Il pari uso della cosa comune non è assoluta identità del suo utilizzo da parte di ogni condomino

La nozione di pari uso della cosa comune non deve intendersi come assoluta identità della sua utilizzazione da parte di ciascun comproprietario, poiché l’identità nello spazio o nel tempo di tale uso potrebbe comportare un sostanziale divieto, per ogni condomino, di fare della cosa comune qualsiasi uso particolare o a proprio esclusivo vantaggio senza che venga alterato il rapporto di equilibrio tra i partecipati alla utilizzazione del bene in comunione.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione nella sentenza n. 7466, depositata il 14 aprile 2015. Il fatto. Il proprietario di una appartamento al primo piano di un fabbricato, quale titolare pro-quota dei diritti in comunione, compresi quelli sul lastrico solare, conveniva in giudizio una condomina, lamentando che la stessa avesse installato sul lastrico solare una caldaia con il relativo serbatoio di combustibile ed avesse costruito una struttura adibita a serra, danneggiando la statica, le mattonelle e l’asfalto del lastrico medesimo. Il Tribunale adito rigettava la domanda dell’attore. La Corte d’appello di Napoli, in parziale riforma della sentenza di primo grado, dichiarava l’illegittimità delle opere realizzate dalla condomina sul lastrico solare e la condannava alla riduzione in pristino del lastrico stesso. Contro tale decisione la condomina ha proposto ricorso in Cassazione. Presunzione di comunione dei lastrici solari. I primi tre motivi di ricorso sono infondati, in quanto attinenti ad un diverso apprezzamento dei fatti e delle prove poste a fondamento della decisione impugnata. La Corte d’appello ha dato conto con adeguata e logica motivazione che, dall’atto notarile di acquisto non era desumibile la proprietà esclusiva dei beni come pretesa dalla ricorrente. Il Giudice d’appello ha correttamente applicato, ex art. 1117 c.c., la presunzione di comunione dei lastrici solari, affermando che dal titolo di acquisto non risultava il contrario. Questo in linea con la giurisprudenza della Corte di legittimità, in base alla quale per vincere la presunzione legale di comunione stabilita per i beni elencati non tassativamente nell’art. 1117 c.c., il soggetto che ne rivendichi la proprietà esclusiva ha l’onere di provare tale diritto e, a tal fine, è necessario un titolo di acquisto da cui desumere elementi tali da escludere la comunione del bene, posto che mentre la comunione si presume, l’esclusività della proprietà va provata da parte di chi l’invoca . Il pari godimento della cosa comune è sottoposto a due limiti. Anche la successiva censura, inerente la realizzazione di una serra per piante sul lastrico solare è stata ritenuta infondata dal Collegio, in quanto tale opera esula dal disposto di cui all’art. 1102 c.c., in base al quale il pari godimento della cosa comune è sottoposto a due limiti il divieto di alterarne la destinazione ed il divieto di impedire agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto . Dunque, rileva il Collegio, come la realizzazione di una serra su un bene comune non rientra nella utilizzazione più intensa della cosa comune, essendo un’opera che altera la normale destinazione del lastrico solare e che non è indispensabile all’utilizzo dell’appartamento di chi ha eseguito l’opera stessa. La nozione di pari uso della cosa comune. Il Collegio accoglie, invece, la cesura concernente la statuizione relativa alla demolizione dei manufatti contenenti la caldaia ed annesso serbatoio di combustibile, posti al servizio esclusivo della ricorrente. La sentenza impugnata non è adeguatamente motivata sul punto e, dunque, a fronte di tale carenza, non è possibile ravvisare le ragioni che precluderebbero la possibilità per gli altri condomini di usare il bene comune, avuto riguardo alla nozione di pari uso della cosa comune, da intendersi non nei termini di assoluta identità della sua utilizzazione, da parte di ciascun comproprietario, poiché l’identità nello spazio o nel tempo di tale uso potrebbe comportare un sostanziale divieto, per ogni condomino, di fare della cosa comune qualsiasi uso particolare o a proprio esclusivo vantaggio senza che venga alterato il rapporto di equilibrio tra i partecipati alla utilizzazione del bene in comunione . Pertanto, la S.C. cassa la sentenza impugnata sul punto e rinvia ad altra sezione della Corte d’appello di Napoli, la quale dovrà indicare le ragioni per cui la caldaia con annesso serbatoio, di cui la ricorrente assume il carattere indispensabile per l’utilizzo ed il riscaldamento del proprio appartamento, impedirebbe il pari uso del lastrico solare agli altri condomini.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 15 gennaio – 14 aprile 2015, n. 7466 Presidente Piccialli – Relatore Nuzzo Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato il 15.3.1997 C.P. , quale proprietario dell'appartamento al primo piano del fabbricato in omissis , nonché quale titolare pro-quota dei diritti in comunione, compresi quelli sul lastrico solare, giusta atto per notar Iaccarino del 25.7.1991, conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Torre Annunziata, D.M.T. , lamentando che la stessa avesse installato sul lastrico solare una caldaia con il relativo serbatoio di combustibile ed avesse costruito una struttura adibita a serra, danneggiando la statica, le mattonelle e l'asfalto del lastrico medesimo. Si costituiva la convenuta eccependo di essere unica proprietaria, come da atto per Notar Iaccarino del 28.4.1986, dell'appartamento al terzo piano di detto stabile, nonché di ogni accessione o pertinenza dell'immobile, annesso terrazzino a livello e lastrico solare sovrastante lo stesso, come desumibile dall'atto per notar Cariello 9.7.1986 intercorso tra i propri danti causa, P.G. - M.A. e C.P. . Assumeva di aver eseguito le opere in questione in buona fede in quanto nessuno dei condomini aveva fatto uso dei lastrici solari di copertura del fabbricato. Assunta la prova testimoniale ed espletata C.T.U., con sentenza n. 431/2004 il Tribunale adito rigettava la domanda dell'attore compensando interamente fra le parti le spese di lite. Avverso tale decisione C.P. proponeva appello cui resisteva la D. . Con sentenza depositata il 17.6.2011 la Corte di Appello di Napoli, in parziale riforma della sentenza di primo grado, dichiarava l'illegittimità delle opere realizzate dalla D. sul lastrico solare condannandola alla riduzione in pristino del lastrico stesso e delle spese del doppio grado di giudizio rigettava la domanda risarcito-ria dell'appellante. Osservava la Corte di merito l'onere di provare la proprietà esclusiva dei lastrici solari spettava alla D. , avendo la stessa svolto eccezione in tal senso al fine di contestare l'avversa domanda detta proprietà esclusiva non era,peraltro, desumibile dall'atto per notar Cariello del 9.7.1986, posto che, a tale data, C.P. non aveva ancora acquistato l'appartamento al primo piano di proprietà di Cu.Ma. sicché, all'epoca, il C. non poteva disporre che dei diritti attinenti al vano terraneo oggetto della vendita viceversa l'acquisto del 25.7.1991 dell'appartamento al primo piano, da parte di C.P. , considerate le vicende successive alla divisione del fabbricato originariamente di un unico proprietario, doveva ritenersi comprensivo dei beni comuni, compresi i ballatoi ed i lastrici solari e di copertura della cassa scale né rilevava che, all'attualità, il lastrico solare fosse accessibile solo dall'appartamento della D. , avendo la stessa ampliato la consistenza immobiliare acquistata accorpando nel proprio appartamento lo spazio del pianerottolo del terzo piano e della vanella ivi esistente nonché il terrazzino scoperto, definito dal C.T.U. terrazzo a livello dalle prove testimoniali e dalla descrizione dei luoghi effettuata dal C.T.U. emergeva, inoltre, che la D. aveva installato sul lastrico solare del fabbricato - cui in precedenza il C. accedeva attraverso il preesistente cancello in ferro di cui aveva le chiavi - una caldaia ed annesso serbatoio di combustibile, a sevizio del proprio appartamento ed aveva posizionato una grossa serra per piante. Per la cassazione di tale decisione propone ricorso la D. formulando quattro motivi. Resiste con controricorso C.P. . Motivi della decisione La ricorrente deduce 1 omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, relativamente alla comunione dei beni ex art. 1117 c.c. erronea e falsa applicazione di tale norma omessa ed erronea valutazione delle prove, ex artt. 116, 1 co. c.p.comma 132, 2 co. c.p.comma - 118, 1 e 2 co. disp. att. c.p.comma - art. 111, 6 co. Cost. in particolare, la Corte di Appello era incorsa nel vizio di travisamento dei fatti ed in una erronea applicazione dell'art. 1117 c.c., posto che l'onere di provare la proprietà comune incombeva sul C. , quale attore che aveva chiesto la riduzione in pristino di asserite opere illecite la decisione impugnata era, inoltre, fondata sull'esame dei rogiti notarili successivi alla divisione del fabbricato originariamente di proprietà di tale Ma.Ga. , senza considerare che il diritto dominicale non si trasmette se l'autore del trasferimento non ne sia stato effettivamente investito e che detti rogiti nonché l'atto del 25.7.1991 riportavano come parti comuni i soli lastrici solari di copertura della cassa scale e non quelli di copertura del terzo piano questi ultimi erano posti al servizio esclusivo dell'appartamento D. ed era emerso dalla prova testimoniale espletata in primo grado che i beni oggetto di causa, già prima dell'acquisto della D. , ne costituivano pertinenza esclusiva, essendo delimitati da un cancello che ne escludeva la destinazione ad uso comune risultava anche dalla C.T.U. che non vi era alcun accesso autonomo dal palazzo al lastrico de quo, atteso che allo stesso si giungeva esclusivamente passando dall'appartamento della D. 2 violazione e falsa applicazione di norme di diritto circa fatti controversi e decisivi per il giudizio, in relazione alla configurabilità della comunione di beni ex art. 1117 c.comma ed omessa, erronea valutazione delle prove in relazione agli artt. 2697-2727-2728 c.c. la Corte di appello, al fine di stabilire la sussistenza di un titolo contrario alla presunzione di comunione stabilita dall'art. 1117 c.c., avrebbe dovuto prendere in esame la conformazione dell'appartamento al terzo piano di proprietà D. e rilevare che la stessa, secondo l'atto per notar Iaccarino de 28.4.1986, aveva acquistato da P.G. e M.A. l'intero terzo piano del fabbricato in OMISSIS , accessori ed annesso terrazzino a livello sul quale insisteva una veranda, nonché il mezzo vano sito sulla sinistra, entrando dal cancelletto a posto a livello leggermente inferiore agli altri vani oggetto di acquisto 3 violazione e falsa applicazione delle norme sull'onere della prova ed, in particolare, degli artt. 948 cc - 1117 c.comma - 2697 c.comma - artt. 100 e 115 c.p.c. considerato che l'azione del C. era diretta al recupero del bene, l'azione di rivendica da lui proposta era condizionata alla prova del relativo diritto di proprietà, non essendo sufficiente la prova del difetto di proprietà della parte convenuta tale prova non era stata fornita, tenuto conto, fra l'altro, che l'atto di acquisto per notar Iaccarino del 25.7.1991, con cui il C. aveva acquistato il primo piano del fabbricato, riportava come parti comuni i soli lastrici solari della cassa scale e non i lastrici solari di copertura del terzo piano 4 omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ed erronea applicazione degli artt. 1117 e 1102 c.comma - 2697 c.comma - 110 e 115 c.p.c. le opere realizzate sui lastrici solari di cui era stata ordinata la demolizione, erano indispensabili all'utilizzo dell'appartamento della D. in quanto necessarie al funzionamento del riscaldamento e, come pure accertato dal C.T.U., non avevano inciso sulla staticità delle strutture e sulla impermeabilizzazione del terrazzo sicché le opere stesse erano da ritenersi legittime, prevedendo l'art. 1102 c.c., che ciascun partecipante alla comunione possa servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. I primi tre motivi di ricorso, da esaminarsi congiuntamente in quanto connessi, sono infondati. Gli stessi attengono, essenzialmente, ad un diverso apprezzamento dei fatti e delle prove poste a fondamento della decisione impugnata. Sul punto va evidenziato che spetta solamente al giudice di merito individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l'attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti di causa e dare prevalenza all'uno o all'altro dei mezzi di prova, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge in cui alla prova è attribuita una valenza legale Cass. n. 7394/2010 n. 6064/2008 . Nel caso di specie la Corte di merito, sulla base delle risultanze probatorie acquisite, ha accertato, in fatto, in base alla C.T.U. espletata, che la D. aveva ampliato la consistenza immobiliare acquistata, accorpando nell'appartamento lo spazio del pianerottolo del terzo piano e della vanella ivi esistente, nonché il terrazzino scoperto , né rilevava la circostanza che, allo stato attuale, il lastrico solare fosse accessibile unicamente dall'appartamento della D. in quanto detta situazione era stata determinata dalle arbitrarie modifiche apportate nel tempo da quest'ultima . La sentenza impugnata ha dato conto, inoltre, con adeguata e logica motivazione, che dall'atto per notar Cariello del 9.7.86 non era desumibile la proprietà esclusiva dei beni come pretesa dalla D. V. motivazione sul punto riportata nello svolgimento del processo . Sulla base di accertamento in fatto e del tenore dell'atto per notar Cariello del 9.7.86, la presunzione di comunione di cui all'art. 1117 c.comma non può,quindi, essere superata assumendo un diverso stato di fatto dei luoghi oggetto di causa o una diversa interpretazione del titolo di acquisto quale l'atto per notar Iaccarino del 28.4.1986 dei beni di cui la D. pretende esserne proprietaria esclusiva. Ne consegue che il giudice di appello ha applicato, ex art. 1117 c.c., la presunzione di comunione dei lastrici solari, affermando che non risultava il contrario dal titolo v. sent. imp. pag. 6 , del tutto legittimamente e conformemente alla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui per vincere la presunzione legale di comunione stabilita per i beni elencati nell'art. 1117 c.c., la cui elencazione non è tassativa, il soggetto che ne rivendichi la proprietà esclusiva ha l'onere di provare tale diritto ed, a tal fine, è necessario un titolo di acquisto da cui desumere elementi tali da escludere, in modo in equivoco, la comunione del bene, posto che mentre la comunione si presume, l'esclusività della proprietà va provata da parte di chi l’invoca Cass. n. 5633/2002 n. 11195/2010 . Va poi osservato che l'onere probatorio previsto dall’art. 948 c.c., contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, non si attaglia alla fattispecie in esame, non essendo assimilabile l'azione di rivendicazione alle domande fatte valere nel presente giudizio, riconducibili all'accertamento della sussistenza o meno della comunione di determinati beni ai sensi dell'art. 1117 c.c In ordine alla quarta censura ne va ribadita l'infondatezza limitatamente alla realizzazione di una grossa serra per piante posizionata sul lastrico solare, esulando tale opera, per la sua accertata consistenza e per la sua natura, secondo la congrua valutazione del giudice di merito, dal disposto di cui all'art. 1102 c.c., secondo cui il pari godimento della cosa comune è sottoposto a due limiti fondamentali il divieto di alterarne la destinazione ed il divieto di impedire agli altri partecipanti di farne parimente uso secondo il loro diritto. Orbene, la realizzazione di una serra su un bene comune non rientra nella utilizzazione più intensa della cosa comune, trattandosi di opera che altera la normale destinazione del lastrico solare e che non è indispensabile all'utilizzo dell'appartamento di chi ha eseguito l'opera stessa. Merita, invece, accoglimento la censura sub 4 , concernente la statuizione relativa alla demolizione dei manufatti contenenti la caldaia ed annesso serbatoio di combustibile, posti al servizio esclusivo della proprietà D. . Sul punto la sentenza impugnata non è sor-retta da adeguata motivazione in quanto si limita a dare atto dell'asservimento del lastrico solare al servizio esclusivo dell'appartamento di proprietà D. , in difetto di ogni specificazione ed indagine sulla dimensione del lastrico solare occupato da detti manufatti rispetto alla sua superficie complessiva, sulla loro ubicazione, centrale periferica, nell'ambito dello spazio occupato, sul necessario pregiudizio da essi derivante alla funzione di copertura ed alla statica del lastrico solare. A fronte di tale carenza motivazionale non è dato ravvisare le ragioni che precluderebbero la possibilità di uso del bene comune da parte degli altri comproprietari, avuto riguardo alla nozione di pari uso della cosa comune, da intendersi non nei termini di assoluta identità della sua utilizzazione da parte di ciascun comproprietario, poiché l'identità nello spazio o nel tempo di tale uso potrebbe comportare un sostanziale divieto, per ogni condomino, di fare della cosa comune qualsiasi uso particolare o a proprio esclusivo vantaggio senza che venga alterato il rapporto di equilibrio tra i partecipati alla utilizzazione del bene in comunione. Cfr. Cass. n. 12344/97 n. 11268/98 . La sentenza impugnata va, quindi, cassata nei limiti indicati, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Napoli che dovrà specificare le ragioni per le quali la caldaia con annesso serbatoio, di cui la ricorrente assume il carattere indispensabile per l'utilizzo ed il riscaldamento del proprio appartamento, impedirebbe il pari uso agli altri comproprietari del lastrico solare e dovrà provvedere anche sulle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte rigetta i primi tre motivi di ricorso accoglie il quarto motivo nei limiti di cui in motivazione cassa sul punto la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte di Appello di Napoli anche per le spese del giudizio di legittimità.