Impianto autonomo, ma non basta per non pagare le spese condominiali per le fognature

I manufatti, come le fognature e simili, rientrano tra le parti comuni dell’edificio, ai sensi dell’art. 1117, n. 3, c.c., le cui spese per la conservazione sono assoggettate alla ripartizione in misura proporzionale al valore delle singole proprietà.

Cosi ha deciso la Corte di Cassazione nella sentenza n. 13415, depositata il 30 giugno 2015. Il caso. Un uomo proponeva opposizione contro il decreto ingiuntivo con cui, su istanza del condominio, gli era stato ingiunto il pagamento di una somma di denaro a titolo di quota di spettanza per lavori di rifacimento dell’impianto fognario comune. L’opponente sosteneva che il proprio locale rimessa, sottostante l’edificio condominiale, fosse dotato di un proprio impianto fognario autonomo a dispersione” . Il Tribunale di Roma confermava la pronuncia del gdp di rigetto dell’opposizione, per cui l’opponente ricorreva in Cassazione, lamentando innanzitutto l’incomprensibilità della motivazione. Comproprietario dell’impianto. La Corte di Cassazione conferma l’obbligo del ricorrente al pagamento richiesto, nonostante avesse un proprio impianto fognario e non utilizzasse quello condominiale. Infatti, in quanto comproprietario dell’impianto fognario condominiale, era tenuto al pagamento pro quota delle spese necessarie alla sua conservazione in misura proporzionale al valore della sua proprietà esclusiva del locale interrato sottostante il condominio. Parti comuni. Inoltre, i giudici di legittimità ricordano che, per quanto riguarda l’impianto di fognatura di un edificio in condominio, l’indagine diretta a stabilire se il condomino, che non utilizzi tale impianto in quanto collegato con un altro, sia ugualmente comproprietario dell’impianto condominiale e sia quindi tenuto, ai sensi dell’art. 1123 c.c. ripartizione delle spese , a concorrere alle spese inerenti la sua conservazione, deve essere condotta in base ai criteri stabiliti dall’art. 1117 c.c. sull’individuazione delle parti comuni. Infine, rigettando il ricorso, viene sottolineato dagli Ermellini che i manufatti, come le fognature e simili, rientrano tra le parti comuni dell’edificio, ai sensi dell’art. 1117, n. 3, c.c., le cui spese per la conservazione sono assoggettate alla ripartizione in misura proporzionale al valore delle singole proprietà.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 7 maggio – 30 giugno 2015, n. 13415 Presidente Mazzacane – Relatore Oricchio Considerato in fatto S.A. proponeva opposizione, innanzi al Giudice di Pace di Roma, avverso il decreto ingiuntive n. 230/2005 con cui, su istanza del condominio di via Sgurgola 9 di Roma, gli veniva ingiunto il pagamento della somma di € 1.765,00 a titolo di quota di spettanza per lavori di rifacimento dell'impianto fognario comune. L'opponente deduceva che il proprio locale rimessa sottostante l'edificio condominiale era dotato di un proprio impianto fognario autonomo a dispersione . L'adito Giudice di prime cure rigettava la proposta opposizione al detto D.I. con condanna alle spese di lite. Avverso la succitata decisione interponeva appello il S Resisteva al gravame il Condominio. Con sentenza n. 4684/2009 il Tribunale di Roma, in funzione di Giudice di appello, rigettava l'impugnazione condanna dell'appellante alle spese del p-tudazinr per la cassazione dell'anzidetta decisione ricorre il S., nonché la Vigna Fabbri S.p.a. -quale odierna proprietaria del locale per cui è causa giusto conferimento del medesimo S.- con atto fondato su due ordini di motivi. Resiste con controricorso il Condominio intimato. Ha depositato memoria, ai sensi dell'art. 378 c.p.c., i ricorrenti. Ritenuto in diritto 1.- Con il primo motivo del ricorso si deduce il vizio di nullità per omessa motivazione ex n. 5 art. 360 c.p.c. . Parte ricorrente lamenta, nella sostanza, che la la motivazione della sentenza di gravame impugnata è assolutamente incomprensibile . La censura non è fondata. La motivazione della sentenza impugnata non è affatto omessa o incomprensibile. In effetti dalla lettura della parte motiva della gravata decisione risultano le ragioni, adottate con condivise argomentazioni, su cui è fondato il decisum della sentenza di appello. In quest'ultima vi è idonea spiegazione del fatto che il S. pur avendo un proprio impianto fognario e non utilizzando quello condominiale era comunque tenuto al richiesto pagamento. Infatti il ricorrente, in quanto comproprietario dell'impianto fognario condominiale, era tenuto al pagamento pro quota delle spese necessarie alla sua conservazione in misura proporzionale al valore della sua proprietà esclusiva del locale interrato sottostante il condominio di via Sgurgola n. 9 in Roma. In ogni caso deve ribadirsi che con riguardo all'impianto di fognatura di un edificio in condominio l'indagine diretta a stabilire se il condomino, che non utilizzi detto impianto per essere collegato con altro impianto, sia ugualmente comproprietario dell'impianto condominiale e, quindi, in applicazione dell'ars. 1123 c.c., sia tenuto a concorrere alle spese inerenti la sua conservazione va condotta in base ai criteri indicati dall'art. 1117 c.c. sull'individuazione delle parti comuni Cass. civ, Sez. II, Sent. 6 dicembre 1991, n. 13160 . Ed, ancora, va ribadito che proprio i manufatti come le fognature e simili rientrano fra le parti comuni dell'edificio, ex art. 1117 n. 3 c.c., le cui spese per la conservazione sono assoggettate alla ripartizione in misura proporzionale al valore delle singole proprietà Cass. civ., Sez. II, Sent. 27 novembre 1990, n. 11423 . Il motivo in esame è, quindi, infondato e deve essere rigettato. 2.- Con il secondo motivo del ricorso si deduce il vizio di violazione e falsa applicazione degli artt. 1117 e 1123 c.c. ex n. 3 art. 360 c.p.c. . Il motivo è assistito dalla formulazione di quesito teso a conoscere se per la ripartizione delle spese di manutenzione di un bene asseritamente comune ma non utilizzato è legittimo applicare il criterio stabilito con il terzo comma dell'art. 1123 c. c. che fa riferimento al concreto utilizzo del medesimo ovvero debbasi, comunque, far ricorso al criterio generale previsto dall'art 1117 c.c. od a quello del primo comma del medesimo articolo 1123 c.c. . Il motivo, anche per lo stesso ordine di ragioni innanzi già esposte a proposito dell'esame del precentente motivo, è infondato. Deve, inoltre, rilevarsi che in atti non è contestata la qualifica di proprietario, da parte del ricorrente, di unità immobiliare facente parte del condominio de quo. Tanto non poteva e non può che comportare, per lo stesso ordine di ragioni innanzi già spiegate, la doverosità della compartecipazione pro-quota alle sopese di rifacimento dell'impianto ancorchè non utilizzato. Al riguardo giova evidenziare che le spese di mantenimento e difesa di una parte comune come l'impianto fognario non rientrano fra quelle di cui alle norme ai commi secondo e terzo dell'art. 1123 c. c.,le uali riguardano le cose comuni suscettibili di destinazione al servizio dei condomini in misura diversa ovvero al godimento di alcuni condomini e non di altri Cass. civ., Sez. II, Sent. 4 maggio 1999, n. 4403 . Infine deve rilevarsi che la pretesa esclusione rispetto all'affermato obbligo di contribuzioni pro-quota non risulta neppure essere stata suffragata sotto altro profilo l'individuazione delle parti comuni dell'edificio risultante dall'art. 1117 cc. non è stata superata dalle opposte risultanze di un determinato titolo Cass. civ. sez. II, Sent.1° agosto 2002, n. 11391 e SS. UU. n. 744911993 . li motivo va, pertanto, respinto. 3.- li ricorso deve, pertanto, essere rigettato. 4.- Le spese seguono la soccombenza e si determinano così come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento in favore del Condominio controricorrente delle spese del giudizio, determinate in € 2.200,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge.