Impianto di riscaldamento: quanto costa il distacco

Deve ritenersi nulla la clausola regolamentare che impedisca il distacco del singolo condomino all’impianto centralizzato estendendo tale nullità anche all’obbligo del pagamento delle spese di gestione.

Con la decisione n. 11970/17 la Cassazione torna a statuire nuovamente sulla tanto dibattuta questione della nullità delle clausole regolamentari condominiali in materia di distacco dell’impianto dio riscaldamento. Il caso sottoposto al vaglio della Suprema Corte. Un condòmino impugnava la delibera assembleare che aveva rigettato la sua richiesta di distaccarsi dall’impianto di riscaldamento centralizzato. La stessa veniva, inoltre, contestata da quest’ultimo anche nella parta relativa all’approvazione del preventivo e della gestione del riscaldamento. In primo grado si riteneva legittimo il distacco posto in atto dall’attore affermando, tuttavia, che lo stesso, era tenuto a partecipare alle spese relative alla conservazione ed uso dell’impianto centralizzato. La decisione del giudice di merito veniva confermata integralmente dalla Corte d’appello. Quest’ultima fondava il proprio ragionamento sulla natura contrattuale del regolamento di condominio ciò significa che occorre osservare le clausole in esso contenute e che le stesse sono vincolanti per le parti. Nel caso di specie l’art. 16 del regolamento impugnato conteneva la previsione secondo la quale si escludeva la possibilità di un condomino di sottrarsi dalle spese di manutenzione, riparazione, consumo ed esercizio del riscaldamento. Quindi che anche qualora il singolo condomino si distacchi dal servizio centralizzato, egli è comunque tenuto a contribuire alle suddette spese. Avverso tale decisione proponeva ricorso il soccombente sostenendo la legittimità del proprio operato nel distaccamento dell’impianto e che lo stesso non poteva essere ostacolato dalle previsioni condominiali, sebbene di natura contrattuale. Il condomino distaccatosi dall’impianto centralizzato di riscaldamento è tenuto al solo pagamento delle spese di conservazione dell’impianto stesso. Nel caso in esame il Collegio ritiene oramai superato l’orientamento secondo cui le parti possono autonomamente prevedere un obbligo di contribuzione del condòmino distaccatosi dall’impianto centralizzato alle spese di gestione. Si precisa, innanzitutto, che è legittima la rinuncia del condòmino all’uso dell’impianto centralizzato, purché questa operazione non provochi un pregiudizio allo stesso. In forza del dispositivo dell’art. 1123 c.c. egli è obbligato pagamento delle spese di conservazione e manutenzione ma non di sostenere, altresì, le spese per l’uso del servizio in questione. L’art. 1118 c.c. prevede, inoltre, che in caso assenza di squilibrio termico in conseguenza del distacco vi è l’obbligo di contribuzione alle sole spese di manutenzione ordinaria, conservazione e messa a norma. Nel caso in questione è da ritenersi nulla, quindi, la previsione di impedimento del distacco del singolo con la conseguente nullità della previsione di un obbligo di contribuzione alle spese di gestione a carico di quest’ultimo. Si denota un orientamento della giurisprudenza a favore del pagamento delle spese sulla base di consumi effettivi e non presunti. A sostegno delle proprie argomentazioni la Suprema Corte ritiene, inoltre, che vi deve essere una correlazione tra il pagamento delle spese di riscaldamento e l’effettivo consumo. Consumo che, evidentemente, non sussiste nel caso in cui si rinunci legittimamente al servizio di riscaldamento centralizzato. Con rinuncia al servizio si fa riferimento al distacco dall’impianto – come nel caso di specie - e non all’ipotesi in cui si resti allacciato al servizio ma si ommetta di servirsene.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 5 aprile – 12 maggio 2017, n. 11970 Presidente Migliucci – Relatore Criscuolo Ragioni in fatto ed in diritto 1. D.A.G. impugnava dinanzi al Tribunale di Roma le delibere del condominio in omissis , del quale era condomino, adottate in data 30/9/1999 nelle parti relative all’approvazione del preventivo e della gestione del riscaldamento 1999-2000, approvazione del rendiconto e rigetto richiesta di distacco dall’impianto di riscaldamento centralizzato, assumendo la loro contrarietà alla legge. Per l’effetto chiedeva accertare che non era più tenuto a contribuire alle spese di gestione dell’impianto di riscaldamento centralizzato, con la condanna del condominio alla restituzione ex art. 2033 c.c. elle somme pagate per I spese di riscaldamento, somme da quantificare in corso di causa o da liquidare in separata sede. Il condominio, oltre a sollevare eccezioni in rito circa la validità dell’atto introduttivo, invocava la previsione di cui all’art. 16 del regolamento condominiale, e la carenza dei requisiti che legittimavano il distacco del D.A. , concludendo per il rigetto della domanda. Il Tribunale di Roma con la sentenza n. 9316/2006 ritenuto legittimo il distacco operato dal condomino, riteneva tuttavia applicabili le disposizioni del regolamento condominiale contrattuale, affermando che l’attore era comunque tenuto a partecipare alle spese relative alla conservazione ed uso dell’impianto centralizzato. Proposto appello del D.A. , ed avanzato altresì appello incidentale da parte del condominio, la Corte d’Appello di Roma con la sentenza n. 4312/2014 confermava la sentenza gravata. In primo luogo riteneva che la natura contrattuale del regolamento condominiale, le cui previsioni erano state invocate da parte del condominio, era da ritenersi pacifica, sicché la produzione dell’atto di acquisto dell’appartamento dell’attore, sebbene avvenuta oltre i termini previsti per le preclusioni istruttorie, appariva irrilevante. In ordine al contenuto del regolamento, osservava che l’art. 16 escludeva che il condomino potesse sottrarsi alle spese di manutenzione, riparazione, consumo ed esercizio del riscaldamento, e mediante rinunzia al servizio, così che anche laddove il singolo condomino si fosse distaccato dall’impianto centralizzato, rimaneva comunque obbligato a contribuire alle spese di uso. In tal senso nemmeno poteva accedersi alla lettura restrittiva della clausola suggerita dall’appellante principale, dovendosi quindi ritenere che l’obbligo di contribuzione non era limitato alla sola ipotesi di spegnimento dei termosifoni all’interno di un singolo appartamento, ma si estendeva anche all’ipotesi qui in esame del distacco della singola utenza. Quanto all’appello incidentale, concernente la compensazione delle spese di lite, riteneva corretta la valutazione del Tribunale in quanto l’attore era comunque risultato vittorioso in ordine all’accertamento del diritto al distacco, ravvisandosi quindi una situazione di soccombenza reciproca. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione D.A.G. sulla base di due motivi. Il Condominio di omissis ha resistito con controricorso. 2. Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione degli artt. 1123, 1322, 1102, 1104 e 118 c.c Si sostiene che la giurisprudenza di legittimità si è già espressa sulla questione oggetto di causa, affermando che il condomino che decida di distaccarsi dall’impianto di riscaldamento centralizzato, non può trovare ostacoli nelle previsioni del regolamento condominiale, sebbene di natura contrattuale, il quale non può menomare i diritti incomprimibili del condomino, e ciò sia alla luce delle finalità di interesse generale sottese al risparmio energetico, sia in considerazione della immeritevolezza dell’interesse alla prevaricazione egoistica della minoranza laddove questa impedisca il distacco. Ne consegue che, una volta accertato anche a mezzo di CTU, come accaduto nel giudizio di primo grado, che il distacco dell’appartamento dell’attore non comportava squilibrio nel funzionamento dell’impianto centralizzato, né maggiori consumi, alla legittimità del distacco doveva conseguire anche l’esonero del ricorrente dal pagamento delle spese per il consumo, dovendosi quindi ravvisare la nullità della clausola regolamentare anche in parte qua. Preliminarmente devono essere disattese le eccezioni di inammissibilità del motivo in esame, così come formulate da parte del condominio. Ed, invero, quanto alla pretesa novità della questione concernente la nullità della clausola regolamentare in punto di mancato esonero dal pagamento delle spese di consumo ordinario, valga osservare che, come peraltro si ricava dalla stessa lettura del controricorso, nel quale è riportato il motivo di appello formulato dal D.A. , che la questione della nullità della clausola regolamentare è stata oggetto di discussione e di contraddittorio tra le parti nella precedente fase di merito, sicché appaiono realizzate le condizioni per il rilievo della nullità anche in sede di legittimità, come appunto richiesto dalla giurisprudenza di questa Corte a seguito dell’intervento delle Sezioni Unite con le pronunce nn. 26943 e 26944 del 2014. Peraltro la stessa sentenza impugnata ha ritenuto di affrontare la questione della illiceità della clausola regolamentare, ritenendo che dovesse prevalere la natura peculiare del regolamento, che consentiva anche limitazioni ai diritti fondamentali dei singoli condomini, senza che potesse prospettarsi una illeceità della causa ovvero dell’oggetto. Del pari deve essere disattesa la deduzione secondo cui al giudizio dovrebbero prendere parte tutti i condomini, atteso che la domanda attorea investe l’impugnativa delle delibere condominiali con le quali sono stati approvati il rendiconto ed il preventivo della gestione comune, disattendendosi la richiesta di autorizzare il distacco, sicché in relazione a tali specifiche domande, il riscontro della eventuale nullità del regolamento costituisce un accertamento incidentale, che non impone la necessaria partecipazione di tutti i condomini, che invece si giustifica nella diversa ipotesi in cui la declaratoria di nullità rappresenta l’oggetto di una domanda autonoma. Il motivo è fondato. In tal senso reputa il Collegio che i precedenti di segno contrario alla tesi sostenuta dal ricorrente, secondo cui ben potrebbero le parti nella loro autonomia regolamentare prevedere un obbligo di contribuzione del condomino distaccatosi dall’impianto centralizzato alle spese di gestione, svincolato dall’effettivo godimento del servizio così Cass. n. 1558/2004 Cass. n. 7708/2007 debbano reputarsi superati dalla più recente giurisprudenza di questa Corte che è specificamente intervenuta sul tema della compatibilità delle previsioni regolamentari con il diritto di distacco del condomino dall’impianto di riscaldamento centralizzato. In tal senso, sebbene anche in relazione ad altri servizi condominiali, si è affermato che così Cass. n. 28679/2011 è legittima, in quanto posta in essere in esecuzione di una disposizione di regolamento condominiale, avente natura contrattuale, la delibera assembleare che disponga, in deroga al criterio legale di ripartizione delle spese dettato dall’art. 1123 cod. civ., che le spese di manutenzione ordinaria e straordinaria dell’impianto di ascensore come nella specie siano a carico anche delle unità immobiliari che non usufruiscono del relativo servizio, tenuto conto che la predetta deroga è consentita, a mezzo di espressa convenzione, dalla stessa norma codicistica, si ritiene che nella specifica materia del servizio di riscaldamento, debba darsi rilievo a quanto affermato da Cass. n. 19893/2011. Con tale pronuncia la Corte ha precisato che è legittima la rinuncia di un condomino all’uso dell’impianto centralizzato di riscaldamento - anche senza necessità di autorizzazione o approvazione da parte degli altri condomini - purché l’impianto non ne sia pregiudicato, con il conseguente esonero, in applicazione del principio contenuto nell’art. 1123, secondo comma, cod. civ., dall’obbligo di sostenere le spese per l’uso del servizio centralizzato in tal caso, egli è tenuto solo a pagare le spese di conservazione dell’impianto stesso. Né può rilevare, in senso impediente, la disposizione eventualmente contraria contenuta nel regolamento di condominio, anche se contrattuale, essendo quest’ultimo un contratto atipico meritevole di tutela solo in presenza di un interesse generale dell’ordinamento. Deve quindi ritenersi che la condivisibile valutazione di nullità della clausola regolamentare impeditiva del distacco del singolo condomino, si estenda anche alla correlata previsione che obblighi il condomino al pagamento delle spese di gestione malgrado il distacco, dovendosi ragionevolmente sostenere che la permanenza di tale obbligazione di fatto assicuri la sopravvivenza della clausola affetta da nullità, impedendo il prodursi di quello che è il principale ed auspicato beneficio che il condomino intende trarre dalla decisione di distaccarsi dall’impianto comune. Non appare quindi logicamente e giuridicamente sostenibile l’assunto secondo cui le previsioni del regolamento che, da un lato, vietano il distacco e, dall’altro, prevedono l’obbligo di contribuzione a carico del condomino che non usufruisca più dal servizio anche per l’ipotesi di distacco possano avere una sorte diversificata in punto di accertamento della loro validità, apparendo la seconda complementare alla prima, ne senso di assicurare surrettiziamente la sua operatività nei fatti. A conforto della soluzione che il Collegio ritiene di condividere, valga poi il richiamo alla novellata previsione di cui all’art. 1118 c.c. che, in relazione al’ipotesi, che deve reputarsi ricorra anche nel caso di specie, di assenza di squilibrio termico in conseguenza del distacco, prevede l’obbligo di contribuzione alle sole spese di manutenzione straordinaria, conservazione e messa a norma, previsione che riveste chiara portata ricognitiva dello stato della giurisprudenza sul punto. Inoltre non trascurabile, sempre al fine di supportare la soluzione in esame, è il richiamo alle previsioni di cui all’art. 26 della legge n. 10 del 1991 che al comma 5 prevede che Per le innovazioni relative all’adozione di sistemi di termoregolazione e di contabilizzazione del calore e per il conseguente riparto degli oneri di riscaldamento in base al consumo effettivamente registrato, l’assemblea di condominio delibera con le maggioranze previste dal secondo comma dell’articolo 1120 del codice civile nonché della legge n. 102/2014, che impongono la contabilizzazione dei consumi di ciascuna unità immobiliare e la suddivisione delle spese in base ai consumi effettivi art. 9 co. 5, ancorché la relativa violazione preveda l’irrogazione di una sanzione amministrativa , atteso che emerge un quadro normativo che denota l’intento del legislatore di correlare il pagamento delle spese di riscaldamento all’effettivo consumo, consumo che chiaramente non sussiste nel caso di legittimo distacco. Il motivo deve pertanto essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte d’Appello di Roma. 3. L’accoglimento del primo motivo determina poi evidentemente l’assorbimento del secondo motivo di ricorso che denunzia la violazione degli artt. 1362, 1363, 1369 e 1371 c.c., deducendosi che la clausola di cui all’art. 16, laddove fa menzione della rinuncia al riscaldamento, deve essere intesa come riferita alla sola ipotesi in cui il condomino resti allacciato all’impianto comune, ma ometta solo di servirsene, e non anche al caso, che qui ricorre, di distacco. 4. Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del presente giudizio. P.Q.M. Accoglie il primo motivo di ricorso e, assorbito il secondo motivo, cassa la sentenza impugnata con rinvio ad altra Sezione della Corte d’Appello di Roma, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.