Parcheggio condominiale conteso: le continue liti impediscono l’usucapione

I continui litigi tra i condomini in merito all’utilizzo di posti auto in comproprietà escludono il carattere pacifico della relazione tra uno dei condomini ed il parcheggio di cui egli rivendica l’acquisizione della proprietà esclusiva per usucapione.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 769/17 depositata il 13 gennaio. La vicenda. I proprietari di appartamento sito in un condominio di Bassano del Grappa citavano in giudizio gli altri coinquilini chiedendo l’accertamento dell’intervenuto acquisto per usucapione di uno spazio sito nel garage condominiale ed adibito a parcheggio di cui erano già proprietari per 2/5, mentre i convenuti erano comproprietari della restante parte. Sia il giudice di primo grado che la Corte d’appello respingevano la domanda non essendo stato provato il mutamento del compossesso in possesso solitario, né tantomeno la continuatività del possesso esclusivo per vent’anni e la pacificità” dello stesso stanti le continue discussione tra i condomini. La sentenza viene dunque impugnata per cassazione dolendosi per la violazione e falsa applicazione delle norme sostanziali in materia di usucapione. Interversione del possesso. In particolare, il ricorso lamenta l’errore in cui sarebbero incorsi i giudici di merito nell’aver affermato la necessità ai fini dell’usucapione di una interversione nel possesso. La doglianza non trova condivisione in quanto il provvedimento impugnato ha correttamente argomentato sulla necessità di una trasformazione del compossesso in possesso solitario al fine del mutamento del titolo di proprietà, facendo riferimento alla nozione di interversione del possesso da una originaria posizione di detenzione . Il possesso deve essere pacifico. Ugualmente prive di fondamento sono le doglianze relative alla non corrispondenza al vero dell’affermazione secondo cui i posti auto contesi sarebbero stati utilizzati a rotazione da tutti i condomini e non in via esclusiva dai ricorrenti ed alla negazione del carattere pacifico dell’uso degli stessi. Ancora una volta il giudice d’appello ha correttamente argomentato la sua decisione valorizzando il dato normativo secondo cui il possesso deve qualificarsi come pacifico, laddove non sia stato acquistato con violenza ex art. 1163 c.c., mentre il contrasto con gli altri aventi diritto vale solo ad escludere il diverso carattere della buona fede del com possessore Cass. SS.UU. n. 2088/90 . In conclusione la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 12 ottobre 2016 – 13 gennaio 2017, n. 769 Presidente Migliucci – Relatore Bianchini Svolgimento del processo B. e V.R. citarono innanzi al Tribunale di Bassano del Grappa N.A. ed Al. la Congregazione delle Suore della Divina Volontà S.F.M. A.E. F.E. e So.Ma. , tutti coinquilini del complesso residenziale sito in omissis , chiedendo che venisse accertato e dichiarato l’intervenuto acquisto per usucapione di uno spazio a parcheggio, di cui erano proprietari per 2/5 mentre i restanti erano in comproprietà dei convenuti questi ultimi contestarono la sussistenza dei presupposti per l’usucapione. La domanda fu respinta proposero impugnazione V.R. ed M.E. , erede - assieme al predetto - di V.B. la corte di appello di Venezia respinse il gravame non ritenendo provato il mutamento del compossesso in possesso solitario, atteso che lo spazio sito nel garage condominiale era risultato utilizzato in modo indiscriminato dagli altri proprietari giudicò poi la Corte territoriale che sarebbe rimasto privo di dimostrazione anche il possesso continuativo per vent’anni, atteso che i posti auto sarebbero stati utilizzati senza alcun ordine predeterminato e, per un certo periodo, anche a rotazione negò altresì che il possesso potesse dirsi pacifico, stanti le continue discussioni in sede condominiale aventi ad oggetto la propria pretesa di godere in via esclusiva dello spazio in questione, e che si fosse raggiunta la prova di un idoneo animus possidendi diretto a realizzare il godimento del bene uti dominus e non già uti condominus il giudice del gravame contestò infine la concludenza e la decisività delle riproposte prove per testi. Per la cassazione di tale decisione ha proposto ricorso V.R. , anche quale erede di V.B. , facendo valere due motivi di annullamento illustrati da successiva memoria hanno resistito con controricorso N.A. ed Al. la Congregazione delle Suore della Divina Volontà e S.D. sono rimaste intimate A.E. F.E. e So.Ma. . Motivi della decisione § 1 - È infondata l’eccezione di tardività del ricorso, sollevata nel controricorso, in quanto individua il dies ad quem del perfezionamento della notifica a mezzo del servizio postale a cura del difensore del V. , agente ai sensi della legge 53 del 1994 per il notificante, la data di ricezione della raccomandata 5 novembre 2012 e non già quella di spedizione della medesima 30 ottobre 2012, penultimo giorno utile § 2 Con il primo motivo vengono denunciate la violazione e la falsa applicazione di una serie di norme sostanziali relative all’acquisto per usucapione di beni in comunione - artt. 1102 1117 1158 1140 1141 1163 1164 cod. civ. - viene poi fatto valere un triplice ed indifferenziato vizio di motivazione denunciata come omessa, insufficiente e contraddittoria laddove la Corte lagunare non ritenne utilmente richiamabili a prova di un possesso utile all’usucapione una serie di documenti è infine sostenuta la violazione delle norme sulla valutazione delle prove - artt. 115 e 116 cpc - e sulla ripartizione dell’onere dimostrativo - art. 2697 cod. civ § 2.a - Sostiene innanzi tutto parte ricorrente che la Corte di Appello sarebbe incorsa in un errore nell’interpretare i confini applicativi delle norme sull’usucapione, laddove - similmente al Tribunale che era pervenuto alle medesime conclusioni - aveva affermato la necessità di una interversione nel possesso per aversi l’usucapione di un bene in comproprietà. § 2.a.1 - Il rilievo è infondato in quanto esso prende spunto dall’affermazione contenuta a fol. 7 della gravata decisione, nella quale si condivideva l’argomentazione adottata dal Tribunale, a mente della quale perché il compartecipe alla comunione inizi il possesso utile ai fini della usucapione, occorra occorre che il suo legittimo uso della cosa comune si estenda con il compimento di atti idonei a mutare il titolo del possesso dal momento però che nel successivo svolgimento argomentativo la Corte territoriale focalizza l’elemento necessario a che si produca tale mutamento di titolo nella trasformazione del compossesso in un possesso solitario, appare evidente che il giudice del gravame fece riferimento solo formale alla nozione tecnica di interversione del possesso da una originaria posizione di detenzione. § 2.b - Contesta poi la ricorrente la corrispondenza al vero dell’affermazione, contenuta nella sentenza, secondo la quale i posti auto sarebbero stati utilizzati a rotazione ed in modo promiscuo da tutti i condomini a riprova di ciò richiama - pur non riproducendone il contenuto né indicando i tempi ed i modi di allegazione processuale - dei documenti che dimostrerebbero il contrario assume altresì la fallacia dell’argomentazione in forza della quale la Corte territoriale era pervenuta a negare il carattere pacifico della relazione con il posto auto, mettendo in contrario in evidenza che nella interpretazione di legittimità dell’art. 1163 cod. civ. il possesso deve qualificarsi pacifico laddove non sia stato acquistato con violenza mentre il contrasto con gli altri aventi diritto vale solo ad escludere il diverso carattere della buona fede del com possessore viene citata Cass. Sez. Un 2088 del 1990 ne ricava che le continue diatribe condominiali circa le proprie pretese ad utilizzare sempre quel posto auto non potevano incidere sul carattere pacifico della relazione con lo spazio a parcheggio. Deduce inoltre, in progressione argomentativa, che, una volta che il possessore abbia dimostrato la sussistenza dei requisiti del possesso idonei alla usucapione, sarebbe il proprietario a dover provare l’esistenza di elementi impeditivi dell’effetto acquisitivo derivante da tale situazione protratta nel tempo. Denuncia infine l’erronea statuizione di inesistenza dell’ animus possidendi , giustificata in sentenza dalla coscienza da parte propria dell’opposizione degli altri condomini alla disponibilità esclusiva di quel determinato posto nel garage comune. § 2. c - Anche tali rilievi non hanno fondamento. § 2.c.1 - La valutazione della inesistenza di prove circa la continuità del possesso è inibita a questa Corte dalla mancata riproduzione delle prove documentali che - secondo l’assunto del ricorrente - ne avrebbero costituito dimostrazione ne consegue che neppure è scrutinabile il denunciato vizio motivazionale nella valutazione di tali prove. § 2.c.2 - Gli altri rilievi ne rimangono assorbiti perché la mancanza dell’elemento della continuità del possesso rende superfluo il riscontro dei medesimi, non essendo comunque possibile l’effetto acquisitivo derivante dal decorso del tempo. § 3 - Con il secondo motivo viene denunciata la contraddittorietà della motivazione laddove la Corte del merito non ammise la prova testimoniale diretta a dimostrare il possesso esclusivo dei posti auto controversi e, al contempo, ritenne provato un uso promiscuo delle medesime porzioni di superficie in particolare il ricorrente si duole della ritenuta inammissibilità della prova in questione - della quale riporta il contenuto - per non esser stata riprodotta nell’atto di appello a contrastare tale assunto, trascrive brani dell’impugnazione, diretti tutti a censurare la mancata ammissione delle prove in questione. § 3.a - Il rilievo rimane assorbito dalla riscontrata mancanza della continuità del possesso sarebbe stato comunque infondato perché il ricorrente non sottopone a critica la concorrente ragione - posta a base della decisione del Tribunale e condivisa dal giudice dell’appello vedi fol. 8 della gravata decisione - relativa alla irrilevanza dimostrativa di tali prove. § 4 La ripartizione dell’onere delle spese segue il principio della soccombenza, secondo la quantificazione indicata nel dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese che liquida in Euro 2.200 di cui 200 per esborsi.