Il principio di prevenzione si applica in caso le distanze tra edifici vengano regolate dal regolamento comunale

Il giudice nomofilattico si è pronunciato in merito ad una controversia tra due proprietari nella quale entrambi reclamavano che il vicino avesse costruito il proprio immobile troppo vicino al confine tra i fondi e, conseguentemente, senza il dovuto rispetto delle norme in materia di distanze.

La Corte di Cassazione in data 19 maggio 2016 ha emesso sentenza a Sezioni Unite, n. 10318 in materia di diritto immobiliare, ponendo fine a contrasti tra le sezioni semplici. Il fatto. In particolare una proprietaria aveva adito il Tribunale di Nola al fine di ottenere la riduzione in pristino della costruzione del vicino in quanto realizzata in violazione alle distanze stabilite dalla l. n. 765/1967 e quindi troppo vicino al proprio confine e chiedendo un risarcimento per il danno cagionato. Resisteva il vicino in primis reclamando una porzione di terreno a suo dire ingiustamente occupata dalla attrice e, affermando di avere costruito in accordo alle norme di legge, chiedeva a sua volta l’arretramento della costruzione della vicina e il risarcimento del danno. Il Tribunale accoglieva la domanda dell’attrice e condannava il convenuto ad arretrare la propria costruzione. Il soccombente, quindi, agiva in grado di appello chiedendo la riforma della decisione di prime cure. La Corte d’appello di Napoli, investita della questione, sostanzialmente confermava la prima sentenza. A seguito di un lungo iter processuale nelle corti di merito la questione approdava in Corte di Cassazione e questa rilevava come il regolamento comunale locale, il quale conteneva disposizioni in merito alle distanze tra edifici di almeno otto metri, era stato emesso prima della citata l. n. 765/1967. La Suprema Corte quindi rimandava la decisione alla Corte d’appello per un riesame. Il Giudice d’appello, nuovamente investito della vicenda, condannava il convenuto ad arretrare la propria costruzione ad una distanza di almeno otto metri da quella dell’attrice, rispettando il regolamento comunale. Questi, infatti, stabiliva unicamente le distanze minime tra edifici, ma non imponeva distanze dal confine, consentendo al primo che avesse edificato anche di realizzare l’opera sul confine. In particolare il giudice del rinvio valorizzava la circostanza che l’attrice avesse edificato prima del vicino la propria costruzione. Il convenuto anzi i suoi eredi dato che nelle more del lungo giudizio questi era mancato agivano nuovamente in Cassazione avverso la sentenza pronunciata dalla Corte d’appello. La seconda sezione ravvisa un contrasto giurisprudenziale e rimanda la decisione alle Sezioni Unite. Investita della causa la Seconda Sezione dichiarava l’impossibilità di decidere stante un contrasto interno della Corte in merito all’applicabilità o meno del principio di prevenzione nelle ipotesi in cui i regolamenti locali prevedano solo una distanza tra costruzioni maggiore di quella stabilita dal codice civile, senza prevedere espressamente anche una distanza delle costruzioni dal confine . Ai fini della propria decisione la Cassazione prendeva in considerazione gli artt. 873 e 875 c.c Questi articoli affermano rispettivamente che le costruzioni su fondi finitimi, se non sono unite o aderenti, devono essere tenute a distanza non minore di tre metri. Nei regolamenti locali può essere stabilita una distanza maggiore e quando il muro si trova ad una distanza dal confine minore di un metro e mezzo ovvero a distanza minore della metà di quella stabilita dai regolamenti locali, il vicino può chiedere la comunione del muro soltanto allo scopo di fabbricare contro il muro stesso, pagando, oltre il valore della metà del muro, il valore del suolo da occupare con la nuova fabbrica, salvo che il proprietario preferisca estendere il suo muro sino al confine[] . Le Sezioni Unite risolvono il contrasto sull’applicazione del principio di prevenzione. Le Sezioni Unite, ai fini della decisione, in primis specificavano che per l’ordinamento italiano il principio di prevenzione è ricavabile dal combinato disposto dei predetti articoli di legge e prevede che sia il confinante che costruisce per primo a condizionare la possibilità per il vicino di costruire. In pratica chi costruisce per primo e può farlo anche fino al confine tra i due fondi stabilisce un punto fermo da quale il vicino deve calcolare la distanza alla quale edificare il proprio immobile. Al secondo, infatti, è offerta una triplice possibilità ossia costruire il proprio edificio utilizzando il muro innalzato dal vicino, costruire in aderenza o anche arretrare la propria costruzione fino a concedere l’apposita distanza legale. La questione principale, oggetto del contrasto giurisprudenziale, è se il principio di prevenzione debba essere applicato anche nel caso di regime delle distanze non regolato dalla legge, ma dal regolamento comunale locale. La risposta delle Sezioni Unite era affermativa e prendeva le mosse dalla considerazione che il principio di prevenzione consente di regolare armonicamente il rapporto di successione temporale tra le costruzioni che sorgono su fondi contigui, senza assicurare posizioni di vantaggio a colui che costruisce per primo in danno di colui che costruisce per secondo alle facoltà riconosciute al preveniente, infatti, fanno da contrappeso quelle attribuite al prevenuto alle quali il primo non può opporsi . Anche in caso di distanze regolate da fonti extra codicem quindi questo criterio pare essere rispettato e quindi il principio di prevenzione dovrà essere applicato. In conclusione, secondo la Cassazione la possibilità di deroga delle distanze rispetto al Codice Civile stabilita dall’art. 873 ultimo comma c.c. non è limitata alle sole distanze, ma deve essere intesa come estesa all’intero impianto di regole e principi dallo stesso dettato per disciplinare la materia .

Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 9 febbraio – 19 maggio 2016, n. 10318 Presidente Rordorf – Relatore Matera