Anche una ristrutturazione può essere una nuova costruzione

Rientrano nella nozione di nuova costruzione per il computo delle distanze legali dagli altri edifici non solo l’edificazione di un manufatto su un’area libera, ma anche gli interventi di ristrutturazione che, in ragione dell’entità delle modifiche apportate al volume e alla collocazione del fabbricato, rendano l’opera realizzata nel suo complesso oggettivamente diversa da quella preesistente.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 16268/17 depositata il 30 giugno. La fattispecie. Il Tribunale di Brescia ha rigettato la domanda di un soggetto il quale ha agito in giudizio per far accertare e dichiarare l’illegittima apertura di alcune finestre realizzata dai convenuti nell’immobile prospicente alla sua proprietà, con conseguente condanna all’arretramento della costruzione e comunque al ripristino dello stato dei luoghi, oltre al risarcimento dei danni asseritamente patiti. All’esito dell’istruttoria espletata il Tribunale ha accolto le eccezioni formulate dei convenuti relative alla data di edificazione dell’immobile oggetto della vertenza che sarebbe stato a loro dire risalente a un periodo precedente all’entrata in vigore dell’art. 9, d.m. 2 aprile 1968, n. 1444 regolante la materia dei limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza e di distanza tra i fabbricati. L’attore soccombente ha impugnato la sentenza e anche all’esito del giudizio di appello la sua domanda è stata rigettata dalla Corte di Appello di Brescia. La Corte territoriale ha infatti rilevato, in particolare, che solo nel giudizio di appello grado l’attore avrebbe dedotto la circostanza che i convenuti avevano in realtà realizzato una nuova costruzione, mentre nel primo grado sarebbe stato pacifico tra le parti che si fosse trattato di una mera opera di ristrutturazione. Attenzione alle ristrutturazioni che modificano radicalmente gli immobili. L’attore soccombente in entrambi i gradi di giudizio ha adito la Corte di Cassazione lamentando la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 873 c.c., dell’art. 9, d.m. 2 aprile 1968, n. 1444 – oltre che del Piano Regolatore del Comune ove erano collocati gli immobili – in materia di distanze tra edifici e pareti finestrate. In particolare il ricorrente ha dedotto che le modificazioni strutturali lamentate sin dalla notifica dell’atto di citazione non potevano in alcun modo essere considerate come semplici ristrutturazioni, bensì avrebbero dovuto essere ritenute nuove costruzioni, con il conseguente dovere di rispettare le distanze di cui al d.m. 2 aprile 1968, n. 1444 per l’apertura delle vedute. Gli Ermellini hanno ritenuto fondato il ricorso ribadendo – richiamando al riguardo alcune precedenti pronunce – che rientrano nella nozione di nuova costruzione di cui all’art. 41- sexies l. 17 agosto 1942, n. 1150, anche ai fini dell’applicabilità dell’art. 9 d.m. 2 aprile 1968, n. 1444 per il computo delle distanze legali dagli altri edifici non solo l’edificazione di un manufatto su un’area libera, ma anche gli interventi di ristrutturazione che, in ragione dell’entità delle modifiche apportate al volume e alla collocazione del fabbricato, rendano l’opera realizzata nel suo complesso oggettivamente diversa da quella preesistente. Rinviando la decisione a un’altra Sezione della Corte di Appello di Brescia la Corte di Cassazione ha censurato il mancato rispetto del suddetto principio di diritto, oltre a una errata interpretazione del divieto del novum in appello, nella misura in cui la Corte territoriale non ha considerato che rispetto alla radicale ristrutturazione dell’immobile dei convenuti sin dall’inizio lamentata dall’attore l’affermazione che il relativo manufatto edilizio costituisse una nuova costruzione non introduce in causa un fatto storico nuovo e diverso, ma qualifica giuridicamente quello originario e immutato ai fini dell’applicazione e esso della disciplina in materia di distanze.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 15 febbraio – 30 giugno 2017, n. 16268 Presidente Migliucci – Relatore Manna Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato in data 15 settembre 2003, Re. Pi. conveniva in giudizio An. Ar. e Gi. Pe. al fine di vedere accertata e dichiarata l'illegittimità delle finestre realizzate dai convenuti nell'immobile prospiciente la proprietà dell'attore con condanna all'arretramento della costruzione e comunque al ripristino dello stato dei luoghi e, in ogni caso, al risarcimento dei danni patiti. Si costituivano in giudizio An. Ar. e Gi. Pe. rilevando che la costruzione risaliva al periodo precedente il piano regolatore del Comune di Ghedi, approvato nel 1968, e all'art. 9 del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444 e che la norma da applicare al caso di specie era non l'art. 873 c.c. ma l'art. 905 c.c Espletata l'attività istruttoria, con sentenza in data 22 dicembre 2006, il Tribunale di Brescia rigettava le domande e compensava tra le parti le spese del giudizio. Avverso detta sentenza proponeva appello il Pi Si costituivano in giudizio An. Ar. e Gi. Pe Con sentenza depositata il 9 luglio 2012. la Corte d'appello di Brescia. rigettava l'appello e condannava la parte appellante alla rifusione delle spese di lite del grado di giudizio. Riteneva, in particolare, la Corte distrettuale che solo in appello l'attore aveva dedotto che i convenuti avevano realizzato una nuova costruzione, mentre nel primo grado di giudizio era pacifica tra le parti la circostanza che si fosse trattato di una ristrutturazione. Rilevava, quindi, che era altresì pacifico che l'edificio dei convenuti fosse stato costruito prima dell'entrata in vigore del D.M. n. 1444/68. a sua volta recepito dall'art. 22 delle N.T.A. del Piano regolatore dei comune di Ghedi. Per la cassazione della sentenza della Corte d'appello propone ricorso Re. Pi. sulla base di tre motivi, successivamente illustrati da memoria. Ar. An. e Pe. Gi. resistono con controricorso. Motivi della decisione 1. - Con il primo motivo di ricorso ii ricorrente si duole della violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. in relazione all'art. 360. comma I n. 5 c.p.c. Si contesta, in particolare, la mancata motivazione in ordine alla decisione sulle spese di lite, li dove il Giudice di prime cure le ha compensate tra le parti in considerazione della particolarità della questione e della singolare difficoltà interpretativa delle norme applicabili. 2. - Con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione degli artt. 112 e segg. c.p.c. in relazione all'art. 360, comma 1, nn. 4 e 5. Secondo parte ricorrente, la Corte d'appello ha erroneamente indicato che le parti, in primo grado, non avrebbero allegato che l'opera dei convenuti integrasse gli estremi di una nuova costruzione ', ma si sarebbero limitate a qualificare il fatto di causa come ampliamento e ristrutturazione , allegando la circostanza della nuova costruzione per la prima volta soltanto nel giudizio d'appello, risultando così preclusa in quanto elemento nuovo. Al contrario, si deduce che la fattispecie della radicale trasformazione era stata già indicata nell'atto di citazione, avendo il fabbricato della controparte subito una modificazione nella volumetria, con l'aumento della sagoma di ingombro, in modo da incidere sulle distanze tra gli edifici esistenti. 3. - Con il terzo motivo di ricorso si prospetta la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 873 c.c. dell'art. 9 D.M. n. 1444/1968 e dell'art. 22 delle N.T.A. del Piano Regolatore del Comune di Ghedi, in materia di distanze tra edifici e tra pareti finestrate art. 360, comma 1, nn. 3 e 5 c.p.c . In particolare, si deduce che le lamentate modificazioni strutturali non potevano in alcun modo essere considerate come una semplice ristrutturazione, bensì avrebbero dovuto essere ritenute come nuova costruzione, con il conseguente dovere di rispettare le disianze previste dal D.M. n. 1444/1968 per l'apertura delle vedute. 4. - Il secondo ed il terzo motivo, da esaminare insieme e con priorità, sono fondati. Infatti, rientrano nella nozione di nuova costruzione, di cui all'art. 41-sexies della legge 17 agosto 1942 n. 1150. anche ai fini dell'applicabilità dell'articolo 9 del D.M. 2 aprile 1968 n. 1444 per il computo delle distanze legali dagli altri edifici, non solo l'edificazione di un manufatto su un'area libera, ma anche gli interventi di ristrutturazione che. in ragione dell'entità delle modifiche apportate al volume ed alla collocazione del fabbricato, rendano l'opera realizzala nel suo complesso oggettivamente diversa da quella preesistente così, Cass. n. 5741/08, che nella fattispecie al suo esame ha ritenuto legittima l'applicazione delle distanze dettata dalla suddetta disposizione ministeriale per i nuovi edifici, perché il confinante fabbricato era stato oggetto oltre che di concessione di ristrutturazione, anche di ampliamento, e ricostruito in posizione diversa da quella preesistente in senso conforme v. Cass. nn. 9637/06 e 14128/00 . La Corte distrettuale non si è attenuta né a tale principio di diritto, né alla corretta interpretazione del divieto del novum in appello, li dove non ha considerato che rispetto alla radicale ristrutturazione dell'immobile di proprietà Ar.-Pe., sin dall'inizio lamentata dall'attore v. pag. 3 della sentenza d'appello . l'affermazione che il relativo manufatto edilizio costituisse una nuova costruzione non introduce in causa un fatto storico nuovo e diverso, ma qualifica giuridicamente quello originario ed immutato ai fini dell'applicazione ad esso della disciplina in materia di distanze. E poiché la qualificazione giuridica dei fatti tempestivamente allegati non soggiace a preclusioni di sorta, perché esprime una difesa tecnica e non una deduzione assertiva, la ritenuta tardività di tale difesa costituisce falsa applicazione del divieto dei nova in appello. 5. - L'accoglimento del secondo e del terzo motivo assorbe l'esame del primo motivo, inerente al regolamento delle spese. 6. - Pertanto, la sentenza impugnata va cassata con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Brescia, che nel decidere nuovamente nel merito si atterrà al principio di diritto anzi detto e provvederà, altresì, sulle spese di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie i primi due motivi, assorbito il terzo, e cassa la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Brescia, che provvederà anche sulle spese di cassazione.