Solo un’urgenza può giustificare l’intervento manutentivo del singolo condomino

Ove il condominio versi in una situazione di stasi patologica , cioè in un’inerzia operativa stabilizzata , non è consentito al singolo condomino di sostituirsi agli organi condominiali, salvo casi d’urgenza.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con sentenza n. 9177/17 depositata il 10 aprile. Il caso. Il Giudice di Pace rigettava l’opposizione avverso il decreto con il quale il convenuto era stato ingiunto al pagamento di una somma di denaro in favore della società. Il credito vantato dalla società, quale gestore di un complesso alberghiero sito all’interno di una complesso immobiliare, si riferiva al recupero pro quota di quanto speso per lo svolgimento di opere di manutenzione delle parti comuni del Condominio. La società si diceva costretta ad intervenire in ragione dello stato d’inerzia di quest’ultimo, stante la sottoposizione a sequestro di molteplici unità abitative dovuta al fatto che i proprietari vi avevano mutato illecitamente la destinazione d’uso. Molte di queste, infatti, erano state trasformate da strutture di natura turistica in seconde case. L’ingiunto, soccombente anche in primo grado, ricorre per cassazione deducendo l’insussistenza del requisito d’urgenza posto a giustificazione dell’intervento sostitutivo. L’intervento urgente. La Cassazione rileva la disciplina degli artt. 1134 c.c. nella versione anteriore alla modifica intervenuta con la l. n. 220/2012 e 1105 c.c. dal cui coordinamento si ricava che l’intervento sostitutivo del singolo condomino è ammesso nei casi in cui, in presenza di un’esigenza che richiede un urgente intervento, non dilazionabile nel tempo, non appaia ragionevolmente prevedibile investire dell’attività dell’amministratore, senza porre in concreto pericolo il bene condominiale . Al contrario, ove il condominio versi in una situazione di stasi patologica, cioè in una inerzia operativa stabilizzata, non è consentito al singolo condomino sostituirsi agli organi condominiali , salvi i casi urgenti di cui sopra. Infatti, prosegue il Collegio, un intervento è giustificato solo ove, per impedire un possibile nocumento a sé, a terzi od alla cosa comune, le opere debbano essere eseguite senza ritardo e senza possibilità di avvertire tempestivamente l’amministratore o gli altri condomini . La Corte, in accoglimento della doglianza sollevata dal ricorrente, cassa e rinvia la sentenza impugnata al Tribunale di Sassari.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 17 gennaio – 10 aprile 2017, n. 9177 Presidente Migliucci – Relatore Grasso I fatti di causa Con sentenza depositata il 20/3/2003 il Giudice di pace di Alghero, rigettò l’opposizione avverso il decreto con il quale il medesimo aveva ingiunto a B.A. il pagamento della somma di Lire 3.605.823 in favore della s.r.l. . Con sentenza depositata l’1/12/2011 il Tribunale di Alghero rigettò l’impugnazione proposta dal B Risulta utile precisare che il credito vantato dalla si riferiva al recupero pro quota di quanto speso dalla predetta società, gestore di un complesso alberghiero sito all’interno del vasto complesso condominiale, denominato Condominio omissis , per opere di manutenzione delle parti comuni, assumendo la società in parola essere stata costretta all’intervento, dato lo stato d’inerzia in cui versava il Condominio, stante che larga parte delle unità abitative erano state poste sotto sequestro, in quanto i proprietari avevano provveduto a mutarne illecitamente la destinazione d’uso, trasformandole da strutture recettive di natura turistica in seconde case. Avverso la sentenza d’appello B.A. ricorre per cassazione e all’approssimarsi dell’udienza ha fatto pervenire memorie illustrative. La controparte non ha svolto difese. Ragioni della decisione Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione dell’art. 1134, cod. civ., nonché vizio motivazionale su un punto controverso e decisivo. Secondo il B. non sussisteva il requisito dell’urgenza, che, a mente dell’art. 1134, cod. civ., giustifica l’intervento sostitutivo. In particolare, le affermazioni della Corte locale, secondo la quale non constava la costituzione degli organi condominiali e, quindi, neppure alcuna attività imputabile al Condominio, con la conseguente radicale inerzia di quest’ultimo, non tenevano conto che a fronte della esistenza formale del assetto condominiale, di fatto il complesso immobiliare della aveva utilizzato praticamente in via esclusiva le parti comuni, nel mentre gli altri condomini non potevano godere dei propri immobili. Sarebbe occorso, quindi, distinguere tra spese ricollegabili all’ordinario godimento delle parti comuni, da porre a carico esclusivo della , unica ad avere usufruito delle stesse e spese di conservazione, dirette a mantenere lo stato della cosa, evitando che si degradi. Non ricorreva, poi, l’ipotesi prospettata. La legge, infatti, dispone, perché si possa far luogo alla ripetizione, che la spesa sia urgente, cioè tale da non potersi differire senza danno alle cose comuni che non consenta, quindi, di avvertire l’amministratore, in quanto ricollegabile ad un evento improvviso ed imprevedibile. Urgenza che qui andava esclusa per le stesse affermazioni della controparte, che avevano fatto risalire la situazione di mancata manutenzione ad alcuni anni. In caso d’inerzia condominiale e comunque di paralisi, l’art. 1105, cod. civ., dispone che sia il giudice a far luogo ai provvedimenti del caso, non essendo consentito al singolo condomino far da sé. Peraltro, conclude il ricorrente, al contrario dell’apodittica affermazione di cui in sentenza, vi era amministratore in carica e annualmente risultano essere state tenute le assemblee condominiali ed in ogni caso l’elenco degli interventi operati dalla , plurimi e vasti, indicati in ricorso, facevano escludere che si trattasse d’isolati interventi per porre rimedio a situazioni indifferibili si era trattato, in definitiva, di una gestione, largamente inutile, della cosa comune da parte di un soggetto terzo incaricato dalla . Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 167 - 345, cod. proc. civ. e 1123, cod. proc. civ. nonché vizio motivazionale su un punto controverso e decisivo. L’individuazione della quota millesimale non era corretta e sul punto, a dispetto di quel che aveva affermato la sentenza d’appello, vi era stata espressa contestazione. Con il terzo motivo si deduce violazione degli artt. 345 e 167, cod. proc. civ., nonché del d.P.R. 26/10/1972 non viene indicato il numero . Non corrispondeva al vero che la contestazione dell’addebito dell’IVA costituiva questione nuova, stante che era stata contestata la debenza dell’intero credito, nonché l’emissione della fattura, stante il difetto di prestazione d’opera o servizi da parte della srl . Con il quarto motivo il B. lamenta la violazione dell’art. 1267, cod. proc. civ. nonché vizio motivazionale su un punto controverso e decisivo. Il Giudice d’appello aveva trascurato del tutto di prendere in considerazioni le osservazioni dell’odierno ricorrente in merito all’entità della spesa, imputata in maniera arbitraria e incontrollabile emblematico sul punto il consumo cospicuo di energia elettrica ed acqua, ovviamente addebitabili all’attività alberghiera della controparte . Con il quinto motivo vien dedotto vizio motivazionale su un punto controverso e decisivo. Lamenta il ricorrente che avendo la ottenuto la licenza amministrativa per gestire le attività alberghiere in loco aveva precluso agli altri condomini di esercitare analoga attività, con la conseguenza che costoro non avevano potuto usufruire delle parti comuni e sfruttare economicamente i propri immobili. Con il sesto motivo il ricorrente allega violazione dell’art. 345, cod. proc. civ., per essergli stato negato il diritto ai mezzi istruttori indicati con l’appello. Il primo motivo è fondato. Dispone l’articolo 1134, cod. civ., nella versione anteriore alla modifica operata dall’articolo 13 della legge 11 dicembre 2012, n. 220 Il condomino che ha fatto spese per le cose comuni senza autorizzazione dell’amministratore o dell’assemblea non ha diritto al rimborso, salvo che si tratti di spese urgenti . Dispone, altresì, l’ultimo comma dell’articolo 1105, cod. civ. Se non si prendono i provvedimenti necessari per l’amministrazione della cosa comune, non si forma una maggioranza, ovvero se la deliberazione adottata non viene eseguita, ciascun partecipante può ricorrere all’autorità giudiziaria. Questa provvede in camera di consiglio e può anche nominare un amministratore . Dal coordinamento delle due disposizioni si ricava piuttosto agevolmente che l’intervento sostitutivo del singolo condomino è ammesso nei casi in cui, in presenza di un’esigenza che richiede un urgente intervento, non dilazionabile nel tempo, non appaia ragionevolmente prevedibile investire dell’attività l’amministratore, senza porre in concreto pericolo il bene condominiale. Per contro, ove il condominio versi in una situazione di stasi patologica, cioè in una inerzia operativa stabilizzata, non è consentito al singolo condomino sostituirsi, salvo i casi urgenti di cui s’è detto, agli organi condominiali in via generalizzata. Che si tratti di un intervento sostitutivo eccezionale, imposto dalla necessità d’urgentemente provvedere, non è dubbio ove si passi in rassegna la giurisprudenza di questa Corte, la quale, in più occasioni, ha chiarito che un tale intervento è giustificato solo ove, per impedire un possibile nocumento a sé, a terzi od alla cosa comune, le opere debbano essere eseguite senza ritardo e senza possibilità di avvertire tempestivamente l’amministratore o gli altri condomini cfr., da ultimo, Sez. 2, n. 18759 del 23/9/2016, Rv. 641283 . Sinteticamente declinati come sopra i principi informatori della materia, va per contro riscontrato un insoddisfacente quadro valutativo della situazione fattuale disegnato dalla sentenza impugnata. Per un verso l’entità, l’estensione, la eterogeneità dei lavori effettuati costituiva indice univoco dello svolgimento di una vera e propria attività di gestione, piuttosto e di sporadici interventi, resi necessari dalla imprevedibilità ed urgenza. Per altro verso, chiarisce il ricorrente, che la corte locale era in possesso di documenti dai quali era, in ogni caso, dato cogliere che il condominio si era riunito in assemblea ed era gestito da un amministratore. Trattasi di asserto autosufficiente, in quanto corredato dall’indicazione puntuale del documento in parola sentenza di legittimità, intervenuta a seguito di contestazione di delibera condominiale giudizio nel quale il condominio si era regolarmente costituito attraverso amministratore . L’accoglimento del predetto primo motivo rende superfluo il vaglio degli altri, i quali, pertanto, restano assorbiti. La sentenza per quanto detto viene cassata e gli atti rimessi al giudice del rinvio, per nuovo esame alla luce dei principi di diritto sopra enunciati. Giudice che regolerà le spese anche di questo giudizio di legittimità. P.Q.M. Accoglie il primo motivo e dichiara assorbiti gli altri. Cassa e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, al Tribunale di Sassari.