Obbligatorio l'asservimento dell'area a parcheggio

La cronica carenza di spazi da adibire al parcheggio delle auto è una delle più frequenti cause di conflitto tra le imprese di costruzione ed i condòmini. E' pur vero che il problema non è sempre di facile soluzione in quanto le norme e le interpretazioni giurisprudenziali mutano nel corso degli anni ed occorre individuare, con precisione, quale sia la norma applicabile.

In ragione dell'epoca di costruzione, infatti, si potrebbe parlare, per esempio, di diritto d'uso sulle aree a parcheggio ovvero di parcheggi liberamente commercializzabili. La situazione, poi, è destinata a complicarsi con l'entrata in vigore della recente legge 11 gennaio 2018, n. 2 che rende obbligatoria anche la realizzazione di appositi stalli riservati alle biciclette. La vicenda. Il caso in esame scoppia perché alcuni condòmini ritengono che il costruttore non avrebbe garantito le c.d. aree a parcheggio. Il giudizio di merito si svolge a senso unico e vede la soccombenza dell'impresa. Il Tribunale dichiara la natura pertinenziale delle aree ed il correlato diritto d'uso in capo ai condòmini. La Corte d'Appello, dal suo canto, riconosce in capo agli acquirenti il diritto di fare uso permanente a fini di parcheggio residenziale dell'area scoperta in proporzione alle rispettive quote condominiali. Il parere della Cassazione. La Seconda Sezione Civile della Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 3842 del 24 ottobre 2017, resa pubblica mediante deposito in cancelleria il successivo 16 febbraio 2018, ribalta l'esito del giudizio. Accolte le ragioni del costruttore. Il più delle volte i giudizi diretti a far accertare il diritto di parcheggio” da parte dei condomini si concludono con la vittoria di questi ultimi il grimaldello” utilizzato per scardinare la posizione del costruttore è rappresentato dall'art. 41- sexies l. n. 1150/1942 che impone all'impresa di realizzare delle aree a parcheggio la cui superficie è proporzionale alle volumetrie realizzate. In particolare, il costruttore è obbligato a realizzare, per ogni 10 mc costruiti, 1 mq di area da adibire al parcheggio delle vetture. Ci si chiede, quindi, quale sia la barricata alzata dal costruttore e quali le sue ragioni nel caso in esame. L'impresa fonda le proprie difese su un ventaglio di eccezioni di cui una viene ritenuta fondata dalla Cassazione. In parole povere, la Corte d'Appello sarebbe scivolata sulla classica buccia di banana non avendo dimostrato che l'area su cui si chiede di esercitare il diritto di parcheggio sia asservita a parcheggio. Necessario l'asservimento? Cerchiamo di chiarire la situazione. E' vero che la norma urbanistica impone al costruttore di realizzare una certa superficie da destinare al parcheggio delle vetture ma è anche vero che è necessario che tale area sia esplicitamente asservita a parcheggio”. In pratica tale asservimento può essere effettuato attraverso due strade alternative mediante un atto formale di vincolo a parcheggio e/o autorimessa, ovvero in fase progettuale. Nel primo caso, avremo un vero e proprio atto notarile, regolarmente registrato e trascritto. Nel secondo caso, la situazione si complica in quanto le aree da adibire a parcheggio” saranno semplicemente indicate nel progetto, senza un atto trascritto, per cui sarà più difficile la loro individuazione, o meglio, in mancanza della trascrizione, sarà più difficile far valere il vincolo erga omnes . La difesa del costruttore nel caso in esame. Nel caso in esame, a quanto pare, la Corte d'Appello ha omesso di verificare se le aree destinate a parcheggio fossero o meno effettivamente vincolate con uno specifico atto notarile ovvero, più semplicemente, fossero state individuate” come tali all'interno del progetto utilizzato per la realizzazione del fabbricato. Di conseguenza, la Cassazione rinvia la causa alla Corte d'appello. Il parcheggio non è in quote millesimali. A ben vedere, la sentenza della Corte territoriale sembra contenere un ulteriore punto oscuro”. Occorre partire dal presupposto che la normativa urbanistica prevede che le aree a parcheggio siano parametrate in funzione delle cubature. Come abbiamo detto, ogni 10 mc costruiti, occorre realizzare 1 mq di area a parcheggio. A ben guardare la decisione della Corte territoriale, riconosce agli acquirenti il diritto di utilizzare l'area a parcheggio in proporzione alle rispettive quote condominiali . Occorre tener presente che i millesimi di proprietà non vengono determinati in funzione della cubatura bensì di una serie di parametri quali, per esempio, l'altezza del piano, l'esposizione, il numero dei vani ecc Ciò vuol dire che appartamenti di identica superficie e di identica cubatura possono esprimere un diverso valore millesimale. Di conseguenza, ove si voglia parametrare il diritto d'uso delle aree a parcheggio al valore” posseduto da ciascun acquirente, si dovrebbe fare riferimento, al massimo, alle cubature espresse dalle singole unità immobiliari e non al valore delle quote millesimali possedute da ciascun condominio.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 24 ottobre 2017 – 16 febbraio 2018, n. 3842 Presidente Matera – Relatore Scalisi Fatti di causa C.F. , D.C.R. , D.R.O. , S.C. e D.C.G. , proprietari di appartamenti condominiali in i citavano in giudizio l’impresa costruttrice Sg.Fr. , che non avrebbe garantito il diritto di superficie sugli spazi destinati a parcheggio. Nel contraddittorio delle parti il Tribunale di Trani con sentenza n. 29 del 2009 dichiarava la natura pertinenziale dell’area scoperta di cui al progetto di costruzione e il correlato diritto d’uso degli attori, nonché il difetto di giurisdizione sulla restante domanda, onerando il convenuto delle spese del giudizio e di CTU. Avverso questa sentenza ha interposto appello Sg.Fr. e hanno resistito i condomini proponendo a loro volta appello incidentale. La Corte di Appello di Bari con sentenza n. 1678 del 2013 in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Trani dichiarava che C.F. , D.C.R. , D.R.O. , S.C. e D.C.G. avevano diritto nei confronti Sg.Fr. ed in proporzione alle rispettive quote condominiali di fare uso permanente a fini di parcheggio residenziale dell’area scoperta retrostante l’edificio per il transito ed il parcheggio delle autovetture nella misura di mq. 130,50 o, altrimenti, di ricevere le chiavi dell’eventuale cancello di accesso all’area medesima, ovvero, di vedere rimossi gli ostacoli al libero transito a tale area, nonché di godere allo stesso scopo dell’area scoperta di mq. 143,16, confermava la condanna dello S. al risarcimento del danno cagionato alle controparti per il mancato rispetto del diritto sopra indicato, confermava nel resto la sentenza impugnata. Secondo la Corte distrettuale, avendo il CTU accertato la violazione del diritto degli attori di fare uso permanente dell’area scoperta retrostante l’edificio per il transito ed il parcheggio delle autovetture e non contestato da controparte, va riconosciuto il rispetto, finora non avvenuto del diritto di godere degli spazi parcheggio nei termini di cui in dispositivo. La cassazione di questa sentenza è stata chiesta dalla ditta individuale Sg.Fr. con ricorso affidato a cinque motivi. C.F. , D.C.R. , D.R.O. , S.C. e D.C.G. , in questa fase non hanno svolto attività giudiziale. Ragioni della decisione 1.- Sg.Fr. , lamenta a con il primo motivo di ricorso, la falsa applicazione della legge n. 1150 del 1942 art. 41 sexies e conseguente vizio di motivazione per erronee, assunzione della fattispecie concreta desumibile dalle originarie domande attrici sub 1 e 3 nell’ipotesi assertiva della omessa destinazione a parcheggio dell’area esterna, controversa alla stregua di area vincolata come prevista dalla concessione edilizia e collegata convenzione in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ. . Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è, pure stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ. . Secondo il ricorrente, la Corte distrettuale interpretando, erroneamente, la CTU avrebbe riconosciuto agli originari attori un diritto inesistente, semplicemente, perché l’area in questione non è mai stata oggetto di legale asservimento a parcheggio da parte del costruttore odierno ricorrente, né come tale è stata definita negli atti concessori e, dunque, non poteva e non può ritenersi soggetta a prescrizioni di sorta in tali sensi. b Con il secondo motivo, un error in procedendo per omessa pronuncia circa l’esame delle domande e delle eccezioni distintamente formulate dall’appellante con ciascuno dei motivi dell’appello concernenti specifici fatti impeditivi dell’effetto delle domande attrici artt. 112, 132, 156 ss. 360, primo comma n. 4 cod. proc. civ. . Secondo il ricorrente, la Corte distrettuale avrebbe omesso di pronunciarsi sulle domande ed eccezioni formulate con il primo e il quarto motivo di appello che vengono riportati nell’atto di ricorso e relativi all’improponibilità e/o inammissibilità delle domande degli originari attori, posto che il presupposto di quelle domande era quello di ritenere che il Giudice del merito sarebbe tenuto non solo a sindacare la concessione edilizia originaria ma addirittura a sostituirsi alla PA concedente e a disporre il vincolo legale del diritto reale d’uso di un’area esterna al fabbricato. c Con il terzo motivo, la falsa applicazione degli artt. 41 sexies della legge n. 1150 del 1942 e 26 della legge 47 del 1985 con connessa violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. quanto all’asserito diritto degli attori originari di godere e di fare uso permanente, ai fini di parcheggio residenziale, dell’area scoperta retrostante l’edificio nella misura di mq 130,50 in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4 cod. proc. civ. . Secondo il ricorrente la Corte distrettuale violando il principio di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato ha ritenuto di poter disporre in via autonoma un vincolo su di un’area libera, per quindi, dedurre in favore degli attori il mancato rispetto del loro diritto di godere di tale area discendente da un vincolo siffatto. d Con il quarto motivo, la manifesta illogicità, anche, per contraddittorietà della motivazione in parte qua conseguente al travisamento del contenuto della prova tecnica acquisita in ordine alla asserzione di omessa destinazione a parcheggio delle aree previste da concessione edilizia e convenzione allegata in relazione all’art. 360, primo comma n. 5 cod. proc. civ. . la Corte distrettuale non avrebbe tenuto conto che il CTU attraverso le operazioni tecniche e la Relazione ha accertato e dimostrato che la superficie totale asservita ed effettivamente destinata a parcheggio dell’intero fabbricato era di mq 335,29 a fronte di quella misura inferiore prescritta per legge pari a mq. 335,59 art. 18 della legge 765 del 1967 come modificato dalla legge n. 122 del 1990 3355 mq realizzati / 10% = a mq 335,50. e con il quinto motivo, la violazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ. e motivazione insufficiente in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5 cod. proc. civ. . Secondo il ricorrente posto che la decisione in ordine alla liquidazione delle spese è collegata all’esito complessivo del giudizio e poiché tale esito non può resistere alla luce dei motivi del ricorso esaminati , non vi sarebbe più ragione che potrebbe giustificare la disposta integrale compensazione delle spese del giudizio. 2.- Il primo motivo è fondato. Va qui osservato che l’articolo 41-sexies della legge n. 1150/1942, così come modificato prima dalla legge n. 7/1967 e poi dalla legge n. 246/2005,prevede al primo comma, la riserva obbligatoria degli appositi spazi per parcheggi nelle nuove costruzioni ed aree pertinenziali ad esse aderenti, nella misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni dieci metri cubi di costruzione, così da garantire la quadratura minima corrispondente al diritto di proprietà sull’immobile di nuova costruzione inoltre, così come stabilito nel secondo comma, gli spazi per parcheggi realizzati non sono gravati né da vincoli pertinenziali, né da diritti d’uso a favore dei proprietari di altre unità immobiliari, essendo tra l’altro sempre trasferibili autonomamente da esse. Ciò posto, è agevole comprendere che il vincolo di destinazione previsto dalla legge insiste su aree già indicate nella concessione edilizia. D’altra parte, la stessa concessione non potrebbe essere concessa nel caso in cui il costruttore non abbia indicato le aree destinate al parcheggio. Va da sé che, nell’ipotesi in cui lo spazio destinato al parcheggio dovesse risultare insufficiente a soddisfare i singoli condomini del fabbricato, il proprietario che ne risultasse privato dovrebbe far valere un inadempimento del costruttore. Come ha già detto questa Corte Cass. n. 4197 del 2000 , di fronte alla violazione di norme pubblicistiche incidenti sul regime della proprietà privata, la posizione del privato che subisca un danno è pur sempre posizione di diritto soggettivo, onde il danno segue al mancato godimento del bene, oggetto del diritto riconosciuto. Fattispecie in tema di alienazione degli appartamenti di un immobile, con elusione del vincolo di destinazione dell’area di parcheggio edificata ai sensi dell’art. 41 sexies della legge 17 agosto 1942 n. 1150 aggiunto dall’art. 18 della legge ponte . Con l’ulteriore conseguenza che l’eventuale insufficienza non potrà essere soddisfatta giudizialmente e soprattutto mediante l’indicazione di altra area esistente nella stessa unità immobiliare che non sia stata, originariamente, vincolata a parcheggio. Ora, nel caso in esame, la Corte di Appello ha ritenuto di vincolare a parcheggio destinato alle originarie parti attrici un’area scoperta retrostante l’edificio, epperò, l’area di cui si dice risulta non essere stata oggetto di legale asservimento a parcheggio da parte del costruttore né come tale è stata definita negli atti concessori. E/o, comunque, non risulta che la Corte distrettuale abbia provveduto ad accertare l’effettiva destinazione dello spazio retrostante il fabbricato né avrebbe tenuto conto dell’espletata CTU, così come riportata nel ricorso in esame alle pagg. 10 e 11. Pertanto, ingiustificata e/o senza alcun fondamento logico-giuridico, è l’affermazione contenuta nel dispositivo secondo cui gli attori hanno diritto nei confronti di Sg.Fr. ed in proporzione alle rispettive quote condominiali, di fare uso permanente, a fini di parcheggio residenziale, dell’area scoperta retrostante l’edificio per il transito ed il parcheggio delle autovetture nella misura di mq 130,50 o, altrimenti, di ricevere le chiavi dell’eventuale cancello di accesso all’area medesima, ovvero di vedere rimossi gli ostacoli al libero accesso a tale area, nonché di godere allo stesso scopo, dell’area scoperta di mq 143,16 . 2.b . - Infondato è invece il secondo motivo del ricorso.,posto che, come è stato più volte affermato da questa Corte in altre occasioni il vizio di omessa pronuncia che determina la nullità della sentenza è configurabile esclusivamente con riferimento a domande, eccezioni o assunti che richiedano necessariamente una statuizione di accoglimento o di rigetto. In ordine alle questioni processuali quale è appunto l’eccezione di difetto di giurisdizione può, invece, profilarsi un vizio della decisione per violazione di norme diverse dall’art. 112 cod. proc. civ., se ed in quanto la soluzione implicitamente data dal Giudice alla problematica prospettata dalla parte si riveli erronea e censurabile, oltre che utilmente censurata cfr. Cass., n 13649/05, nn. 3927 e 18147/02, n. 5482/97, n. 1184/06 . 3.- Non è necessario esaminare i restanti motivi del ricorso, posto che il Collegio ritiene che l’accoglimento del primo motivo assorbe le ulteriori censure formulate con i restanti motivi. In definitiva, va accolto il primo motivo, rigettato il secondo e dichiarati assorbiti i restanti motivi la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata ad altra sezione della Corte di Appello di Bari per un nuovo esame della questione alla luce dei principi qui espressi. Alla Corte di Appello di Bari è demandato il compito di provvedere al regolamento delle spese del presente giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il secondo e dichiara assorbiti gli altri motivi cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa ad altra sezione della Corte di Appello di Bari, anche per il regolamento delle spese del presente giudizio di cassazione.