La rimozione della canna fumaria spetta al Condominio in quanto custode del bene?

La Cassazione è chiamata a decidere l’applicabilità, nella fattispecie, delle norme sull’accessione in caso di costruzioni del singolo condomino su beni comuni.

Sul tema la Corte di Cassazione Civile con sentenza n. 22203/17, depositata il 22 settembre. Il caso. La Corte d’Appello aveva rigettato l’impugnazione posta in essere dal Condominio contro la decisione di primo grado che obbligava il ricorrente alla rimozione di una pericolosa canna fumaria in eternit ancorata al muro dell’edificio. Secondo la Corte di merito il manufatto, privo di una sua autonomia essendo incorporato nel bene comune, andava rimosso dal Condominio, custode del bene e, come tale, responsabile nel caso la cosa potesse recare danno ai terzi. Contro tale decisione propone ricorso in Cassazione il Condominio. Onere di rimozione del manufatto. Il ricorrente sostiene che la Corte d’ Appello, nel ritenere che la canna fumaria fosse un bene di proprietà condominiale, abbia erroneamente applicato le norme sull’accessione in caso di costruzioni su beni comuni. La Corte di legittimità accoglie il ricorso. Infatti secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale la costruzione di un’opera da parte di un comproprietario su beni comuni non è disciplinata dalle norme sull’accessione, bensì da quelle sulla comunione, secondo le quali costituisce innovazione delle cosa comune una modificazione della forma o della sostanza del bene che abbia l’effetto di alterare la consistenza materiale o la destinazione originaria ne consegue che, in mancanza del consenso degli altri partecipanti, l’opera è illegittima . Per questo motivo non vi è obbligo di rimozione a carico del Condominio e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la S.C. decide nel merito rigettando la domanda di rimozione del manufatto nei confronti del ricorrente per difetto di legittimazione passiva, in quanto non sono applicabili le regole dell’accessione, ma deve applicarsi la disciplina sulle innovazioni, realizzate dai singoli, sui beni comuni ai sensi dell’ art. 1120 c.c. in tema di condominio.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 12 luglio – 21 settembre 2017, n. 22203 Presidente Bianchini– Relatore Orilia Ritenuto in fatto 1 Nel giudizio promosso nel 2002 da N.G. , C.D. , T.F. , M.A.M. e S.A. condomini dell’edificio omissis contro R.A. e O. e contro il Condominio per ottenere la rimozione di una pericolosa canna fumaria in eternit ancorata al muro dell’edificio, la Corte d’Appello di Napoli con sentenza 17.6.2011 ha rigettato l’impugnazione principale del Condominio e dichiarato inammissibile quella incidentale proposta dal N. e gli altri, confermando la sentenza di primo grado che aveva condannato il solo Condominio alla rimozione del manufatto. Per giungere a tale soluzione - e per quanto ancora interessa in questa sede - la Corte napoletana ha ritenuto che il N. e gli altri appellanti incidentali erano privi di interesse ad impugnare, avendo comunque agito anche contro il Condominio, condannato alla rimozione del manufatto ha in ogni caso rilevato l’infondatezza dell’appello principale e di quello incidentale osservando che la canna fumaria, priva di una sua autonomia, trovandosi incorporata nel bene comune ex art. 936 cc andava rimossa, a cura del Condominio, custode del bene come correttamente ritenuto dal primo giudice , e come tale obbligato ad evitare che la cosa possa arrecare danni a terzi. 2 Contro tale decisione propongono separati ricorsi per cassazione sia il gruppo N. e altri con unico motivo che il Condominio con tre censure . 3- Con ordinanza interlocutoria il Collegio ha assegnato al Condominio un termine per depositare delibera assembleare di autorizzazione o ratifica dell’operato dell’amministratore in relazione alla proposizione del ricorso per cassazione. Il documento è stato depositato nei termini fissati. Considerato in diritto Ricorso N. e altri. Con unico motivo i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione dell’art. 818 cpc rimproverando alla Corte d’Appello di non avere considerato che la compravendita del terraneo da parte dei R. comportava l’acquisto anche delle pertinenze e quindi della tubazione di amianto con conseguente obbligo di provvedere alla rimozione della stessa. Il motivo è inammissibile. Il ricorso per cassazione non introduce un terzo grado di giudizio tramite il quale far valere la mera ingiustizia della sentenza impugnata, caratterizzandosi, invece, come un rimedio impugnatorio, a critica vincolata ed a cognizione determinata dall’ambito della denuncia attraverso il vizio o i vizi dedotti. Ne consegue che, qualora la decisione impugnata si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggerla, è inammissibile il ricorso che non formuli specifiche doglianze avverso una di tali rationes decidendi , neppure sotto il profilo del vizio di motivazione v. tra le varie, Sez. U, Sentenza n. 7931 del 29/03/2013 Rv. 625631 . Nel caso in esame, la prima ed autonoma ratio decidendi utilizzata dalla Corte d’Appello per neutralizzare l’appello incidentale del N. e degli altri condomini inammissibilità per difetto di interesse avrebbe dovuto formare oggetto di specifica doglianza in relazione all’art. 100 cpc, ma ciò non risulta i motivi di ricorso di costoro investono infatti solo la violazione dell’art. 818 cc ma non contengono una specifica critica alla affermazione della Corte d’Appello sul loro difetto di interesse ad impugnare la decisione di primo grado nella parte in cui non aveva condannato i R. alla rimozione della canna e quindi, in applicazione del citato principio, l’impugnazione del N. e degli altri condomini va dichiarata inammissibile. Ricorso del Condominio. Si articola in tre motivi accompagnati da inutili quesiti di diritto perché la pubblicazione della sentenza impugnata è avvenuta, come si è detto, il 17.6.2011 e quindi successivamente all’entrata in vigore della legge che ha abrogato l’art. 366 bis cpc legge 18 giugno 2009 n. 69 entrata in vigore il 4.7.2009 . Col primo motivo si lamenta l’erroneo richiamo all’art. 2051 cc in relazione all’art. 1117 cc. Col secondo motivo si deduce l’erronea applicazione dell’art. 936 cc anche in riferimento all’art. 112 cpc e 2969 cc rimproverandosi alla Corte di merito di essere incorsa nel vizio di ultrapetizione per avere accertato la natura comune della canna fumaria. Altro errore consiste - ad avviso del Condominio - nell’avere ritenuto applicabile l’art. 936 cc senza che alcuna delle parti ne avesse fatto richiesta. Rileva comunque l’estraneità al caso di specie dell’istituto disciplinato da detta norma che fa riferimento a piantagioni, costruzioni ed opere , non discutendosi di addizioni al fondo ma solo della possibilità di immissioni di fumi. Col terzo ed ultimo motivo il Condominio deduce la violazione degli artt. 102, 354 e 383 cpc, introducendo la questione del litisconsorzio necessario in materia di rimozione di un manufatto ritenuto di proprietà comune. Il secondo motivo è fondato sotto il profilo della applicabilità delle norme sull’accessione in caso di costruzioni su beni comuni. La giurisprudenza di legittimità è orientata a ritenere che la costruzione di un’opera da parte di un comproprietario su beni comuni non è disciplinata dalle norme sull’accessione, bensì da quelle sulla comunione, secondo le quali costituisce innovazione della cosa comune una modificazione della forma o della sostanza del bene che abbia l’effetto di alterarne la consistenza materiale o la destinazione originaria ne consegue che, in mancanza del consenso degli altri partecipanti, l’opera è illegittima v. Sez. 2, Sentenza n. 1556 del 24/01/2011 Rv. 615966 Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 4901 del 11/03/2015 Rv. 634555 Sez. 2, Sentenza n. 7523 del 27/03/2007 Rv. 596277 . Si rivela pertanto non corretta la decisione della Corte d’Appello che, invece, ha applicato in materia condominiale le norme sull’accessione per ritenere che la canna fumaria sia un bene di proprietà condominiale, traendone poi l’obbligo di rimozione a carico del Condominio quale custode del manufatto, e quindi tenuto alla tutela dell’altrui incolumità. La decisione va pertanto cassata e pertanto, non richiedendosi ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito ai sensi dell’art. 384 ultimo comma cpc di conseguenza, la domanda di rimozione nei confronti del condominio deve essere rigettata per difetto di legittimazione passiva non trovando applicazione la regola dell’accessione in tale campo, quanto piuttosto la disciplina sulle innovazioni realizzate dai singoli sui beni comuni art. 1120 cc in tema di condominio . Resta logicamente assorbito l’esame dei restanti motivi di ricorso. La sussistenza di giuste ragioni legate alla particolare natura della lite consigliano la compensazione delle spese dell’intero giudizio. P.Q.M. la Corte dichiara inammissibile il ricorso dei condomini accoglie il secondo motivo di ricorso del Condominio e dichiara assorbiti i restanti motivi cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, rigetta la domanda di rimozione nei confronti del Condominio. Compensa le spese dell’intero giudizio tra le parti.