Necessario il consenso di tutti i condòmini per modificare il riparto delle spese

Ai sensi dell’art. 1123 c.c., la determinazione del riparto delle spese attinenti alla prestazione dei servizi nell’interesse comune deve avvenire mediante delibera assembleare approvata con il consenso di tutti i condòmini, a pena di nullità.

Così la Corte di Cassazione con ordinanza n. 2415/18, depositata il 31 gennaio. Il caso. Un condomino si opponeva alla delibera assembleare del Condominio con cui veniva disposta la rimozione di due canne fumarie in eternit, a servizio del proprio appartamento, e con cui venivano poste le spese per la rimozione a carico del condomino stesso. Il Tribunale di Terni annullava la delibera nella parte in cui disponeva la spesa a carico del condomino. La Corte d’Appello di Perugia accoglieva l’impugnazione del Condominio e confermava la validità della delibera assembleare sul presupposto che le canne fumarie fossero unicamente al servizio del condomino. Avverso la sentenza della Corte distrettuale il condomino ricorre per cassazione denunciando l’illegittimità della delibera assembleare, la quale avrebbe addebitato allo stesso una responsabilità extracontrattuale. Le delibere assembleari. Il Supremo Collegio riconosce che la doglianza avanzata dal ricorrente sia fondata, in ordine a tre ragioni. Difatti, se da un lato all’assemblea condominiale non è consentito accertare fattispecie di responsabilità in capo al singolo condomino, vertendosi fuori dalle attribuzioni legali assegnate al meccanismo deliberativo , dall’altro non solo è affetta da nullità la delibera dell’assemblea condominiale con la quale, senza il consenso di tutti i condomini, si modifichino i criteri legali art. 1123 c.c. o regolamento contrattuale di riparto delle spese necessarie per la prestazione di servizi nell’interesse comune , ma tali principi sono strettamente legati alla natura del Condominio che assegna al potere deliberativo dell’assemblea le decisioni che non incidono sulle regole di riparto salvo l’unanimità e che non consente allo stesso di avvalersi degli strumenti di autotutela speciali, ad esso assegnati dalla legge al solo scopo di consentire il recupero dei contributi dei singoli condomini, determinati in base alle tabelle regolarmente approvate . La Corte dunque accoglie il motivo di ricorso in esame e cassa l’impugnata sentenza con rinvio.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 19 settembre 2017 – 31 gennaio 2018, n. 2415 Presidente Bianchini – Relatore Grasso Fatto e diritto Ritenuto che C.M. , con citazione del 16 dicembre 2008, si oppose alla delibera del Condominio di omissis , dell’11/8/2008, con la quale era stata disposta l’eliminazione di due canne fumarie realizzate in eternit, poste a servizio dell’appartamento del medesimo, e ratificato l’operato dell’amministratore, il quale, in via d’urgenza, a seguito d’intervento dei Vigili del Fuoco, aveva fatto turare le falle, ponendo lo speso, ammontante ad Euro 1.500,00 a carico del C. che il Tribunale di Terni, con sentenza n. 671/2011, annullò la delibera, limitatamente al punto 4 della stessa, con la quale era stato addebitato il costo del ripristino al C. che la Corte d’appello di Perugia, accolta l’impugnazione del Condominio, rigettò la domanda del C. , confermando la validità cella deliberazione assembleare che il diverso opinare del giudice d’appello trova esaustiva sintesi giustificativa nei termini seguenti L’assenza di elementi che possano testimoniare l’installazione da parte del C. delle canne fumarie in oggetto, risulta irrilevante, in quanto l’esclusiva proprietà di quest’ultime prescinde totalmente dalla personale installazione, ciò che rileva è la circostanza non contestata che le canne fumarie erano unicamente al servizio dell’appartamento di proprietà del condomino C. e, pertanto, non potevano trovare applicazione i criteri di riparto previsti dall’art. 1123, cod. civ. che avverso quest’ultima sentenza propone ricorso per cassazione C.M. , illustrando tre motivi di censura e che alcuno ha depositato difese in contrasto considerato che con il primo motivo viene allegata la violazione degli artt. 1137 e 1135, cod. civ., che la delibera assembleare aveva travalicato dai poteri che le erano propri, avendo inciso sulla sfera giuridica soggettiva del ricorrente, addebitandogli responsabilità aquiliana, così impingendo in radicale nullità che la doglianza è fondata, in quanto a all’assemblea condominiale, siccome correttamente evidenziato dal Tribunale sul punto non consta presa di posizione della Corte d’appello , non è consentito accertare fattispecie di responsabilità in capo al singolo condomino, vertendosi al di fuori delle attribuzioni legali assegnate al meccanismo deliberativo in parola b questa Corte ha già avuto modo di condivisamente chiarire che è affetta da nullità la quale può essere fatta valere dallo stesso condomino che abbia partecipato all’assemblea ed ancorché abbia espresso voto favorevole, e risulta sottratta al termine di impugnazione previsto dall’art. 1137 cod. civ. la delibera dell’assemblea condominiale con la quale, senza il consenso di tutti i condomini, si modifichino i criteri legali art. 1123 cod. civ. o di regolamento contrattuale di riparto delle spese necessarie per la prestazione di servizi nell’interesse comune ciò, perché eventuali deroghe, venendo a incidere sui diritti individuali del singolo condomino attraverso un mutamento del valore della parte di edificio di sua esclusiva proprietà, possono conseguire soltanto da una convenzione cui egli aderisca Sez. 2, n. 17101, 27/7/2006, Rv. 592302 conforme Sez. 2, n. 16793, 21/72006, Rv. 591434 c l’esposto principio è strettamente correlato alla natura del condominio, che assegna al potere deliberativo dell’assemblea le decisioni che non incidono sulle regole del riparto salvo l’unanimità e che non consente allo stesso di avvalersi degli strumenti di autotutela speciali, ad esso assegnati dalla legge al solo scopo di consentire il recupero dei contributi dei singoli condomini, determinati in base alle tabelle regolarmente approvate considerato che il secondo motivo, con il quale viene denunziata la violazione e falsa applicazione dell’art. 2373, cod. civ., poiché la delibera era stata presa in situazione di conflitto d’interesse, in quanto gli altri condomini avevano l’interesse ad addebitare lo speso in via esclusiva al C. a non voler considerare che la censura non risulta essere stata ritualmente riproposta in appello , non ha comunque alcun fondamento, stante che la situazione di conflitto d’interesse presa in considerazione dalla legge non coincide, al contrario di quel che assume il ricorrente, con il sussistere di un interesse di fatto del singolo votante ad una decisione piuttosto che ad un’altra, che importerebbe la paralisi dell’organo deliberativo, bensì nello specifico ed elettivo interesse, diverse da quello generico e fattuale, portato da uno dei votanti, in ragione delle sua precipua posizione che in tal senso si è già più volte espressa questa Corte, la quale ha chiarito che sussiste il conflitto d’interessi ove sia dedotta e dimostrata in concreto una sicura divergenza tra specifiche ragioni personali di determinati singoli condomini, il cui voto abbia concorso a determinare la necessaria maggioranza ed un parimenti specifico contrario interesse istituzionale del condominio. principio affermato dalla S.C. con riguardo alla delibera di sistemazione del tetto e ripulitura del canale di gronda, motivatamente apprezzati nella sentenza impugnata come attività inquadrabili nella manutenzione ordinaria del fabbricato e non coinvolgenti la responsabilità del costruttore - anche condomino votante -, per presunti vizi dell’edificio, tra l’altro in assenza di specifica contestazione di difetti costruttivi - Sez. 2, n. 10754, 16/5/2011, Rv. 617841 - considerato che il terzo motivo, con il quale viene dedotto il mancato esame di un fatto decisivo e controverso, nonché la violazione dell’art. 112, cod. proc. civ., addebitandosi alla sentenza gravata di non aver in alcun modo vagliato l’eccesso di potere nel quale era incorsa l’assemblea condominiale, la quale si era spinta fino ad invadere la sfera giuridica soggettiva del C. , resta assorbito dallo scrutinio del primo considerato che avuto riguardo del principio enunciato in ordine al primo motivo la sentenza d’appello deve essere cassata con rinvio che nulla va disposto per le spese di questo giudizio non avendo il Condomino svolto difese. P.Q.M. accoglie il primo motivo, rigetta il secondo e dichiara assorbito il terzo cassa e rinvia alla Corte d’appello di Perugia in diversa composizione.