considerazione la vera fonte dell’obbligazione, la cui esistenza era stata esclusa dal Tribunale di Rieti. Il quinto motivo del ricorso principale denuncia la violazione degli artt. 1236, 2730, 2733, 2734 c.c. e degli artt. 113, 115 e 116 c.p.c., nonché l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, per avere la Corte di Appello attribuito valore di prova alla sola dichiarazione del R. a sé favorevole, relativa alla transazione, senza prendere in considerazione l’intero contenuto dell’interrogatorio formale reso dall’opposto davanti al Tribunale quanto alla fonte del suo diritto al 2,5% . Il sesto motivo del ricorso principale del Condominio omissis lamenta l’omesso esame circa un fatto decisivo, non avendo la Corte di Appello considerato l’eccezione, svolta dal Condominio in entrambi i gradi del giudizio, circa l’avvenuta deduzione del medesimo credito qui azionato, da parte del R. , in via di eccezione di compensazione in altro giudizio. Il settimo motivo del ricorso del Condominio omissis denuncia la violazione degli artt. 1224 e 2697 c.c., avendo la Corte d’Appello erroneamente condannato lo stesso al pagamento degli interessi e della rivalutazione con decorrenza dal 1 gennaio 1997, anziché dal giorno della mora. II. L’unico motivo del ricorso incidentale di R.S. denuncia la violazione dell’art. 1131 c.c. e dell’art. 75 c.p.c. si censura la parte della sentenza impugnata in cui la Corte di Appello ha negato il difetto di legittimazione attiva del condominio e la carenza dei poteri rappresentativi del nuovo amministratore, poiché quest’ultimo avrebbe proposto opposizione al decreto ingiuntivo senza la preventiva autorizzazione dell’assemblea, nonché senza il parere favorevole del consiglio dei condomini prescritto dall’art. 19 del regolamento condominiale, e senza produrre mai, nel corso dei due gradi del giudizio, una delibera di ratifica dell’azione giudiziaria intrapresa. III. Non ha rilievo l’eccezione di improcedibilità del ricorso principale, sollevata dal R. in controricorso, per la mancata indicazione, nella copia notificatagli del ricorso, dell’avvenuto deposito della sentenza impugnata, dei documenti e della richiesta di trasmissione del fascicolo d’ufficio della Corte d’Appello, in quanto gli stessi atti e documenti vanno depositati, ex art. 369 c.p.c., dopo la notificazione del ricorso e nel termine fissato per il deposito dello stesso ricorso. Nel controricorso R.S. ha subito eccepito anche l’inammissibilità del ricorso principale del Condominio omissis per difetto di autorizzazione dell’assemblea condominiale, trattandosi di controversia esorbitante dalle attribuzioni dell’amministratore. Nel controricorso del Condominio omissis , notificato in risposta al ricorso incidentale del R. , si contesta l’assunto del difetto di rappresentanza e di legittimazione dell’amministratore, avendo il condominio veste sostanziale di convenuto . Con ordinanza interlocutoria del 27 settembre 2017, all’esito dell’udienza di discussione del 12 luglio 2017, ritenuta la materia di lite estranea ai poteri dell’amministratore ex art. 1130 c.c., questa Corte rinviò la causa a nuovo ruolo per consentire al Condominio di produrre copia della deliberazione assembleare di autorizzazione o di ratifica del promovimento del ricorso. A tanto ha ottemperato il Condominio omissis che ha depositato copia autentica della delibera di ratifica del mandato adottata in data 21 ottobre 2017. Il Collegio antepone tuttavia una valutazione di tipo pregiudiziale. Secondo l’insegnamento reso da Cass. Sez. U, 06/08/2010, numero 18331, l’amministratore del condominio, potendo essere convenuto nei giudizi relativi alle parti comuni, ed essendo però tenuto a dare senza indugio notizia all’assemblea della citazione e del provvedimento che esorbiti dai suoi poteri, ai sensi dell’art. 1131, commi 2 e 3, c.c., può costituirsi in giudizio ed impugnare la sentenza sfavorevole senza la preventiva autorizzazione dell’assemblea, ma deve, in tale ipotesi, ottenere la necessaria ratifica del suo operato da parte dell’assemblea stessa, per evitare la pronuncia di inammissibilità dell’atto di costituzione ovvero di impugnazione. Nel ricostruire la portata dell’art. 1131, comma 2, c.c., Cass., sez. unumero , 6 agosto 2010, numero 18331, ha invero affermato che, ferma la possibilità dell’immediata costituzione in giudizio dell’amministratore convenuto, ovvero della tempestiva impugnazione dell’amministratore soccombente e ciò nel quadro generale di tutela urgente di quell’interesse comune che è alla base della sua qualifica e della legittimazione passiva di cui è investito , non di meno l’operato dell’amministratore deve poi essere sempre ratificato dall’assemblea, in quanto unica titolare del relativo potere. La ratifica assembleare vale a sanare retroattivamente la costituzione processuale dell’amministratore sprovvisto di autorizzazione dell’assemblea, e perciò vanifica ogni avversa eccezione di inammissibilità, ovvero ottempera al rilievo ufficioso del giudice che abbia all’uopo assegnato il termine ex art. 182 c.p.c. per regolarizzare il difetto di rappresentanza. La regolarizzazione ai sensi dell’art. 182 c.p.c., in favore dell’amministratore privo della preventiva autorizzazione assembleare, come della ratifica, può operare in qualsiasi fase e grado del giudizio, con effetti ex tunc Cass. Sez. 6 - 2, 16/11/2017, numero 27236 . Peraltro, come di seguito ribadito da Cass. Sez. 2, 23 gennaio 2014, numero 1451, e da Cass. Sez. 2, 25/05/2016, numero 10865, la necessità dell’autorizzazione o della ratifica assembleare per la costituzione in giudizio dell’amministratore va riferita soltanto alle cause che esorbitano dalle attribuzioni dell’amministratore, ai sensi dell’art. 1131, commi 2 e 3, c.c. Non può dunque sostenersi, come fatto dalla Corte d’Appello di Roma sul presupposto dell’urgenza dell’opposizione, che, poiché l’opponente a decreto ingiuntivo ha la posizione processuale di convenuto e così di legittimato passivo rispetto alla pretesa azionata con il ricorso monitorio, e tale posizione non muta nei successivi gradi del giudizio, indipendentemente dall’iniziativa dei mezzi di gravame adoperati, l’amministratore di un condominio che proceda a siffatta opposizione, nonché alla successiva impugnazione della pronuncia che l’abbia decisa, non ha, per ciò solo, necessità dell’autorizzazione dell’assemblea condominiale, a termini del secondo comma dell’art. 1131 c.c. Piuttosto, l’amministratore di condominio può proporre opposizione a decreto ingiuntivo, e altresì impugnare la relativa decisione del giudice di primo grado, senza necessità di autorizzazione o ratifica dell’assemblea, ad esempio, nella controversia avente ad oggetto il pagamento preteso nei confronti del condominio dal terzo creditore in adempimento di obbligazione assunta dal medesimo amministratore nell’esercizio delle sue attribuzioni in rappresentanza dei partecipanti, ovvero dando esecuzione a deliberazione dell’assemblea o erogando le spese occorrenti per la manutenzione delle parti comuni o per l’esercizio dei servizi condominiali, e quindi nei limiti di cui all’art. 1130 c.c. così Cass. Sez. 2, 03/08/2016, numero 16260 . Diversa è la causa, quale quella in esame, in cui il precedente amministratore, cessato dall’incarico, agisca in sede monitoria nei confronti del nuovo amministratore del condominio per ottenerne la condanna al pagamento del compenso suppletivo inerente all’attività svolta con riguardo all’esecuzione di lavori di manutenzione straordinaria dell’edificio. Si tratta di controversia non rientrante tra quelle per le quali l’amministratore è autonomamente legittimato ad agire ai sensi dell’art. 1130 e 1131 c.c., sicché, ai fini della sua costituzione in giudizio come della proposizione delle impugnazioni, gli occorre l’autorizzazione assembleare, eventualmente richiesta anche in via di ratifica del suo operato cfr. per analoga fattispecie Cass. Sez. 2, 31/01/2011, numero 2179 . Il Collegio ritiene tuttavia, per ciò che segue, di discostarsi da quanto disposto nell’ordinanza interlocutoria del 27 settembre 2017, e così di revocare la stessa, ai sensi dell’art. 177 c.p.c., norma applicabile anche al giudizio di cassazione cfr. Cass. Sez. 2, 11/02/2011, numero 3409 Cass. Sez. L, 26/03/1999, numero 2911 Cass. Sez. U, 25/03/1988, numero 251 . Secondo quanto stabilito da Cass. Sez. U, 04/03/2016, numero 4248, il difetto di rappresentanza o autorizzazione può essere sanato ex art. 182 c.p.c. come nella specie in sede di legittimità, dando prova della sussistenza del potere rappresentativo o del rilascio dell’autorizzazione, ai sensi dell’art. 372 c.p.c., sempre che il rilievo del vizio nel giudizio di cassazione sia officioso, e non provenga dalla controparte, come invece appunto qui fatto dal controricorrente R.S. , giacché, in tal caso, l’onere di sanatoria sorge immediatamente, non essendovi necessità di assegnare un termine da parte del giudice a meno che lo stesso non sia motivatamente richiesto, il che neppure risulta avvenuto, nella specie , in quanto sul rilievo di parte l’avversario è chiamato prima ancora a contraddire si veda già Cass. Sez. 2, 31/01/2011, numero 2179 . IV. Deve perciò essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso per cassazione proposto dall’amministratore del Condominio omissis senza l’autorizzazione assembleare, trattandosi di controversia riguardante un credito per compenso straordinario preteso dal precedente amministratore cessato dall’incarico, e perciò non rientrante tra quelle per le quali l’amministratore è autonomamente legittimato ai sensi degli artt. 1130 e 1131 c.c. né può essere concesso il termine per la regolarizzazione ai sensi dell’art. 182 c.p.c., atteso che il rilievo del vizio in sede di legittimità è stato operato dalla controparte nel suo controricorso, e non d’ufficio, sicché l’onere di sanatoria dell’amministratore ricorrente doveva intendersi sorto immediatamente. Il ricorso incidentale di R.S. , giacché proposto dalla parte totalmente vittoriosa nel giudizio di merito, e relativo a questioni preliminari di merito e pregiudiziali di rito quale, nella specie, il difetto di legittimazione processuale del condominio e la carenza dei poteri rappresentativi del nuovo amministratore , oggetto di decisione esplicita da parte della Corte d’Appello, ha natura di ricorso condizionato all’accoglimento del ricorso principale, indipendentemente da ogni espressa indicazione di parte. Ne consegue che, attesa l’inammissibilità del ricorso principale, il ricorso incidentale rimane assorbito per difetto di attualità dell’interesse. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza con condanna del Condominio omissis , e non dell’amministratore personalmente, ex art. 94 c.p.c., avendo comunque l’assemblea, sia pure tardivamente agli effetti dell’ammissibilità del ricorso, ratificato l’operato dell’amministratore stesso e vengono liquidate come in dispositivo in favore del controricorrente R.S. . Sussistono le condizioni per dare atto - ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, numero 228, che ha aggiunto il comma 1-quater all’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002 , numero 115 - dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente principale Condominio omissis , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione dichiarata inammissibile. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale, dichiara assorbito il ricorso incidentale e condanna il ricorrente principale Condominio omissis a rimborsare al controricorrente R.S. le spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 2.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. numero 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge numero 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.