Le due scale del fabbricato sono comuni all'intero condominio

In un fabbricato con più scale, l'apertura di un nuovo varco di accesso costituisce un miglioramento della funzionalità dell'immobile i relativi costi non possono essere addebitati solo ai proprietari della scala che ne trae un beneficio immediato. Le due scale del fabbricato, anche se poste concretamente al servizio soltanto di talune delle porzioni dello stabile, sono beni comuni dell'intero condominio, se il contrario non risulta dal titolo, e non solo dei proprietari che ne hanno l'uso esclusivo.

La Cassazione, con la sentenza n. 10483, depositata il 21 maggio 2015, affronta una serie di temi di estremo interesse beni comuni, condominio parziale, innovazioni, ripartizione delle spese. Il fatto. Abbiamo un condominio costituito da un cortile comune dal quale si accede a due corpi scala la scala A” e la scala B” . L'assemblea decide di aprire un nuovo varco di accesso al fabbricato all'interno della scala B” ponendo i relativi costi indistintamente a carico dell'intero condominio. La decisione fa imbufalire” alcuni condomini che denunciano la nullità della deliberazione condominiale per mancanza del quorum prescritto, un non meglio precisato pregiudizio nonché la violazione del decoro architettonico e della sicurezza dell'edificio. Il Tribunale e la Corte territoriale rigettano la domanda e la questione finisce sui banchi della Cassazione. La posizione dei condomini recalcitranti. I condomini, partendo dal presupposto che le due scale sono autonome e funzionali in quanto ciascuna posta a servizio esclusivo di un gruppo di condomini, invocano l'applicazione dell'art. 1123 c.c. sostenendo che i due corpi scala debbano essere considerati come proprietà separate. La Corte territoriale rileva, in proposito, che il richiamato l'art. 1123 c.c. non disciplina le proprietà separate, bensì il riparto separato delle spese in funzione del diverso utilizzo del bene comune il che è questione ben diversa . L'apertura del nuovo varco, sottolinea l'organo giudicante, facilita l'accesso agli immobili, ne accresce l'utilizzo e, conseguentemente, determina un incremento del valore economico dei beni. Escluso che le opere abbiano comportato un pregiudizio per il decoro architettonico del fabbricato né, tantomeno, per la statica dell'immobile. Si tratta, in sostanza, di una innovazione migliorativa del tutto legittima che, senza arrecare alcun pregiudizio per gli utenti della scala B”, procura una serie di innegabili vantaggi per i condomini della scala A” maggiore facilità di accesso, possibilità di carico-scarico con le auto e quant'altro . Le scale sono un bene comune. La sez. II Civile della Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, rimarca un principio fondamentale i beni indicati nell'art. 1117 c.c. tra cui le scale sono comuni a tutti i condomini salvo il titolo non disponga il contrario. In tale ipotesi il condomino dovrà farsi carico di fornire una prova capace di superare la presunzione legale di condominialità. In tale contesto, l'ultimo comma dell'art. 1123 c.c., partendo dal presupposto che i beni sono comuni, disciplina le modalità con cui dovranno essere ripartite le spese ovvero in proporzione all'utilità che ciascun condomino o gruppo di condomini ne trae. E vi è di più. La Cassazione, con la sentenza in esame, ricorda che, salvo titolo contrario, anche ai proprietari dei locali a piano terra spetta la comproprietà delle scale e dell'androne per cui anche loro devono concorrere, pro quota, ai relativi oneri condominiali. Il condominio parziale. Il condominio parziale, disciplinato dall'art. 1123 c.c., ricorre nell'ipotesi in cui un bene sia in comune solo tra alcuni condomini e non tra tutti, il che accade, per esempio, nel caso in cui solo alcuni condomini abbiamo la proprietà esclusiva dei posti auto ovvero nell'ipotesi in cui alcune tubazioni siano a servizio solo di alcuni condomini. Il problema, ovviamente, si pone al momento di eseguire dei lavori sulle parti comuni solo ad alcuni condomini e, quindi, al momento della ripartizione delle spese. In tale ipotesi all'assemblea partecipano solo i condomini interessati e le relative maggioranze saranno formate prendendo in considerazione solo gli appartenenti al condominio parziale. Nel caso del condominio parziale trova applicazione l'art. 1123 c.c., che ripartisce le spese relative alla conservazione e godimento in proporzione dell'uso che ciascuno può farne o meglio, in relazione all'utilità” che ciascun condomino trae dal bene comune Cass. n. 6359/1996 così, per esempio, le spese per l'installazione delle porte tagliafuoco necessarie a garantire un sufficiente livello di sicurezza delle autorimesse, viene ripartita esclusivamente tra i proprietari dei box auto Cass. n. 7077/1995 Cass. n. 5179/1992 . Condominio parziale pro e contro. Il condominio parziale, in alcune occasioni, facilita la vita non solo dei condomini ma anche dell'amministratore meno convocazioni da fare, meno persone in assembleare, meno beghe almeno si spera . Del resto è inutile partecipare ad una riunione in cui si discute di qualcosa che non ci appartiene e che, soprattutto, non tocca le nostre tasche! Peraltro abbiamo un risvolto della medaglia spesso si discute sulla legittimità delle relative delibere in quanto il solito Pierino della situazione potrebbe impugnare il deliberato assembleare denunciando la mancanza dei quorum prescritti. A questo punto occorrerà affrontare le spese e l'alea del giudizio per far valere le proprie ragioni. Innovazioni voluttuarie. Il problema di fondo, come al solito, è legato alla ripartizione delle spese. La Cassazione non ha tralasciato neanche questo aspetto. Abbiamo visto, in precedenza, che l'apertura del nuovo varco di accesso, secondo gli Ermellini, costituisce una innovazione migliorativa che accresce il valore dell'immobile. Piazza Cavour ha sottolineato che il condomino può sottrarsi al pagamento delle spese nel caso in cui sia possibile un uso separato e si tratti di innovazioni voluttuarie ovvero eccessivamente gravose. È escluso, quindi, che i condomini possano sottrarsi al pagamento dei costi relativi all'apertura del nuovo varco in quanto non solo non si tratta di opere voluttuario ed eccessivamente gravose ma, addirittura, esse accrescerebbero il valore dell'immobile.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 24 marzo – 21 maggio 2015, n. 10483 Presidente Oddo – Relatore Matera Svolgimento del processo Con sentenza in data 28-11-2005 il Tribunale di Napoli rigettava l'impugnativa per nullità o annullamento proposta dai condomini P.A. , C.L. , R.T. , I.C. , D.R.P. e V.A. nei confronti del Condominio dell'edificio in omissis , avverso la delibera del 14-2-2002, adottata, a loro dire, senza il prescritto quorum, con la quale l'assemblea aveva deciso l'apertura di un nuovo varco di accesso al fabbricato dalla via omissis , in asserito pregiudizio degli istanti e degli altri condomini della scala B e menomando il relativo androne di scala, nonché in violazione del decoro e della sicurezza dell'edificio, e a vantaggio dei soli condomini della scala A. Con sentenza in data 22-7-2008 la Corte di Appello di Napoli rigettava il gravame proposto avverso la predetta decisione dagli attori. La Corte territoriale, in particolare, riteneva infondato l'assunto degli appellanti, secondo cui le due scale, ai sensi dell'art. 1123 c.c., dovevano essere considerate come proprietà separate, in quanto ciascuna di esse serviva funzionalmente un gruppo distinto di unità immobiliari. Il giudice del gravame osservava, al riguardo, che l'art. 1123 c.c. non prevede una proprietà separata, bensì il riparto separato delle spese riguardanti cose destinate a servire i condomini in maniera diversa e che nella specie si verteva in materia di innovazioni condominiali, regolate dall'art. 1120 c.c. Secondo la Corte napoletana, l'apertura del secondo varco costituiva un'innovazione facilitativa ed accrescitiva degli accessi al fabbricato e, conseguentemente, del valore di mercato delle relative unità immobiliari. Tale innovazione, ad avviso del giudice di appello, era da considerare pienamente legittima, non comportando alcun pregiudizio per la stabilità, il decoro architettonico e la sicurezza dell'edificio, non pregiudicando i diritti dei condomini della scala B a vantaggio di quelli della scala A e non costituendo un'innovazione economicamente gravosa o voluttuaria. Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso P.A. , sulla base di quattro motivi. Il Condominio di omissis ha resistito con controricorso, proponendo altresì ricorso incidentale condizionato, affidato a un unico motivo. Gli altri intimati non hanno svolto attività difensive. Motivi della decisione 1 Con il primo motivo la ricorrente principale lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1117 e 1123 c.c Nel premettere che l'edificio è composto da un cortile comune a tutti i condomini, dal quale si accede, attraverso i relativi portoni, agli androni delle scale A e B, le cui chiavi sono in possesso dei soli condomini di ciascuna scala, deduce che la Corte di Appello ha erroneamente ritenuto che l'androne della scala B, nel quale è stato realizzato il nuovo ingresso, era di proprietà comune ed affermato che l'art. 1123 c.c. non prevede una proprietà separata, bensì il riparto separato delle spese riguardanti cose destinate a servire i condomini in maniera diversa. Deduce che la decisione impugnata si pone in contrasto con i principi affermati dalla giurisprudenza, che ammette la possibilità di esistenza di un condominio parziale, allorché un bene, per obiettive caratteristiche strutturali, serva in modo esclusivo all'uso e al godimento di una sola parte dell'immobile, rimanendo in tal modo superata la presunzione legale di comunione prevista dall'art. 1117 c.c Sostiene, conseguentemente, che nella specie, essendo la scala B, al pari del relativo androne, in comunione dei soli condomini degli appartamenti ubicati in detta scala, la delibera di apertura del nuovo varco di ingresso all'interno dell'androne di detta scala poteva essere adottata dai soli condomini della scala B, e non con il voto dei condomini della scala A. L'illustrazione del motivo si conclude con la formulazione del seguente quesito di diritto, ai sensi dell'art. 366 bis c.p.c., applicabile ratione temporis al ricorso in esame Se nell'ambito di un edificio in condominio, l'esistenza di uno stato dei luoghi in virtù del quale una parte dell'edificio ha un ingresso autonomo ed è separato da altri corpi di fabbrica, configura un condominio c.d. parziale e se nell'ambito del condominio parziale le parti comuni in esso presenti sono di proprietà dei soli condomini proprietari di quella parte dell'edificio e se, in virtù di ciò, le decisioni inerenti tale parte dell'edificio debbono essere adottate dai soli condomini facenti parte del c.d. condominio parziale. Il motivo è infondato. Nel condominio di edifici, le scale, al pari degli anditi, sono annoverate tra i beni che l'art. 1117 c.c. considera di proprietà comune dei proprietari dei diversi piani o di un edificio, se il contrario non risulta dal titolo. In proposito, la giurisprudenza ha affermato che le scale, con i relativi pianerottoli, costituiscono strutture funzionalmente essenziali del fabbricato e rientrano, pertanto, fra le parti di questo che, in assenza di titolo contrario, devono presumersi comuni nella loro interezza, ed anche se poste concretamente al servizio soltanto di talune delle porzioni dello stabile, a tutti i partecipanti alla collettività condominiale in virtù del dettato dell'art. 1117, n. 1, c.c. Cass. 12-2-1998 n. 1498 , senza che a ciò sia di ostacolo il disposto dell'art. 1123, ultimo comma, c.c., il quale, proprio sul presupposto di tale comunione, disciplina soltanto la ripartizione delle spese per la conservazione ed il godimento di esse, ispirandosi al criterio della utilità che ciascun condomino o gruppo di condomini ne trae Cass. 22-.2-1996 n. 1357 . In tale ottica, è stato precisato che le scale, essendo elementi strutturali necessari alla edificazione di uno stabile condominiale e mezzo indispensabile per accedere al tetto e al terrazzo di copertura, conservano la qualità di parti comuni, così come indicato nell'art. 1117 c.c., anche relativamente ai condomini proprietari di negozi con accesso dalla strada, in assenza di titolo contrario, poiché anche tali condomini ne fruiscono quanto meno in ordine alla conservazione e manutenzione della copertura dell'edificio Cass. 10-7-2007 n. 15444 . Nella specie, i giudici di merito hanno ritenuto non superata dagli attori la presunzione di comunione in parola, non avendo i predetti offerto la prova della proprietà o dell'uso esclusivo delle due scale del fabbricato condominiale in capo ai soli condomini degli appartamenti in esse rispettivamente ubicati. Le censure mosse dalla ricorrente con il motivo in esame non valgono a scalfire le conclusioni cui è pervenuta la sentenza impugnata circa la mancanza di prova di una proprietà separata delle due scale. È vero che la giurisprudenza di questa Corte ammette la configurabilità del c.d. condominio parziale ex lege , tutte le volte in cui un bene risulti, per obbiettive caratteristiche strutturali e funzionali, destinato al servizio e/o al godimento in modo esclusivo di una parte soltanto dell'edificio in condominio, parte oggetto di un autonomo diritto di proprietà, venendo in tal caso meno il presupposto per il riconoscimento di una contitolarità necessaria di tutti i condomini su quel bene Cass. 2-2-1995 n. 1255 Cass. 28-4-2004 n. 8136 Cass. 24-11-2010 n. 23851 . Si è rilevato, al riguardo, che i presupposti per l'attribuzione della proprietà comune a vantaggio di tutti i partecipanti vengono meno se le cose, i servizi e gli impianti di uso comune, per oggettivi caratteri materiali e funzionali, sono necessari per l'esistenza e per l'uso, ovvero sono destinati all'uso o al servizio, non di tutto l'edificio, ma di una sola parte, o di alcune parti di esso, ricavandosi dall'art. 1123, terzo comma, che le cose, i servizi, gli impianti, non appartengono necessariamente a tutti i partecipanti. Ne consegue che dalle situazioni di cosiddetto condominio parziale derivano implicazioni inerenti la gestione e l'imputazione delle spese, in particolare non sussiste il diritto di partecipare all'assemblea relativamente alle cose, ai servizi, agli impianti, da parte di coloro che non ne hanno la titolarità, ragion per cui la composizione del collegio e delle maggioranze si modificano in relazione alla titolarità delle parti comuni che della delibera formano oggetto Cass. 27-9-1994 n. 7885 Cass. 7-6-2000 n. 7730 Cass. 25-9-2006 n. 20783 . Pur dovendosi riconoscere, in via di principio, la configurabilità di un condominio parziale, si rileva che, nel caso in esame, la situazione di fatto rappresentata nel ricorso non è idonea ad avallare la sussistenza di una simile fattispecie. La semplice presenza in un edificio di più scale e più androni, infatti, non è di per sé sola sufficiente - in mancanza di più puntuali indicazioni circa le concreta conformazione e le caratteristiche strutturali del fabbricato oggetto di causa, che per quanto è dato evincere dalla lettura del ricorso costituisce un unico blocco - a far ritenere la piena autonomia e indipendenza strutturale e funzionale delle relative porzioni immobiliari rispetto alla rimanente parte dell'intera opera edilizia, ove solo si tenga conto che funzione della scala è anche quella di consentire l'accesso al tetto o al lastrico solare comuni all'intero edificio, e che l'androne non da accesso solo alla scala, ma anche ai muri perimetrali, anch'essi comuni all'intero stabile consominiale. Mancano, pertanto, elementi idonei a far ritenere che la scala B e l'androne in cui la stessa è collocata, per le loro caratteristiche strutturali e funzionali, siano posti in modo esclusivo al servizio e al godimento di una parte soltanto dell'edificio in condominio, in guisa da poter essere considerati come di proprietà dei soli condomini di detta scala, con conseguenti esclusione del diritto di partecipare all'assemblea inerente ai relativi beni, servizi e impianti da parte dei condomini della scala A. 2 Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione dell'art. 112 c.p.c Deduce che la Corte di Appello, nel ritenere che, 9 non configurandosi giuridicamente una proprietà dell'androne della scala B in capo ai soli condomini di tale scala, restava assorbito il secondo motivo di appello, inerente al difetto del quorum necessario per una legittima delibera, ha omesso di esaminare l'altra questione posta con il medesimo motivo di impugnazione, riguardante il difetto delle maggioranze di legge, per l'illegittima partecipazione all'assemblea del condominio Vi. , non avente diritto al voto, in quanto proprietario di un immobile adibito a garage-officina realizzato in un interrato dello stabile, del tutto indipendente dall'accesso al palazzo, dalle scale e dagli androni. Il motivo deve essere disatteso. Giova rammentare che le delibere condominiali con vizi relativi alla regolare costituzione dell'assemblea o adottate con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge o dal regolamento condominiale devono essere qualificate come annullabili e non nulle e devono, pertanto, essere impugnate, a pena di decadenza, nel termine di trenta giorni previsto dall'art. 1137 c.c. v. Cass. 7-3-2005 n. 4806 . Nella specie, dalla lettura della sentenza gravata non risulta che con l'atto di impugnazione ex art. 1137 c.c. gli attori abbiano specificamente fatto valere, quale motivo di invalidità della delibera assembleare del 14-2-2002, il vizio derivante dalla partecipazione al voto del condomino Vi. . La stessa ricorrente, d'altro canto, si è limitata a lamentare l'omesso esame del motivo di appello proposto sul punto ma, venendo meno al principio di autosufficienza del ricorso, non ha nemmeno dedotto di aver tempestivamente posto la questione in primo grado, né, tanto meno, ha riportato il tenore dell'atto di impugnazione, nella parte inerente all'eventuale denuncia del vizio di cui si discute. La P. , di conseguenza, non può rimproverare alla Corte territoriale di non aver esaminato, nella parte de qua, il secondo motivo di appello, non essendo il giudice di secondo grado tenuto a pronunciare su un motivo di gravame che involga una questione non rilevabile d'ufficio, proposta per la prima volta con l'atto di appello cfr. Cass. 17-8-2004 n. 16033 Cass. 20-3-2006 n. 6094 Cass. 7-5-2009 n. 10984 Cass. 31-3-2010 n. 7951 . 3 Con il terzo motivo la ricorrente si duole dell'insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine alla questione prospettata con l'atto di appello, secondo cui l'adozione della delibera assembleare impugnata avrebbe provocato una lesione del godimento dell'androne da parte dei condomini della scala B ed un aggravamento della servitù di passaggio esistente, stante la possibilità, per i condomini di un fabbricato adiacente, di utilizzare in modo indiscriminato il nuovo varco di accesso, per passare da via OMISSIS al loro fabbricato. Il motivo è inammissibile, in quanto la sua formulazione non appare rispondente ai requisiti richiesti dall'art. 366 bis c.p.c., applicabile ratione temporis al ricorso in esame. E invero, in base alla menzionata disposizione di legge, nel caso previsto dall'art. 360 n. 5 c.p.c., l'illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione. Ciò comporta, in particolare, che la relativa censura deve contenere un momento di sintesi omologo del quesito di diritto che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità Cass. S.U. 1-10-2007 n. 20603 . Il requisito in parola deve consistere in una parte del motivo che si presenti a ciò specificamente e riassuntivamente destinata, di modo che non è possibile ritenerlo rispettato allorquando solo la completa lettura della complessiva illustrazione del motivo riveli, all'esito di un'attività di interpretazione svolta dal lettore e non di una indicazione da parte del ricorrente, deputata all'osservanza del requisito del citato art. 366 bis c.p.c., che il motivo stesso concerne un determinato fatto controverso, riguardo al quale si assuma omessa, contraddittoria od insufficiente la motivazione e si indichino quali sono le ragioni per cui la motivazione è conseguentemente inidonea sorreggere la decisione cfe. Cass. 18-7-2007 n. 16002 Cass. 7-4-2008 n. 8897 Cass. 19-5-2011 n. 11019 Cass. 8-3-2013 n. 5858 . Nella specie, nel motivo in esame non è dato cogliere una sintetica e chiara esposizione riassuntiva del fatto controverso in relazione al quale sussisterebbero i dedotti vizi motivazionali, nonché delle ragioni della ritenuta inidoneità della motivazione a sorreggere la decisione adottata. Il motivo, inoltre, difetta d autosufficienza. Premesso, infatti, che la questione del possibile pregiudizio derivante ai condomini della scala B a causa del passaggio dei condomini di un fabbricato adiacente attraverso il nuovo varco non risulta specificamente trattata nella sentenza impugnata, si osserva che sarebbe stato onere della ricorrente trascrivere il contenuto dell'impugnativa di primo grado e dell'atto di appello, onde porre questa Corte nelle condizioni di verificare se, e in quali termini, la predetta questione fosse stata tempestivamente dedotta in sede di impugnazione della delibera assembleare e riproposta in appello, e di vagliare, conseguentemente, la fondatezza delle censure mosse con il motivo in esame. 4 Con il quarto motivo la ricorrente lamenta la violazione dell'art. 1121 c.c Sostiene che, essendo l'edificio già dotato di un comodo ingresso dalla OMISSIS , l'apertura di un nuovo portone non può considerarsi indispensabile per la vita del Condominio e rientra, pertanto, tra le opere voluttuarie, in relazione alle quali, ai sensi del primo comma dell'art. 1121 c.c., i condomini dissenzienti che non intendono trame vantaggio sono esonerati da qualsiasi contributo alla spesa. Il motivo è privo di fondamento. In materia di condominio degli edifici, le innovazioni per le quali è consentito al singolo condomino, ai sensi dell'art. 1121 c.c., di sottrarsi alla relativa spesa per la quota che gli compete, sono quelle che, oltre a riguardare impianti suscettibili di utilizzazione separata, hanno natura voluttuaria, cioè siano prive di utilità, ovvero risultano molto gravose, con riferimento oggettivo alle condizioni e alla importanza dell'edificio Cass. 23-4-1981 n. 2408 . La relativa valutazione integra un accertamento di fatto devoluto al giudice del merito ed incensurabile in sede di legittimità se sorretto da motivazione congrua Cass. 18-1-1984 n. 428 . Nella specie, la Corte di Appello, tenuto conto delle oggettive condizioni e dell'importanza dell'edificio, ha accertato, con motivazione adeguata e logica, che l'apertura di un nuovo accesso dalla via d'Isernia, strada più larga e pianeggiante, costituisce un oggettivo miglioramento rispetto al precedente unico accesso da via OMISSIS , strada di larghezza esigua ed in salita, facilitando anche le operazioni di carico e scarico di oggetti ingombranti e la sosta di vetture per il trasporto di persone e di cose. Correttamente, di conseguenza, la sentenza impugnata ha escluso il carattere voluttuario dell'innovazione deliberata, non potendosi attribuire un simile connotato a un'opera che, benché non strettamente necessaria, si riveli comunque utile per il Condominio, comportando, come nel caso un esame, un oggettivo miglioramento della funzionalità del fabbricato. 5 Per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato, con conseguente assorbimento del motivo di ricorso incidentale condizionato proposto dal Condominio. Segue, per rigore di soccombenza, la condanna della ricorrente principale al pagamento delle spese sostenute dal controricorrente nel presente grado di giudizio, liquidate come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso principale, dichiara assorbito quello incidentale e condanna la ricorrente principale al pagamento delle spese, che liquida in Euro 3.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.