Non rispetta le distanze legali: costretto all’arretramento del terrazzo costruito in aderenza

Qualora il piano particolareggiato esecutivo urbano prescriva determinate distanze dal confine, non è consentita la costruzione in aderenza, salvo che siano proprio le norme regolamentari a prevedere diversamente. La disciplina del piano particolareggiato è integrativa del codice civile e, in tema di distanze nelle costruzioni, l’art 873 c.c. cede alla norma regolamentare .

Lo ha stabilito la Suprema Corte con sentenza n. 10304/17 depositata il 26 aprile. Il caso. I condomini convenivano in giudizio il proprietario dell’appartamento il cui terrazzo, realizzato a ridosso della parte condominiale, violava le distanze legali, chiedendone l’arretramento e il risarcimento del danno. Soccombenti in primo grado, i condomini ottenevano l’arretramento del terrazzo di proprietà del convenuto e il conseguente risarcimento del danno dinanzi la Corte d’appello. Il convenuto ricorre in Cassazione. Distanze legali il codice civile e il piano particolareggiato. Gli Ermellini affermano che la decisione adottata dalla Corte territoriale è corretta perché aderente al principio di diritto costantemente affermato in giurisprudenza secondo cui quando il piano particolareggiato esecutivo prescrive le distanze dal confine, non è consentita, salvo concreta o diversa previsione della norma regolamentare, la costruzione in aderenza, poiché dette norme regolamentari sono integrative del codice civile per tutta la loro disciplina . Infatti, prosegue il Collegio, l’art 873 c.c. Distanze nelle costruzioni cede alla norma regolamentare che, prescrivendo l’osservanza di una determinata distanza dal confine per le costruzioni, implica il divieto di costruire in appoggio od in aderenza, in deroga alla disciplina del codice civile . Nella fattispecie, l’art. 9 del piano particolareggiato del Comune in questione prevede che la distanza dai confini non deve essere inferiore a ml. 4 e, dunque, la Corte territoriale ha correttamente escluso che tale norma consenta, anche implicitamente, la possibilità di costruire in appoggio o in aderenza come alternativa all’obbligo di rispettare una determinata distanza del confine . Pertanto, i Giudici di legittimità, ritenendo le doglianze sollevate dal ricorrente infondate, rigettano il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 29 marzo – 26 aprile 2017, n. 10304 Presidente Migliucci –Relatore Giusti Fatti di causa 1. - PI.Io. , quale procuratrice speciale di PI.Ma.Lu., Z.A., M.G. , D.F.M. , D.F.B. e Pa.An. , premesso di essere proprietari degli appartamenti costituenti l’edificio di via omissis , convenivano in giudizio davanti al Tribunale di Velletri, sezione distaccata di Anzio, P.E., per sentirlo condannare all’arretramento del terrazzo, costituente copertura dei locali sottostanti, realizzato a ridosso della parte condominiale in violazione della normativa in tema di distanze, oltre al risarcimento del danno. Si costituiva il convenuto, resistendo e spiegando domanda di condanna degli attori al risarcimento dei danni per lite temeraria. 2. - Il Tribunale di Velletri, sezione distaccata di Anzio, con sentenza in data 4 febbraio 2005, rigettava la domanda degli attori, condannandoli al pagamento della somma di Euro 5.000 a titolo di risarcimento dei danni per lite temeraria, oltre alle spese del giudizio. 3. - Con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 30 maggio 2012, la Corte d’appello di Roma, in accoglimento del gravame proposto da PI.Io. e dagli altri litisconsorti, ha condannato il P. ad arretrare il terrazzo realizzato in aderenza all’edificio degli appellanti alla distanza di ml. 4 dal confine con la proprietà degli appellanti, nonché al pagamento della somma di Euro 10.000 a titolo di risarcimento dei danni e al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio. 3.1. - A tale conclusione la Corte territoriale è giunta sul rilievo a che il terrazzo per cui è causa è ubicato nella zona di rispetto delle distanze previste dal piano regolatore generale e dal piano particolareggiato esecutivo zona C sottozona C2 del Comune di Nettuno, b che, nella sottozona in cui è stato realizzato il terrazzo, l’art. 9 delle norme tecniche di attuazione prevede per ogni nuova edificazione che i distacchi dai confini non dovranno essere inferiori a m. 4, c che lo strumento urbanistico comunale vieta la possibilità di costruire in aderenza, d e che le prescrizioni contenute nei piani regolatori e nei regolamenti edilizi non sono derogabili dalle parti. 4. - Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello il P. ha proposto ricorso, con atto notificato il 6 dicembre 2012, sulla base di cinque motivi. Nessuno degli intimati ha svolto attività difensiva in questa sede. Il ricorrente ha depositato memoria illustrativa in prossimità dell’udienza. Ragioni della decisione 1. - Con il primo motivo violazione e falsa applicazione dell’art. 102 cod. proc. civ. i ricorrenti - premesso che la parete per la cui tutela gli attori in primo grado hanno agito è una parete di proprietà condominiale - lamentano la mancata estensione del contraddittorio a tutti i proprietari della parete condominiale per cui è causa P.G. e D.F.F. , C.E. ed Ca.El. . 1.1. - Il motivo è infondato. Ciascun condomino è legittimato a ricorrere per la violazione delle distanze fra costruzioni con riguardo all’edificio condominiale, senza che sia necessaria la integrazione del contraddittorio con la chiamata in causa degli altri condomini, trattandosi di azione a tutela del diritto di proprietà dalla quale nessun nocumento può derivare agli altri con titolari Cass., Sez. II, 11 marzo 1992, n. 2940 Cass., Sez. II, 22 maggio 1995, n. 5612 . 2. - Il secondo motivo lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 873 e ss. cod. civ., 1, 11, 12, 14 preleggi e 9 del P.P.E. del P.R.G. del Comune di Nettuno. Premesso che la legge 6 agosto 1967, n. 765 c.d. legge ponte non si applica al Comune di Nettuno in quanto ente locale dotato di strumenti urbanistici che governano il proprio territorio anche sotto il profilo della disciplina delle distanze legali tra costruzioni, che la zona C2 del Comune di Nettuno è centro storico, come tale appartenente alla categoria A del d.m. 2 aprile 1968, n. 1444, e che le limitazioni ivi prescritte non si applicano in quanto gli edifici per cui è causa non sono frontistanti né con pareti finestrate nella porzione di piano interessata dalla aderenza, il ricorrente sostiene che l’art. 9 del PPE del Comune di Nettuno non vieta la facoltà di costruzione in aderenza nella ipotesi di fabbricato che sia stato edificato lungo la linea di confine rispetto ad un nuovo edificando fabbricato. 2.1. - Il motivo è infondato. La decisione impugnata è corretta, avendo fatta puntuale applicazione del condiviso principio di diritto, costantemente affermato da questa Corte Cass., Sez. II, 9 settembre 1998, n. 8945 Cass., Sez. II, 12 settembre 2000, n. 12045 , secondo cui, quando, come nel caso in esame, il piano particolareggiato esecutivo prescrive le distanze dal confine, non è consentita - salvo concreta, diversa previsione della norma regolamentare - la costruzione in aderenza, perché dette norme regolamentari sono integrative del codice civile per tutta la loro disciplina, tal che la norma di cui all’art. 873 cod. civ. cede alla norma regolamentare, che, prescrivendo l’osservanza, per le costruzioni, di una determinata distanza dal confine, implica il divieto di costruire in appoggio od in aderenza, in deroga alla disciplina del codice civile. E nella specie è assorbente considerare che l’art. 9 del piano particolareggiato del Comune di Nettuno prevede, per la zona di riferimento, che i distacchi dai confini non dovranno essere inferiori a ml. 4 e poiché la citata disposizione regolamentare locale nulla dispone per lo ius aedificandi in aderenza a preesistenti fabbriche aliene, correttamente la Corte d’appello ha escluso che essa consenta, implicitamente, la possibilità di costruire in appoggio o in aderenza, come alternativa all’obbligo di rispettare una determinata distanza dal confine cfr. Cass., Sez. II, 7 luglio 2005, n. 14261 . Non viene in gioco nella specie il principio enunciato dalle Sezioni Unite di questa Corte, a composizione di contrasto, con la sentenza 19 maggio 2016, n. 10318, perché nella presente fattispecie il regolamento edilizio locale non si limita a stabilire un distacco minimo fra le costruzioni maggiore rispetto a quello contemplato dall’art. 873 cod. civ., ma prescrive proprio una distanza minima delle costruzioni dal confine. Infine, appaiono non pertinenti i richiami operati nel motivo di censura agli standard dettati dalla legge Ponte e al d.m. n. 1444 del 1968 non è infatti su tali disposizioni che la sentenza impugnata fonda la propria ratio decidendi. E neppure è pertinente il richiamo al principio di irretroattività l’art. 9 del regolamento locale è infatti anteriore all’edificazione del terrazzo per cui è causa, e quindi vale a disciplinare la fattispecie, non rilevando in senso contrario che la nuova opera insista su un fabbricato preesistente. 3. - Il terzo motivo lamenta omessa motivazione in ordine ad un fatto decisivo della causa, concernente l’esatto ambito soggettivo ed oggettivo della norma ex art. 9 del P.P.E. al P.R.G. del Comune di Nettuno, stante il materiale probatorio acquisito agli atti, ignorato dal giudice a quo, univocamente determinato dall’accertamento positivo della vigenza dell’art. 873 cod. civ. per la zona C, sottozona C2, del P.R.G. del Comune di Nettuno, così come voluto dall’ente titolare del governo del territorio, il tutto in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ 3.1. - Il motivo è infondato, perché essendo la portata del precetto dettato dalla norma del piano particolareggiato comunale in esame quella descritta retro al punto 2.1., nessun rilievo possono assumere né la diversa ed evidentemente erronea interpretazione che di esso il Comune di Nettuno possa eventualmente aver dato con il rilascio della concessione edilizia, né, in particolare, l’opinamento espresso dal progettista dello strumento urbanistico. 4. - Il quarto motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 99 cod. proc. civ. e 1322 cod. civ., censurando la statuizione di indisponibilità dalle parti private delle disposizioni in ordine alle distanze legali contenute negli strumenti urbanistici locali. Secondo il ricorrente, le clausole negoziali dei titoli di acquisto della proprietà degli attori in primo grado avrebbero ad oggetto la rinuncia, non già degli eventuali diritti sulle distanze legali, ma delle relative azioni. E le azioni sarebbero disponibili. 4.1. - Il motivo è infondato, perché la Corte d’appello ha fatto corretta applicazione del principio secondo cui, in tema di distanze legali nelle costruzioni, le prescrizioni contenute nei piani regolatori e nei regolamenti edilizi comunali, essendo dettate a tutela dell’interesse generale a un prefigurato modello urbanistico, non tollerano deroghe convenzionali da parte dei privati, e tali deroghe, se concordate, sono invalide, né tale invalidità può venire meno per l’avvenuto rilascio di concessione edilizia, poiché il singolo atto non può consentire la violazione dei principi generali dettati, una volta per tutte, con gli indicati strumenti urbanistici Cass., Sez. II, 23 aprile 2010, n. 9751 . Né, d’altra parte, ha valenza decisiva la clausola, richiamata nell’antefatto storico del ricorso, contenuta nell’atto di compravendita immobiliare in data 28 gennaio 1970 repertorio 25506, raccolta n. 1003 , prevedente che il venditore riserva per sé o i suoi aventi causa e successori il diritto di potere elevare costruzioni, senza che parti acquirenti possano avanzare opposizioni di sorta e ciò ove si consideri che un conto è la facoltà, consentita, di elevare costruzioni, altro è che queste costruzioni siano edificate senza il rispetto delle distanze previste negli strumenti urbanistici, facoltà, questa, non espressamente contemplata. 5. - Il quinto mezzo violazione e falsa applicazione degli artt. 96 cod. proc. civ. e 2043 cod. civ. lamenta che la sentenza impugnata abbia implicitamente rigettato la domanda risarcitoria del P. , non riconoscendo i danni per lite temeraria. 5.1. - Il motivo è manifestamente infondato, non potendosi configurare danno da responsabilità aggravata a favore del soccombente in giudizio. 6. - Il ricorso è rigettato. Non vi è luogo a pronuncia sulle spese, non avendo nessuno degli intimati svolto attività difensiva in questa sede. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso.