L’eliminazione delle barriere architettoniche e il principio di solidarietà condominiale

Nel verificare se una nuova opera costituisca una turbativa al godimento di un condomino occorre verificare se questa è stata realizzata per eliminare barriere architettoniche ad un disabile residente nello stabile.

Il ricorso ex art. 1170 c.c. e i primi due gradi di giudizio. Con ricorso ex art. 1170 c.c. un condomino adiva il Tribunale lamentando come la costruzione da parte di un accesso all’ascensore condominiale sul ballatoio costituisse una violazione del suo diritto al possesso della propria abitazione. A tal fine egli domandava al decidente il ripristino delle strutture, ad esempio un muro perimetrale, abbattute per realizzare le predette opere. Si costituiva in giudizio la condomina che aveva eseguito le opere contestando gli assunti affermati dall’attore. Parimenti, nel giudizio di merito si costituiva la nipote della condomina la quale – invalida – rilevava di avere ricevuto l’appartamento in comodato dalla zia e di necessitare delle opere atte a facilitare l’utilizzo dell’ascensore in ragione della sua disabilità. Il Giudice del procedimento possessorio accoglieva la domanda dell’attore condannando la convenuta al ripristino dei luoghi. Nel giudizio di merito, istaurato successivamente dallo stesso attore, il Tribunale dava invece il responso opposto, rigettando l’azione di manutenzione proposta dal ricorrente. La Corte d’Appello, adita dal soccombente, parimenti confermava il rigetto del ricorso. Abbattimento del muro perimetrale Il ricorrente agiva quindi in Cassazione con un ricorso basato su 4 motivi di doglianza. Con il primo motivo il condomino chiedeva la revisione della sentenza d’Appello per avere questa erroneamente dichiarato inammissibile l’appello per manifesta genericità dei motivi. Il secondo motivo era basato sulla presunta errata interpretazione dell’atto di diffida inviato dal ricorrente alla vicina. Con la terza doglianza, invece, il ricorrente censurava il mancato rilievo della Corte d’Appello del fatto che l’abbattimento del muro perimetrale era di per sé opera atta a costituire turbativa del possesso. L’ultimo motivo del ricorso era basato sulla presunta omissione da parte della Corte d’Appello dell’esame dei rilievi istruttori del consulente tecnico d’ufficio e delle prove orali espletate nel corso del giudizio. Principio di solidarietà condominiale. La Cassazione, con la sentenza 9101 del 12 aprile 2018, rigetta il ricorso sulla base del principio di solidarietà condominiale. All’esito del giudizio di legittimità, la Cassazione depositava la succitata sentenza con la quale il ricorso depositato dal condomino veniva integralmente rigettato. La Corte affermava che il Giudice d’Appello avesse valutato correttamente sulla genericità dei motivi di cui al ricorso in appello e quindi il ricorso fosse stato correttamente dichiarato inammissibile. Il secondo motivo era rigettato per carenza di decisività. La valutazione in merito all’atto di diffida, difatti, era considerata ininfluente rispetto all’esito del giudizio d’Appello. Il quarto motivo, invece, veniva rigettato in quanto incentrato su una valutazione di merito incompatibile con la funzione della Cassazione. Sul merito della questione il Giudice della nomofilachia affermava che i lavori in questione avessero il fine ultimo dell’eliminazione delle barriere architettoniche a vantaggio della condomina invalida. Tale eliminazione, di cui alla legge n. 13/1989, costituiva secondo la Corte espressione di un principio di solidarietà sociale e perseguiva una finalità di carattere pubblicistico volte a favorire nell’interesse generale l’accessibilità degli edifici . Il pregiudizio patito dal ricorrente, quindi, costituito dall’istallazione di un ascensore su un’area comune, rientrava tra le opere elencata dall’art. 27, comma 1, legge n. 118/1971 e dell’art. 1, comma 1, d.P.R. n. 384/1978. In ragione di tali considerazioni per la decisione del caso in oggetto si doveva tenere conto del principio di solidarietà condominiale che implica il contemperamento di vari interessi tra i quali deve includersi anche quello delle persone disabili all’eliminazione delle barriere architettoniche si tratta infatti di un diritto fondamentale che prescinde dall’effettiva utilizzazione da parte di costoro, degli edifici interessati e che conferisce comunque legittimità all’intervento innovativo, purché lo stesso sia idoneo, anche se non ad eliminare del tutto, quantomeno ad attenuare sensibilmente le condizioni di disagio nella fruizione del bene primario dell’abitazione . L’istallazione dell’ascensore, quindi, era stata realizzata con il rispetto dei diritti della comunione ex art. 1102 c.c. e della stabilità e decoro architettonico dello stabile ed era quindi legittima in quanto posta a tutela dell’interesse della disabile residente nel palazzo. Dato il contemperamento degli interessi in questione, quindi, l’attività non costituiva una turbativa rilevante ai sensi dell’art. 1170 c.c

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 31 gennaio – 12 aprile 2018, numero 9101 Presidente Lombardo – Relatore Federico Esposizione del fatto - Con ricorso ex artt. 1170 c.c. e 703 cpc, F.A. , premesso di essere di essere proprietario e possessore di un appartamento, sito in omissis , facente parte di un edificio di interesse storico denominato Palazzo , conveniva in giudizio D.L.M. , lamentando l’abbattimento del muro perimetrale, posto sul ballatoio della prima rampa di scale del fabbricato, per inserirvi la porta d’ingresso di un ascensore, che era allocato all’interno di un immobile attiguo, ed aveva la struttura in appoggio al muro perimetrale di Palazzo , ascensore che era stato eretto dalla convenuta al fine di agevolare l’accesso al proprio immobile, sito al secondo piano del medesimo palazzo. Il F. chiedeva pertanto l’immediata sospensione dei lavori, in corso di svolgimento, nell’attiguo fabbricato ed il ripristino immediato dello stato dei luoghi, come esistente anteriormente all’effettuazione dei lavori. - La D.L. resisteva. - In accoglimento del ricorso, veniva disposto il ripristino dello stato dei luoghi. - Nel giudizio di merito, ritualmente instaurato dal F. , si costituivano oltre a D.L.M. anche D.L.E. , la quale rilevava di aver ricevuto in comodato gratuito dalla zia l’abitazione allocata al secondo piano di Palazzo , ed esponeva che l’uso dell’ascensore le era indispensabile, in quanto era affetta da gravi patologie che le impedivano una normale deambulazione e dunque l’accesso tramite la rampa di scale all’abitazione in comodato. - Le convenute chiedevano pertanto la revoca del provvedimento possessorio. - Il Tribunale di Trani - sezione distaccata di Ruvo di Puglia, con sentenza 101/2008 rigettava l’azione di manutenzione del F. . La Corte d’Appello di Bari, con la sentenza 51/2013, confermava la pronuncia del Giudice di prime cure. - La Corte territoriale, in particolare, affermava la inammissibilità per genericità ex art. 342 cpc e, nel merito, l’infondatezza dell’impugnazione, in quanto inidonea a censurare efficacemente la principale ratio decidendi posta a fondamento della sentenza di primo grado, vale a dire il fatto che la realizzazione dell’ascensore non ledeva in modo apprezzabile il compossesso del muro comune l’odierno ricorrente non aveva infatti evidenziato quale fosse lo specifico e concreto disagio che l’innovazione aveva determinato sul pregresso potere di fatto da lui esercitato in qualità di compossessore. - Avverso la suddetta sentenza propone ricorso per cassazione F.A. , affidato a quattro motivi. - Resistono con controricorso D.L.M. ed E. . Considerato in diritto Con il primo motivo di ricorso viene contestata la violazione dell’art. 360 n 3 c.p.c. in relazione all’art. 342 c.p.c. per aver la Corte erroneamente dichiarato inammissibile l’appello con riferimento al primo motivo di impugnazione, per difetto di specificità. Il motivo è infondato. La Corte d’Appello ha affermato, con motivazione logica e coerente, l’inammissibilità del primo motivo di gravame spiegato dall’odierno ricorrente, sul presupposto che questi non aveva adeguatamente censurato il fondamento logico giuridico della pronuncia di primo grado, vale a dire che il fatto che la realizzazione dell’ascensore non ledeva in maniera apprezzabile il suo possesso. La Corte territoriale, con adeguato apprezzamento di merito, ha ritenuto che, sulla base dei rilievi del ctu, ritenuti pienamente condivisibili, ed alla luce della genericità delle ragioni di pregiudizio indicate nei motivi di impugnazione, non risultava alcun concreto pregiudizio al possesso dell’odierno ricorrente, idoneo a costituire il presupposto dell’azione di manutenzione. Tale statuizione è conforme a diritto. Ed invero, premesso che la turbativa nel possesso è tutelabile solo nel caso in cui essa incida, limitandolo in modo significativo, il potere di fatto sulla cosa comune esercitato dal compossessore agente Cass. 24/02/1993 numero 2260 Cass. 11/11/2002 numero 15788 Cass. 11036/2003 Cass. 1743/2005 , la Corte territoriale, con adeguata valutazione del fatto processuale, ha ritenuto la genericità dei motivi di gravame, in quanto detti motivi risultavano inidonei ad intaccare il fondamento logico giuridico della decisione impugnata. Come questa Corte ha già affermato, infatti, nel giudizio d’appello il requisito della specificità dei motivi dettato dall’art. 342 c.p.c. nel testo, applicabile ratione temporis , anteriore alle modifiche apportategli dall’art. 54, comma 1, lett. a , del d.l. numero 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. numero 134 del 2012 , esige che, alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata, vengano contrapposte quelle dell’appellante, volte ad incrinarne il fondamento logico giuridico, ciò risolvendosi in una valutazione del fatto processuale che impone una verifica in concreto, ispirata ad un principio di simmetria e condotta alla luce del raffronto tra la motivazione del provvedimento appellato e la formulazione dell’atto di gravame, nel senso che, quanto più approfondite e dettagliate risultino le argomentazioni del primo, tanto più puntuali devono profilarsi quelle utilizzate nel secondo per confutare l’impianto motivazionale del giudice di prime cure Cass. 4695/2017 . Con il secondo motivo si censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 360 numero 3 in relazione agli artt. 1362 e 1363 c.c., per aver la Corte erroneamente interpretato l’atto di diffida inviato dalla sig.ra D.L.E. all’odierno ricorrente in data 3 agosto 2001. Il motivo è inammissibile, per carenza di decisività. La censura muove da un presunto errore interpretativo della Corte in merito all’oggetto del contratto di comodato, vale a dire se esso fosse costituito dall’ascensore piuttosto che dall’unità abitativa, circostanza che è peraltro del tutto ininfluente in relazione alla materia del contendere esistenza di un apprezzabile pregiudizio al possesso del ricorrente ed estranea dunque alla ratio decidendi della pronuncia impugnata. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta la violazione dell’art. 360 numero 3 c.p.c. in riferimento agli artt. 1102 e 1120 c.c., per aver la Corte d’Appello omesso di rilevare che l’abbattimento del muro perimetrale costituiva, di per sé, una idonea turbativa del possesso, avuto riguardo ai limiti di utilizzo della cosa comune, di cui agli artt. 1102 e 1120 c.c. Il motivo è infondato. Come si è già evidenziato, in tema di eliminazione delle barriere architettoniche, la l. numero 13 del 1989 costituisce espressione di un principio di solidarietà sociale e persegue finalità di carattere pubblicistico, volte a favorire, nell’interesse generale, l’accessibilità agli edifici Cass. 7938/2017 , sicché, avuto riguardo al pregiudizio lamentato dal compossessore, l’installazione di un ascensore su area comune, allo scopo di eliminare delle barriere architettoniche, rientra fra le opere di cui all’art. 27, comma 1, della l. numero 118 del 1971 ed all’art. 1, comma 1, del d.P.R. numero 384 del 1978 deve pertanto tenersi conto del principio di solidarietà condominiale, che implica il contemperamento di vari interessi, tra i quali deve includersi anche quello delle persone disabili all’eliminazione delle barriere architettoniche si tratta infatti di un diritto fondamentale che prescinde dall’effettiva utilizzazione, da parte di costoro, degli edifici interessati e che conferisce comunque legittimità all’intervento innovativo, purché lo stesso sia idoneo, anche se non ad eliminare del tutto, quantomeno ad attenuare sensibilmente le condizioni di disagio nella fruizione del bene primario dell’abitazione. L’installazione di un ascensore rientra dunque nei poteri dei condomini Cass. 14096/2012 rendendosi unicamente necessario verificare il rispetto dei limiti previsti dall’art. 1102 c.c. Cass. 7938/2017 . Orbene, nel caso di specie, la Corte territoriale, con adeguato apprezzamento di merito, ha ritenuto che l’innovazione apportata, lungi dal costituire una rilevante modificazione delle concrete modalità di godimento della cosa comune, rappresentasse uno strumento imprescindibile a tutela dell’interesse di D.L.E. , in virtù delle sue condizioni di salute, senza alcun apprezzabile lesione dell’altrui possesso del bene comune. In particolare, secondo la valutazione del primo giudice, specificamente richiamata dal giudice di appello, l’espletata Ctu, oltre ad escludere l’asservimento del Palazzo XXXXX al contiguo edificio, e dunque la costituzione di una servitù, aveva escluso che l’ascensore arrecasse alcun pregiudizio alla stabilità ed al decoro architettonico dell’immobile, né, in generale risultava ravvisabile alcuna apprezzabile lesione, tutelabile ex art. 1170 c.c., al possesso del bene comune in capo al ricorrente. Con il quarto, articolato, motivo di ricorso, si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1170 c.c. in relazione all’art. 360 numero 3 cpc, nonché la violazione dell’art. 360 numero 5 c.p.c., per omesso esame dei rilievi mossi dal ricorrente alla relazione del consulente tecnico d’ufficio e la mancata considerazione delle prove orali espletate. Il motivo è inammissibile, in quanto esso, nei termini in cui è formulato, nonostante l’indicazione del vizio in rubrica sul carattere non vincolante della rubrica del motivo, cfr. Cass. 7981/2007 , si risolve nella richiesta di una rivalutazione dei fatti già oggetto del sindacato del giudice di merito e nella sollecitazione ad un nuovo esame delle risultanze istruttorie, inammissibile in questa sede, spettando al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove e scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione e dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge, in cui un valore legale è assegnato alla prova ex plurimis Cass. numero 6064/08 . Nel caso di specie, la Corte territoriale ha preso specificamente in esame e disatteso le doglianze proposte in sede di impugnazione dall’odierno ricorrente, dandone conto in motivazione, ed ha ritenuto, con adeguato apprezzamento di merito, che gli accertamenti effettuati dal ctu erano corretti e che la valutazione del primo giudice, di carenza di una turbativa rilevante ex art. 1170 c.c., era pienamente condivisibile, non sussistendo alcuna apprezzabile lesione del possesso del ricorrente. Non sussiste dunque né la dedotta violazione dell’art. 1170 c.c., né il vizio di omesso esame di un fatto decisivo di cui all’art. 360 numero 5 cpc, nella nuova formulazione ratione temporis applicabile al caso di specie. Il ricorso va dunque respinto e le spese, regolate secondo soccombenza, si liquidano come da dispositivo. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater Dpr 115 del 2002 sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente alla refusione delle spese del presente giudizio, che liquida in complessive 1.700,00 Euro, di cui 200,00 Euro per rimborso spese vive, oltre a rimborso forfettario spese generali in misura del 15% ed accessori di legge, in favore di ciascuna controricorrente. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater Dpr 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.