Quando l’amministratore può fare “di testa sua” nell’adire il Tribunale

L’amministratore di condominio non necessita di autorizzazione assembleare per instaurare un giudizio volto alla rimozione di opere, in quanto tale atto è diretto alla conservazione dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio.

Questo il principio di diritto espresso da Corte di cassazione, sentenza n. 23890/16. Il caso. Un Condominio adiva in giudizio, avanti al Tribunale di Gorizia, un condòmino chiedendone la condanna alla rimozione del manufatto con il quale il convenuto aveva occupato il suolo del cavedio comune. L’adito Tribunale accoglieva la domanda condannando, appunto, il condòmino convenuto a provvedere alla relativa rimozione. La Corte d’appello di Trieste, quale giudice del gravame, riformava viceversa la decisione del Tribunale dichiarando l’assenza di un valido rapporto processuale in primo grado per mancanza di rappresentanza processuale in capo all’amministratore del Condominio e la nullità della procura alle liti da costui rilasciata . Secondo la Corte d’appello, in altre parole, l’amministratore avrebbe dovuto necessariamente agire in giudizio per chiedere la rimozione del manufatto solo previa autorizzazione dell’assemblea. Per le azioni reali l’amministratore necessita per agire in giudizio della autorizzazione della assemblea. La Cassazione, alla quale si rivolgeva ovviamente il condòmino soccombente, ribaltava per la seconda volta la decisione, in particolare rilevando il grave errore nel quale era occorsa la Corte di appello valutando l’azione posta in essere dal Condominio quale azione reale. Le azioni reali infatti, come già in diverse occasioni precisato dalla Suprema Corte sentenza n. 3044/2009 tra le tante necessitano effettivamente, per essere proposte validamente in giudizio, della preventiva autorizzazione della assemblea all’amministratore. La domanda di rimozione di opere sulle parti comuni non è una azione reale. Nel caso di specie, viceversa, rileva la Cassazione come non fosse necessaria alcuna autorizzazione dell’assemblea questo in quanto l’azione proposta dall’amministratore rimozione del manufatto non si può considerare come una azione reale, ma piuttosto come una domanda diretta alla conservazione dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edifico. Azione quest’ultima, come detto, per la quale l’amministratore può agire liberamente e senza prima ottenere il permesso” assembleare.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 7 luglio – 23 novembre 2016, n. 23890 Presidente Bianchini – Relatore Oricchio Considerato in fatto Il Condominio di corso di Gorizia conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di quella Città la Libreria Editrice Goriziana di F.O.& amp C. s.a.s. , proprietaria di un locale al piano terra. dell'edificio condominiale, per sentirla condannare alla rimozione di un manufatto con il quale occupava il suolo del cavedio comune del medesimo Condominio istante. La domanda era contrastata dalla convenuta Libreria che ne chiedeva il rigetto eccependo, fra l'altro, il difetto di valido rapporto di rappresentanza della parte attrice e proponeva domanda riconvenzionale per la declaratoria di acquisto per usucapione dell'anzidetto . suolo, con richiesta di chiamata in causa della propria dante causa J.M., di poi evocata, ma rimasta contumace in giudizio. L'adito Tribunale con sentenza n. 785/2009 condannava la parte convenuta alla rimozione della struttura posta all''interno ciel cavedio, nonché alla refusione delle spese di lite. Avverso la succitata decisione interponeva appello, chiedendo la riforma. dell'impugnata sentenza, la Libreria. Resisteva all'interposto gravame, di cui chiedeva il rigetto, il Condominio. La Corte di Appello di Trieste, con sentenza n. 27812011, accoglieva l'appello ed, in riforma della gravata decisione, dichiarava l'assenza di costituzione di un valido rapporto processluale in primo grado per mancanza di rappresentanza processuale in capo all'amministratore del Condominio e la nullità della procura alle liti da costui rilasciata. Per la cassazione della suddetta sentenza della Corte distrettuale ricorre il Condominio con atto affidato ad un unico articolato motivo. Resiste con controricorso la Libreria. Nell'approssimarsi dell'udienza ha depositato memoria, ai sensi dell'art., 378 c.p.c., la parte controricorrente. Ritenuto in diritto 1. Con il motivo del ricorso si censura. il vizio di error in indicando con violazione e falsa applicazione di norme di diritto, in relazione all'art. 360, n. 3 c.p.c., quali quelle di cui agli artt. 183 c.p.c., 1130, n. 1. e n. 4 c.c Il nucleo della censura posta a base del motivo qui in esame attiene, nella sostanza, alla necessità o meno -nella specifica fattispecie per cui è causa della titolarità, in capo all'amministratore del Condominio ricorrente, della prerogativa di agire nel giudizio. L'impugnata sentenza ha ritenuto insussistente la suddetta titolarità. A tanto è pervenuta la Corte territoriale, rifacendosi impropriamente a precedenti decisioni di questa Corte n.ri 3044/2009, 24764/2005 e 12557/1992 e valutando l'azione posta in essere colpe azione reale non rientrante nel novero delle azioni proponibili direttamente dall'organo rappresentativo condominale. Senonchè, nella concreta ipotesi per cui è giudizio, l'amministratore del condominio ricorrente anche al di là. dell'aspetto della norma regolamentare su cui pure si è discusso in corso di causa ha chiesto solo la rimozione della struttura di parte controricorrente limitante la corretta usufru.uizione del comune cavedio. La previa delibera autorizzativa ad Iitem da parte dell'assemblea condominale non era, pertanto, necessaria. Al riguardo, anche in continuità con il condiviso e consolidato orientamento di questa Corte Cass. 1 ° ottobre 2008 n. 24391 e 17 giugno 2010, n. 14626 non può che riaffermarsi il principio -attagliante invero alla. fattispecie secondo cui, --ai sensi dell'art. 1130, comma 1, n. 4 e 1131 c.c. l'amministratore del condominio c legittimato, senza la necessità di una specifica deliberazione assembleare ad instaurare un giudizio per la rimozione di opere in quanto tale atto è diretto alla conservazione dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio . Il motivo è, quindi, fondato. 2. Il ricorso pertanto, va accolto e la gravata decisione va cassata con conseguente remissione della causa ad altra Sezione della Corte di Appello di Trieste, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa l'impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese, ad altra Sezione della Corte di Appello di Trieste.